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Essere Andy Warhol
Essere Andy Warhol
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E-book199 pagine2 ore

Essere Andy Warhol

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Info su questo ebook

Personaggio trasgressivo e rivoluzionario, Andy Warhol ha saputo interpretare la società dei consumi con uno sguardo freddo e critico, ma senza giudizio. La sua opera mostra come il consumismo svolga nella società un doppio ruolo di identificazione con gli oggetti-segni e di sublimazione della paura della morte. Attraverso l’uso dei codici massmediali, Warhol ha realizzato delle opere che sono diventate icone dell’immaginario contemporaneo, ma la sua grandezza non sta tanto nella citazione, quanto nella capacità di rendere lo spettatore consapevole del linguaggio dei mass media. Oggi più che mai, nell’era dei social network e della virtualità, la sua opera ha una portata rivoluzionaria perché la strada verso la consapevolezza è sempre una forma di emancipazione.
LinguaItaliano
Data di uscita23 mag 2020
ISBN9788833465838

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    Anteprima del libro

    Essere Andy Warhol - Francesca Romana Orlando

    Essere Andy Warhol

    di Francesca Romana Orlando

    Direttore di Redazione: Jason R. Forbus

    Progetto grafico e impaginazione di Sara Calmosi

    ISBN 978-88-33465-823-8

    Pubblicato da Ali Ribelli Edizioni, Gaeta 2020©

    Narrativa – Arte

    www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com

    È severamente vietato riprodurre, in parte o nella sua interezza, il testo riportato in questo libro senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.

    Francesca Romana Orlando

    Essere Andy Warhol

    AliRibelli

    Sommario

    Introduzione

    1. Andy Warhola: biografia o romanzo?

    1.1 Dalla nascita agli anni ‘40

    1.2 Il periodo commerciale: gli anni ‘50

    1.3 Il successo artistico: dagli anni ‘60 agli anni ‘80

    2. Pre-Pop Warhol

    2.1 Illustrazioni

    2.2 Riviste

    2.3 Cataloghi

    2.4 Vetrine

    3. Il Re della Pop Art

    3.1 Dai mass media all’arte

    3.2 Serigrafie e serialità

    3.3 Le celebrità

    3.4 Morte e disastri

    3.5 Dalle serigrafie seriali alle sculture seriali

    3.6 Un successo pieno di dubbi

    3.7 L’originalità formale

    3.8 La ritrattistica

    3.9 Citazionismo

    3.10 La crisi di identità

    3.11 Oltre le ideologie

    4. La produzione filmica

    4.1 Il periodo muto

    4.2 L’introduzione della narratività

    4.3 La critica

    5. Gli altri media

    5.1 Interview

    5.2 Pubblicazioni

    5.3 Soap opera e teatro

    5.4 Andy Warhol’s TV

    5.5 La musica: dai Velvet Underground ai Curiosity Killed The Cat

    5.6 Computer art

    5.7 La moda

    6. Consumismo e identificazione

    6.1 La morte e l’identità

    6.2 La regressione narcisistica

    6.3 Il doppio e la morte

    7. La sparizione dell’arte

    7.1 La decostruzione strutturale

    7.2 L’eredità artistica di Warhol

    7.3 Il gioco e la patafisica

    7.4 La realtà virtuale

    Introduzione

    L’interesse critico verso l’opera di Andy Warhol è sempre stato ampio a causa dell’enorme apertura interpretativa cui ogni suo gesto artistico si presta. Di Warhol si è parlato come del re della Pop Art e come del creatore della Business Art, ovvero dell’arte di fare affari. Le sue stesse affermazioni hanno contribuito, spesso volontariamente, a costruire un’aura di mistero intorno alla sua figura, per esempio quando afferma di voler diventare una macchina. Dietro alla provocazione, però, c’è un artista che ha saputo cogliere l’obsolescenza delle immagini mass mediali, cioè la loro perdita di senso causata della ripetizione, e renderla visibile nella sua arte attraverso la serigrafia.

    In un’epoca in cui l’arte perde la propria aura di unicità, a causa della facile riproducibilità tecnica delle immagini, con la Pop Art le icone mass mediali assumono sempre più una valenza estetica, ma a differenza degli artisti Pop che si limitano a farne delle citazioni, Warhol non teme la competizione: ambisce a diventare una macchina per trasformare le sue opere in segno-merce e ha successo.

    Si deve al sociologo francese Jean Baudrillard la migliore interpretazione del lavoro dell’artista americano quando afferma che la grandezza di Warhol sta nel fare arte testimoniando la sua stessa sparizione in una società dei consumi in cui tutto diventa estetica (transestetica) e si riduce a segno privo di retrostante. Persino per le merci il valore d’uso diventa secondario rispetto al loro valore come segno: con ogni acquisto, infatti, il consumatore si accaparra pezzi di identità legati a quell’oggetto.

    Anche l’arte successiva a Warhol nega qualsiasi progettualità, limitandosi a verificare criticamente il proprio statuto e agendo così come una vera e propria dimostrazione filosofica. L’arte di e dopo Warhol esiste senza avere un’esistenza, dovendo sopravvivere a se stessa dentro qualche altra cosa.

    La negazione di un progetto artistico rappresenta il superamento della Modernità e apre tutta una serie di nuove esperienze, prima con il Post-Moderno e l’acquisizione libera di stili del passato, poi con il Post-Human che sposta il campo dell’azione artistica dall’oggetto (del quale non si può dire più nulla di nuovo) al soggetto (l’artista).

    Da una parte, quindi, l’arte dopo Warhol tende ad ampliare i propri confini per acquisire senso; dall’altra, nuove manifestazioni creative assumono una connotazione artistica. Proprio seguendo l’interesse di Warhol per i confini dell’estetica in un mondo dominato dalle immagini riprodotte dalla tecnica, questo libro analizza il suo lavoro come grafico, artista, regista, designer, produttore musicale, editore, scrittore, attore e stilista, utilizzando diversi approcci metodologici.

    L’analisi iconografica evidenzia la prevalenza dei temi della morte e dell’identità, che secondo l’analisi psicologica sono dovuti a precisi episodi della biografia dell’artista. Vi è, però, una coincidenza tra il suo bisogno profondo di sublimare i propri conflitti interiori e le ragioni profonde della società dei consumi, in cui l’acquisto di oggetti risponde proprio all’acquisizione di identità e al bisogno di sfuggire alla paura della perdita.

    Per indagare questa coincidenza perfetta tra mentalità collettiva e psicologia di Warhol si fa riferimento all’approccio storiografico degli Annalisti francesi applicato alla disciplina storico artistica, confrontando le evidenze della sociologia, della psicologia di massa, dell’antropologia e della filosofia per analizzare come un fenomeno culturale sia il prodotto di condizioni materiali del suo tempo.¹ Proprio la coincidenza tra la psicologia dell’artista e la mentalità del suo tempo è il motivo profondo della modernità della sua opera.

    Sembra profetica, per esempio, l’affermazione di Warhol «ognuno in futuro avrà i suoi 15 minuti di notorietà», riferendosi al bisogno indotto dai media di apparire per esistere. L’attuale diffusione dei social network non è altro che la più estrema realizzazione di quella profezia: ogni profilo è una rappresentazione di sé, una costruzione virtuale della propria identità, dove ogni singolo like o commento rappresenta la prova ultima di esistere, o meglio la prova ultima di aver delegato la propria esistenza al virtuale per sfuggire alla morte.

    ¹ Con questo termine si intende definire quegli storici che, sulla scia della rivista Annales (fondata nel 1929 da March Bloch e Lucien Febvre e riformata negli anni ‘60 da Fernand Braudel e negli anni ‘70 da Jacques Le Goff), si occupano della storia delle mentalità (per esempio, della storia della morte, della famiglia), attraverso una correlazione delle competenze storiche con quelle della sociologia, della psicologia e dell’antropologia. Di particolare interesse per il nostro studio è la considerazione che il personaggio storico sia l’espressione consapevole di pulsioni inconsce all’interno della psicologia collettiva; rif. F. Pitocco, Storia delle mentalità, Bulzoni, 1995.

    1. Andy Warhola: biografia o romanzo?

    «Nascere è come essere rapiti

    e venduti come schiavi.»

    Andy Warhol¹

    1.1 Dalla nascita agli anni ‘40

    Parlare di biografia per Warhol è molto difficile: la verità sulla sua vita è stata puntualmente offuscata dall’artista stesso attraverso racconti falsi, pure invenzioni che avevano il semplice scopo di aumentare il fascino e la curiosità intorno alla propria persona.

    Andy Warhola nasce a Pittsburgh il 6 agosto 1928.² I suoi genitori provengono dalla cittadina di Mikova, nella Rutenia, una regione rurale dei Carpazi in Cecoslovacchia, dalla quale erano fuggiti nel 1921, poco prima dell’embargo imposto dagli Stati Uniti all’immigrazione dall’Europa Orientale, a causa della grave Depressione economica.

    Il padre Andrej Warhola, uomo rude e schivo, è prima minatore, poi operaio nella posa di strade e nel trasporto di case prefabbricate. La sua religiosità è tale da costringere la famiglia a intraprendere ogni domenica una marcia di un’ora e mezza per andare a messa in una chiesa distante otto chilometri dalla loro abitazione.³

    La madre Julia cerca di sostenere il bilancio familiare facendo le pulizie nelle case a mezza giornata e vendendo porta a porta fiori ritagliati nella latta. Essendo molto portata nel disegno e nella decorazione, è lei che insegna ad Andy a disegnare fin da piccolo.

    Le condizioni della famiglia sono di estrema povertà. È uno dei due fratelli di Andy, Paul, a raccontare a posteriori che la casa, composta di due sole stanze, si trovava in uno dei quartieri malsani nei sobborghi di Pittsburgh, dove molti bambini soffrivano di febbri reumatiche. Poiché la penicillina non era ancora stata scoperta, in una piccola percentuale dei casi la malattia era mortale, mentre in un dieci per cento circa dei casi si trasformava in core, un disturbo del sistema nervoso centrale che provocava tremori, perdita della coordinazione degli arti e crisi di tipo spastico. In Italia la malattia è nota come ballo di San Vito dal nome del bambino martire cristiano del III secolo.

    Quando ha otto anni, nel 1936, il piccolo Andy viene colpito da questa malattia che lo costringe a letto per due lunghi mesi, durante i quali può dedicarsi alle sue attività preferite: il disegno, la lettura dei fumetti e l’ascolto della radio. In quel periodo impara dal fratello Paul una tecnica che sarebbe diventata caratteristica della sua maturità artistica, la blotted line, che è un modo per trasferire un’immagine da un foglio di carta all’altro. Racconta Warhol: «Paul mi fece vedere come mettere la cera sulla superficie di una striscia di fumetti, capovolgerla su della carta bianca, strofinarvi sopra un cucchiaio e quindi ripassarci sopra», inoltre «Julia mi dava una tavoletta di cioccolata Hershey ogni volta che completavo una pagina del mio album da colorare».

    Durante la malattia inizia la sua passione, durata tutta la vita, per i divi hollywoodiani: Andy prende l’abitudine di scrivere alle celebrità del cinema per chiedere una fotografia con autografo. Lo fa per esempio con Shirley Temple, che ama per la sua gaiezza e per l’abilità straordinaria nel ballare il tip-tap; l’attrice gli risponde inviandogli una cartolina firmata.

    L’esperienza della malattia è devastante per i molti effetti collaterali, come tremori, mancanza di coordinazione degli arti e la comparsa di grossi brufoli sul viso, sulla schiena, sulle gambe e sulle mani. I segni restano sul volto di Andy e lo rendono diverso agli occhi dei compagni, i quali sono già soliti deriderlo per la sua carnagione insolitamente chiara, quasi da albino.

    Anche l’inizio delle scuole è particolarmente traumatico perché Andy parla un inglese stentato. La madre, infatti, si ostina a parlare in casa la lingua d’origine e solo grazie all’intervento del fratello maggiore la famiglia si convince a mandare Andy a scuola in anticipo, all’età di quattro anni, per aiutarlo a reagire con disciplina ai propri problemi.

    All’età di quattordici anni Andy deve affrontare la precoce morte del padre Andrej, piegato dal duro lavoro. L’uomo, infatti, non si sottrae alle fatiche neanche quando le condizioni economiche della famiglia migliorano lievemente, perché è ossessionato dal desiderio di accumulare denaro per mandare i figli a studiare all’università: soprattutto Andy, nel quale riconosce delle qualità speciali.

    I familiari ricordano che la scomparsa di Andrej lascia un trauma profondo nella famiglia, che si rifiuta di accettarla. Racconta Ann Warhola, la moglie di Paul: «Come voleva la tradizione, il padre fu esposto in casa per tre giorni con qualcuno seduto accanto tutta la notte e la madre mi raccontava sempre che Andy si era rifiutato di scendere a vederlo».

    Non sorprende che per tutta la vita Warhol reagisca sempre alla morte ostentando assoluta indifferenza, un atteggiamento che potrebbe essere letto appunto come un rifiuto di accettazione della perdita che poi si traduce a livello artistico nel trattamento freddo del tema della morte.

    L’educazione del piccolo Andy è incoraggiata da un clima particolarmente favorevole nella città di Pittsburgh, dove negli anni Trenta e Quaranta alcuni tra i più importanti collezionisti del mondo, come Carnegie, Mellon e Frick, finanziano borse di studio, centri d’arte e lezioni gratuite il sabato mattina al Carnegie Museum. Il piccolo Andy le frequenta e già all’età di nove anni si distingue per i suoi bellissimi disegni, ma quelle lezioni sono soprattutto l’occasione per entrare in contatto con ragazzi di estrazione sociale borghese o, come scriverà più tardi nelle sue memorie Ultra Violet, una delle sue amiche, «quelle lezioni sono il buco della serratura attraverso il quale Andy può osservare il mondo della gente ricca e di successo»; ecco che l’abilità nella pittura gli consente così di uscire lentamente dalla condizione di esclusione sociale.

    Le scuole superiori sono un momento di crescita sociale e culturale molto importante per lui e il suo profitto scolastico è così alto

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