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Greta Garbo, la Divina
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E-book210 pagine3 ore

Greta Garbo, la Divina

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Info su questo ebook

Greta Garbo (Stoccolma 1905 - New York 1990), nata in Svezia, naturalizzata americana nel 1951, è stata l'attrice per eccellenza degli anni '20 e '30 (e non solo).
La Divina era partita dal nulla, sbarcata ventenne a Hollywood fortemente voluta da Louis B. Mayer della MGM, scortata dal suo pigmalione, il regista finlandese Mauritz Stiller, presto incanta e convince: il cinema americano e mondiale non potrà più fare a meno di lei.
Sopravvive a tutto: al ritorno in Europa di Stiller, alla fine del grande amore con il divo del muto John Gilbert e, soprattutto, al passaggio dai film muti a quelli parlati (che decretò la fine della carriera di tanti colleghi, come Gilbert, mentre rinforzò definitivamente la sua).
Col crescere della sua fama, aumenta in modo direttamente proporzionale la sua resistenza a raccontarsi in interviste, concedersi agli ammiratori, presenziare alle conferenze stampa. Divina e irraggiungibile, e quindi anche difficilmente intellegibile.
La sua più grande eredità è il suo lavoro: i suoi film. È stata diretta da G. W. Pabst, Ernst Lubitsch, George Cukor. Oltre che con Gilbert, ha fatto coppia sullo schermo anche con i fratelli Barrymore, Lionel e John, un Clark Gable a inizio carriera, Robert Taylor. Ma in fondo, chiunque la dirigesse, chiunque avesse al suo fianco, al centro delle sue pellicole c'era lei, il suo nome sempre più grande nei cartelloni.
Il ritiro improvviso e scioccante dalle scene nel 1941 a soli 36 anni, la fa rintanare ulteriormente nella sua già privatissima vita, pubblico e stampa sempre più famelici di un pezzo di lei, una dichiarazione, una foto.
Dall’alto dell’appartamento di Manhattan con affaccio sull’East River dove vive la seconda metà della sua vita, diviene, infine, spettatrice, pur mai dimenticata da fan adoranti sparsi in tutto il mondo.
La sua recitazione mai urlata, l’incredibile fotogenia, l’innata eleganza ne hanno fatto per anni e ancora ne fanno una vera e propria icona del cinema, della moda, del costume del XX secolo.

LinguaItaliano
Data di uscita5 mag 2023
ISBN9788869348303
Greta Garbo, la Divina
Autore

Eva Anelli

Eva Anelli (Luino, Varese, 1976). Giornalista e critica cinematografica, docente, redattrice per siti specializzati in cinema. Come redattrice e inviata di cinema, ha partecipato a numerosi festival di cinema nazionali e internazionali dove ha avuto l'opportunità di incontrare e intervistare i protagonisti della Settima Arte. Ha curato cineforum e rassegne. Come docente ha sempre cercato di avvicinare le nuove generazioni al cinema, con incontri dedicati, redazione di schede didattiche grazie alle quali contenuti scolastici vengono riletti alla luce del linguaggio cinematografico. Dai primi anni 2000 fa parte dell’associazione Sentieri del Cinema, fondata a Milano da Beppe Musicco cui danno vita altri giornalisti, esercenti e professionisti del settore. Una realtà divenuta nel tempo un solido e valido aiuto per genitori, insegnanti, semplici appassionati di cinema alla ricerca di un giudizio e delle ultime novità sulla sconfinata odierna offerta di film e serie tv.  

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    Greta Garbo, la Divina - Eva Anelli

    Eva Anelli

    Greta Garbo, la divina

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: (+39) 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, maggio 2023

    e-Isbn 9788869348303

    Tutti i diritti riservati.

    Direttore della collana Cinema del ‘900: Massimo Moscati

    Editing: Cesare Paris

    Progetto grafico: Riccardo Brozzolo

    Eva Anelli

    Eva Anelli (Luino, Varese, 1976).

    Giornalista e critica cinematografica, docente, redattrice per siti specializzati in cinema.

    Come redattrice e inviata di cinema, ha partecipato a numerosi festival di cinema nazionali e internazionali dove ha avuto l’opportunità di incontrare e intervistare i protagonisti della Settima Arte.

    Ha curato cineforum e rassegne.

    Come docente ha sempre cercato di avvicinare le nuove generazioni al cinema, con incontri dedicati, redazione di schede didattiche grazie alle quali contenuti scolastici vengono riletti alla luce del linguaggio cinematografico.

    Dai primi anni 2000 fa parte dell’associazione Sentieri del Cinema, fondata a Milano da Beppe Musicco cui danno vita altri giornalisti, esercenti e professionisti del settore. Una realtà divenuta nel tempo un solido e valido aiuto per genitori, insegnanti, semplici appassionati di cinema alla ricerca di un giudizio e delle ultime novità sulla sconfinata odierna offerta di film e serie tv.

    Cineuropa è una nuova proposta editoriale incentrata su registi e attori che hanno fatto grande il cinema europeo. Figure iconiche, capaci di sovvertire il mondo della settima arte e altresì di imporsi nell’ambito della moda, del costume, della società, qui riscoperte secondo una nuova ottica critica, capace di coglierne gli aspetti più interessanti, controversi, nascosti.

    Una collana che analizza nel dettaglio la carriera di artisti a tutto tondo e il loro percorso professionale che, in molti casi, ha coinciso simbioticamente con la loro dimensione esistenziale.

    Greta Garbo and Monroe

    Dietrich and DiMaggio

    Marlon Brando, Jimmy Dean

    On the cover of a magazine

    (Madonna, Vogue)

    L’enigma Garbo

    La partita è tutta qui: la fama è così smisurata, che decidere di rinunciarvi può assumere il significato di possedere il dominio del potere assoluto. Le celebrità che si sono appartate dagli occhi del pubblico (Howard Hughes, J. D. Salinger, Prince… nel nostro piccolo Mina, che però continua a incidere canzoni) rimarranno sempre leggende, soprattutto perché nel tempo in molti cercheranno di scalfire la cortina di vetro sorta intorno al loro isolamento: giornalisti, fotografi, lontani parenti…

    Ma con Greta Garbo, il mistero si infittisce.

    Nel 1941, all’età di trentasei anni, l’attrice con i maggiori incassi al botteghino nel mondo, smette di recitare e mai più comparirà in un film, nonostante il fato le farà dono di vivere mezzo secolo ancora.

    Come ha notato Robert Gottlieb, nella biografia scritta nel 2021 e ovviamente in bibliografia nel nostro saggio, per una star che, più di ogni altra, ha invaso il subconscio del pubblico, questa fu un’abdicazione, un privilegio che detengono solo le monarchie (in tempi recenti anche il papato).

    Ma ad essere meno superficiali bisogna riflettere sul fatto che questa decisione venne presa da una persona particolare, che non era mai stata caratterialmente consona alla celebrità. Da un lato Hollywood la enfatizzava con la sua macchina pubblicitaria, dall’altro lei continuava a ripetere interiormente quella frase – pronunciata in un film – che suonava più o meno così e che si è irrimediabilmente fusa con la sua immagine pubblica e privata: «Voglio essere sola».

    Quella che è stata fraintesa per una strategia atta a mantenere desto l’interesse del pubblico era, più semplicemente, un desiderio sincero e impegnato di tenerlo a distanza.

    Pochi altri artisti sono saliti così rapidamente nell’empireo dei grandi, facendo coincidere la propria grandezza con la perdita del nome di battesimo, diventando solo Garbo (nel dopoguerra ci provarono con Alida Valli, ma Valli non fu mai Garbo).

    Quando apparve nel suo primo film sonoro, Anna Christie (id., 1931) la pubblicità proclamava imperiosa Garbo talks!. Per la sua prima commedia sonora, Ninotchka (id., 1939) l’annuncio fu Garbo laughs!.

    Il fenomeno Garbo, in fondo, è un enigma su cui continuano a tornare critici e biografi. Garbo ha girato solo ventotto film nella sua vita. Per fare dei confronti: Bette Davis ne ha interpretati quasi novanta, Meryl Streep quasi settanta e continua a recitare… Si potrebbe osservare che questa filmografia scarna è attribuibile esclusivamente allo stop inferto dall’attrice alla sua attività.

    Ma Garbo aveva acquisito un mito impenetrabile molto prima che ponesse fine alla sua carriera: la colonia di Hollywood già la trattava come una regina.

    Ciò che soprattutto Garbo offriva era il suo viso straordinario, primi piani iconici che titillavano l’immaginazione emotiva ed erotica di un pubblico che non era ancora abituato a questo tipo di proposte, al limite del morboso. Primi piani che infiammavano i cuori, e non solo. Di Garbo non c’è traccia di un centimetro di pelle scoperta, di contro di dettagli feticistici, come una scarpa o un lato ravvicinato delle labbra. O come, in un film muto, Garbo che si arrotola una sigaretta tra le labbra, poi la appoggia tra quelle di John Gilbert, mentre i suoi occhi non lasciano mai quelli dell’altro. Erotismo all’ennesima potenza. Come ha notato Paul Schrader, citando un film muto di D. W. Griffith con Mary Pickford: «Un vero primo piano di un attore riguarda l’entrare dentro di lui per una ragione emotiva che non si può ottenere in nessun altro modo. Quando i registi si resero conto che potevano usare un primo piano per ottenere questo tipo di effetto emozionale, le cineprese hanno iniziato ad avvicinarsi. E i personaggi sono diventati più complessi».

    Un viso spettacolare come quello di Garbo – gli occhi grandi e le palpebre infossate, la modalità ironica con la quale distendeva le sopracciglia dissolvendo la sua abituale austerità – era a tal punto travolgente da riempire lo schermo: il pubblico si perdeva nel suo volto.

    Non per sminuire il suo mestiere di attrice, ma la sua recitazione è stata forse più efficace nel cinema muto o nelle scene prive di dialogo, dove a parlare e a tessere la tela delle emozioni era il suo volto.

    Nelle ultime sequenze di La regina Cristina (Queen Christina, 1933), l’androgina sovrana svedese di Garbo si trova a prua di una nave che la sta portando via dal suo paese; il corpo del suo amante, ucciso in un duello, è disteso sul ponte. Garbo guarda lontano, il suo viso è una specie di maschera ma non per questo meno eloquente. Il regista del film, Rouben Mamoulian, le aveva detto che doveva «come svuotare completamente la sua mente e il suo cuore», svuotare il volto di ogni espressione, in modo che il pubblico potesse sovrapporre le proprie emozioni su di esso. Per Mamoulian lo spettatore doveva maturare la sensazione di essere l’artefice creativo del film che stava vedendo. E Garbo fu portentosa.

    Clarence Brown, che ha diretto la Garbo in sette film, ricordava che con lei era possibile girare scene apparentemente anonime, per quanto efficaci, e poi rivederle sullo schermo per cogliere che proponevano un qualcosa che semplicemente non era stato possibile percepire sul set. I suoi occhi agivano al posto dell’espressione del viso, che non cambiava, per mostrare ira o allegria. Del resto, Garbo analizzava scientificamente la semiotica della gestualità. In alcuni suoi appunti, quando prendeva lezioni di recitazione, annotò: La testa piegata in avanti equivale a una lieve concessione o a un atteggiamento condiscendente; Voltare la testa all’indietro trasmette un sentimento violento come l’amore.

    Grande attrice, semplicemente tecnica? Probabilmente, fin da subito, la macchina produttiva hollywoodiana comprese Garbo per il giusto verso, l’unico: non era tanto un’attrice eccelsa, quanto dotata di forte individualità e magnetismo.

    Del resto, Garbo non si è mai veramente adattata al suo nuovo paese o al suo nuovo destino, almeno oltre il set cinematografico. Quello che poteva apparire come un atteggiamento scostante e riservato, accuratamente coltivato, era in parte il prodotto di imbarazzo, disorientamento e tristezza. Quando arrivò negli Stati Uniti, parlava a malapena l’inglese e, nel giro di un anno, apprese che la sua amata sorella, anch’ella aspirante attrice, era morta in solitudine a casa. Scrisse a un’amica in Svezia su quanto fosse infelice: «Questa brutta, brutta America, tutta automobili, è atroce».

    Atletica e fisicamente irrequieta, incominciò a dedicarsi a lunghe passeggiate notturne, che si trasformarono nel suo rifugio; con il cappello abbassato sulla testa, che divenne una consuetudine, per non farsi riconoscere.

    Non si è mai sposata, non ha avuto figli. Ha intrapreso brevi relazioni sentimentali, perlopiù con uomini (l’attore John Gilbert, verosimilmente il direttore d’orchestra Leopold Stokowski), e probabilmente anche con donne (la principale sospettata sembra essere stata la scrittrice Mercedes de Acosta, che ebbe relazioni con Marlene Dietrich e molte altre).

    Le sue relazioni più durature sono state con gli amici, in particolare coloro che l’hanno aiutata nella vita materiale, l’hanno consigliata devotamente e si sono dimostrati riservati. Ha frequentato la straordinaria comunità di scrittori, compositori e cineasti tedeschi rifugiati di Los Angeles, grazie all’amicizia stretta e inossidabile con Salka Viertel.

    Fuori dal lavoro, evitava il trucco e le piaceva vestirsi con pantaloni, scarpe Oxford da uomo e maglioni stropicciati. Il suo armadio era pieno di camicie e cravatte da uomo. Si definiva spesso un compagno e talvolta firmava le sue lettere Harry o Harry Boy. Non a caso il ruolo cinematografico – già citato – che le è piaciuto di più è stata l’erudita monarca del diciassettesimo secolo Cristina, che si travestiva. Le consentiva di andare in giro in tuniche, pantaloni attillati e stivali alti, e poter baciare sulle labbra una delle sue dame di compagnia, per poi dichiarare che avrebbe voluto «morire da scapolo!».

    Il film, piuttosto bizzarro per l’epoca, scatenò ogni tipo di commento. E allora i più ignoravano che Garbo avrebbe voluto interpretare San Francesco d’Assisi, con tanto di barba, e addirittura il Dorian Gray di Oscar Wilde: sarebbe stata una prova di straordinaria ambiguità, per la donna più bella del mondo!

    Ma, alla fine, perché Garbo ha smesso di recitare? La sua stella non era in declino. Era passata con successo ai talkies. Aveva ottenuto quattro candidature agli Oscar. Ninotchka (id., 1939) era stato un grande successo: più di quattrocentomila persone si erano accalcate al Radio City Music Hall, ininterrottamente per tre settimane, per vederlo.

    Rifiutò importanti proposte, compreso l’hitchcockiano Il caso Paradine (The Paradine Case, 1947). Ricordate? Valli al posto di Garbo

    E così, gradualmente, si allontanò dall’attività cinematografica. Non le erano mai piaciute le luci della ribalta e le mancava quel fuoco interiore che animava contemporanee come Marlene Dietrich o Joan Crawford. Non è mai stata particolarmente vanitosa riguardo alla sua bellezza, ma abbastanza pratica da valutarne il valore preciso, compresa la consapevolezza che un giorno sarebbe svanita.

    Inoltre, le piaceva recitare ma non era mai soddisfatta dei risultati: «Oh, se una volta, se solo una volta potessi assistere a un’anteprima e tornare a casa soddisfatta». Garbo non era Norma Desmond, che guardava continuamente i suoi vecchi film per ammirare la propria immagine.

    Piuttosto si prendeva in giro, le poche volte che le capitava di rivedersi, si beffeggiava.

    Tennessee Williams scrisse: «La più triste delle creature: un’artista che abbandona la sua arte». Eppure, Garbo non si vedeva come la stiamo descrivendo. Per neutralizzare i rischi insiti nell’invecchiare a Hollywood, si è trasferita a New York, in un appartamento nell’East Side. Ha trascorso lunghi periodi in Europa, in compagnia di amici ricchi e spiritosi. È andata a teatro, ha frequentato i musei. Con un patrimonio di almeno cinquanta milioni di dollari al momento della sua morte (avvenuta nel 1990), non si è reinventata filantropa, ambasciatrice di qualche buona iniziativa, o scrittrice di memorie o diari.

    È vissuta nel mistero, pur senza nascondersi, non temendo i fotografi che la braccavano nella città.

    Ciò che non si saprà mai è se Garbo ha potuto godere di una ricca vita interiore, per sostenerla in tutti quegli anni di distacco dal cinema.

    Perché Garbo è un enigma.

    Massimo Moscati

    Introduzione

    A chi devo raccontare chi è Greta Garbo? Chi ha la mia età la conosce (superficialmente, quel tanto che basta per credere di conoscerla), chi è più grande la dà per scontata e chi è più giovane crede di poter fare a meno della sua conoscenza.

    Quindi, nonostante il nome abbia la portata di qualcosa di talmente archetipico e dogmatico da sembrare non aver bisogno di spiegazioni o racconti, la realtà vera è una: chi è Greta Garbo al giorno d’oggi va spiegato un po’ a tutti. Ma perché?

    Per conoscere cosa c’è alla base dell’attrice e del mito Garbo. Il suo mestiere è tutto ciò che ci ha lasciato – rare le interviste, quasi tutte a inizio carriera – tutto quello che sappiamo è perché ce l’ha raccontato qualcuno, punito da lei, per questo, con la sospensione di ogni rapporto.

    Per scoprire da quanto in basso questo mito sia partito e meravigliarsi proporzionalmente del livello di fama e adorazione raggiunti.

    Per capire cosa significasse essere un’emigrata svedese in America negli anni ‘30. Compiendo – a 19 anni – per la prima volta nella sua vita un viaggio transatlantico e non conoscendo una parola di inglese. Verso un Paese che non la conosceva e che al tempo stesso la attendeva e si attendeva da lei grandi, grandissime cose.

    Per capire cosa significasse realizzare un film, da attrice, e far parte della società hollywoodiana negli anni ‘30 e ‘40.

    Per capire che in quell’emigrata svedese 19enne che l’America prima non conosceva e di cui poi non ha potuto (mai più) fare a meno si sono concentrate e sono state anticipate molte (tutte?) le conquiste e le battaglie delle attrici di oggi: dall’equità salariale a una certa decisionalità su progetti e scelta dei partner sullo schermo; dal rapporto con i giganti degli Studios (vedi Mayer) alla gestione della privacy; dalla preparazione per i ruoli alla costruzione di un’immagine e di uno stile che hanno fatto letteralmente storia.

    Di lei sono note la bellezza enigmatica e irresistibile, il carisma sullo schermo, il talento, l’estrema riservatezza e che smise di recitare – per sempre – a soli 36 anni. Dietro a questi dati assodati c’è una vita intensa, da film, appunto, che parte da lontano e arriva in fretta (prima ancora di arrivare negli Usa a 19 anni, con all’attivo solo una manciata di film svedesi di cui solo uno degno di nota, era attesa come una delle più grandi promesse del cinema americano e mondiale); una personalità che forse nascose dietro una strenua lotta per la propria privacy una fragilità – intellettuale, culturale, e anche familiare, affettiva – che fu insieme spauracchio e stimolo per dare sempre il massimo di fronte agli altri.

    Ci addentriamo alla scoperta di questa carriera e di questa vita con la consapevolezza che ci rifacciamo, va ripetuto, da una parte a quanto di più concreto la divina ci abbia lasciato, i suoi film, e dall’altro a quanto di lei hanno raccontato i pochi giornalisti che le hanno strappato qualche dichiarazione, colleghi, registi, amici, frequentatori degli stessi suoi salotti e stessi suoi yacht, libri scritti da altri giornalisti e appassionati, amici, amanti – o presunti tali – , parenti di persone che avevano avuto a che fare con lei, e persino i suoi domestici. Una ricostruzione che segue briciole sparse qua e là, moltiplicatesi negli anni sia per l’inesauribile popolarità dell’attrice sia perché la sua estrema riservatezza, e il fatto di non aver mai scritto lei qualcosa su di sé, hanno dato adito negli anni a una certa creatività biografica da parte di chi ne ha parlato o scritto, con conseguente proliferare di testi a volte tra loro contraddittori o non perfettamente combacianti. Oserei quindi dire che questa che andiamo a conoscere è la mia Greta Garbo: la Garbo di cui mi sono fatta un’idea seguendo alcune di queste briciole. Quella vera, indubitabilmente vera, è stata conservata lontano dal mondo – per quella fragilità di cui sopra?, anche qui possiamo solo elaborare delle ipotesi – dall’unica vera conoscitrice di Greta Garbo, forse la sua ammiratrice numero uno, senz’altro anche una sua grande detrattrice: Greta Garbo.

    Greta Lovisa Gustafsson: una giovane commessa svedese

    Stoccolma, capitale della Svezia. Una grande (ma non grandissima) città (oggi conta circa un milione di abitanti), che sorge, come tutte le città scandinave, nel sud del suo Paese (nel suo caso sud-est), indissolubilmente legata all’acqua. Si sviluppa, infatti, su quattordici isole ed è il punto d’incontro tra il frastagliatissimo (altra caratteristica dei Paesi nordici) lago Mälaren e il Mar Baltico, che insidia la terraferma (o è la terra che ha tanti affacci su di lui?) in mille e più rientranze. Su una delle isole di cui si compone la città, sorge il quartiere di Söder, ora considerato il distretto hippy, giovane e alternativo della capitale; agli inizi del ‘900, una parte estremamente povera e umile dove prevalevano fabbricati in legno che, come il resto della città, si stava velocemente modernizzando. Lì, il 18 settembre 1905, in un modesto appartamento al 32 di Blekingegatan di quattro locali (ma secondo alcune fonti le stanze erano di numero inferiore), con il bagno esterno all’edificio e senza acqua calda, al terzo piano di un condominio di quattro piani (l’edificio originario è stato demolito nel 1967, ora vi

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