Viti parallele
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Info su questo ebook
Hanno scelto di raccontarcela, per usare le parole di Marchetti, in modo “eretico”: in modo cioè fruibile anche dai non addetti ai lavori, con una visione più poetica, abbastanza da farne narrativa.
In Viti parallele le competenze del sommelier, i suoi sensi affinati, si mixano alla visione filosofica che sempre accompagna il gesto del bere un buon bicchiere di vino: la convivialità, l’amico di una vita, una terrazza da cui la vista si perde. Abbinamenti questi non contemplati nei manuali tecnici insieme a cibi e pietanze, ma affatto secondari rispetto alla scoperta e al godimento del vino. Il prodotto che ogni “bravo vignaiolo” cura in ogni fase, partendo dai filari fino ad arrivare dentro al nostro calice.
“Faccio uno dei lavori più belli del mondo, me lo sono cucito sulla pelle: il personal sommelier.
Racconto e faccio conoscere vini e vignaioli poco conosciuti o conosciutissimi. Li porto a casa delle persone e condivido con loro un’esperienza. Apro bottiglie vecchie e antiche, ma anche di pronta beva. Nella mia borsa ci sono vini specialissimi in poche bottiglie o vini importanti di etichette blasonate. Ogni serata condivide un pezzo di strada, un incontro.“
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Anteprima del libro
Viti parallele - Lele Rozza
2021 © BLONK EDITORE
progetto grafico
Claudio Beretta
Roberta Cesani
impaginazione
Angela Gorla
ISBN: 978-88-97604-79-2
www.blonk.it
Simone Marchetti
con Lele Rozza
VITI PARALLELE
con prefazione
di Alessandro Torcoli
e
con postfazione
di Roberto Pace
Dedicato a Ezio Affini
Prefazione
di Alessandro Torcoli
Un amico comune, di classici ricordi, mi chiede la prefazione a un libro che non conosco di un autore che non conosco. Sul vino, che conosco bene. È la mia vita da oltre la metà della vita. Un tema, per questa lunga consuetudine, di cui sono molto geloso, ma non nel senso iniziatico, della bevanda riservata alle logge incapucciate dei taste-vin al collo. Ne sono geloso come di un amico d’infanzia, amatissimo, del quale potete dire tutto, tranne che le cazzate. Quelle mi irritano. Ecco perché mi sono avvicinato con sospetto alla proposta di una degustazione eretica
, che mi ha fatto pensare all’ennesimo tentativo di creare una chiesa, in quanto tale dogmatica, di cui il piccolo mondo del vino è pieno. Era lecito il mio sospetto: l’eresia d’altronde finisce spesso per fondare nuove credenze. Mi accingo a introdurre questo nuovo libro, dunque, dopo aver appurato che non è così. Ho letto infine il termine eresia
quale desiderio di allontanarsi dai dogmi senza proporne di nuovi, per sostituire la narrazione monolitica con il mosaico magnifico del vagabondaggio. Una delle idee di fondo del libro che vi accingete a leggere è che c’è posto per tutti nell’ampio perimetro del buon bere. L’autore riporta una statistica delle sue conclusioni sensoriali: ha trovato l’85% dei vini apprezzabili o rari, riconoscendo come trascurabile solo il 15%. Ma saggiamente anche a questi poco interessanti prodotti della fatica umana, egli lascia giustamente diverse prove d’appello, perché nell’assaggio del vino il momento (nostro e della bottiglia) è una variabile impietosa. Che significa questo, che tutti i vini sono buoni? Certamente no, ma ciò che passa tra il primo approccio al vignaiolo e le riflessioni finali è qualcosa di simile a una cometa, una scia di sensazioni (estetiche e razionali) che si chiudono in un’evidenza ormai svanita, per questo a rischio di mistificazione. Questo, quando si assaggiano vini d’autore con l’atteggiamento del viaggiatore. Altro è il bere semplice, puramente edonistico. Che non è il senso della degustazione eretica, che definirei anche erratica.
Introduzione
Beoni lustrissimi, e voi Impestati pregiatissimi (poiché a voi non ad altri dedico i miei scritti) Alcibiade nel dialogo di Platone intitolato il Simposio, lodando Socrate, suo precettore e, senza contrasto, principe de’ filosofi, dice tra l’altro ch’egli era simile ai sileni. Per sileni s’intendeva una volta certe scatolette, quali vediamo ora nelle botteghe degli speziali, dipinte di figure allegre e frivole come arpie, satiri, ochette imbrigliate, lepri colle corna, anitre col basto, caproni volanti, cervi aggiogati ed altrettali immagini deformate a capriccio per eccitare il riso, quale fu Sileno, maestro del buon Bacco.
Ma quelle scatole dentro contenevano droghe fini come balsamo, ambra grigia, cinnamomo, muschio, zibetto, gemme ed altre sostanze preziose.
Così dunque di Socrate, diceva Alcibiade. Vedendolo fisicamente e giudicandolo dall’aspetto esteriore, non gli avreste dato un fico secco tanto brutto il corpo e ridicolo appariva il portamento, col suo naso a punta, lo sguardo di toro, la faccia da matto, semplice ne’ modi, rozzo nel vestire, povero, disgraziato a mogli, inetto a tutti gli uffici della repubblica; sempre ridente, sempre quanto e più d’ogni altro bevente, sempre burlante e sempre dissimulante il suo divino sapere. Ma schiudendo quella scatola quale celeste e inapprezzabile droga dentro!
Francois Rabelais Gargantua e Pantagruel
Da quando Mario Soldati scriveva Vino al vino
di acqua sotto i ponti ne è passata tanta ma, da un certo punto di vista, siamo ancora a discutere di quello: vince il vino genuino
o il vino stabile? Noi proviamo a cercare una terza via, perché pensiamo che il vino, che continua a lavorare finché non viene degustato, meriti di avere una storia ben scritta.
E chi continua, imperterrito, a fare vino come vuole lui, in barba alle regole del mercato e alle convenienze, merita di avere una sua parte in commedia, senza far finta però che debba essere l’unico protagonista, perché in questa storia, per una volta, non ci sono i buoni e i cattivi.
La commedia che raccontiamo è ricca, intensa, divertente. La commedia dell’uomo che insieme a Bacco trova nella coltivazione della vite, nel mosto e nella sua maturazione, il luogo del senso comune. Lo spazio per ricostruire la comunità che si perde e si ritrova, costantemente, di fronte a un bicchiere.
Abbiamo scelto le viti migliori e le storie più gustose, alla caccia di quei vinificatori testardi, tignosi e poetici che traggono dalla natura e dai luoghi spersi la magia del buon bere. Ma abbiamo cercato di capire anche chi con il vino ci ha fatto un’industria, e, si badi bene, un’industria che vende ottimi prodotti, senza rubare un centesimo a nessuno. E allora proviamo a raccontare questa storia: ci troveremo sensazioni e volti; ci troveremo tannini, botti, cantine e biografie, anche ai margini. Troveremo tradizioni e innovazioni sempre con un unico obiettivo: il vino. Il nettare divino che ha accompagnato l’uomo dalla notte dei tempi e che come è chiaro offre la possibilità di incontrarsi e di rendere gli incontri particolarmente magici.
Il viaggio
La nave corre ora da sé, compagni!
Non turbi il rombo del remeggio i canti
delle Sirene. Ormai le udremo. Il canto
placidi udite, il braccio su lo scalmo.
E la corrente tacita e soave
più sempre avanti sospingea la nave.
Omero Odissea
La vite nasce come viaggiatrice, già dal tempo dei romani tante influenze vinicole hanno fatto scorribande in Europa. Nel Medio Evo poi, furono gli uomini di chiesa, i clerici vagantes a portare nelle corti e nei villaggi i tralci.
Il vino viaggia da sempre, le viti sono state insediate su vari suoli per vedere dove dessero il meglio per la loro resa, un percorso che si è sviluppato nel corso dei secoli.
E la caratteristica magia del vino è che in ogni area, a seconda delle diversità di clima e suolo, il vino si esprime in modo diverso. Lo stesso vitigno esplode in sapori e profumi completamente altri grazie all’insolazione, al terreno, all’esposizione al salmastro. E quindi l’unico modo per entrare in contatto con tutte le diversità che mi offre il vitigno è viaggiare; spostarmi, raggiungere i luoghi, i profumi, i terreni.
Devo viaggiare, o fisicamente o comprando cose diverse in un’enoteca che mi permette un percorso sensoriale senza fare strada. E senza viaggio si perdono incontri sorprendenti e gioielli di produzione.
È difficile conoscere il vino stando fermi, anche culturalmente perché per cogliere le sfaccettature di questo magico prodotto bisogna muoversi, guardare, annusare.
Ci vuole sempre un Virgilio
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere di me
, gridai a lui,
qual che tu sii, od ombra od omo certo!"
Rispuosemi: "Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patria ambedui.
Dante Alighieri La divina commedia - Inferno
Ognuno di noi ha almeno un talento particolarmente sviluppato. Per anni ho cercato di individuare il mio: in ambiti sportivi prima, lavorativi poi. Sotto il profilo artistico invece sono sempre stato carente. Per quanto mi sforzassi, trovavo sempre un buon motivo per andare a cercare altrove. Poi finalmente un giorno ho capito. Il mio talento particolarmente sviluppato è la sensibilità. Ma non una sensibilità comune o generica, si tratta di una speciale sensibilità che mi ha sempre guidato nella gestione degli affetti. Fin dall’inizio il mio talento mi ha permesso di circondarmi di persone buone, capaci, divertenti e mediamente distratte, tutte qualità che sapientemente mixate danno origine a personaggi che generalmente sorprendono in positivo. E forse in questo viaggio capiremo anche che cosa li accomuna al sottoscritto.
E quindi di questi picari, che insieme a me hanno solcato pianure e colline alla ricerca del vino, racconterò. Racconterò di uomini e donne, di amici e conoscenti. Racconterò di come l’esperienza con il vino è esperienza intensa ma soprattutto di comunità.
Raccontare il vino e chi lo produce è un modo per raccontare comunità viva che si costruisce, si fonda. Comunità che manutiene la terra, che sostiene tradizioni, che propugna valori.
E raccontare il vino fatto bene è senza dubbio più facile che produrlo. E io, che artista non sono, sfrutto il lavoro di chi lo è.
Raccontare le persone che stanno dietro alla bottiglia è la cosa che mi piace fare.
Ho cominciato quasi per gioco con il corso da sommelier. La formazione vera l’ha fatta la cantina. Solo visitando innumerevoli cantine e confrontandomi con i vinai si può crescere: il confronto con chi fa quel lavoro da generazioni è il viatico per queste storie.
Faccio uno dei lavori più belli