I tempi dell’oro
DA facilmente delle fantasie disneyane. Tutta colpa di papà che di ritorno dai suoi viaggi in Oriente (dirigeva un’azienda di tabacchi con base a Dundalk) mi parlava di paesi da favola, donne con ventagli e kimono, divinità con dieci braccia e vette innevate che bucavano le nuvole. I racconti più belli erano tuttavia quelli che evocavano pagode d’oro con scintillanti diamanti, tintinnii di campanelli ed elefanti bianchi. Negli anni ho visitato molti di quei paesi ma solo nel 2007 ho preso un volo per entrare in quelle realtà. Esistevano davvero! Da allora mi sono buttata a capofitto in un’appassionata love story col Myanmar, la Golden Land che papà chiamava Burma. Avevo lasciato la mia Irlanda per una vacanza romana e in men che non si dica la Città Eterna era diventata la mia seconda casa (anche questa una vicenda d’amore ma è un’altra faccenda). Lo stato più esteso del sudest asiatico mi aveva catturato nella rete stregata tesa dagli aneddoti paterni. I miei luoghi
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