Mistero Magazine

La tragedia di JEAN SEBERG

chi si reca a Hollywood per trovare la fama e chi per farlo deve andarsene. È il caso di Jean Seberg, che scelta da Otto Preminger tra migliaia di ragazze per interpretare la pulzella d’Orléans nel suo (1957), realizzò (1958), allontanandosi dall’industria hollywoodiana a causa dello scarso successo di entrambe le pellicole. Ironico scoprire che il sogno americano si sarebbe presto tramutato nel sogno europeo, perché il successo sarebbe arrivato presto in Francia, e da lì nel resto del mondo, grazie a Jean-Luc Godard. Fu (1959), capolavoro indiscusso della Nouvelle Vague, a trasformarla nell’icona di stile e bellezza per cui tutti la conoscono. Ma i riflettori del cinema, si sa, riescono a far sembrare la vita di ogni attore una favola, anche quando si tratta della più tormentata delle esistenze. Jean Seberg soffriva infatti di violenti attacchi depressivi che non la lasciarono mai libera, almeno fino all’estate del 1979.  , questo il suo biglietto d’addio per un suicidio che, per quanto legato a una fragilità mentale, non è scevro di ombre. D’animo rivoluzionario e sempre vicina alle minoranze, Jean Seberg fu infatti molto attiva politicamente e, insieme al compagno e intellettuale Romain Gary, si batté per i diritti dei più deboli. Apertamente schierata contro il razzismo, prese a simpatizzare per il movimento delle Black Panther, atteggiamento che non mancò di attirare l’attenzione dell’FBI, che inserì il suo nome nell’elenco dei nemici politici degli Stati Uniti. Come se non bastasse, l’FBI si impegnò in una campagna stampa denigratoria contro l’attrice, culminante nella falsa notizia secondo cui la figlia che la Seberg portava in grembo era di un leader delle Black Panther. La gogna mediatica fu implacabile, gli amici l’abbandonarono, e l’abuso di psicofarmaci si fece così pesante da causare la morte della neonata a pochi giorni dal parto. Da quel giorno, per nove anni, Jean Seberg tentò più volte il suicidio, portandolo a compimento in quella tragica estate a soli 40 anni. L’FBI, accusata da Gary di istigazione al suicidio, ammise di avere utilizzato metodi poco ortodossi. Una spietata guerra coi federali che riempie di dubbi e che il regista Benedict Andrews, con , portò sugli schermi nel 2019.

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