È facile vivere bene nelle Marche se sai cosa fare
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Info su questo ebook
Affidatevi ai vostri sensi e scoprite le tante meraviglie delle Marche
Il nome Marche deriva da un’antica lingua germanica in cui “mark” significava confine. Ecco cosa sono le Marche: una porta su infiniti mondi che questo libro cercherà di svelare, attraverso un viaggio in cui i sensi faranno da guida. Gli occhi racconteranno bellezze architettoniche e paesaggistiche, il palato le infinite cucine locali e le orecchie saranno rivolte ai grandi come Rossini e Pergolesi. Le mani guideranno alla scoperta di artigianato, manufatti e produzioni industriali, punto da cui partire per dare una sbirciatina allo sport e ad atleti prestigiosi, di cui Valentino Rossi e Filippo Magnini sono solo due illustri esempi. Il naso ci condurrà sulle tracce del tartufo, ma anche di antiche aziende produttrici di profumi ed erbe curative. A ciascuno dei sensi sono riconducibili i grandi eventi ospitati dalle Marche: esperienze note e inedite, per andare alla scoperta di una regione che ha tanto da offrire.
Simona Baldelli
è nata a Pesaro. Ha lavorato in teatro, come attrice, regista e drammaturgo. Ha esperienze di cinema e radio. Il suo primo romanzo, Evelina e le fate, è stato finalista al Premio Italo Calvino 2012 e vincitore del Premio Letterario John Fante 2013. Ha pubblicato anche Il tempo bambino e La vita a rovescio.
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Anteprima del libro
È facile vivere bene nelle Marche se sai cosa fare - Simona Baldelli
La vista
Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno in un’illustrazione di fine Ottocento.
Il portale della basilica di San Venanzio a Camerino.
1. Ascoli Piceno, la città del travertino parlante
Per la gita di terza media, i dirigenti scolastici scelsero Ascoli Piceno. Cosa ci sarà mai da vedere, ad Ascoli?, ci chiedevamo noi ragazzini di Pesaro.
Avremmo preferito una meta più esotica, convinti com’eravamo che tutte le città delle Marche si somigliassero e che quindi avremmo trovato la stessa architettura, definizione di strade e vie, simili paesaggi.
Ma sbagliavamo. Ascoli fu una splendida sorpresa e imparammo, da subito, che il panorama delle Marche è infinito e variegato.
Inizio perciò questa carrellata di città d’arte dal capoluogo di provincia che visitai per primo: Ascoli Piceno, la città del travertino parlante e delle cento torri.
Consiglio di cominciare la visita dal cuore rinascimentale, piazza del Popolo, dove si trovano alcuni magnifici edifici fra cui il palazzo dei Capitani del Popolo, di origine duecentesca, oggi sede del Comune, lo storico Caffè Meletti di gusto liberty, la chiesa di San Francesco e la contigua loggia dei Mercanti del 1513.
Da lì, con pochi passi, si giunge in piazza Arringo, la più antica della città. Qui sorgono il medievale battistero di San Giovanni, la cattedrale di Sant’Emidio (al cui interno troverete la cripta dedicata al santo patrono) e il grande Polittico di Sant’Emidio di Carlo Crivelli, il Palazzo vescovile, il palazzo dell’Arengo, sede della Pinacoteca civica. Dall’altro lato della piazza si può ammirare la seicentesca facciata di palazzo Panichi, sede del Museo archeologico statale.
Altri pregevoli edifici religiosi sono: la romanica chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio, la duecentesca chiesa di San Pietro Martire, la chiesa di Sant’Agostino, rifatta nel IX secolo, e la cinquecentesca chiesa di Santa Maria della Carità.
Se vi resta una manciata di minuti, vi consiglio una visita ai tempietti dedicati al patrono: Sant’Emidio alle Grotte e Sant’Emidio Rosso.
Meritano attenzione anche alcuni monumenti come il ponte romano di Solestà, le rovine del teatro romano, le grotte dell’Annunziata, la Fortezza Pia, il Forte Malatesta, l’ottocentesco teatro Ventidio Basso, il Palazzetto Longobardo con la torre degli Ercolani, una delle torri superstiti fra le circa duecento che compaiono nelle cronache medievali. Nelle vicinanze della città si trova la Rocca di Castel Trosino, antichissimo insediamento longobardo a strapiombo sul torrente Castellano.
Come ogni città, anche Ascoli conserva memoria, nei monumenti e nei palazzi, della sua storia e delle popolazioni che l’hanno attraversata.
Dei piceni e dell’espansionismo romano troviamo traccia nelle mura picene a Porta Romana, e nei reperti conservati nel Museo archeologico statale.
Asculum entrò a far parte della V regio dell’impero. In questo periodo la via Salaria fu ammodernata con infrastrutture imponenti e la città si arricchì di edifici monumentali.
Nel 1893 a Castel Trosino fu scoperta una vasta necropoli ricca di oggetti funerari, preziosa testimonianza del periodo altomedievale.
Prima che Federico II ne facesse distruggere novanta, Ascoli aveva ben duecento torri gentilizie. Ne sono giunte a noi circa una cinquantina anche se, alcune, sono state inglobate nelle abitazioni o trasformate in campanili.
Ascoli Piceno in un’antica stampa.
Nella seconda metà del Quattrocento, in pieno Umanesimo, esplose l’uso del cosiddetto travertino parlante
, ovvero l’abitudine di incidere sugli architravi delle porte frasi in latino o in volgare dettate dalla cultura, religiosità e saggezza popolare, e più di cento esempi sono ancora visibili. Una sorta di media ante litteram: mezzo di comunicazione, informazione e moralizzazione.
Nel periodo barocco, fra il 1600 e il 1700, furono realizzati edifici e belle opere d’arte. Suggerisco un’occhiata agli altari e dipinti delle chiese di Santa Maria della Carità, San Pietro Martire, Sant’Agostino e Sant’Angelo Magno, ai palazzi nobiliari, all’edicola del Morelli, alla facciata del palazzo dell’Arengo.
Ascoli divenne capoluogo di provincia dopo l’unità d’Italia. Da questo periodo in poi sono sorti nuovi monumenti che possiamo ancora ammirare: le fontane di piazza Arringo (1882), il ciborio della cattedrale (1895), il palazzo della Cassa di Risparmio (1914), gli affreschi del palazzo del Governo di Adolfo De Carolis e Domenico Ferri, palazzo Merli (1927).
Chiudo questa breve carrellata sulle bellezze architettoniche con una nota sbarazzina
: il liberty rappresentato dal Caffè Meletti. Questo famoso caffè, inaugurato nel 1907, è stato una sorta di salotto per personaggi illustri e no, tutti stregati dal gusto squisito dell’anisetta Meletti.
Se durante la visita vi andrà di sgranocchiare un cartoccio di olive ascolane, sperimenterete una vera festa dei sensi!
2. Echi del passato: le cisterne romane di Fermo
Ci capitai la prima volta per caso, sulla strada fra San Benedetto e Macerata. Si allungava un po’ il tragitto, ma le indicazioni erano invitanti e, se l’istinto suggerisce, di norma, la ragione ascolta. Almeno per me.
Così svoltammo. Purtroppo il tempo a disposizione era poco, e mi ripromisi di tornarci con calma perché Fermo merita attenzione.
Non mi sono sbagliata.
Ciò che ho scritto come introduzione a questo piccolo viaggio attraverso le Marche, circa la vocazione della regione all’accoglienza e alla pluralità, è perfettamente racchiuso nel cuore di questa città, a partire dalla sua tradizione di centro di scambi culturali e mercantili con l’Adriatico.
La prima cosa che mi colpì fu l’impianto rinascimentale urbano, pressoché intatto, che dalla bellissima piazza del Popolo si snoda attraverso la parte storica, sviluppatasi attorno e sulla sommità del colle Sabulo.
Il Palazzo dei Priori a Fermo in un’illustrazione di fine Ottocento.
Nel cuore della piazza sorge il cinquecentesco palazzo dei Priori, sede della Pinacoteca civica che conserva pregevoli dipinti di scuola veneziana e marchigiana, una commovente Natività del fiammingo Pieter Paul Rubens (unica sua opera nelle Marche, se non sbaglio) e la sala del Mappamondo che prende il nome dal planisfero disegnato ai primi del Settecento dal cartografo Moroncelli di Fabriano. Si affacciano sulla piazza anche il palazzo degli Studi, che ospita la biblioteca comunale Spezioli, e il Palazzo apostolico, eretto nel 1532 come residenza dei governatori e dei legati pontifici.
Merita attenzione un prezioso teatro storico settecentesco, fra i più imponenti delle Marche: il teatro dell’Aquila.
A chi volesse conoscere la storia di Fermo attraverso le testimonianze architettoniche, consiglio di iniziare dalle cisterne romane, una suggestiva e imponente opera ipogea di età augustea (40 d.C.) realizzata per immagazzinare e conservare l’acqua e che si sviluppa su una superficie di circa duemila metri quadrati suddivisi in trenta camere. Con una piacevole camminata verso la cima del colle Girifalco, si raggiunge la cattedrale dalla bellissima facciata romanico-gotica del 1227.
Valgono una sosta anche: la chiesa di San Francesco, che conserva resti di affreschi di un discepolo di Giotto, Giuliano da Rimini; la chiesa concattedrale di San Domenico, i cui lavori di edificazione iniziarono nel 1233 sull’area dove sorgeva la chiesa di San Tommaso di Canterbury; la conosciutissima chiesa di Sant’Agostino, con affreschi di scuola riminese, fabrianese e bolognese.
La bellezza ha molteplici aspetti, non solo architettonici: il fascino del mare, la sinuosità delle colline, l’impeto delle montagne. Nei pressi di Fermo c’è di tutto un po’ e, per chi ha voglia di escursioni, specialmente marittime, è facile raggiungere i tre chilometri di litorale di Marina Palmense e, a nord, i quattro di Lido di Fermo, Casabianca e Lido San Tommaso. In prossimità delle spiagge, come spesso accade nelle Marche, vi sono rigogliose colline che riparano dai venti di terra e mantengono il clima mite tutto l’anno. I più sportivi potranno spostarsi da una località balneare all’altra pedalando lungo la pista ciclabile che unisce Casabianca di Fermo a San Tommaso.
Che vi siate spostati su due o quattro ruote, a fine giornata avrete una fame che levati.
Nelle Marche è tutto buono (e non temo conflitto d’interessi: mai sentito qualcuno che si lamentasse!). Le glorie gastronomiche della zona sono, però, la caciotta del fermano, il ciauscolo e il vino cotto. Ai pochi che non conoscessero il ciauscolo (esistono? Davvero?) consiglio di scaldare una fetta di pane casereccio (meglio sulla brace, ma va bene anche una moderna piastra) e spalmarvi sopra uno strato abbondante di insaccato. Passate la fetta sotto il naso e inspirate avidamente l’odore del grasso che si fa traslucido e si fonde con la mollica. Via un morso veloce! La meraviglia si ha quando il pane è ancora caldo, poi mi ringrazierete.
La Cattedrale di Fermo, dalla caratteristica facciata asimmetrica.
Nel periodo natalizio si potrà assaggiare il frustingo, dolce tipico di Fermo a base di fichi secchi, uva passa, mandorle, noci e vino cotto. Come non bastassero questi ingredienti, va aromatizzato con cacao, caffè, rum, scorza grattugiata di arancia e limone, canditi, cannella e noce moscata.
Riuscite a immaginare l’estasi delle papille gustative con tanti aromi? Sì, da perdere la testa.
A Ferragosto si potrà ammirare la rievocazione storica del palio, la Cavalcata dell’Assunta, in cui, da più di trent’anni, si sfidano le dieci contrade di Fermo.
3. Macerata, la città dei pistacóppi
Di piccioni ( pistacóppi ) in effetti ce n’è, sui tetti e i lastricati del centro storico.
Mi sono sempre chiesta il perché di questo scherzoso, e in qualche modo poetico, soprannome attribuito ai maceratesi. E sì che una razza di colombi, molto diffusa nelle Marche, si chiama piccione ascolano
… Chissà perché, quindi, il termine piccione
è diventato sinonimo di maceratese.
Mi piace pensare che c’entri la bellezza della città e del paesaggio circostante. Se fossimo piccioni, o comunque dotati di ali, potremmo abbracciare con un solo colpo d’occhio la meraviglia dell’orizzonte. Inoltre questi animali hanno qualità immense, innanzitutto l’orientamento, e questo si sa dalla notte dei tempi. Poi hanno una resistenza incredibile: sono capaci di volare per ottocento chilometri a una velocità di settanta chilometri orari. Resistenti e veloci, quindi. E in più, quelli della zona sono spesso dotati di calzari
, soffici piume attorno agli speroni che li rendono unici.
Doti e caratteristiche che si sposano benissimo con gli abitanti del luogo.
Conobbi Macerata grazie alla stagione operistica allo Sferisterio.
Ebbi l’opportunità di seguire gli ultimi giorni dell’allestimento di una bella edizione del Trovatore e potei dedicare parte qualche giornata alla scoperta di questa città.
Va subito detto che il comune di Macerata aderisce all’Associazione delle Città d’Arte e Cultura e che la sua università, fondata nel 1290, è fra le più antiche nel mondo.
Pianta della città di Macerata in una stampa settecentesca.
Ovviamente la mia visita turistica iniziò dall’Arena Sferisterio, splendido esempio di architettura neoclassica progettato nel 1823 da Ireneo Aleandri.
Incamminandomi nel cuore della città rimasi a bocca aperta di fronte alla magnificenza del settecentesco palazzo Buonaccorsi, che attualmente ospita raccolte di arte antica e moderna e il Museo della carrozza. All’interno si fondono esempi di barocco e rococò, ma la tappa che mozza il fiato è quella alla sala dell’Eneide. I dipinti, come è facile intuire, celebrano le gesta di Enea, mentre la volta è affrescata con le nozze di Bacco e Arianna alla presenza degli dei dell’Olimpo. Vi verrà il torcicollo, perché è impossibile non restare per ore col naso all’insù.
Sempre nel centro storico si possono ammirare il palazzo del Governo, nato dall’unione di due edifici del XIII secolo, il palazzo dei Priori e il palazzo dei Podestà. Poco distante ci imbatteremo nella loggia dei Mercanti, un piccolo gioiello rinascimentale realizzato per volere del cardinale Alessandro Farnese. Sempre con gli occhi verso l’alto, a cercare i pistacóppi, vedremo svettare la cima della Torre Civica, iniziata nel 1492, quando si allargavano i confini del mondo grazie alla scoperta di altri continenti. Dalla terrazza si può viaggiare in un battere di ciglia dai monti Sibillini all’Adriatico, e senza bisogno di ali come i sopracitati piccioni, né delle caravelle di Cristoforo Colombo (oh! E vedi che ritornano, colombi e colombacci?). Meritano attenzione anche il teatro Lauro Rossi, costruito nella seconda metà del Settecento per volere di alcuni nobili maceratesi, e la chiesa di San Paolo, eretta fra il 1623 e il 1655, e definita un palcoscenico d’effetto
per la suggestiva struttura. Oggi infatti è utilizzata dall’università e dal Comune per ospitare eventi e mostre. Vale una visita anche palazzo Ricci, edificato nella seconda metà del Cinquecento e che ora ospita circa trecento opere fra pitture e sculture di artisti italiani del XX secolo.
Agli appassionati di architettura religiosa segnalo certamente il duomo, in cui sono riscontrabili diversi stili architettonici dovuti a costruzioni e ristrutturazioni sovrapposte dal 1400 alla fine del 1700. Molto bella anche la basilica della Misericordia, sontuoso edificio anch’esso ricostruito e ingrandito fra il XV e il XVIII secolo. Chi trovasse il tempo di affacciarsi nella chiesa di Santa Maria delle Vergini, di stile bramantesco, avrà la splendida sorpresa di una Epifania del Tintoretto.
Ammesso e non concesso che le bellezze paesaggistiche e architettoniche non siano sufficienti a richiamare visitatori, Macerata offre un nutrito cartellone di eventi di cultura e spettacolo. A partire dalla festa del patrono, san Giuliano, celebrata ad agosto e di forte richiamo.
Sempre in estate, fra luglio e agosto c’è il Macerata Opera Festival, di cui più avanti torneremo a parlare, che accoglie appassionati di opera lirica da tutto il mondo.
Mi piace ricordare che nel 2016 Macerata ha vinto il premio nazionale Nati per Leggere
che la riconosce città del libro
.
D’altra parte, quello con la lettura è un rapporto assai stretto, visto che a maggio si tiene Macerata Racconta, fiera dell’editoria marchigiana con un interessante cartellone di incontri e conferenze.
In tarda primavera, sempre a maggio, c’è la bella Festa dell’Europa, giunta già alla decima edizione, che comprende un ciclo di concerti, incontri e mostre per avvicinare l’Europa agli europei. Perché, ribadisco, le Marche sono una regione femminile e plurale.
È il momento di mettersi a tavola.
Il piatto tipico maceratese sono i vincisgrassi, una sorta di lasagne al forno. Gli ingredienti della ricetta originale sono prosciutto crudo, tartufo, parmigiano e una salsa a base di latte e farina, con i quali si condiscono gli strati di pasta all’uovo. Non sarà un piatto leggerissimo (e si campa una volta sola!), ma dopo tanto camminare e ammirare, dobbiamo pure rinfrancarci…
Ah, dimenticavo: quell’edizione del Trovatore, curata da Pier Luigi Pizzi che in seguito sarebbe stato per lunghi anni il direttore artistico dello Sferisterio Opera Festival, che mi condusse a Macerata, fu un vero successo.
4. Il gomito dell’Adriatico: Ancona
Qui, il sole, nasce e tramonta sul mare.
Ancona sorge su un promontorio formato dalle pendici settentrionali del monte Conero.
Quando i Dori (un’antica stirpe greca che la fondò nel 387 a.C.) notarono il golfo e lo spigolo attiguo che si adagiava nel centro dell’Adriatico, non ebbero dubbi nel battezzare la città: la chiamarono Ἀγκών, ankòn, gomito
. L’origine greca di Ancona è ribadita anche dall’appellativo con cui è conosciuta: la città dorica
.
L’immagine del luogo, placidamente adagiato fra mare e rocce, potrebbe far pensare a una zona tranquilla e mansueta. Questo è solo un aspetto della città; chi la conosce sa che quel gomito poggiato serve per puntellarsi e sollevarsi, all’occorrenza, e rimboccarsi le maniche.
Ancona dovette rialzarsi spesso, nel corso della storia, in seguito a invasioni e conquiste da parte di popoli stranieri. Di una di esse resta un motto eloquente.
Francesco Sforza, nel XV secolo, tentò di impossessarsi della città. Le sue spie vennero scoperte, chiuse dentro sacchi e gettate in mare con pietre al collo. Fra gli sforzeschi nacque allora il detto: Ancona da bere e non da mangiare
.
La vera immagine della città si coglie venendo dal mare: un groviglio di strade e palazzi aggrappati sulla collina, fra i quali svettano, come bagliori di gioielli, cupole e campanili. Lei è lì, pronta ad accogliere a braccia aperte.
Lungo la nostra passeggiata marchigiana alla ricerca del bello, nel capoluogo di regione abbiamo davvero l’imbarazzo della scelta.
Il monumento che più rappresenta Ancona è la cattedrale di San Ciriaco, una splendida basilica romanico-gotica con alcuni elementi bizantini. È stata costruita sulle fondamenta di un tempio del IV secolo a.C. e di una successiva chiesa paleocristiana. Sorge sulla sommità del colle Guasco, in una posizione assai scenografica, dove risiedeva l’acropoli della città dorica e da cui si dominano la città e il mare. Nella prima metà del XVIII secolo, il grande architetto Luigi Vanvitelli vi intervenne con alcuni lavori e migliorie.
Il centro storico è di una bellezza da togliere il fiato.
Innanzitutto piazza del Plebiscito, collocata nel cuore della città, realizzata alla fine del XV secolo. È conosciuta anche come piazza del Papa, per via della statua di papa Clemente XII benedicente (cardinale Lorenzo Corsini, 1652–1740). Venne eretta per volere del senato anconetano, in segno di gratitudine per la concessione alla città del porto franco nel 1732 e dell’ampliamento del porto con il nuovo lazzaretto, opera di cui era stato incaricato Vanvitelli, sempre per volere di Corsini.
Piazza del Plebiscito, Ancona.
Piazza del Plebiscito, di forma rettangolare, molto allungata, è distribuita su vari livelli raggiungibili attraverso due rampe e scalinate. Su di essa si affacciano il palazzo del Governo e la chiesa di San Domenico. Due belle fontane completano lo sguardo d’insieme: la fonte dei Decapitati del XV secolo e la successiva fontana di Piazza, detta anche fontana Emiciclica, del XIX secolo.
Anche ad Ancona vi sono fusioni architettoniche di diversi periodi storici, a cominciare dal sontuoso arco di Traiano, eretto nel I secolo d.C. e dal suggestivo anfiteatro romano. Gli amanti dello stile romanico saranno colpiti dalla chiesa di Santa Maria della Piazza, a sua volta costruita su una chiesa paleocristiana del IV secolo i cui mosaici originali sono visibili grazie a una parte del pavimento in vetro.
Il gotico fiorito veneziano si può ammirare nella bella facciata della chiesa di San Francesco alle Scale, così come nell’imponente e splendida loggia dei Mercanti, forse il più importante edificio non religioso che rappresenti questo stile.
Il Rinascimento è evocato dalla suggestiva fontana del Calamo o delle Tredici Cannelle, costruita su una fontana di epoca greca. La sua denominazione sembra derivare dalla parola latina càlamus, canna
, probabilmente per indicare un ambiente paludoso o con canneti.
All’interno del porto si può ammirare la Mole Vanvitelliana, splendida isola artificiale a pianta pentagonale.
Da non perdere sono la Pinacoteca comunale con opere di Carlo Crivelli, Tiziano, Lorenzo Lotto e Guercino; il Museo archeologico nazionale delle Marche, che documenta la preistoria e la protostoria del territorio marchigiano; e l’incredibile Museo tattile Omero, unico in Italia e uno dei pochi al mondo a permettere anche ai non vedenti di avvicinarsi all’arte consentendo loro di toccare calchi in gesso e a grandezza naturale di sculture famose, modellini di celebri monumenti, reperti archeologici e sculture di artisti contemporanei. (Eh, quella famosa vocazione all’accoglienza…)
Volete fare una capatina in spiaggia? Niente di più facile.
Ancona vanta numerosi lidi, sia di costa alta che di costa bassa. Fra i primi vi segnalo la spiaggia del Passetto, dai grandi scogli bianchi, fra i quali vorrete certamente provare la Seggiola del Papa e lo scoglio del Quadrato.
Gli amanti delle rocce potranno dirigersi verso sud, dove troveranno quelle di Mezzavalle e Portonovo. L’incredibile paesaggio marchigiano consente la vicinanza di boschi e spiagge, fino alla maestosità del Conero. Una bellezza come poche se ne trovano al mondo. Partendo dal porto e camminando verso nord troveremo la costa bassa, con la spiaggia sabbiosa di Palombina.
Di sicuro fascino, per gli amanti di paesaggi portuali, la nuova darsena turistica, con numerosi pontili, in cui ormeggiano circa 1200 barche.
E, se siamo fra porto e mare, e c’è venuto un certo languore, che c’è di meglio di una sosta ristoratrice?
I piatti più rinomati sono lo stoccafisso all’anconetana e il brodetto, di cui potrete gustare una delle infinite varietà regionali. Sono tanti gli appuntamenti di cultura e spettacolo che rendono Ancona una meta speciale, a partire dai mercatini settimanali fino agli eventi internazionali.
Voglio segnalare la fiera di San Ciriaco, rutilante fiera-mercato che per alcuni giorni di maggio colora le strade della città, e il festival internazionale Adriatico Mediterraneo, splendido contenitore di eventi che ormai estende i suoi appuntamenti su tutta la regione. Il festival, da primavera fino all’inizio d’autunno, ospita spettacoli, mostre e conferenze che coinvolgono artisti e operatori culturali provenienti dai Paesi del bacino dell’Adriatico e del Mediterraneo.
A ulteriore conferma, se mai ve ne fosse bisogno, della capacità di confronto e accoglienza di questa definizione di femminile, plurale
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5. Pesaro e il fiume delle foglie
Pesaro, Pesaro, città di mille fior
Pesaro, Pesaro, non ti potrò scordar
Sei nata la più bella in riva al mare
Vicino a te ognun…
…P oi non la ricordo più. Non so se ascoltai questa canzone (un