Melaverde

Tutti i colori del sole

Territorio P. 46

Ricette P. 50

Taccuino di viaggio P. 56

a notevole biodiversità e la compresenza di zone climatiche diverse tra loro consentono al territorio lucano di esprimersi in una straordinaria varietà di coltivazioni. Tra queste, gli alberi da frutto occupano una posizione di assoluto rilievo: l’epicentro della frutticoltura è la piana di Metaponto, che proprio per la sua provenienti dalla Campania e dall’Emilia-Romagna, le giganti del settore in Italia. Tra Rotondella e Policoro, gli alberi trovarono delle condizioni ideali per attecchire e la salubre aria marina che spira dalla costa consente la coltivazione a basso contenuto di pesticidi di una grande varietà di . Frutto estivo apprezzato per la sua dolcezza e la sua consistenza morbida e soda, l’albicocca è una drupa tondeggiante dai colori solari, che vanno dall’arancione pallido al rosso, e si presta alla preparazione di dessert e conserve, ma anche di ricette salate, amate da chi gradisce i contrasti di sapori. Si narra che anticamente l’albicocco fosse una pianta ornamentale armena e che i suoi frutti nacquero grazie a un prodigio: poiché il paese venne invaso e l’esercito nemico stabilì di distruggere le piante che non producevano frutto, una fanciulla si gettò ai piedi di un albero di albicocche e pianse fino ad addormentarsi stremata. Al suo risveglio l’albero era coperto di frutti dorati e venne così risparmiato. In realtà l’origine dell’albicocca è da rintracciarsi in Cina, dove viene coltivata da millenni: le rotte commerciali portarono ben presto questo frutto in Medio Oriente, ed è da qui che si diffuse nel bacino mediterraneo e, probabilmente tramite i Romani, in Europa. Leggenda vuole che fu Alessandro Magno a importare le albicocche dall’Armenia, conquistato (lui, per una volta) dalla loro prelibatezza. Probabilmente la diffusione dell’albicocco in Occidente (avvenuta tra I secolo a.C. e I secolo d.C.) non è stata così lineare e a testimoniarlo è l’origine del suo nome: la parola “albicocca” deriva infatti dall’arabo , ma questa a sua volta deriverebbe dal greco , termine ricalcato dal latino . Apparentemente il nome ha viaggiato in direzione opposta al frutto! Su questa etimologia, così affascinante da essere dibattuta persino nel libro di Andrè Aciman (e nell’omonimo film di Luca Guadagnino) si sono arrovellati numerosi studiosi, a dimostrazione che gli scambi culturali e commerciali non sono mai lineari come potrebbero apparire a un primo sguardo. Dopo tanti viaggi, l’albicocca trovò nel Meridione un luogo dove prosperare: già nel cinquecentesco nell’opera , lo scienziato Gian Battista Della Porta distingue la produzione tra due diverse varietà nella zona del napoletano: la comune bericocca e la pregiata crisomela. Oggi anche la Basilicata partecipa a questo felice connubio tra Sud Italia e colture di albicocco: è infatti il terzo produttore a livello nazionale, e grazie alle numerose fattorie didattiche presenti lungo il fiume Sinni, il frutto non viene solamente esportato e consumato, ma anche esplorato in tutte le sue fasi produttive e implicazioni culturali. Inoltre, a inizio luglio, la sagra dell’albicocca di Rotondella celebra questa coltura distintiva del territorio, con giornate di studio, spettacoli e, ovviamente, ricche degustazioni.

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