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Buio pesto per il commissario del Rio: Un'indagine tra le Cinque Terre e Sarzana
Buio pesto per il commissario del Rio: Un'indagine tra le Cinque Terre e Sarzana
Buio pesto per il commissario del Rio: Un'indagine tra le Cinque Terre e Sarzana
E-book275 pagine

Buio pesto per il commissario del Rio: Un'indagine tra le Cinque Terre e Sarzana

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Info su questo ebook

Il commissario Mauro Del Rio è entrato in polizia senza una profonda motivazione, poi ha scoperto che gli piace indagare, percorrere a ritroso il filo che dalla vittima conduce all’assassino. E così anche mentre è in ferie a Montemarcello, splendida località turistica tra il Golfo di La Spezia e la bassa Val di Magra, non perde l’occasione di occuparsi di omicidi. In uno di questi è coinvolto personalmente in quanto rinviene casualmente il corpo di un uomo: la ricerca dell’identità del morto, addosso al quale non sono trovati documenti, avvia la ricostruzione di avvenimenti accaduti nel secondo dopoguerra nella città di Sarzana. Dal passato riaffiorano storie di odio e di vendette, che da sole però non bastano a spiegare le motivazioni del delitto. Poi il fiuto investigativo porta Del Rio a dubitare della colpevolezza di un poveraccio accusato di aver ucciso la sua amante. I sospetti in questo secondo caso gli sono suggeriti inizialmente da un’anziana signora che è ospite della casa di riposo in cui è morta la donna e sono, in seguito, avvalorati dall’avvocato difensore dell’accusato, una grintosa penalista che critica aspramente la conduzione delle indagini.
LinguaItaliano
Data di uscita17 set 2012
ISBN9788875637798
Buio pesto per il commissario del Rio: Un'indagine tra le Cinque Terre e Sarzana

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    Anteprima del libro

    Buio pesto per il commissario del Rio - Scusa Bini Gemma

    1

    – Giuda fauss! – esclamò il commissario Mauro Del Rio quando si accorse che il grosso fagotto di stracci intravisto di lontano sul sentiero di Punta Corvo era in realtà il corpo di un uomo.

    – Signore, si sente male? Ha bisogno di...

    Non riuscì a finire la frase perché un dolore acuto alla testa lo fece stramazzare a terra. Riprese conoscenza a fatica: seduto a terra, si toccò la testa che gli doleva, guardandosi intorno per individuare chi lo avesse colpito. Non scorse nessuno: il cielo, azzurrissimo, il sole, splendente, contrastavano con quel corpo immobile, troppo fermo per essere solo svenuto. Il commissario ne aveva visti troppi per non riconoscere un cadavere quando ne incontrava uno. Il tentativo di sollevarsi e di girarsi gli causò dolorose fitte in tutto il cranio. Gli doleva anche un braccio: doveva averlo battuto su di un sasso quando era caduto. Cercò di alzarsi, muovendosi lentamente perché lo sforzo gli causava ulteriori trafitture. Si disse che forse avrebbe fatto meglio a stare sdraiato: e se avesse avuto una commozione cerebrale? Non era consigliabile muoversi finché non fossero arrivati i soccorsi. Si sdraiò nuovamente, ad aspettare. Soccorsi: ma quali? Come al solito, aveva lasciato a casa il cellulare, eppure adesso l’aggeggio infernale gli sarebbe stato utile, anzi, indispensabile. Maledisse la sua insana idiosincrasia e, una volta tanto, diede ragione agli amici che lo accusavano di essere il solito bastian contrario. Tutti si portano dietro il telefonino e lui no: lui deve essere diverso dagli altri gli rinfacciava sempre Clara. Certo, se avesse avuto il telefonino, avrebbe chiamato per prima cosa in centrale: l’agente Ravera sapeva sempre chi avvisare con urgenza. La mia testa non funziona: Ravera è ad Ivrea, e qui siamo a Montemarcello. Già, era in vacanza. Lo svenimento, che gli aveva fatto perdere per un attimo il senso della realtà, non aveva impedito che si innescassero gli automatismi professionali: scoperta di un cadavere-allerta di medico legale, scientifica-inizio delle indagini, ecc. Mentre si consolava constatando che il buio della memoria era durato pochissimo, improvvisamente qualcosa ruppe il silenzio circostante: il rombo di un motore che si avvicinava, rallentava fino a spegnersi del tutto. Porte sbattute, passi frettolosi; dal fondo del sentiero sbucarono gli aiuti sperati: dei poliziotti, come se per magia Ravera avesse captato il suo segnale mentale. Il comandante dei soccorritori, comandante perché ne aveva le insegne e per il piglio con cui precedeva gli altri, era una figura che sarebbe stata benissimo sui manifesti per l’arruolamento nella P.S.: un viso dorato, grandi occhi chiari, capelli biondi sotto il blu del berretto di ordinanza, un fisico alto e sottile messo in risalto dalla divisa. Il commissario fece il cenno di volersi alzare, è da stupidi stare sdraiati per terra davanti ad una signora, ma fu fermato con tono deciso.

    – Aspetti, stia buono, non si muova, lasciamo che arrivi l’ambulanza. Che cosa è successo al suo amico? Mi sembra che sia più grave di lei, non si muove.

    La donna si chinò sull’individuo steso a terra, toccandolo sul collo, quindi si rivolse ai presenti per comunicare che non c’era più nulla da fare. Il commissario in un primo momento apprezzò il gesto professionale di tastare la carotide, poi si rannuvolò pensando all’ordine che gli era stato impartito.

    Aspettare? E aspettiamo, tanto sono in vacanza! Non bastava essere qui da solo, adesso sono anche ferito. Con un morto vicino, magari assassinato. In vacanza, già, davvero una bella vacanza!.

    2

    Quando l’aveva progettata, in effetti il commissario aveva in mente tre settimane da godere giorno per giorno: mare, sole, passeggiate, qualche escursione nei dintorni. Nella scelta della meta aveva coinvolto anche Clara, ovviamente, non avrebbe potuto fare niente senza di lei. L’aveva conosciuta durante le indagini di un caso, il primo davvero importante da quando era ad Ivrea, e la loro storia durava da qualche mese. Entrambi venivano da una serie di legami che li avevano delusi e, per quanto non si fossero giurati amore eterno, stavano bene insieme. Di comune accordo avevano deciso di passare a Montemarcello l’ultima settimana di luglio e le successive due di agosto. Il paesino sulle alture che circondano il golfo della Spezia offriva vari vantaggi: per prima cosa là il commissario poteva contare sull’appoggio di un vecchio amico, Vittorio Andreini, con cui aveva frequentato il Liceo a Genova e con il quale aveva mantenuto ottimi rapporti. Vittorio avrebbe sicuramente indicato un appartamento da affittare oppure un B&B gradevole e conveniente. In secondo luogo Montemarcello era un paese piccolo, poco mondano, situato tra il mare e la collina: Clara ed il commissario avrebbero potuto fare i bagni senza dover necessariamente fare anche vita di spiaggia; inoltre avrebbero potuto continuare nella loro abitudine alle lunghe passeggiate. E in ultimo, per raggiungere la loro meta non avrebbero dovuto sobbarcarsi troppi chilometri: soprattutto Clara, che di mestiere faceva la tour operator, ne aveva abbastanza di lunghi viaggi e di posti lontani. A lui, poi, non pareva vero di ritornare nella sua Liguria, da cui si sentiva esiliato. Un week end di maggio erano andati in avanscoperta.

    – Ma è bellissimo! – aveva esclamato Clara quando era scesa dalla Volvo. Il commissario era affascinato dal modo in cui la ragazza dimostrava il suo entusiasmo: nella sua bocca l’aggettivo bello diventava un vocabolo dalle mille sfaccettature semantiche – Non immaginavo proprio che fosse così.

    Il paese è posto in alto, su di un pianoro da cui si può raggiungere il mare sottostante tramite sentieri scoscesi, è fornito di negozi dove comprare il necessario, però non brulica di botteghine di souvenir e di localini che occupano le strade fino a tarda sera. Le case sono di due tipi: o addossate le une alle altre attorno alla vecchia chiesa, a sostenere il campanile che svetta su tutte, dando forma ad un borgo simile a tanti altri nella zona, o circondate da giardini più o meno grandi man mano che ci si sposta dal centro e si procede verso la ripida scogliera che sovrasta il mare.

    Di fronte alla sorpresa della ragazza, anche Vittorio sorrise, salutandoli calorosamente.

    – Sono contento che vi piaccia. Solo pochi decenni fa il paese era in piena decadenza: molti hanno venduto le vecchie case ai milanesi e ai parmigiani per trasferirsi in nuovi condomini a Lerici o a Sarzana. Chi ha comprato, ha ristrutturato senza rovinare il paesaggio.

    – è difficile trovare un ambiente così ben conservato: la Liguria vanta posti splendidi, però il cemento ha fatto i suoi danni.

    – Forse si è mantenuto così anche per merito di intellettuali di buon gusto, come l’editore Bompiani e Franco Fortini, che sono stati tra i primi ad innamorarsene, già negli anni Cinquanta.

    Il commissario pensava al paese dove era nato, tra Camogli e Bogliasco: si diceva dovesse il suo nome agli inglesi che, nei primi del Novecento, avevano costruito le loro ville sul fianco della collina. Gli inglesi erano stati imitati dai genovesi, poi dai milanesi, fino a che il piccolo borgo affacciato sul mare era cresciuto, ma non eccessivamente.

    Vittorio aveva preparato un elenco e i due, seguendo gli orari degli appuntamenti, visitarono alloggi finché trovarono quello che faceva al caso loro: tre comode stanze con un grande terrazzo affacciato sul mare e un piccolo giardino. Prima di sera avevano concluso anche gli accordi con l’affittuaria.

    – Siamo stati fortunati: abbiamo tutta la domenica per noi, per gironzolare nel paese e fare i turisti – disse Clara.

    – Veramente, io avrei una promessa da mantenere, visto che ne ho il tempo.

    Sapendo che il commissario sarebbe andato nella provincia della Spezia, i suoi amici Parodi gli avevano chiesto un favore e lui non se l’era sentita di dire di no: Mario e Clementina, oltre ad essere stati dei padroni di casa più unici che rari, erano anche le persone che, insieme a Clara, gli erano più care ad Ivrea. Per non parlare di Amapola, la piccolina dei Parodi, che aveva avuto una parte molto importante nella risoluzione del caso della Mugnaia; era stata Amapola, tra l’altro, a dargli il soprannome di Dylan Dog. Ma questa è un’altra storia. Ritorniamo alle nostre pecore, come direbbero i francesi.

    Il favore che gli avevano chiesto era quello di andare a trovare l’anziana zia di Mario, che si trovava in una casa di riposo tra Lerici e La Spezia.

    – è stata per me come una madre – gli aveva detto Mario – avremmo voluto ospitarla a casa nostra, ma lei ha rifiutato, non le piace dipendere. Ora però sono preoccupato: al telefono l’ho sentita vaga, quasi assente. Anche se la direzione mi ha assicurato che tutto procede bene, che non ci sono problemi, non sono tranquillo. Se ti accorgi che qualcosa non va, chiamami, verrò a rendermi conto di persona.

    3

    La domenica mattina, Clara era rimasta a Montemarcello, a prendere il sole nel giardino di Vittorio.

    – Ti dispiace se non vengo? Le case di riposo mi deprimono.

    – Fai pure, conto di tornare presto: tra qui e La Spezia non c’è molta strada.

    La donna che gli venne indicata come Amapola Parodi lo lasciò sorpreso: gli amici avevano parlato di una persona attiva, che aveva fatto la nurse presso l’ambasciatore italiano a Londra, poi aveva gestito un ufficio postale a Genova, per cui il commissario si era aspettato di incontrare una vecchietta pepe e nervi, una abituata a mettere in riga tutti quanti. Invece si era trovato davanti un’anziana seduta in una poltrona, con le mani appoggiate ad un bastone, con il capo reclinato su di una spalla. Il respiro affannoso faceva pensare che dormisse, di un sonno poco sano, forse indotto dai farmaci.

    – Signora Parodi, questo signore è venuto a trovarla... – disse l’infermiera con voce più alta del necessario, mentre le metteva la mano sulla spalla per svegliarla.

    La donna si mise diritta e lo guardò con due occhi chiari, dall’iride un po’ offuscata, ma vigili e acuti mentre si posavano su di lui.

    – Hai una sigaretta?

    La richiesta lo lasciò di sale: una quasi novantenne tabagista. Lo sguardo del commissario si fissò sulla punta delle dita della mano destra, che era gialla di nicotina.

    – Anche i capelli sono gialli per la nicotina – disse la donna, quasi avesse afferrato il pensiero di lui.

    Cercò aiuto per alzarsi e, mentre l’occhio sinistro roteava leggermente verso l’esterno, fissò il commissario, poi si appoggiò al suo braccio, sussurrando: – La Serena me le dava, le sigarette, di nascosto. Era l’unica qui che mi capisse. Fumava anche lei. Ma adesso è morta: loro non vogliono che si sappia, ma io lo so che è morta.

    Fece capire, con la stretta imperiosa della mano sull’avambraccio, di voler camminare ed il commissario l’assecondò. Si mossero lentamente lungo il corridoio scarsamente illuminato, sul quale si affacciavano molte stanze, tutte ugualmente chiuse da porte di colore verde meconio. L’aria sapeva di farmacia, polvere e scadente cera per pavimenti: doveva essere vicino anche il refettorio, o la cucina, perché, mano a mano che si approssimavano all’uscita sul giardino, si avvertiva anche l’odore tipico delle mense collettive, un misto tra brodino di dado e cavolo lesso.

    Avevano ragione i Parodi: la signora non sembra del tutto in sé.

    Si disse che poteva essere l’ambiente a rendere negative le prime sensazioni: gli sembrava di essere stato catapultato in un luogo descritto da Glauser, uno dei suoi scrittori preferiti. Anche se questo è piuttosto il regno di Vecchio, non il regno di Matto.

    Mentre camminavano, Amapola borbottò alcune parole, come se parlasse tra sé: il commissario non era sicuro di aver capito, per cui la pregò di ripetere. La donna, con tono leggermente seccato, ripeté a voce più alta: – Something is rotten in the state of Denmark.

    L’inglese del commissario non era dei migliori, ma bastò per fargli intendere che si trattava della frase dell’Amleto. Che cosa voleva dire la signora Parodi? Era una persona fragile di mente, più malata di quanto pensassero i parenti? O le sue parole si riferivano a qualcosa di reale? Forse per fiuto di segugio, forse per la cupa atmosfera alla Shining, il commissario le associò all’altra cosa che Amapola Parodi aveva detto: non aveva parlato di una ragazza morta? Ricordò il nome, Serena, e cercò di avere altre informazioni dalla donna che gli camminava vicino e lo teneva stretto, come per non farlo andare via. Però alla domanda Chi è Serena? Cosa le è successo?, lei rispose con un eloquente chiudersi delle labbra.

    Il commissario restò alla casa di riposo più di quanto avrebbe immaginato: il tempo necessario a fare un po’ di compagnia all’anziana signora, dal momento che la vedeva sempre più rilassata e più loquace man mano che lui raccontava degli amici di Ivrea. E anche più sveglia, più lucida, addirittura ciarliera: gli aveva detto che l’inglese appreso alle commerciali le era stato utilissimo, che ricordava ancora dei passi di opere imparate a memoria. E si era lasciata andare anche a fatti più personali, che venivano dal suo passato.

    – Pensa, c’era uno che mi voleva sposare, era un Moschettiere del re, sai, un pezzo grosso di quei tempi, ed io gli ho detto di no: poverino, poi è stato lo stesso tanto gentile con me e mi ha aiutato a salvare il figlio di mia sorella, che lo volevano portare in Germania.

    Il commissario si sentì quasi in colpa quando dovette lasciarla, ferma davanti al cancello, con il braccio alzato per salutarlo. Man mano che si allontanava, la visione di Villa dei Pini acuì il senso di tristezza e di oppressione che gli faceva come un groppo in gola: grigia e fredda, circondata completamente da alte sbarre di metallo interrotte solo da un cancello ad apertura telecomandata, era chiusa nel folto di alberi scuri, che le toglievano gran parte della luce del sole. Non molto lontano il mare luccicava e l’aria era calda come fosse già estate.

    4

    Durante tutto il percorso lungo la strada che fa da cornice alta alla parte orientale del golfo della Spezia, l’attenzione del commissario non era rivolta al paesaggio. Il suo pensiero vagava intorno alla figura di Amapola e si soffermava su ogni minimo particolare del loro incontro. Cosa aveva detto la donna, ad un certo punto? De datu lisciu lisciu, de sutta merda e pisciu cioè, come gli aveva tradotto di sopra liscio liscio, di sotto merda e piscio: si riferiva al personale della clinica, o alla direzione, non aveva capito bene. L’espressione dialettale era da collegare con la frase dell’Amleto con cui l’aveva accolto? Amapola sapeva qualcosa che gettava una luce sinistra sul luogo in cui stava? Al commissario vennero in mente i numerosi casi di cui si leggeva sui giornali, riguardanti le condizioni degli ospizi per vecchi: Villa dei Pini appariva ben tenuta, ma l’apparenza inganna, sopra liscio liscio e poi magari... Ripensò anche alla misteriosa Serena la cui morte era stata tenuta nascosta. Nel discorso sconnesso dell’anziana signora individuò le trame di un possibile delitto e cominciò a ricamarci sopra. Da non molto tempo aveva scoperto che investigare era la cosa che più gli piaceva del suo mestiere: mettere insieme le tracce sparse e far loro acquistare un senso, entrare nelle zone oscure, fare delle ipotesi e verificare la loro attendibilità. Gli dava soddisfazione arrivare ad identificare il colpevole di un crimine, più che arrestarlo. Quali erano adesso gli elementi su cui avrebbe indagato, supposto che ci fosse stato un caso e che il caso fosse suo? Una ragazza a cui Amapola Parodi era molto affezionata e che ad un certo punto non si era più vista. Tutto qui. Per giustificare la sua assenza la signora aveva lavorato di fantasia e si era inventata che fosse morta. L’atmosfera della Villa aveva contribuito a dare alla vicenda una tinta noir, magari la signora riversava sull’ambiente le proprie angosce interiori, magari aveva fatto esperienza diretta di comportamenti ambigui da parte del personale e li aveva trasferiti su di un fatto normalissimo, ingigantendolo. E lui stava facendo altrettanto, sulla scia del suo voler vederci più chiaro. Invece, la realtà era che Serena era stata trasferita altrove, o si era dimessa, oppure era stata licenziata: il suo non esserci più, la sua morte si spiegava in questo modo. Strano però che prima di lasciare in un modo o nell’altro Villa dei Pini non fosse passata a salutare una persona a cui dava di nascosto le sigarette e a dirle il motivo della sua partenza. Strano davvero. E poi, come mai Amapola non conosceva la reale sorte toccata alla ragazza, anzi ne parlava come di un fatto tenuto celato? Nelle piccole comunità si viene a sapere tutto di tutti molto presto, figuriamoci della morte di un’impiegata. Lo sguardo sul panorama lo riscosse dalle sue riflessioni: cosa importava a lui se una donna era morta o no a Villa dei Pini, se sotto la sua eventuale scomparsa c’era qualcosa di torbido. Anche se il panorama era attraente come all’andata – immediatamente sotto, il castello di Lerici e più in là, dall’altra parte, oltre il braccio di mare diviso dalla diga foranea, Portovenere, l’isola Palmaria e il Tino – la mente del commissario non riusciva a staccarsi da Villa dei Pini: Amapola sembrava proprio sinceramente turbata, tanto è vero che ne aveva parlato con uno appena conosciuto, anzi era stata una delle prime cose che gli aveva comunicato. Qualcosa di poco chiaro ci doveva essere. Si disse che tutto sommato ci voleva poco a togliersi ogni dubbio: bastava una telefonata e si sarebbe tolto il pensiero. I suoi amici lo prendevano in giro perché, essendo un fervente lettore di polizieschi, spesso si metteva nei panni dei propri eroi, come per esempio quelli del sergente Studer della Polizia Cantonale. Anche i suoi amici giocavano con questi travestimenti: per qualcuno, che lo ammirava in segreto, lui era perfino meglio di Montalbano, per Clementina Parodi somigliava a Toby Peters. Dal canto suo, il commissario aveva in mente qualcuno come Sam Spade o Philip Marlowe, magari il commissario Montale, e, da qualche tempo, Kurt Wallander. Ma, per dirla con Clara, pisciava alto.

    Intanto nel cielo stava passando una nuvola grossa come il dubbio che andava crescendo: ma era esistita davvero una Serena?

    5

    Serena esisteva, o meglio, era esistita davvero: era una dipendente della Villa ed era stata trovata morta nella sua stanza circa un anno prima. Questo glielo rivelò la signora Angeli, l’impiegata della clinica che rispose alla telefonata che finalmente aveva deciso di fare. Il commissario aveva iniziato il discorso dicendo che era venuto a trovare la signora Parodi e che l’aveva vista turbata. A causa di questa Serena, gli era sembrato.

    – La morte di Serena ha turbato un po’ tutti noi, anzi ha messo scompiglio in tutta la casa di riposo: siamo stati tutti coinvolti nelle indagini. Sopralluoghi, interrogatori, i carabinieri non la finivano più di andare e venire. Una cosa terribile, terribile! Sospettare che fossimo coinvolti anche noi... Roba da non credere! Siamo stati lasciati in pace solo quando è stato trovato il colpevole.

    – Allora c’è un colpevole.

    – Certo, il fidanzato, insomma fidanzato per modo di dire: comunque l’hanno arrestato e finalmente abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Lo dicevo io che era un poco di buono. Ma non li legge i giornali? Ne hanno parlato tanto, del caso di Villa dei Pini: anche troppo, secondo me.

    Il commissario non stette a precisare che lui veniva da Ivrea e non aveva avuto modo di leggere la stampa locale: era ancora stupefatto per avere annusato un altro caso. Con un senso di rincrescimento che al momento non

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