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Il Percorso delle panchine arancioni

ci si senta vivi e non ci si dimentichi del passato e dei terribili trascorsi di questo luogo; ma anche di quanta vita, voglia e tenacia servì agli uomini abitanti di Oslavia per ricoltivare la terra, cucendo le ferita di cui è stata vittima». Tra le vigne della cantina Primo-sic, il QR Code sulla panchina arancione che guarda verso la chiesetta di Podsabotin invita a decifrare la geografia) con lo sguardo». Ogni cantina ha scelto dove posizionare la sua, arancione come il colore della Ribolla, vino lungamente macerato sulle bucce, e in cemento, «come siamo noi produttori di Oslavia: duri, non facilmente sgretolabili ed eterni», spiegano al Carpino, ultima tappa di un tour che prende le mosse dall’azienda Dario Princic. Il percorso – che tocca anche le cantine Fiegl, Primosic, Gravner, Radikon e La Castellada – è aperto a tutti, e si può percorrere autonomamente a piedi, seguendo il tracciato su Google Maps, in circa due ore di cammino, pause – vivamente consigliate – comprese. Su ogni panchina, appunto, un QR Code invita a scoprire il punto di vista dei produttori, quasi fossero seduti lì accanto per descrivere ciò che sta intorno, evocando ricordi, suggerendo spunti di riflessione: «Accipicchia, quanto sono stato lungo – si schernisce per la lunghezza del suo racconto sul vecchio villaggio di Oslavia Martin Figelj, della cantina Fiegl – ma amo il mio paese e divento prolisso quando ne parlo». Proprio dove sta la sua panchina, fino al maggio del 1915, sorgeva la chiesa principale di Oslavia. «Tutto venne raso al suolo», e oggi i produttori di Apro si fanno custodi di quella memoria. E al contempo narratori di una grande impresa agricola. Orientata e posizionata proprio come la Ribolla, esposta quindi a Sud-Est e radicata nella dura ponka, per esempio, la panchina di Radikon «offre la possibilità di fingersi vite: nitido sul viso il tepore del primo sole del mattino, a sinistra (da Nord-Est) i freschi refoli della Bora, a destra (Sud-Ovest) il calore dei tramonti».

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