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L'isola che forse c'e: Alcuni giorni di vacanza di un'estate fa
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L'isola che forse c'e: Alcuni giorni di vacanza di un'estate fa
E-book92 pagine1 ora

L'isola che forse c'e: Alcuni giorni di vacanza di un'estate fa

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Info su questo ebook

Ventotene, scenario incantato e al tempo stesso familiare delle mitiche avventure estive di Raffaele: lo sbarco nel Porto Romano, i tuffi con la bici, le guerre con le pistole ad acqua, le canzoni stonate al cielo e le notti sotto le stelle passate in silenzio, guardando il mare.
Nel suo racconto a una ragazza incontrata per caso prendono vita i luoghi, i personaggi, gli eventi di un’Isola capace di far sognare, di far sorridere, di conquistare con la sua magia.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mag 2014
ISBN9788865379233
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    Anteprima del libro

    L'isola che forse c'e - Raffaele Montella

    Introduzione

    "Il più valido esercizio del nostro spirito è,

    a mio avviso, la conversazione.

    Io la considero la pratica più dolce

    di qualsiasi altra nella nostra vita".

    M. E. de Montaigne

    Leggere per me è qualche cosa di carnale, un rapporto a due, inscindibile, fra me e le parole che mi scorrono davanti.

    Proprio questa relazione così particolare mi porta a riflettere da subito sul fremito che il fraseggiare mi suscita.

    Il concetto di fremito è però soggettivo. Cosa s’intende con questa parola? Forse nel mio caso essa significa il grado d’emozione (o di tuffo al cuore, che dir si voglia) che lo scritto mi suscita.

    Fatto è che, leggendo già le prime righe di questa storia, ho immediatamente compreso che qualche cosa d’impercettibile in me stava cambiando.

    Doveroso è però precisare che in qualche modo io partivo già prevenuto in quella lettura. L’isola che forse c’è era infatti sempre stata il mio segreto amore, l’anima di un ragazzo ammalato forse di struggimento e ammirazione al tempo stesso per dei luoghi che molto probabilmente solo il suo animo incline alla malinconia vedeva come il mito della propria giovinezza, posto ideale ove ambientare tutte quelle bellissime canzoni d’amore che noi giovani ogni tanto, chitarra alla mano, amiamo cantare tutti in coro sugli scogli, magari attorno a un falò oppure guardando un cielo stellato senza eguali…

    Mi sono dovuto ricredere.

    Man mano che la mia lettura procedeva ero sempre più sbalordito nel ritrovare in lui esattamente le mie emozioni, i miei pensieri, la mia passione per uno scoglio sperduto in mezzo al mare, così piccolo, ma anche così pieno di magia.

    L’Isola che forse c’è… è un racconto nel racconto, una narrazione estemporanea di un’esperienza vissuta realmente, dettato dalla sapienza e dalla maestria che solo una sconfinata passione e ammirazione possono donare.

    Non spero che queste mie poche righe possano già dare un’idea dello spirito del racconto che avete tra le mani, ma ci tenevo a poter esprimere la mia opinione su di un’opera che al di là d’ogni considerazione tecnica viene dalla sola cosa che conta veramente: l’amore, intenso e totale, di un ragazzo come me per un luogo che forse ognuno di noi porta nel cuore, ma che pochi hanno avuto la fortuna di aver scoperto.

    Dario Chevalier Santillo

    Capri

    «Scusa, sai che ore sono?»

    Mi chiede una brunetta che, come me, aspetta sulla banchina commerciale del porto di Capri. «È questo il catamarano per Ischia?» le chiedo a mia volta. Poi aggiungo: «Dove devi andare? Anche tu a Ventotene?» e lei: «No, scendo a Ischia, vado dal mio ragazzo». Dopo un attimo d’incertezza, forse dovuto a una naturale e affascinante timidezza, lei stessa aggiunge: «Sono scappata di casa, i miei non mi vogliono… e io non voglio loro».

    Intanto saliamo a bordo e ci sediamo vicini, occupando prepotentemente quasi un’intera fila di sedili del lato di sinistra con i nostri bagagli.

    «Come ti chiami?» le chiedo, «Giovanna, ma tutti mi chiamano Nina, e oggi, quattro agosto, è il mio onomastico»; «Auguri!» esclamo, senza badare minimamente alla banalità della battuta, ma lei: «Ho diciotto anni e tre giorni, sai, tre giorni fa è stato anche il mio compleanno… ho diciotto anni e non mi lasciano libera, sai? Non mi lasciano libera. È la seconda volta che scappo di casa… perché? I miei mi fanno continuamente problemi…»

    …E ne deve avere proprio di seri; pare una ragazza introversa, ma non mi fugge, anzi, sembra che le vada a genio. Difficile comprendere il comportamento dell’animo umano in questi casi! C’è chi lo chiama colpo di fulmine o chi dice che la prima impressione è quella che conta o, ancora, chi spiega l’instaurarsi di un armonico rapporto come un incontro di auree compatibili, facendo propri i mistici pensieri orientaleggianti che tornano di moda ogni fine millennio.

    Nina non è carina, anzi, ritengo che sia quel classico tipo di ragazza di cui si suole dire che è intelligente o che ha occhi belli… ma deve essere buona, molto buona. «Cosa fai? Studi?» pragmaticamente le chiedo, ma la secca risposta non si fa attendere: «Sì, o meglio, no, non voglio continuare ad andare a scuola perché voglio sentirmi libera!»

    Libera, ancora libera, ma quel «libera» da lei pronunciato ha qualcosa di strano… ma libera da chi, da che cosa? «Non ti rattrista lasciare Capri? Anch’io sono andato via dai miei… ora sono in barca ad Acciaroli. Anch’io ritorno su di un’Isola a me cara, anch’io raggiungo sull’Isola qualcuno a cui tengo… ed è stato dolorosissimo allontanarmene. Sembra tantissimo tempo fa, e invece sono solo poche ore: ricordo ancora l’alba della mia partenza, quando, in un quasi perfetto silenzio, abbiamo lasciato il Porto Romano di Ventotene e, appena qualche centinaio di metri fuori l’imboccatura, già alziamo la randa. Siamo solo in due, mio padre e io, quindi l’uso del pilota automatico è, a dir poco, necessario. Sul Loran imposto la rotta per il ritorno e decido di fare il primo turno di guardia per godermi l’ormai prossimo albeggiare. Solo in coperta, alzo anche il grande genoa facendo girare il rullafiocco. Spengo il motore senza far diminuire la velocità della barca, che viene spinta da una leggera brezza proveniente dal lato di diritta. Il silenzio è rotto appena dallo sciacquettio delle onde e dal quieto fruscio del vento nelle vele; solo il freddo ronzio del motore elettrico del pilota automatico rende diversa quella navigazione da una di cinquecento anni prima…

    Addio Isola sorgente dalle acque, ornata in ogni punto della costa da case biancastre come merletti sull’orlo di una candida veste, resa bella da scogli ineguali ed elevati verso il cielo, scogli noti a chi ha trascorso fra voi le ore più liete di una vacanza, conosciuti non meno bene dell’aspetto dei propri familiari e a lui familiari per aver fatto corse affannate, per essersi lì nascosto, per aver conosciuto cosa significa amare. Addio onde delle quali si distingue il rumore tanto da capire da dove esse provengano, addio casette immerse nel verde come farfalle posate dolcemente su petali di fiori.

    Quanto è triste lasciare quei luoghi per chi ha lì riposto le speranze e i desideri dei sogni nascosti e sopiti nei mesi più freddi e nei giorni più bui. Ma è triste andar via anche per chi, volontariamente, se ne allontana, magari per una vacanza in un altro e più mondano luogo, sempre serbando, in fondo, la speranza di ritornare nella cara Isola. Così per chi, dopo un felice soggiorno

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