Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'italienne: Un tranquillo omicidio borghese
L'italienne: Un tranquillo omicidio borghese
L'italienne: Un tranquillo omicidio borghese
E-book213 pagine

L'italienne: Un tranquillo omicidio borghese

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In una gelida mattina di dicembre viene trovata morta, nel parco della Tête d’Or a Lione, Giselle Szilard, moglie del fisico Eric Szilard, uno degli scienziati più noti e rispettati della città. La donna, accasciata davanti alla gabbia delle scimmie con i polsi recisi, è stranamente vestita come una prostituta.
La polizia pensa al suicidio, ma Jacques Melykian, commissario armeno in pensione invitato a collaborare alle indagini suo malgrado, ha l’oscura convinzione che Giselle sia stata assassinata e l’autopsia gli darà ragione. Inizia quindi la sua indagine in una Lione fredda nelle strade e gelida nei rapporti sociali, dove l’amore e il senso di giustizia soccombono all’“apparenza”, il tabù che governa le relazioni esangui di un’alta società al di sopra di ogni sospetto.
L’inchiesta lo porterà sull’isola del sudest della Francia, Porquerolles, dove lo stesso Jacques Melykian si è ritirato a vivere a bordo della sua barca a vela e che sembra così lontana da quell’”apparenza” che sempre nasconde un pensiero malvagio o un delitto.
LinguaItaliano
Data di uscita2 giu 2012
ISBN9788875637361
L'italienne: Un tranquillo omicidio borghese

Correlato a L'italienne

Noir per voi

Visualizza altri

Categorie correlate

Recensioni su L'italienne

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'italienne - Albertini Cassinis Tiziana

    Cop_italienne.jpg

    I tascabili

    Il nostro indirizzo internet è:

    http://www.frillieditori.com

    info@frillieditori.com

    editing e impaginazione

    Michela Volpe

    layout copertina

    Sara Chiara

    copyright © 2012 Fratelli Frilli Editori

    Via Priaruggia 31/1, Genova – Tel. 010.3074224; 010.3772846

    isbn 978-88-7563-736-1

    Tiziana Albertini Cassinis

    L’Italienne

    Un tranquillo omicidio borghese

    LogoFratelliFrilliEditori.JPG

    Fratelli Frilli Editori

    E’ più facile spaccare un atomo che un pregiudizio.

    Albert Einstein

    Lione. Lunedì 12 luglio 2009 - 5.30 del mattino

    Marianne si infilò, sonnambula, i pantaloni comodi, la canottiera e le sue Nike azzurre con le stringhe rosa. Scavalcò incosciente la massa dei vestiti che erano stati ammucchiati in disordine e che formavano un ostacolo evidente fra il suo letto, quello della sua amica Jane e la porta del bagno. Si spruzzò il viso con l’acqua, che nemmeno la notte aveva rinfrescato, senza trovare sollievo alla calura di quell’estate torrida. Prese dal frigorifero le ultime gocce di latte e le bevve fra un boccone e l’altro di pane raffermo, troppo impigrita ancora per essere già in grado di tostarsi delle fette e imburrarle. Non aveva fame, d’altra parte. Guardò l’orologio e, afferrando il cellulare dimenticato la sera prima sul mobile dell’ingresso, si precipitò per le scale.

    Lione, vuota, dormiva.

    La ragazza si diresse verso il vicino deposito di biciclette del Comune. Infilò la carta d’abbonamento, si impadronì del suo mezzo di trasporto preferito e pedalò veloce dal terzo quartiere al sesto.

    L’aria era densa e si aveva la sensazione di viaggiare dentro ad una corrente calda. Marianne intravide finalmente l’ingresso del parco della Tête d’Or e cominciò a rallentare la corsa dopo aver dato uno sguardo all’orologio.

    Era in orario. Sarebbe arrivata puntuale.

    Lasciò la bicicletta al deposito vicino all’ingresso del parco e proseguì a piedi. Dopo un po’ scorse l’edificio e la staccionata dove era diretta. Si fermò per allacciarsi una scarpa. Il suo sguardo, in quell’istante, fu attirato da una sagoma seminascosta dalla vegetazione, rovesciata su una panchina. Non ci avrebbe fatto molto caso se non fosse stato per via della posizione della figura.

    Si rialzò e, nervosa, s’incamminò in quella direzione. La sagoma, adagiata in posizione innaturale, diventava, man mano che si avvicinava, più distinta.

    Soffocò un urlo.

    Davanti a lei c’era una donna con le gambe aperte, le calze a rete calate, senza mutande, la maglietta nera strappata, i seni abbondanti nascosti a malapena da un reggiseno di pizzo viola, i capelli biondi, tinti, lisci e scarmigliati, le braccia abbandonate sporche di sangue. C’era sangue sui vestiti, sangue sul prato. Una parrucca nera a caschetto giaceva abbandonata. La testa della donna penzolava dal bordo della panchina nel vuoto, in equilibrio mirabile.

    Marianne si fece coraggio. Estrasse dalla tasca dello zaino il cellulare e chiamò la polizia.

    Dopo vari minuti, seduta in attesa sul prato dell’arrivo di una pattuglia, Marianne restò per la seconda volta in meno di un’ora a bocca spalancata.

    Il cadavere aveva iniziato a muoversi.

    La donna, apparentemente morta, stava cercando disperatamente di ritornare in posizione eretta, lamentandosi.

    Quando il tenente Bureau arrivò sul luogo dell’accaduto trovò due donne assorte in un fitto colloquio.

    – Non so cosa sia successo, glielo giuro, non sono morta.

    – Lo vedo, lo vedo... Ma c’è sangue dappertutto! I suoi polsi hanno un taglio... Che cosa ha combinato? Voleva morire?

    La donna scoppiò a piangere. Biascicava le parole e sembrava in stato confusionale.

    – Ricordo solo che quell’uomo, ieri sera, mi ha invitato a bere qualcosa, mi ha offerto un passaggio sulla sua macchina e poi... buio. Mi sento male. Per favore, vorrei dell’acqua...

    Marianne si mise a ridere istericamente. Si sentiva, in realtà, sollevata, nonostante tutto. La donna, per quanto sconvolta, era viva.

    Lione. Lunedì 17 agosto 2009 - 6 del mattino

    Ching Ke Fe era stata insegnante di Tai Chi. Aveva 76 anni ma sembrava una scolaretta. Minuta, agile, portava la storia infelice della sua vita dignitosamente.

    Ogni mattina, da quando era stata costretta a lasciare il suo paese aveva preso l’abitudine di eseguire i suoi esercizi ginnici, grazie ai quali manteneva l’agilità e la grazia della giovinezza, di fronte all’ingresso del giardino botanico del parco della Tête d’Or. Qualsiasi fossero le condizioni atmosferiche.

    Respirando tranquilla l’aria umida e calda del parco, anche quella mattina iniziò ad eseguire armoniosa le solite sequenze. La sua concentrazione era al massimo, tanto che nemmeno il ciclista, che le era passato a pochi metri di distanza canticchiando, aveva attirato la sua attenzione.

    Ma qualcosa quella mattina, era destino, doveva distoglierla, comunque, dalla sua attività.

    Nel magico risveglio canoro degli uccelli, nella pacifica tranquillità di quel sereno momento nel parco ad agosto, ad un tratto, inaspettata, una figura barcollante si diresse verso di lei piangendo.

    La donna era alta, con i capelli neri a caschetto. Era sporca di sangue, pallida. Le calze a rete nere strappate, a piedi nudi, senza gonna, senza mutande, la camicia aperta, i seni che sporgevano da un reggiseno di pizzo rosso fuoco. Pallida e con il trucco pesante disfatto. Quella donna, molto più alta e grossa di lei, le si gettò pesantemente fra le braccia facendole perdere l’equilibrio.

    – Mi aiuti, la prego... Sto male. Quel porco. Non so cosa mi ha dato...

    A Ching Ke Fe non rimase altro da fare che rialzarsi a fatica, calmare la donna e urlare aiuto a squarciagola. Rimase solo un po’ stupita quando, all’arrivo della polizia, sentì un giovane poliziotto esclamare: Ancora una donna mezza morta conciata in questo modo e che sembra abbia tentato di tagliarsi le vene!.

    Ma, oltre alla comprensione semplice della frase stessa, non capì molto di più.

    Lione. Lunedì 6 dicembre 2010 - 7 del mattino

    Victor Naudy camminava a passo svelto lungo il sentiero che attraversa il parco della Tête d’Or di Lione. Accanto a lui zampettava allegramente un fox terrier per nulla intimorito dal gelido mattino.

    Naudy adorava quelle passeggiate mattutine.

    Il parco era deserto. Il piccolo stagno delle tartarughe ghiacciato. Gli orsi bruni stavano mangiando intenti la loro colazione. Dei gatti del deserto nessuna traccia. Gli istrici dormivano raggomitolati l’uno contro l’altro sotto l’enorme lampada a raggi infrarossi. La mangusta, invece, stava ritta su due zampe, ben sveglia, sopra la sua personale montagna che nascondeva all’interno numerosi cunicoli e fissò, incuriosita, l’uomo e il suo cane.

    – Hai visto, Princesse, come ci guarda? È buffa, vero? Beata lei che sta sotto quel bel lampadone caldo! Fa freddino oggi. Vieni Princesse, andiamo a vedere se Lulù, la vecchia scimmia, è già sveglia.

    Tirò il cane di lato e si diresse dalla parte opposta delle teche riscaldate verso le gabbie delle scimmie.

    – Guarda, Princesse, c’è qualcuno che ci ha preceduto nella visita. Quella donna è mattiniera come noi.

    L’uomo era di buon umore, come sempre quando passeggiava nel parco. Si avvicinò a passo svelto verso la gabbia e ancora da lontano apostrofò la donna gentilmente.

    – Buongiorno! Lulù è già sveglia? Povera bestia, sono cinquant’ anni che vive sola e chiusa là dentro. Che vita...

    Si affiancò alla donna chinata verso la gabbia e la guardò.

    – Dio mio, Princesse... Devo chiamare la polizia!

    L’amico di Parigi

    Porquerolles. Mercoledì 8 dicembre 2009 - 8 della sera

    Il commissario Jacques Melykian si stava cucinando una bistecca a bordo della sua barca di 12 metri, la Troppo rumore per nulla, ormeggiata al pontile G di Porquerolles, un’isola del sud-est della Francia, mentre parlava al cellulare.

    – ... Non è per questo, ma è perché l’amo ancora: venti anni di matrimonio e lei li vuole cancellare con un colpo di spugna...

    – ... Nemmeno della figlia le interessa nulla. Sai cosa fa? Ha deciso di chiedere il divorzio. Mi odia. Questa volta le tue previsioni erano sbagliate. Vuole la metà della casa e metà della barca...

    – ... Perfino il giudice ha detto che non si aspettava di trovarsi di fronte una donna tanto gelida e determinata...

    – ... Avrà incontrato qualcuno, non so. Era troppo giovane per me. E io non sono più quello di una volta...

    – ... Non ho fatto altro che lavorare per lei in questi anni. Per soddisfare i suoi capricci...

    – ... Sto male. Quando le cose vanno così fa male...

    – ... Ciao, cara. Vieni a trovarmi quando vuoi. Farà piacere anche a mia figlia. Dovrai cucinare tu, però. Io non so far niente. Vado avanti a bistecca e insalata …

    Il commissario Jacques Melykian si sedette al tavolo e iniziò a masticare la bistecca con aria assente.

    Era un uomo dal fisico asciutto e atletico, non molto alto, con un viso segnato, ben proporzionato e maschile, due occhi intensi e scuri che avevano fatto impazzire più di una donna. Quello che si stava lasciando alle spalle era il terzo matrimonio. Ora le cose stavano andando diversamente. Non era lui a scappare.

    Si alzò con eleganza felina per andare a cercare qualcosa nel cassetto del tavolo da carteggio.

    Mise della musica.

    – Jacques, posso salire a bordo? Disturbo?

    Vieni, vieni, Madeleine. Mia figlia dovrebbe arrivare fra poco. È andata a cercare degli amici. Quella ragazzina mi farà impazzire. Sai a che ora è rientrata stanotte? Alle due. Non mi riesce di farle capire che è pericoloso e che ha solo 14 anni. Ci vorrebbe sua madre…

    La donna si tolse le scarpe e salì a bordo camminando sulla passerella con destrezza.

    – Siamo a Porquerolles, Jacques. Devi stare tranquillo. Erano a una festa di ragazzini, sai i figli dei Deruaz. Ugo compiva 15 anni. È normale che abbia fatto tardi.

    – Sì sì, hai ragione, ma... questi ragazzi avrebbero dovuto andare a scuola. Ci mancava anche lo sciopero! Questa società è in piena decadenza. Non ci sono più valori. Mah!

    Il commissario si voltò verso la donna tenendo fra le mani un manifesto.

    – La senti questa canzone. Era quella che ho cantato quella sera che mia moglie, o dovrei dire la mia ex moglie, mi è entrata nel letto. La sera del nostro incontro.

    – Mi dispiace Jacques.

    – Beh, è la vita! Il problema è che l’amo ancora...

    Il cellulare del commissario emise una musica languida.

    – Santo cielo, Jacques, hai una canzone di Aznavour come suoneria? Sei fissato!

    Il commissario si mise a sogghignare. Madeleine sorrideva rivelando i suoi denti perfetti e candidi circondati da due labbra ancora turgide messe in rilievo da un lucidalabbra leggero.

    – Adoro questa canzone... conosci il testo? Poi ne parliamo... Scusami, devo rispondere. Maurice Brotteaux? Cosa diavolo vorrà da me? È un importante luminare, storico, criminologo, professore universitario alla Sorbona. Sono secoli che non lo sento.

    – Maurice! Che piacere. Sei ancora su questa terra, amico mio? Sei a Parigi? Tutto bene, tua moglie, i tuoi figli?...

    Una voce leggermente alterata dall’ansia gli giunse all’orecchio.

    – Ciao Aznavour, scusa se ti disturbo, mi rendo conto che sono secoli che non ci sentiamo e adesso non ho proprio voglia di raccontarti i miei ultimi dieci anni di vita da pensionato. Ti chiamo per una cosa ben più seria.

    – Porca miseria Maurice, ancora non hai perso il vizio di quel maledetto soprannome! Mi perseguiterà per tutta la vita, ma ne vado fiero. Adoro cantare il grande Aznavour! Che succede?

    – Roba per te, Jacques. Un omicidio. A Lione.

    – No, Maurice, io sono fuori dal gioco. Sono andato anch’io in pensione, ricordi?

    – È la moglie del professore Eric Szilard. Lo conosci? Il fisico. Sembra suicidio ma a me e ad altri questo suicidio non convince per nulla.

    – La moglie di Eric Szilard? Oh poverina, e lui come sta?

    – Non parla. Non ha mai parlato molto, se ben ricordo...

    – Pensi che l’abbia fatta fuori lui?

    – Non so... sei tu che lo dovrai scoprire. Secondo me, la faccenda è più complessa di quel che appare. Ho già parlato con una serie di persone importanti. Il procuratore di Lione è d’accordo. Ti aspettano alla sede centrale della polizia domani in mattinata. Ce la fai?

    – No! Ho un sacco di problemi e sono in barca a Porquerolles.

    – Allora siamo d’accordo.

    – Sto per divorziare, ho il cuore a pezzi e devo cantare, stasera... Ha riattaccato!

    Il commissario Jacques Melykian, soprannominato Aznavour, guardò la donna di fronte a lui.

    – Ho bisogno che ti occupi di mia figlia per un po’. Puoi stare sulla barca. Fai come fosse casa tua. Mi vogliono a Lione. Un omicidio... Ancora adesso che sono in pensione, buon Dio. Non ho pace!

    La donna si accarezzò la treccia di capelli grigia che le ricadeva a lato di una spalla, si massaggiò i piedi indolenziti infilati nei calzettoni di lana e si rassettò il pesante maglione a trecce. Poi fissò Jacques negli occhi.

    – Non mi stupisco: tu hai il mestiere Jacques...

    – Già. È vero: Io ho il mestiere!.

    Lione. Giovedì 9 dicembre 2009

    Quella mattina di dicembre Lione era avvolta in una cupa nebbia gelida. Non nevicava ma sembrava sul punto di farlo.

    Incamminandosi per la Rue de Sèze, il commissario lanciava qua e là delle occhiate ai negozi. Le vetrine erano piene di decorazioni natalizie. Ovunque apparivano i manifesti che ricordavano il grande avvenimento del mese: la festa delle luci.

    Il commissario calò lungo la strada pedonale che costeggia la riva sinistra del Rhône con aria pensierosa.

    Indossava jeans scuri, un giubbotto imbottito di pelle marrone, sciarpa e guanti carta da zucchero e scarpe da ginnastica. Non dimostrava certo la sua età, ormai sopra ai settanta.

    La pista ciclabile che costeggiava anch’essa il fiume era trafficatissima. Il Rhône correva veloce verso sud.

    Jacques Melykian camminava osservando la vecchia Lione da lontano. Un uomo trasandato e sporco gli si avvicinò.

    – Dicono tutti che è il simbolo della città. Per me è una costruzione che fa schifo.

    – Parla della Basilica?

    – Sì, quella.

    L’uomo puntava il dito in direzione della collina dove, enorme, appariva la Basilica del Fourvière.

    – Quando mi viene da pregare, prego che tutti gli stronzi che vanno lì la domenica si ritrovino la notte a dormire con me al freddo.

    – Forse dovrebbe anche lei, qualche volta, pregare in quella basilica. Magari Dio potrebbe decidere di toglierla da sotto i ponti. Non si sa mai.

    – Io? Pregare lì? No, mi vergognerei. E poi il giorno che dovessi mettere piede in una chiesa la chiesa crollerebbe!

    L’uomo scoppiò a ridere e continuò a ridere mentre si allontanava a passo malfermo dal commissario.

    Jacques Melykian alzò le spalle. Non sapeva mai cosa fare in certe situazioni. È difficile correggere i destini degli altri. Aveva già troppe difficoltà a controllare la propria vita.

    Si strofinò le mani infreddolito. Fatto qualche chilometro ritornò sulla strada principale. Dopo qualche minuto entrava con passo deciso nella sede della Polizia. Il comandante Bureau lo fece accomodare alla sua scrivania, rispettosamente.

    – Si sieda, commissario. Gradisce una tazza di caffè? Fa freddo stamattina.

    – Certo più freddo che a

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1