Tallinn, il canto di una nazione
il tricolore nazionale (bianco, nero, blu) è stato issato sul palazzo del Governatore a Toompea, la collina al centro del centro di Tallinn. Come la prima volta, un secolo più un anno fa: centouno rituali patriottici da allora, tanti quanti i membri nell’unica camera del Riigikogu, il vicino parlamento della repubblica baltica. Quel dì il sole sorge poco prima delle sette e tramonta dieci ore più tardi: niente almanacchi, né epos in quest’incursione nella capitale. Piuttosto una linfa-guida di scoperta altrettanto identitaria, però più radicata e potente, impalpabile eppure immanente: , idioma nazionale. S’attorciglia su sfilze di dieresi e tildi, squaderna dittonghi (se ne possono creare trentasei con le nove vocali dell’alfabeto) spettinando la sintassi. S’adagia, suo malgrado, sullo stereotipo che dipinge quel popolo come taciturno
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