Homebrewer Per Caso
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Anteprima del libro
Homebrewer Per Caso - Antonio Di Gilio
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Premessa
13 Novembre 2011
Non tutti nascono con la passione per la birra e sicuramente pochi credono che si possa fare questa bevanda in casa, in pochi metri quadrati, in cucina o in garage con una pentola e un fornello e poco altro, se non la passione, la fantasia e la creatività; ancora oggi le parole malto, luppolo, spezia, lievito, mash, alta e bassa fermentazione o gli acronimi quali ibu, ebc, etc. fanno parte di un vocabolario sconosciuto ai più.
Tutti abbiamo bevuto la nostra prima birra insieme ad una pizza ai tempi della scuola e scoperto che è buona, diversa dal vino: una bevanda di pochi gradi alcolici, frizzante, leggera, semplice da bere, fredda e dissetante, comunicativa e giovane senza sapere che ha una storia alle spalle.
A nessuno di noi, tuttavia, è sorto nemmeno lontanamente il dubbio che ciò che stavamo bevendo, benché si chiamasse birra, in realtà birra proprio non era: arriva un giorno che qualcuno, uno qualunque, ti faccia assaggiare una vera birra e ti parli di malto d’orzo, di luppolo, l’altrimenti sconosciuto fiore usato per l’amaro e per l’aroma e mai sentito nominare prima.
Ecco che nasce la curiosità: come è possibile che questa birra abbia una sua struttura, una sua anima, dei sentori al naso e in bocca tanto persistenti e caratterizzanti da far volare la fantasia alla ricerca di sensazioni inimagginabili prima di quel sorso magico ?
Allora ti accorgi che le birre presenti sugli scaffali dei supermercati o quelle servite alla spina nelle pizzerie o nei ristoranti erano solo l’anticamera di un prodotto meraviglioso, antico quanto l’uomo, un avventura che inizia quasi 8.000 anni fa; ma soprattutto scopri quanto ci sia da scoprire di questo nuovo mondo
, pieno di storia, cultura e tradizioni mai raccontate.
In Italia, dal 26 ottobre 1995 con il Decreto n. 504 è finalmente possibile produrre legalmente in casa la propria birra a nostra immagine e somiglianza, senza incorrere in sanzioni o essere additato come il cultore o l’appartenente a una setta massonica.
L’unica condizione da rispettare per non incorrere in guai con la legge è : "la birra prodotta da un privato e consumata dallo stesso produttore, dai suoi familiari e ospiti, non formi oggetto di alcuna attività di vendita."
Poca la documentazione esistente allora e tutta in lingua anglosassone: faranno scuola e tracceranno il percorso gli homebrewer inglesi e quelli americani, dall’autocostruzione delle attrezzature necessarie per avere un impiantino casalingo, ottimizzato di volta in volta per rendere sempre più facile il processo di birrificazione, all’elaborazione di ricette trovate in rete, collaudate da homebrewer esperti, sino ad arrivare alla creazione di proprie creature da esibire con orgoglio in famiglia e agli amici increduli.
In questo racconto che vi guiderà passo passo verso la costruzione della vostra attrezzatura secondo le esigenze e le tasche di ognuno, arriveremo alla fine ad avere qualcosa di veramente nostro, attraverso cui produrre le nostre birre senza difficoltà e comunque con la fatica ricompensata dalla gioia del prodotto imbottigliato ed etichettato, nel quale ognuno di noi potrà esprimere liberamente la propria fantasia, creatività e passione senza confini.
Voglio ringraziare tutti i birrai e gli amici homebrewers per avere aderito all’iniziativa di creare una raccolta di ricette di qualità da mettere a disposizione di tutti gli appassionati.
Un particolare ringraziamento all’amico Marco Gianino birraio dell’ Yblon di Ragusa che ha realizzato la grafica della copertina, su una foto di proprietà dell’autore e all’amico Francesco Cico
Pizzimenti per il supporto e l’aiuto nel completare l’idea grafica.
La scoperta della Birra
Mai e poi mai avrei pensato di riuscire ad arrivare un giorno a creare ricette per produrmi una birra casalinga che nascesse dalla mia inventiva, creatività e voglia di cimentarmi nel ruolo di Mago Merlino casalingo del XXI secolo.
Ricordo che le prime birre bevute non avevano un nome, solo un colore e una frizzantezza che mi facevano sorridere.
Arrivò il momento di assaggiare le Paulaner, tra tutte la Salvator una doppelbock in stile teutonico che ancora oggi apprezzo, se alla spina, per le sue note di caramello lievemente tostate aromi fruttati, poco luppolata, dal tono alcolico più elevato delle normali birre, per quanto oltremodo beverina.
Ricordo nomi che oggi guardo con occhio torvo: Nastro Azzurro, Peroni, Carlsberg, Moretti, Tuborg e chi più ne ha più ne metta. Di sicuro la Peroni Gran Riserva merita un posticino particolare, perché anche se commerciale, una nota di merito gliela riservo: la trovo nel suo complesso una birra gradevole e buona da bere.
La crescita passa per birre come la Pilsner Urquell, la Chimay, alcune birre d’abbazia che comparivano fra gli scaffali di qualche supermercato inconsapevole della mercanzia che andava ad esporre.
Piano piano crebbe la curiosità, la ricerca di birre diverse da assaggiare, di birre che svegliassero quel quid dentro di me, mi dessero un input, un incipit tale da dire : ma perché non me la faccio io la birra come la voglio e la sento io ?
.
Non era ancora arrivato il momento, sempre nella vita tutto accade nei momenti meno previsti e soprattutto non nel modo desiderato.
Durante un viaggio a Londra conobbi il mondo dei pub londinesi: che atmosfera decadente e vittoriana, dall’arredamento al cibo, ai publican che si muovevano con eleganza tra le pompe per spillare dai cask nascosti sotto il banco bitter ed ale davvero favolose.
Lo sprovveduto bevitore italiano, che arrivava da un mondo nel quale la bevanda tipica è il prosecco e la birra è qualcosa di poco elegante, riservato a coloro i quali non capiscono nulla, guardando tali movimenti restava a bocca aperta e osservava con rispetto la bevanda nel bicchiere.
Annusandola, le percezioni olfattive erano nuove, quelle gustative inaspettate e quasi incredibilmente piacevoli : era scoccata la scintilla, mi piaceva quella birra nuova artigianale fatta con ingredienti veri nelle microbirrerie del Regno Unito.
Iniziai a leggere, a cercare di capire, ad avere informazioni utili per comprendere questo mondo dei pub inglesi e delle birre che si potevano trovare.
La rete, internet, pur se in lingua inglese, mi permise di approfondire la questione ed iniziare ad avere un quadro e un panorama fino ad allora mai osservato.
Le Ale inglesi, le Scotch Ale, le Bitter, le IPA, le Stout e le Porter divennero nomi di birra familiari sulla carta: almeno quando leggevo le etichette sulle spine sapevo cosa ne sarebbe sgorgato.
E in Italia ? Non avevo la più pallida idea se esistesse o meno un’attività artigianale, se venissero prodotte birre non commerciali: mi stavo domandando dove erano, se mai si potesse assaggiarle e se in definitiva esse fossero alla portata dei comuni mortali.
Come potevo immaginare che dal 1996 esisteva Baladin e Teo Musso, il birrificio Beba e Lambrate con le loro produzioni artigianali?
Queste birre forse avevano una diffusione locale per pochi intimi ed erano commercializzate prevalentemente in loco per avventori e i pionieri di un movimento che sarebbe esploso pienamente dal 2005 in poi. La parola beershop era qualcosa che esisteva solo nel vocabolario inglese.
Io credo che la prima birra artigianale
assaggiata sia stata quella bevuta presso la birreria Pedavena, un approccio nuovo per una birra diversa dalle altre bevuta dove veniva prodotta e lì per la prima volta iniziai a prendere confidenza con il sistema ed i meccanismi di produzione di questa bevanda antica più del vino.
Nelle zone a me prossime, la prima produzione artigianale di birra è stata probabilmente della Gastaldia
di Pieve di Soligo di Antonio Zanolin, che iniziò l’attività nel 2005 dopo mille tentennamenti e ripensamenti: la prima birra prodotta fu la Gast, una pils a bassa fermentazione molto diversa da quella attuale e venduta solo nel locale brewpub.
Nel 2006 aprì il "32 Via dei Birrai" forse il microbirrificio più conosciuto in Italia e all’estero per la presenza di Fabiano Toffoli, mastro birraio di origine belga che trovò in Italia a Onigo di Pederobba la sua collocazione e consacrazione.
La prima birra di Fabiano è stata l’Audace, una birra forte in stile belga, speziata doppio malto, venduta a Segusino (Tv) nel giugno del 2006. Il nome sta a indicare quanto difficile sia il percorso della birra artigianale allora come oggi, ma si sa la fortuna aiuta l’ Audace
!
E siamo ancora lontani dal sapere e capire che è possibile fare la birra in casa, ancora non conosco i "Soci dea Bira" di Cavaso del Tomba (Tv) dell’amico Paolo De Martin, per un periodo birraio a Villa Pola, che per primi produssero e fecero assaggiare le loro produzioni casalinghe, iniziando da precursori quel percorso che ad oggi molti aspiranti birrai sognano e agognano ma che pochi realizzano.
Sogno invece pienamente realizzato dall’amico Pierluigi Chiosi, homebrewer e socio della Brasseria Veneta, di cui sono presidente, e oggi birraio affermato con le sue produzioni al Piccolo Birrificio Clandestino di Livorno.
Non è facile scrivere una storia di anni in poche righe, ma fiumi di birra sono passati e ancora ne scorreranno prima di arrivare alla birra artigianale, questa sconosciuta, non pienamente apprezzata e attualmente fenomeno commerciale rilevante che per fortuna non lascia perdere del tutto la qualità: come dice Kuaska, il mitico Lorenzo Dabove, i birrifici artigianali crescono al ritmo di Telethon ma forse solo una parte di questi riesce davvero a produrre "eccellenza" per elevare la birra artigianale prodotta in Italia al ruolo che le compete nel panorama mondiale.
La convinzione è che, questo mondo delle birre artigianali, sia ancora in piena evoluzione e non sappia ancora dove davvero stia andando.
Ci sono sicuramente birrai preparati che da anni offrono birre di qualità con impronta tipicamente italiana sia nello stile che negli ingredienti utilizzati, che cercano di offrire qualità elevate perché la birra artigianale abbia una sua vera dimensione e realtà.
Purtroppo, come in tutti i settori dove si intuisce la possibilità di guadagno cavalcando l’onda del momento, la sensazione è che spesso si possano incontrare prodotti etichettati come artigianali ma che di artigianale hanno per ora solo il prezzo.
Homebrewer per caso
Nel periodo invernale, durante le feste di Natale, con la famiglia andavo a trascorrere qualche giorno in montagna nel Trentino, a San Martino di Castrozza.
Il posto è bello pieno di vita e comodo perché si poteva raggiungere tranquillamente con la corriera di linea che all’andata e al ritorno ci portava fino a