La profumata cucina aquilana
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Anteprima del libro
La profumata cucina aquilana - Neda Accili Salutari
Neda Accili Salutari
La profumata cucina aquilana
Prima edizione
Novembre 2023
ISBN 9791280099327
© ANNULLI EDITORI
Redazione e amministrazione
via Via Vittorio Veneto, 150
Sede operativa
Via Via Vittorio Veneto 93/95
01025 Grotte di Castro (VT)
Tel. 0763 796528
annullieditori.it - ordini@annullieditori.it
In copertina: ferratella aquilana che riproduce il rosone della basilica di Collemaggio dell’Aquila
Versione digitale realizzata da Streetlib srl
Alla mia splendida famiglia e in particolare
ai miei meravigliosi nipoti, dal più grande, Alessandro,
al più piccolo Marco, passando per Camilla,
Giordano e Giulia, tutti raffinati gourmet,
perché ricordino sempre che nelle nostre radici
c’è la nostra identità.
PREFAZIONE
Sulla scia di Stella Donati con Le grandi ricette della cucina italiana, di Carlo Natali La cucina nelle regioni d’Italia, di Sandro Visca L’arte del far cucina, di Nice Lucrezi La cucina casereccia aquilana, ecco arrivare sul nostro tavolo una nuova e brillante pubblicazione, fresca di stampa, della dinamica collega Neda Accili Salutari: La profumata cucina aquilana.
Il lavoro, dopo quello recente sullo zafferano (Lo zafferano Origine, coltivazione, usi culinari – Leggende – rimedi – ricette – sagre, Annulli Editori, 2020) è frutto di ricerche, ricordi ed esperienze culinarie varie, oltre alle tante ricette che attirano la curiosità e prendono il lettore… per la gola.
Si parte dal pane e la silloge della poetessa Clara Di Stefano, davvero stupenda al riguardo, ci consente di censurare quel 18% dei giovani studenti lombardi che, alla domanda: «Con che cosa si fa il pane?» hanno risposto: «Con la polvere di marmo».
L’autrice racconta come la cucina sia inserita tra la storia e la geografia. E qui, oltre a raccontare chi siamo, riscopre le nostre radici con cenni storici ricordando che l’Aquila fu in passato «Città dell’industria della seta, dello zafferano, del merletto e della Pace», con Celestino V.
Il saggio della Accili, inoltre, nasce dalla volontà di ritrovare i sapori della cucina aquilana attraverso i prodotti del territorio: le farine di grano Solina e Cappelli, le ricette dei vari piatti con la Panarda aquilana e le sue ventiquattro portate, i vini e l’olio.
E con l’Abruzzo, terra di centenari insieme alla Sardegna, e le massime di personaggi importanti come Ippocrate e Pablo Neruda.
In definitiva il cibo come cultura e desiderio di identità, per dirla con Foer.
Per concludere, questa pubblicazione, particolare e originale, arricchisce la letteratura enogastronomica della nostra regione abruzzese e ci ricorda quanto ebbe a scrivere il compianto, ma sempre vivo, Mario Lolli nella sua famosa Aggenda (con due gg) aquilana 99: «Dimenticare il proprio passato, significa tagliarsi le radici e rendersi aridi e privi di linfa vitale».
Dante Capaldi
Giornalista e scrittore
INTRODUZIONE
«Chi ti farà il pane?» domandò sgomenta la nonna a Ignazio Silone quando andò a visitarla per dirle che era deciso all’espatrio; «non è questa la difficoltà» rispose, «pane se ne trova ovunque»; «ti ho chiesto chi te lo farà» ella ribatté e Silone: «non so, come faccio a saperlo? Lo pagherò quello che costa». «Povero figlio mio», esclamò allora la nonna con indicibile compassione, «mangerai pane comprato». Indicibile compassione per quel nipote che non aveva chi gli preparasse Il pane, lo accudisse insomma, come da sempre ogni donna abruzzese aveva fatto per i propri uomini.
~ Amedeo Esposito
A sera
mia madre
lavorò a lungo
lievito e farina
segnò l’impasto
per tre volte
- in nome di Dioripeteva
a fior di labbra
venne la notte
e il Signore
mandò
l’angelo degli umili
… e la madia traboccò
di grazia e pane.
~ Clara di Stefano
La cucina tra storia e geografia
L’Abruzzo, pur con la sua posizione geografica e strategica — trovandosi a cavallo tra il nord e il sud d’Italia — non ha saputo ancora affermare la propria identità regionale. Forse perché in passato ha subito innumerevoli condizionamenti, sia psicologici che ideologici, derivati dall’essere stata per secoli terra di conquista. Ancora oggi accade che prodotti della terra e della pastorizia vengano commercializzati con marchi di origine di regioni limitrofe, negando all’Abruzzo quell’identità produttiva e commerciale a cui avrebbe diritto. Eppure la regione può vantare un ricco patrimonio di tradizioni e di costumi, di storia, di arte e di natura incontaminata. E se questo vale per l’Abruzzo, in generale è ancor più vero per quanto riguarda l’entroterra montano, un vero e proprio scrigno di tradizioni e saperi, che racchiude la memoria delle generazioni passate. Che fare allora per rimediare a questo scippo etnico e culturale?
Basterà un nuovo amore per le origini a dare un senso al ripensamento del ruolo sociale di questa terra? Chi ha interesse a salvare quanto di autentico è giunto fino a noi — le tradizioni più care legate alle nostre radici — dovrà adoperarsi in tal senso. Siamo in tanti a pensare che la valorizzazione di un territorio possa passare anche attraverso la cucina, riscoprendo le usanze gastronomiche del passato e rivalutando i prodotti locali, con ritorni considerevoli sul piano economico e turistico.
Salvare dunque la buona cucina, risollevare a nuovi fastigi la tavola secondo i dettami di un tempo, riassaporare nel palato, senza fretta e senza leggerezza, cibi e vini di prelibata freschezza e di genuino splendore, apparecchiare con gusto squisito (perché anche l’occhio vuole la sua parte) vuol dire rimettersi sulla giusta via per salvare veramente la civiltà.
Così scriveva nel secolo scorso il poeta aquilano Giuseppe Porto, nella prefazione al libro Le ricette della nonna – cucina