CREDO SIA STATO dopo aver assaggiato lo Sherry della quarantesima o forse cinquantesima, se non addirittura sessantesima botte che mi sono fermato a pensare: «Santo cielo, è veramente tanto, ma tanto Sherry». Mi trovavo a Jerez, in Spagna, con Antonio Flores, enologo esperto e master blender di González Byass, uno dei grandi nomi dello Sherry. Insieme a noi c’erano la figlia (nonché enologa) Silvia Flores e Pedro Rebuelta, vicepresidente di quinta generazione dell’azienda. Ci trovavamo tra le imponenti pile di botti in una delle numerose, vaste e silenziose cantine della bodega. Ricordo quando Flores ha immerso la sua venencia – in sostanza un lungo bastone all’estremità del quale è fissata una piccola tazza cilindrica, flessibile da maneggiare – nella botte successiva. Dopo averla estratta, in un solo gesto, mi ha versato un altro assaggio nel bicchiere, senza sprecare nemmeno una goccia. «Che ne pensi?», mi ha chiesto.
Quello che ho effettivamente pensato è stato: «Caspita, mancano veramente altre 40 botti prima di concludere la nostra degustazione?». Ma del vino in sé ho pensato che fosse fantastico: sapido, salato, complesso, uno Sherry fino magistrale.
«Buonissimo. Sublime!». Flores ha assaggiato, poi ha annuito, dandomi ragione. «Questo qui, sicuramente!», ho detto. Nel frattempo, Silvia Flores prendeva appunti nel