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Tra realtà e fantasia
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E-book193 pagine2 ore

Tra realtà e fantasia

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Info su questo ebook

Tredici racconti ed una favola creati in periodi diversi, di varia umanità; alcuni di pura invenzione, immaginando percorsi improbabili ed anche un po' inquietanti, altri tratti da un vissuto vero ed in alcuni racconti drammatico.
LinguaItaliano
Data di uscita16 ott 2014
ISBN9786050327625
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    Anteprima del libro

    Tra realtà e fantasia - Salvo Ballatore

    Salvo Ballatore

    Tra realtà e fantasia

    UUID: 38eb2e80-5579-11e4-b196-ed5308d36374

    This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)

    by Simplicissimus Book Farm

    Tra realtà e fantasia

    racconti brevi di vita e di fantasticherie

    LETTERA AD UN'AMICA

    La vista del mare e in fondo un orizzonte che lascia scorrere pensieri a fiumi.

    Non possono non traboccare d’immagini i pensieri quando si ha di fronte quel che vedono i miei occhi in questo momento: niente d’imprigionabile da un unico sguardo. Soltanto l’occhio della mia mente è in grado di rievocarle in un insieme, di creare un paesaggio denso di atmosfere e di storie di essere umani capaci di offrirmi una sorta di estasi momentanea.

    Quant’è lontana la città…

    Accanto a questa sontuosa ortensia, che sprizza vita da ogni petalo viola, mi sembra irreale il pensiero che là, nella folla che conosco e che m’ingoia per undici mesi all’anno dovrò tornare ormai tra cinque giorni. Eh, sì, qui il tempo passa in fretta, benchè le giornate siano più lunghe che in città, scorre troppo in fretta: sono già trascorsi dieci giorni…

    Era una nuvola, già passata… Non ho mai pensato a quel che mi attende al ritorno, né a questioni d’ufficio. Nemmeno il mio compagno sembra curarsene. Segno di quanto sappiamo allontanarci dalla miseria della nostra quotidianità. Sarà forse incoscienza la nostra?

    Da questo delizioso giardino la mia vista arriva fino al muro di pietra che lo delimita. Al di là c’è l’Oceano, immenso. Se non l’avessi visto penserei d’essere in campagna, se non l’avessi sentito mi domanderei quant’è lontano il mare. Come non essere ammaliati da questi contrasti… Non è stupefacente che, oltre quel muro, non ci sia un mare d’asfalto ma un’immensità d’acqua salata, coronata da un orizzonte infinito …che mi fa sentire piccola e felice?

    Non saprei dirti quel che abbiamo fatto, dovrei pensarci, tutto e niente. Un niente pieno di tutto ed un tutto pieno di niente.

    L’inveterata pigrona che conosci, adora fare lunghe passeggiate sulla spiaggia insieme al suo piccolo Snoopy, al mattino presto, quando il cielo è ancora pieno d’aurora, come adora osservare il tramonto sulle scogliere di Pointe du Raz: quando da noi è già sera qui il sole deve ancora immergersi nel suo orizzonte atlantico di Bretagna.

    Adora persino arrivare fino a Pointe de Breusellec, quasi sempre di pomeriggio, per incantarsi davanti alle sue alte scogliere che cadono a picco nell’Oceano e, seminascosta in un angolino tra le rocce, abbozza acquerelli che regolarmente straccia.

    Che cattive abitudini riesce ad offrirmi questo tempo libero che mi sembra immenso. E’ davvero esaltante per noi abituali segregati d’ufficio. Mi accorgo con sconvolgimento che in questo tempo vorrei metterci dentro tutto quello che non posso mai fare in città (e mi faccio un po’ pena): leggo con avidità pensando già al libro che leggerò immediatamente dopo; disegno; passeggio perfino con troppa frenesia… E mi sento un po’ squilibrata.

    Ieri abbiamo noleggiato una piccola barca per raggiungere L’Ile de Sein, poco distante da dove alloggiamo. E’ un’isola piccolissima e piatta, battuta e sommersa spesso da tempeste atlantiche, abitata da trecento anime che con ostinazione vi progettano il loro futuro circondati da un mare che gli ha rubato già tanti amici, fratelli e padri.

    Ci hanno accolti un sole ed una luce meravigliosi.

    All’approdo ci sono apparse come per incanto una serie di vecchie case dai colori vivaci, ora un azzurro ora un giallo, un viola catturavano i nostri occhi. Colpisce l’ordine, la nettezza delle forme, i tetti spioventi, l’ardesia che li ricopre e tutto attorno spiagge ed isolotti coperti di uccelli marini che l’ignoranza m’impedisce di riconoscere.

    Scesi a terra abbiamo subito avvertito un’estrema tranquillità, l’abbiamo respirata in ogni angolo delle viuzze che abbiamo percorso.

    E’ stata una giornata magica, come di rado ci capitano nella vita, dove tutto è in straordinaria armonia col nostro essere, giornate in cui corpo e spirito realizzano la sinfonia della vita.

    Guardavo Marco e il mio cane, mentre passeggiavamo lungo la spiaggia, con la bassa marea, immersi in una luce magica e magica era l’intensità dei miei sentimenti: provavo un intenso legame-amore per tutt’e due: quanta intimità s’è concentrata in quell’attimo…

    Marco scalpita un po’: so che avrebbe preferito un bel viaggio out door, lontano. Il suo amore per l’Africa lo condivido, come amo le forti emozioni che ci ha regalato e che ci regalerebbe ancora. Quest’anno però, avevo bisogno della quiete che sanno dare le piccole grandi cose della vita, proprio quelle che qui ho trovato (sto forse invecchiando?).

    Altra poesia ci ha regalato il palato: non saprei trasmetterti il piacere col quale ci siamo gustati le migliori ostriche e cozze di questi luoghi, anche perché non lo capiresti, altre pietanze solleticano le tue papille gustative. Ma voglio quantunque dirti con che cosa abbiamo accompagnato quei corpuscoli mollicci. Con un’ottima bottiglia di vino bianco e fresco al punto giusto.

    Tra poco sarà tutto soltanto un ricordo, ti sembrerà bizzarro, ma ancora non riesco a convincermene…

    Meglio riprendere a gustarmi le sfumature dell’ortensia di Bretagna, i suoi verdi chiari che via via si confondono con i rosa che corrono e si annullano nei viola; meglio ritrovare l’incanto di una quiete che mi consente di percepire ancora la bellezza della natura, degli oggetti e persino delle persone che vivono quotidianamente questo contatto, magari esaltando con un romanticismo da turista quel che loro, avendolo sotto gli occhi ogni giorno, non possono apprezzare quanto me.

    Mi sento un po’ ridicola: capisco che ogni quotidianità finisca con l’oscurare qualsiasi atmosfera di bellezza, capisco ch’è pura retorica dirsi, in momenti di vacanza, che possiamo vivere con meno, con molto meno, sapendo che riprenderemo le nostre dissennate abitudini. Ma se non sprecassimo quel che guadagniamo lavorando che senso avrebbe continuare a vivere in città, andare in ufficio ogni mattina?

    Che senso avrebbe tornare nel luogo che mi offre il necessario per vivere e pure di più, anche ciò di cui potrei fare a meno ed a cui non so rinunciare, a cui non penso di dover rinunciare?

    Vivo forse per gli oggetti che mi fanno compagnia? Ho detto compagnia… è una compagnia sorda, cinque minuti dopo che han varcato la soglia di casa mia sono già morti, inanimati, non sanno comunicarmi più nulla. Eppure li avevo visti e desiderati nello stesso istante. La lampada che sta sul comodino, bella a caro prezzo; il quadro appeso in soggiorno che non so nemmeno chi l’abbia dipinto, un bel decoro, nemmeno troppo caro; il lettore per compact disc e l’ultimo cd di un cantante famoso mi offrono momenti di relax che mi fanno sognare e ancora scappare in luoghi dove tutto è possibile.

    Quel vestito davanti al quale non ho saputo resistere, là nell’armadio, l’avrò indossato due volte in un anno. E quel giaccone... ne avrò dieci in tutto, potrebbero bastarmi per due vite, di certo ne comprerò un altro il prossimo inverno…E i ninnoli comprati perché costavano un niente… ho la casa piena di niente. Fino a quando continuerò a riempirla col niente? Brrr…, che incubo, lasciamolo a mille chilometri da me ancora un poco.

    Le regole della casa del sidro, spero mi aiuti a sognare. Ho bisogno di sognare. Una vita senza sogno che vita è?

    THOMAS E BRIGITTE

    M’ero imbarcato a mezzogiorno a Bastia ed ora attendevo con impazienza che la nave si decidesse ad attraccare in Italia. Improvvisamente si era fermata all’ingresso del porto di Livorno senza ragioni comprensibili a noi passeggeri. Ebbi un impellente bisogno di respirare all’aria aperta. Mi ritrovai sul ponte a guardare l’orizzonte in un’ora crepuscolare, mentre i più curiosi allungavano lo sguardo verso i marinai che impugnavano corde o radiotrasmittenti nell’imminenza dell’attracco. I commenti erano vari e fantasiosi sul perché di quel momentaneo stallo. Mi sporsi dal tientibene per capirci qualcosa anch’io.

    Istintivamente volsi lo sguardo alla mia sinistra. Mi ritrovai ad osservare un biondo dall’accento inconfondibilmente tedesco che agitava nervosamente una bottiglia di vino ormai quasi vuota. Stava discutendo animosamente con una donna bionda, vestito nero, capelli raccolti in un’esile coda, viso rotondo, e due begli occhi azzurri (avrà avuto quaranta, quarantacinque anni… e lui non molti di più). La loro fisicità, il loro modo di esprimersi m’indussero un’associazione immediata dei loro esseri a dei nomi. Per incanto uscirono dall’anonimato, diventarono Thomas e Brigitte.

    Era sobria Brigitte, non come Thomas, che con tutto quel vino in corpo ormai ‘sragionava lucidamente’. Non capivo, intuivo però ch’era in corso una disputa insanabile. Thomas sprizzava tensione e impotenza da ogni poro arrossato del suo viso. Doveva essere una cattiva abitudine la sua. E per giunta ora ci fumava pure sopra. Con sforzo evidente, lei continuava a contenere il volume della propria voce. Soltanto una volta non potè fare a meno di alzarlo per dire: sono fatti tuoi, io non posso farci niente, almeno questo mi parve d’intuire dal tono della sua voce e dai suoi gesti. Gliela sentii ripetere almeno dieci volte quella frase, con le stesse identiche parole e nello stesso identico tono e lui dieci volte le aveva risposto con la medesima voce implorante. Mi parve di cogliere nel suo stato d’animo un: Non può concludersi così la nostra storia, sennò io la faccio finita. Mentre nell’impassibile risposta di lei mi sembrò di carpire: Sono fatti tuoi, la vita è tua, fanne quello che vuoi, io non posso farci niente. Un attimo dopo la donna ebbe un gesto di tenerezza, allungò la mano e la posò sul polso di Thomas. Lui continuò a lamentarsi, a spiegare l’inspiegabile, pensai. Brigitte ritrasse di colpo la sua mano e tornò nella posizione irrigidita di prima, con un’espressione che mi sembrò di una distanza siderale.

    Iniziò lo sbarco e scesi in garage a recuperare la mia auto. Dovevo attendere che scendessero tutti i mezzi dai piani inferiori. Mi affacciai a curiosare in quello sotto al mio. C’era un via vai di gente che cercava di arrivare al proprio mezzo. Una coppia di trentenni con pitbull al seguito, era intenta a sistemare gli zaini nel bagagliaio della propria vettura. L’uomo liberò il cane di guinzaglio e museruola e prese ad accarezzarlo incurante di quanti passavano accanto. Aveva lasciato spalancate le portiere, ostruendo parzialmente il passaggio. Proprio in quel momento spuntarono Thomas e Brigitte. La bionda si appoggiava a due robuste stampelle d’acciaio, camminava premendo leggera su quei sostegni tanto che pensai fosse alla fine di una convalescenza dopo un incidente o nel bel mezzo d’una malattia. Thomas la precedeva camminando cupo, senza curarsi di lei e, quando si trovò davanti alle due portiere aperte col pitbull dentro, non esitò un istante: le chiuse sbattendole nervosamente una appresso all’altra, suscitando nei proprietari uno scherno subito represso dallo sguardo acuminato del Tedesco. Thomas e Brigitte giunti alla fine del lungo corridoio ebbero un attimo d’incertezza. Al marinaio ch’era nei pressi chiesero in che direzione potevano incamminarsi. Scomparvero per pochi attimi. Quando rispuntarono erano visibilmente spazientiti da una ricerca infruttuosa del loro mezzo. Thomas non ‘impugnava’ più la sua bottiglia. Fermo in mezzo al garage, sembrava riflettere su che direzione prendere mentre Brigitte continuò verso l’uscita della nave senza più voltarsi.

    I DILEMMI DI SARO

    Era arrivato in questo nostro angolo di Corsica per una breve vacanza. Io e mia moglie l’avevamo accolto con la cortesia ed il trasporto che abitualmente offrivamo a tutti i nostri ospiti, faceva parte della nostra filosofia di vita e quindi della nostra attività di B&B.

    Saro viveva un momento delicato della sua esistenza. Era un ingegnere di 44 anni con un buon impiego: quadro in un’importante ditta di orologi. Da qualche tempo si occupava pure di formazione e di preparazione psicologica del personale, cosa che umanamente lo coinvolgeva molto.

    Aveva scoperto il sesso a 22 anni, con Michela, che aveva sposato poco tempo dopo. Il loro matrimonio era naufragato a causa della gelosia e della possessività di lei. Si erano però lasciati ‘pacificamente’.

    Provato da un’esperienza soffocante, Saro aveva deciso che non avrebbe più cercato relazioni esclusive.

    Proprio allora conobbe Beatrice. Anche lei reduce da un matrimonio con un grand’uomo che l’aveva fatta sentire per anni donna senza qualità. Non aveva perduto occasione per sottolineare che lei non aveva studiato, ch’era ignorante; il grand’uomo era invece laureato, occupava un ruolo importante nella società per la quale lavorava. Mostrava di capire tutto, lui, anche se non era stato capace di comprendere quella povera ignorante. Le figlie, anch’esse istruite come il padre, nemmeno. S’era sentita ai margini della propria famiglia, incapace di esprimersi, finchè…

    Aveva conosciuto Saro con ancora il matrimonio da risolvere ed un amante che frequentava da mesi. Per qualche tempo mantenne la relazione con tutt’e due. Infine scelse Saro che intanto l’aveva aiutata a trovare l’avvocato giusto per il divorzio. Nemmeno con Beatrice durò comunque. Ora Saro pretendeva una relazione esclusiva, di una esclusività molto singolare: l’importante tra un uomo ed una donna che si amano è il rispetto, la correttezza, sosteneva lui. Rispetto e correttezza non possono impedire una notte d’amore con un’altra donna o un altro uomo: l’importante è dirselo! Dichiarava convinto.

    Incontrando Fabiana, però, era ricaduto in una logica di esclusività soffocante, di una gelosia già conosciuta e rifiutata, al punto che aveva deciso di lasciarla. Lei era sempre sovraeccitata, sempre inquieta, con momenti di depressione e altri di euforia. Prendeva psicofarmaci, troppi.

    Morì d’infarto Fabiana, due mesi dopo che s’erano lasciati. Ancora a distanza di due anni, Saro si portava dentro un senso di colpa incolmabile. Dopo Fabiana era arrivata Anna, donna attiva, impegnata in corsi di formazione per donne provenienti dall’estero, alle quali insegnava il francese oltre al mestiere di sarta. Aveva due figli: un maschio di 13 ed una femmina di 15 anni. I ragazzi avevano legato molto con Saro ma, la donna, non reggeva a lungo la contemporanea presenza di amante e figli. La sera era spesso stanca, stremata, cosa che Saro faticava a comprendere.

    Nello stesso ambiente di formazione del personale Saro aveva conosciuto una seconda Fabiana, più grande di lui di sette anni, madre di due figlie ormai autonome: vivevano da tempo per conto loro le ragazze. Con la seconda Fabiana la chimica sessuale era esaltante, al contrario di quanto accadeva con Anna. Sul piano del dialogo e dell’ascolto però, le parti si invertivano. Con Anna aveva un ottimo dialogo, c’era capacità di ascolto reciproco, con Fabiana no: faticavano a comunicare, anzi non comunicavano per niente. Certo Fabiana era disponibile a fare sesso come lui desiderava. Mentre Anna aveva sempre molta fretta: sbrigava la cosa come ‘un’incombenza’, in pochi minuti e, calato il sipario, non aveva più alcuna disponibilità: né a coccole né a repliche… e Fabiana l’ascoltava giusto sino a quando lui le dava lo spunto per parlare di sé, perché lei amava essere ascoltata. Era una gran bella donna Fabiana, aveva una cura persino esagerata del proprio fisico, mentre Anna col tempo, s’era fatta rotondetta: aveva messo su una decina di chili che si vedevano tutti. Non era certo una donna che ad incontrarla per strada avrebbe fatto girare la testa ad un uomo. Fabiana sì! Era iperattiva: faceva formazione, si occupava di anziani non

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