L'Intelligenza Artificiale al servizio della Sicurezza Informatica. Un approccio dinamico
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Anteprima del libro
L'Intelligenza Artificiale al servizio della Sicurezza Informatica. Un approccio dinamico - Giovanni Pellegrino
umani.
Capitolo 1
1.1 L’intelligenza artificiale
Per meglio comprendere il concetto d’intelligenza artificiale iniziamo con alcuni concetti concernenti il cervello umano e al suo funzionamento.
Quello che è definito sistema nervoso centrale è una struttura complessa, capace di apprendere stimoli dall’esterno e anche dall’interno, un sistema capace di elaborare questi stimoli, produrre un’analisi e quindi fornire delle risposte in maniera dettagliata seguendo uno schema di coordinamento.
Negli esseri umani il sistema nervoso centrale è diviso in encefalo e midollo spinale, entrambi collegati ai recettori di tipo sensitivo e ai muscoli attraverso assoni che vanno a formare i così detti nervi periferici.
Il midollo spinale si occupa della gestione
dei riflessi semplici come per esempio stendere un braccio e chiudere il palmo di una mano, consentono di retrarre un arto quando lo stimolo è associato al caldo eccessivo oppure a dolore.
L’encefalo è una specie di contenitore delle informazioni e si occupa di acquisire informazioni, di controllare i movimenti.
E’ diviso in quattro speciali regioni come il tronco cerebrale, che per esempio controlla la respirazione, dal cervelletto, costituito da talamo, ipotalamo, ipofisi e telencefalo, quest’ultimo conosciuto come cervello.
Il cervello, organo molto complesso, oggetto di continui studi e di continue ricerche, vista la sua funzione fondamentale nel nostro organismo.
Si occupa di controllare funzioni fondamentali, senza le quali non potrebbero vivere, come per esempio la gestione della memoria, del linguaggio, motoria e la gestione del funzionamento degli organi vitali come polmoni e cuore.
Parlare, muoversi, pensare, agire, memorizzare, elaborare, mettere ordine, risolvere problemi cercando le possibili soluzioni, controllare le emozioni.
E se tutte queste abilità le mettessimo a disposizione di un sistema tecnologico?
Si potrebbe pensare a un sistema in grado di risolvere problemi oppure in grado di svolgere precisi dettami o problemi.
Si potrebbe, sfruttando le abilità del cervello umano pensare a un semplice concetto: l’intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale, osservando i sistemi tecnologici moderni, potrebbe essere vista come l’abilità di un dato sistema di risolvere problemi o di svolgere mansioni usando le stesse tecniche della mente umana, realizzare macchine che siano capaci di prendere decisioni in maniera autonoma e di trovare soluzioni e risolvere problematiche.
Il fenomeno del downsize
cioè la riduzione delle dimensioni, se pensiamo ai primi calcolatori degli anni ’70, cioè i mainframe, ha portato ai moderni sistemi che sono potenti, di dimensioni ridottissime e a basso impatto energetico e ambientale.
Al contempo l’aumento della capacità di calcolo e di elaborazione, tali da produrre macchine in grado di avere performance di altissimo livello.
La scienza si è interessata allo studio delle macchine intelligenti durante la seconda guerra mondiale e ancor di più dopo la fine del conflitto.
Nel 1943 Warren e Pitt, due ricercatori studiarono il concetto di neurone artificiale, studi seguiti nel 1949 da Hebb, in Canada, il quale produsse un documento analitico sui collegamenti tra neuroni artificiali e modelli complessi del cervello, in pratica il primo modello riconducibile alle reti neurali (cioè modelli matematici/informatici sviluppati per riprodurre il funzionamento dei neuroni biologici per risolvere problemi d’intelligenza artificiale).
Da questo studio di partenza del giovane Alan Turing spiegava alla collettività come poteva essere un computer che si comportasse come un essere umano.
Il termine Intelligenza Artificiale ufficialmente parte dagli Stati Uniti e dal matematico John McCarthy nel 1956 attraverso lo studio dei linguaggi di programmazione Lisp e Prolog, detti specifici per l’intelligenza artificiale.
Da quello spunto di partenza modelli matematici avanzatissimi hanno portato la ricerca fino al punto di poter imitare funzionalità del cervello come il riconoscimento dei pattern
.
Negli ultimi cinque anni lo studio e l’implementazione dei chip neuromorfici, cioè microchip che elabora dati in un unico micro componente e allo sviluppo delle nano tecnologie hanno portato a funzioni emulate come quelle di tipo sensoriale e cognitivo.
Oggi, l’intelligenza artificiale è un concetto completamente diverso rispetto a qualche anno addietro, per cui dobbiamo focalizzare l’attenzione sul proprio funzionamento.
In riferimento al cervello umano il principio di funzionamento si divide in diversi approcci o livelli che di seguito riportiamo.
Interazione: modalità logiche relazionali dell’AI in rapporto al principio d’interazione uomo macchina. Le moderne tecnologie portano a un’interazione tra uomo e macchina sfruttando il linguaggio naturale.
Apprendimento: Dati in input una serie di dati e fatte le dovute analisi e valutazioni, sarà restituito in output un risultato specifico, sfruttando tecniche di apprendimento automatico.
Comprensione: In questo caso si sfruttano sistemi di simulazione di apprendimento e sviluppo di capacità cognitive, per cui la macchina sarà in grado di riconoscere immagini, video, dati.
Ragionamento: Attraverso la raccolta d’informazioni, sfruttando le potenzialità degli algoritmi, si riescono a collegare svariate informazioni.
L’intelligenza artificiale, oggi, vede la sua naturale applicazione nel campo commerciale, dove grossi marchi, sfruttano la stessa per il riconoscimento del linguaggio naturale e per apprendere attraverso le abitudini delle persone dati da analizzare.
Sfruttando questi dati, sarà più semplice strutturare strategie di mercato e applicazione di servizi, migliorando la relazione tra utenza e commerciale.
1.2 Storia dell’intelligenza artificiale
In questi ultimi anni non è difficile sentire parlare d’intelligenza artificiale in ambiti e ambienti diversificati tra loro.
I media, come sempre, fanno la loro parte rimarcando il concetto e ricamando ad arte sull’argomento, tanto mettere sulla bocca di tutti la parola.
Lo stimolo che ricevono le persone è variegato e comporta diverse reazioni, dal fascino, alla mera curiosità, alla paura.
Svisceriamo dunque il concetto, le sue origini e cerchiamo di capire come le macchine possono apprendere e imparare a ragionare, per poi vedere dove possono trovare applicazione le macchine pensanti
.
Come detto nell’introduzione e nel capitolo precedente, la locuzione intelligenza artificiale, fu proposta da McCarthy, docente di matematica, nei primi anni ’50, dopo che alcuni colleghi, qualche anno prima, avevano fatto una ricerca e dal confronto uscì il nome intelligenza artificiale.
McCarthy, da uomo di scienza, usò la parola anche in riferimento al concetto di cibernetica, macchina pensante e teoria degli automi.
Una teoria che in pratica estendeva il concetto di automa e portava al concetto di macchina automatica pensante.
Insieme con altri ricercatori, chiese un finanziamento per un progetto sull’intelligenza artificiale.
La loro teoria era basata sul fatto che l’apprendimento e l’intelligenza dell’uomo, dopo essere stato descritto e trasferito, potesse funzionare dentro una macchina.
Elaborare, dunque, una sorta di linguaggio naturale, sulle reti artificiali, sul concetto di astrazione e sulla costruzione di schemi di tipo logico creativo.
La sfida era difficile e sola con il passare degli anni lo studio ha ripreso i concetti trasferendoli nelle moderne reti.
Con l’avvento delle ere d’internet, dei dati, dei problemi riguardanti la sicurezza, abbiamo potuto applicare le idee che per decenni sono rimaste voci di corridoio che risuonavano nei centri di ricerca sparsi nel mondo. [1]
Dobbiamo anche affermare che i moderni processi, definiti intelligenti, presentano dei limiti, pensiamo alla forza bruta delle applicazioni.
Mentre da