Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, sa che Paul Frère non era una persona comune. Giornalista e ancor prima pilota – corre in Formula 1 negli anni 50 e vince la 24 Ore di Le Mans nel 1960 a bordo di una Ferrari 250 Testa Rossa –, lascia le competizioni agli inizi degli anni 60 per dedicarsi completamente alla attività giornalistica. È considerato uno dei maggiori esperti di Porsche e, in particolare, della 911, di cui ha seguito tutti gli sviluppi e scritto libri imperdibili. Appena arrivata in Italia l'ultima versione della sportiva tedesca, quella con il motore di 2.4 litri, Quattroruote, com'era solita fare quando si trattava di super sportive, gli affida la prova su strada. Che Paul, come sempre, gestisce a modo suo. Terminati i rilevamenti dinamici, che riproponiamo alle pagine 128-129, s'inventa un Roma-Bruxelles da fare, più o meno, tutto di un fiato e, soprattutto, a tutto gas. A proposito del nuovo spoiler anteriore, scrive: «Mi è parso molto efficace perché rende la guida più sicura alle alte velocità, specie sul bagnato. Sensazione confermata dalla distanza di 196 km percorsa su un tratto collinare dell'Autoroute du Sud, in Francia, che ho coperto in un'ora, nonostante la pioggia battente e alcuni tratti con i lavori in corso».
Altri tempi, verrebbe da dire. Del nuovo motore elogia la maggior disponibilità di coppia, che permette di riprendere agevolmente da 125 km/h senza dover ricorrere alla terza e di allungare fino a 200 km/h con il boxer che plafona a 7.200 giri. È critico, invece, riguardo al cambio, anch'esso completamente rivisto, che ha innesti duri e un'eccessiva escursione della leva. Quanto
