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ISABELLE ADJANI

a figlia di Victor Hugo, febbrile, maniacale nella sua passione per un ufficiale che la fugge, ne “L’Histoire d’Adele H” di Truffaut. La conturbante Anna/Helen di “Possession” di Andrzej Zutawski. Camille Claudel, artista estrema, scultrice celebre nel mondo riservato agli uomini dell’arte dell'800 più per il suo amore per Rodin che per le sue (oggi rivalutatissime) opere. La regina Margot nel suo abito da sposa rosso nel (superbo) film di Patrice Chéreau tratto dal romanzo di Alexandre Dumas sulla strage degli ugonotti della notte di San Bartolomeo. Una successione di ruoli entrati nella storia del cinema, con cui Isabelle Adjani si è imposta nell’immaginario collettivo grazie a una bellezza magnetica e un innegabile talento. Con una formazione “classica”, la Comédie Française dopo gli studi al corso Florent, conosce il successo giovanissima, con “Lo schiaffo”. Vincitrice di cinque César e di due premi a Cannes come miglior interprete femminile, nominata due volte all’Oscar (per “L’Histoire di Adèle H” e “Camille Claudel”), per anni polarizza i media, venendo contemporaneamente idolatrata e fatta oggetto di una specie di leggenda nera per cui nel 1987 verrà data malata, addirittura morta di Aids. Una pressione forte, cui l’attrice resisterà grazie alla psicanalisi. E a un senso indomabile di fedeltà a sé stessa e a quello che considera giusto: basta ricordare che nell’89, salita sul

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