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I tesori nascosti di Venezia
I tesori nascosti di Venezia
I tesori nascosti di Venezia
E-book268 pagine3 ore

I tesori nascosti di Venezia

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Un viaggio tra calli e campielli alla scoperta dei tesori custoditi dalla Serenissima

Guardare la Serenissima e il suo mito con occhi diversi: ecco l’obiettivo di questa passeggiata alla scoperta di centouno tesori gelosamente custoditi da Venezia, come se la città intera fosse uno scrigno prezioso, disposto a schiudersi davanti a chiunque abbia voglia di uscire dai circuiti tradizionali. Un viaggio a caccia di perle disseminate tra calli e campielli: il trono dell’apostolo Pietro, su cui si possono leggere i versetti del Corano; il primo ghetto d’Europa, che cela le sue preziose sinagoghe dietro le anonime facciate delle abitazioni; la chiesa di San Giacomo di Rialto, la più piccola e antica di Venezia, e il campanile di San Marco che sembra lì da sempre e invece ha solo cent’anni; il cuore di Antonio Canova conservato nella tomba che lui stesso aveva progettato per il grande Tiziano, oppure l’osteria – ancora esistente – dove Giacomo Casanova ebbe una delle sue avventure più scabrose. E ancora, avvenimenti epocali rimasti scolpiti su pale d’altare e opere d’arte di straordinaria levatura – come l’Uomo vitruviano, disegnato da Leonardo… Centouno piccoli gioielli che consegnano al lettore una città inaspettata, fatta di luoghi segreti, bellezze nascoste, curiosità, oggetti ammantati di leggenda, per divertirsi a scoprire, accompagnati da un cicerone eccezionale, una Venezia diversa, sempre affascinante, da vedere almeno una volta nella vita.

Alla scoperta dei tesori custoditi nello scrigno segreto della Serenissima

La Corte del milion, casa di Marco Polo
La casa-fondaco di Corte Botera, un salto nel tempo e nella storia
L’osteria delle spade, teatro di un’avventura di Casanova
Il museo della follia a San Servolo
Il primo casinò pubblico al mondo
La Biblioteca Nazionale Marciana e il primo romanzo mai pubblicato
La Basilica dei Frari e l’Assunta di Tiziano
San Trovaso, la “sala parto” delle gondole
L’uomo vitruviano nelle gallerie dell’Accademia
La casa di Otello

...e tanti altri tesori da scoprire e riscoprire
Alberto Toso Fei
Scrive libri sulla storia segreta delle città più belle d’Italia, tra curiosità ed enigmi, aneddotica e leggenda, recuperando il patrimonio della tradizione orale: i più recenti sono I segreti del Canal Grande, Misteri di Venezia, Misteri di Roma. È fondatore e direttore artistico del Festival del Mistero, interamente dedicato agli enigmi del passato e ai luoghi leggendari. Per la Newton Compton ha pubblicato I tesori nascosti di Venezia e La Venezia segreta dei dogi.
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2016
ISBN9788854196636
I tesori nascosti di Venezia

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    Anteprima del libro

    I tesori nascosti di Venezia - Alberto Toso Fei

       1.

    LE STANZE DI SISSI A PALAZZO REALE

    Da poco tempo il percorso di visita del Museo Correr – e dell’intero sistema museale di piazza San Marco, che da solo potrebbe riempire interi capitoli di questo libro – si è arricchito di un inatteso tesoro nascosto: nove stanze degli appartamenti imperiali d’Austria, all’interno del Palazzo Reale, che ospitarono la principessa Sissi nel corso delle sue permanenze lagunari e che sono state oggetto di un profondo restauro che le ha restituite all’antico splendore, col recupero di affreschi, stucchi e marmorini, camini, porte e infissi, pavimenti e arredi.

    Ciò che rimaneva dei territori veneziani era passato già da molto tempo sotto il dominio asburgico (con la caduta di Napoleone, nel 1815), quando Elisabetta di Wittelsbach, Sissi, principessa di Baviera, e Francesco Giuseppe d’Austria, divenuti imperatori da qualche anno, si affacciarono per la prima volta in laguna: era il 25 novembre 1856 (meno di otto anni dopo i moti del 1848-49) e la coppia imperiale fu accolta molto freddamente dai veneziani. La permanenza, più lunga del previsto (durò trentotto giorni), mise notevolmente a disagio la giovane imperatrice, che però fu abbastanza intelligente e obiettiva per comprenderne le ragioni. Nel corso del secondo soggiorno, a cavallo tra il 1861 e il 1862, Sissi rimase a lungo da sola in città, per una permanenza di sette mesi: sebbene il dolore alle caviglie di cui soffriva le impedisse di muoversi liberamente, nonostante una vita abbastanza ritirata non si fece mancare le frequentazioni alle feste o a teatro. Dopo questa lunga parentesi, i soggiorni veneziani dell’imperatrice furono solo fuggevoli passaggi, avvenuti anche dopo l’unificazione di Venezia con lo Stato italiano, nel 1866.

    Quando risiedeva in laguna, Sissi alloggiava nei bellissimi appartamenti del Palazzo Reale – nella cosiddetta Ala Napoleonica delle Procuratie Nuove in piazza San Marco – che già avevano subito notevoli rimaneggiamenti negli anni Trenta per la visita di Ferdinando I, e che proprio in previsione dell’arrivo della coppia imperiale, nel 1856, e in onore dell’affascinante imperatrice, furono oggetto di un’ulteriore risistemazione e di nuovi interventi decorativi, con l’istituzione addirittura di un’apposita commissione.

    Oggi la sala delle udienze dell’imperatrice e il suo studiolo, la camera da letto col delizioso boudoir e la stanza da toilette sono tornate a nuova vita: la toilette in particolare fu personalizzata per la giovane Sissi dall’artista Giovanni Rossi, che nel medaglione centrale tra i soffitti in marmorino con microcristalli brillanti raffigurò La Dea protettrice delle Arti con le fattezze della bella sovrana asburgica. Ovunque ghirlande bianche, colorate, dorate, e aquile che sostengono gli stemmi dei regni di Austria e Baviera.

    Il Palazzo Reale, voluto per Napoleone e destinato negli anni successivi a ospitare gli imperatori e gli arciduchi d’Asburgo, divenne dal 1866 dimora veneziana dei Savoia, e poi proprietà del Demanio. Oggi questo tesoro nascosto, carico del mito di Sissi, può diventare un itinerario inedito e inaspettato, col suo affaccio sui Giardini Reali e sul Bacino di San Marco.

       2.

    IL PRIMO ROMANZO PUBBLICATO

    Nelle sale della Biblioteca Nazionale Marciana è possibile leggere il primo romanzo mai pubblicato. Ma anche il primo libro tascabile, e centinaia, migliaia di altre chicche per appassionati di libri di ogni epoca, come il cinquecentesco Breviario Grimani o il Mappamondo di Fra Mauro, uno degli esempi più elevati di cartografia medievale. Negli scaffali sono conservati circa un milione di volumi, oltre tredicimila manoscritti rilegati, e quasi cinquemila privi di legatura; l’ultimo inventario ha contato inoltre quasi tremila incunaboli e più di ventiquattromila cinquecentine. Fra i tesori che sono conservati nei suoi scaffali si può trovare una copia del primo romanzo pubblicato nella storia: l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, stampato a Venezia nel 1499 (e dotato anche di straordinarie illustrazioni).

    L’idea di costituire una biblioteca pubblica in città nacque nel 1362, quando Francesco Petrarca donò i suoi libri alla Repubblica perché andassero a formare il primo nucleo di una raccolta di documenti e volumi che fosse aperta agli studiosi e agli amanti della cultura. Più di cento anni dopo, nel 1469, il lascito si arricchì dell’imponente raccolta libraria del cardinale greco Bessarione, fatta di preziosi codici antichi (come ad esempio due straordinari codici dell’Iliade, del X e XI secolo, che rappresentano una documentazione impareggiabile dell’epigrammistica greca), ma fu solamente con la costruzione dell’edificio della Pubblica Libreria, iniziata nel 1537 da Jacopo Sansovino (e terminata dopo il 1570 da Vincenzo Scamozzi) che prese definitivamente corpo il progetto.

    La biblioteca si arricchì negli anni grazie a donazioni e lasciti, ma soprattutto per l’obbligo imposto agli stampatori di depositarvi un esemplare di ogni libro pubblicato, come previsto da una legge del 1603 (in assoluto la prima in Italia in materia).

    Venezia fu infatti sede di un fiorentissimo mercato della stampa già pochi anni dopo l’invenzione dei caratteri mobili di Johann Gutenberg (sperimentati a Magonza attorno al 1450). Tra i primi stampatori vi fu Giovanni Da Spira, che ottenne una licenza nel 1468. Alla Marciana si conserva il suo primo libro, pubblicato quell’anno: le Epistulae ad familiares di Cicerone. Tra i suoi stampatori la città può sicuramente vantare poi il nome di Aldo Manuzio, che per primo utilizzò nel 1501 un carattere che diventerà molto famoso: il corsivo, una versione elegantemente inclinata del carattere romano allora in voga, che in tutti i computer del mondo è conosciuto ancora oggi come italico! Ma l’intraprendenza dello stampatore non si fermò qui: a lui si deve infatti anche l’invenzione dei libri tascabili, ovvero in formato 1/8. Il primo fu il Canzoniere del Petrarca, edito tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento. L’apertura non solo commerciale ma anche culturale della Serenissima è dimostrata anche dal fatto che nel 1538 a Venezia fu stampato il primo Corano con caratteri mobili, ancora oggi conservato nel Convento di San Francesco della Vigna. Negli stessi anni veniva prodotto anche il primo libro in lingua armena e il primo Talmud, che da rotolo fu trasformato in libro, la cui impaginazione è ancora la stessa della prima edizione stampata a Venezia.

       3.

    LA STATUA PIÙ IMPORTANTE DEL PANTHEON

    Non è purtroppo così nota nemmeno ai veneziani l’esistenza di un importante museo archeologico nel cuore della città, all’interno delle Procuratie Nuove, tra la Biblioteca Marciana e l’Ala Napoleonica. Le grandi sale affacciate su piazza San Marco mostrano preziosi reperti di arte greca e romana (con una sezione dedicata all’Egitto), che costituiscono in gran parte il frutto di ritrovamenti effettuati nei territori della Repubblica o di acquisto da parte di ambasciatori e cardinali veneziani.

    Parte integrante del museo è infatti l’Antisala della Biblioteca Marciana, che fu l’antica sede dello Statuario Pubblico della Serenissima. Qui trovarono la loro prima esposizione le oltre duecento opere donate alla Repubblica da Domenico e Giovanni Grimani e da Federico Contarini, sul finire del Cinquecento. Oggi l’Antisala ripropone parzialmente una ricostruzione di quel primo allestimento.

    In uno dei cortili interni fa invece bella mostra di sé la statua di Marco Agrippa, ammiraglio dell’imperatore Augusto, che originariamente si trovava sul Pantheon di Roma (fatto costruire da lui). Marco Vipsanio Agrippa fu a dire il vero anche amico dell’imperatore, e ne divenne genero. Fu lui l’artefice della maggior parte dei trionfi militari di Augusto, il più importante dei quali fu senz’altro la vittoria navale nella battaglia di Azio contro la flotta di Marco Antonio e Cleopatra.

    La statua di Marco Agrippa, che fu portata a Venezia attorno alla metà del Cinquecento, ornò per secoli il peristilio di Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa. Su questo colosso esiste un curiosissimo aneddoto risalente agli ultimi tempi della Repubblica. I Grimani, allettati da un’offerta giunta dalla Francia, avevano deciso di vendere la statua; la mattina della spedizione, però, sulla panca dell’androne, riservata normalmente a chi tra i popolani avesse qualche richiesta (con attese destinate a durare anche ore) comparve Cristofolo Cristofoli, fante degli Inquisitori di Stato, seduto fra gli altri questuanti e bardato con le vesti che il suo uffizio richiedeva.

    Al padrone di casa, che – chiamato in tutta fretta – scese lo scalone e si scusò col Cristofoli per non esser arrivato prima ad accoglierlo, pur essendo la sua una visita inattesa, l’uomo non rispose. Si alzò, raggiunse la statua, e col berretto in mano proferì queste parole: «El supremo Tribunal dei Inquisitori, avendo sentìo che ela, sior Marco, vol andar via de sta cità, el me manda per augurarghe un bon viazo a ela e a so zelenza Grimani».

    Grimani raggelò; le parole del fante non lasciavano spazio a dubbi: la Serenissima non intendeva far passare in mani straniere le glorie artistiche presenti sul territorio della Signoria, e minacciava di punirlo con l’esilio. Alla nobile famiglia non rimase che far ripartire la barca, vuota, revocando il contratto e lasciando la statua di Agrippa al suo posto.

    La verità storica racconta invece come la statua fosse già stata donata formalmente dai Grimani alla Repubblica, nel Cinquecento, pur rimanendo nel palazzo. Michele Grimani, nella seconda metà dell’Ottocento, cercò di venderla sottobanco, rinunciando poi all’affare per la sollevazione dei veneziani e offrendola definitivamente al Comune.

    La statua di Marco Agrippa, a Venezia dalla metà del Cinquecento

       4.

    PIAZZA SAN MARCO DA UNA DIVERSA PROSPETTIVA

    Se vi trovate in prossimità dell’Ala Napoleonica, in piazza San Marco, e vi volgete a guardare la facciata della basilica, sull’altro lato, potrete facilmente accorgervi di come questa non sia in asse col resto degli edifici. Per dire la verità, visto che la piazza è un lungo trapezio irregolare (provate a guardare una mappa qualsiasi), nulla è in asse con nient’altro, senza che ciò vada a discapito dell’estrema armonia d’insieme…

    Ma provate a spostarvi verso i portici delle Procuratie Vecchie, in direzione di Bacino Orseolo: proprio al centro del quinto arco a partire dall’angolo del Museo Correr, infisso nel marmo della pavimentazione, sta un piccolo sigillo tondo in bronzo. Posizionatevi in modo da averlo in mezzo ai piedi e alzate nuovamente lo sguardo verso la basilica: ora avrete una visione della Chiesa di San Marco perfettamente perpendicolare a voi.

    Piazza San Marco è indubbiamente uno dei luoghi più famosi al mondo e certamente il più caro ai veneziani. Chiamata piazza e non campo per poter essere unica anche nel nome, nei secoli è stata teatro di cerimonie, feste, mercati, tornei, cavalcate e, in occasioni particolari, dell’antichissima caccia al toro.

    Già all’inizio del IX secolo i primi abitanti vi posero il loro castello ducale e la Basilica di San Marco, entrambi costruiti in maniera differente da come li vediamo oggi; la piazza stessa era molto più piccola e attraversata da un canale successivamente interrato, ma nei secoli vi trovarono posto le Procuratie Vecchie e Nuove (rispettivamente alla vostra sinistra e destra, guardando la chiesa), costruite in epoche diverse e così chiamate perché originariamente destinate a ospitare le abitazioni dei procuratori di San Marco.

    In fondo alla piazza, l’Ala Nuovissima o Ala Napoleonica (oggi sede del Museo Correr), per la cui costruzione l’imperatore francese fece abbattere la vecchia ala e la cinquecentesca Chiesa di San Geminiano, progettata da Jacopo Sansovino.

    Prima di divenire dal 1807 la sede del Patriarcato di Venezia (fino ad allora stabilita a San Pietro di Castello) la Basilica di San Marco Evangelista fu sempre cappella ducale e, come tale, il tempio dove le vicende del popolo e del governo veneziano ebbero la loro celebrazione più alta. Qui il doge veniva consacrato e acclamato; qui i capitani da mar e i condottieri degli eserciti della Serenissima, prima di partire per le loro imprese, ricevevano le insegne del comando; qui, fin dalle sue origini, papi, imperatori e principi furono testimoni dei momenti più solenni e decisivi per lo scenario politico del mondo di allora. Fra le sue preziose mura dorate infatti, nel 1177, sotto la diplomatica mediazione del doge Sebastiano Ziani, ebbe luogo la riconciliazione fra papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa, e nel 1201, prima di partire per quella quarta crociata che portò alla conquista di Costantinopoli e alla più vasta espansione di Venezia in Oriente, il vecchio doge Enrico Dandolo vi radunò i nobili crociati provenienti da ogni parte d’Europa. Attorno a San Marco, infine, si raccolse la popolazione veneziana quando, il 12 maggio 1797, il governo, lasciata nelle mani del Bonaparte ogni sua autorità, proclamava decaduta la Repubblica.

       5.

    IL PRIMO CASINÒ PUBBLICO AL MONDO

    Nel 1638 il nobile Marco Dandolo fu autorizzato ad aprire, in calle Valaresso, un Ridotto Grande, ovvero una casa da gioco pubblica, dove potessero ritrovarsi tutte quelle persone, di ogni ceto sociale (vi si entrava solo mascherati), dedite al gioco d’azzardo, che fino ad allora era stato proibito o malamente regolamentato. Oggi il Ridotto e le stanze circostanti – che furono rifatte nel 1768, e nella loro veste settecentesca appaiono ancor oggi – fanno parte dell’Hotel Monaco e Grand Canal, e sono visitabili su richiesta.

    Può così diventare un bel gioco immaginarsi nei panni di Giacomo Casanova, assiduo frequentatore di questi locali, e lavorare con la fantasia fino a vedere i tavoli da gioco gestiti dai Barnabotti, i nobili decaduti; entrare nella stanza dei sospiri, un po’ appartata, e assistere a giocate da capogiro, con il passaggio di palazzi e interi patrimoni familiari da un lato all’altro del tavolo, con una sola puntata; ammirare e farsi ammirare dalle cortigiane assiepate sul ballatoio superiore, in attesa di un possibile cliente euforico per una vincita appena realizzata, oppure sfuggire ai creditori attraverso la porta ancora mimetizzata tra gli stucchi, per allontanarsi con una gondola immaginaria pronta a portarci altrove.

    Fino all’apertura del Ridotto si erano succeduti nei secoli vari provvedimenti: nel 1254 era stato vietato il gioco dei dadi nell’atrio della Basilica di San Marco e sotto gli archi della facciata; l’anno successivo era toccato al cortile di Palazzo Ducale e alla Sala del Maggior Consiglio. Nel 1266 agli scudieri del doge fu proibito il gioco in tutto il palazzo. Nel 1292 gli unici giochi permessi furono gli scacchi e le tavole, e ogni attività illecita sarebbe stata punita con venticinque lire di denari piccoli. Tra il 1506 e il 1539 i Dieci vietarono tutti i giochi «excepto schachi, arco, balestra et ballo». E via così. Ai primi del Seicento, visto che il gioco dilagava comunque, la pratica dell’azzardo fu permessa in tempo di Carnevale, che durava da ottobre fino a martedì grasso.

    I veneziani si riducevano in queste stanze, ovvero vi si ritiravano, per giocare, divertirsi, svagarsi con feste e passatempi. I giochi più frequenti erano la bassetta, il faraone e il birbiss (più o meno l’odierna roulette), ma forse il gioco più famoso del Settecento veneziano fu lo sbaraglino, destinato a passare ai posteri col nome di backgammon.

    Il Ridotto divenne luogo simbolo della mondanità e del lato più cosmopolita del Carnevale veneziano: in pochi anni, però, dissipazioni di capitali, frequentazione di mezzani e prostitute, collegamento tra usurai e nobili tenitori di banchi crebbero al punto da diventare scandalosi. Per questo il 27 novembre 1774 il Consiglio dei Dieci ne decretò la definitiva chiusura. Divenuto sede di una magistratura governativa e poi magazzino, questo spazio fu adibito nei secoli successivi a luogo per feste, sala cinematografica, teatro. Ora, dopo un lungo periodo di chiusura, è tornato a farsi ammirare nel suo antico splendore.

       6.

    I LEONI DEL PORTALE DI SAN MARCO

    Può apparire balzano forse, davanti a una basilica stracolma di tesori come quella di San Marco, fermarsi a osservare uno degli elementi meno notati in assoluto, eppure così ricco di significato e di storia: il portale principale, senza ombra di dubbio il più bello delle ventidue diverse porte che consentono l’accesso alla chiesa. Anzi, forse il momento migliore per guardarlo da vicino è proprio dopo la chiusura della basilica, nel tardo pomeriggio.

    L’enorme cancello di bronzo venne fuso a Costantinopoli, e fu portato a Venezia dopo la conquista della città turca. La prima cosa che salta all’occhio è indubbiamente la fila di teste di leone che sorreggono i maniglioni con le mandibole serrate. A un primo sguardo sembrano tutti uguali, ma basta avvicinarsi un po’ di più per scoprire che ognuno di essi è stato fuso in uno stampo differente: hanno sembianze, posizioni del muso, espressioni e caratteri tutti diversi. Il tipo di lavorazione li fa

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