La rivoluzione energetica ha fame di microchip. Il motivo è presto detto: se nel 2010 il contenuto medio del valore industriale dei semiconduttori presenti in un'auto era stimato in 300 dollari, oggi questo dato supera già i 500. Ma è una cifra destinata a crescere ulteriormente con l'avvento della propulsione elettrica, che richiede una gestione elettronica sofisticata per componenti come il motore, l'inverter, la ricarica e, soprattutto, le batterie. Per non parlare della crescente diffusione degli Adas di livello 2, anche sulle vetture di fascia medio-bassa. Quando, poi, si arrive- rà alla disponibilità della guida autonoma di livello 3 e 4, il valore dei microchip di ogni singolo esemplare arriverà, secondo gli esperti del settore, a 700-1.000 dollari.
Vivremo, dunque, in un mondo sempre più dominato dai piccoli pezzi ricavati dal silicio. Che, però, presentano due problemi, per nulla trascurabili. Il primo deriva dal fatto che già oggi la produzione planetaria di microchip, che si divide tra foundry (i produttori