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La fabbrica fantasma
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E-book132 pagine1 ora

La fabbrica fantasma

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Che male c’è a comprare una borsa o un bel paio di scarpe in uno dei tanti mercati a cielo aperto che affollano le nostre città? Il prezzo è conveniente, e la copia di firme importanti della moda assomiglia incredibilmente all’originale. Eppure la fregatura è lì, sotto i nostri occhi, e riguarda la qualità del prodotto stesso, il danno economico che subiscono gli artigiani e le imprese, lo sfruttamento che c’è dietro alla contraffazione e i guadagni su cui speculano le mafie di mezzo mondo. Sì, comprare un prodotto contraffatto è un’azione con conseguenze pesanti anche se spesso non ce ne rendiamo conto. 
Questo secondo quaderno dell’Associazione “A mano disarmata”, organizzatrice del “Forum dell’informazione contro le mafie”, racconta con dovizia di particolari, sia dal punto di vista investigativo che legale, che cos’è la contraffazione, quali sono i prodotti e i canali di vendita preferiti dalle mafie, com’è cambiato nel tempo questo mercato grazie alle nuove tecnologie. La fabbrica fantasma  è un viaggio nel mondo della contraffazione, che racconta - anche con l’ausilio di immagini  tratte da azioni sul campo della Guardia di Finanza - il sistema messo in piedi dalle associazioni malavitose e il grande lavoro che ogni giorno fanno le forze di polizia per contrastare questo fenomeno e sensibilizzare i consumatori. 


Paolo Butturini, nato a Milano, è giornalista professionista. Ha scritto per quotidiani (Il Gazzettino, Paese Sera, Il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport), periodici (Onda Tv, Epoca, Sport Magazine) e riviste (Bianco e nero e altre). Si è occupato di cronaca nera e giudiziaria, spettacolo, sport e politica. Alla storia professionale ha affiancato l’impegno sindacale ricoprendo il ruolo di Segretario dell’Associazione Stampa Romana e quello di Vicesegretario della Federazione Nazionale della Stampa. Nel 2019 ha esordito come narratore con Ho ballato di tutto (Gruppo Albatros Il Filo). Insieme a un gruppo di professionisti ha fondato l’Associazione A mano disarmata (Forum Internazionale e multimediale dell’informazione contro le mafie).

Giuseppe Cesaro (Sestri Levante, 12 marzo 1961) ha cominciato a scrivere professionalmente alla fine degli anni ‘80. Giornalista, scrittore, curatore, editor e ghostwriter, si occupa di musica, politica, società, mobilità, narrativa, saggistica. Ha pubblicato articoli, racconti, romanzi brevi, graphic novel e collaborato alla realizzazione di romanzi, mémoire, saggi, biografie e sceneggiature per alcuni tra i più importanti editori nazionali (Bompiani, Mondadori, Skira, La Nave di Teseo). Dal 1998 è Consulente artistico e ai testi di Claudio Baglioni. Lo scorso anno ha pubblicato Indifesa (La Nave di Teseo) il primo romanzo che porta la sua firma.
LinguaItaliano
Data di uscita8 dic 2020
ISBN9788899706906
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    La fabbrica fantasma - Paolo Butturini

    Paolo Butturini e Giuseppe Cesaro

    Presentazione di Mimmo Calopresti

    La fabbrica fantasma

    Viaggio nel mondo della contraffazione

    © Lastarìa Edizioni srls, 2020

    Tutti i diritti riservati

    Lastarìa Edizioni

    Viale Libia 167 - 00199 Roma

    info@lastaria.it

    www.lastaria.it

    Con il sostegno di:

    I Edizione: dicembre 2020

    Isbn: 978-88-99706-88-3

    Finito di stampare nel mese di dicembre 2020

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri

    La fabbrica fantasma

    Viaggio nel mondo

    della contraffazione

    A Emilia, Marta e Tommaso,

    sempre in cerca di verità.

    NOTA DEGLI AUTORI

    PERCHÉ LA FABBRICA FANTASMA

    C’è una fabbrica che lavora a ciclo continuo, ventiquattro ore su ventiquattro, ma nessuno è mai riuscito a individuarla: è lo stabilimento dove si producono le merci copiate, imitate, ricalcate, insomma contraffatte.

    Abbiamo scelto di chiamare La fabbrica fantasma questo secondo quaderno dell’Associazione A mano disarmata perché ci è sembrato che desse l’idea di uno stabilimento senza mura, di un commercio senza trasporti, di una vendita senza negozi e perché era il titolo di un documentario che realizzò per noi Mimmo Calopresti nel 2016.

    Quello che spesso si ignora e si sottovaluta è che dietro a questa frenetica attività invisibile ma molto concreta, tanto che sforna milioni di oggetti di tutti i tipi ogni giorno, c’è ancora una volta la mano delle mafie.

    La grande criminalità commissiona, dopo aver sondato il mercato; importa cioè si incarica di far passare le merci da porti e aeroporti; distribuisce al dettaglio spesso sfruttando immigrati. Una vera e propria filiera illegale che, soltanto in Italia, vale 10 miliardi di euro ogni anno e causa la perdita di quasi 90mila posti di lavoro.

    Ma questo quaderno, che pure ospita interviste e interventi di grandi esperti, resta fedele al suo modo di narrare, anche at traverso racconti. Non è un saggio, non è un’inchiesta, non è un instant-book, forse è un po’ di tutto questo in pillole. Vuole prendervi per mano e portarvi in un viaggio attraverso luoghi oscuri che sono, senza che ce ne accorgiamo, proprio accanto a noi. Un cammino alla scoperta di un traffico del quale, a volte consapevoli altre no, siamo spesso complici.

    Questo quaderno è stato realizzato con la collaborazione di:

    Erzsebet Szabo, Noemi Pataki e Susanna Bucci.

    Ringraziamo l’Ufficio Stampa del Comando Generale della Guardia di Finanza e il Centro Studi Anticontraffazione, Dipartimento del Centro Studi Grande Milano.

    PRESENTAZIONE

    LA BELLEZZA DEL VERO

    di Mimmo Calopresti¹

    Realizzare un documentario è sempre stato, per me, una forma di conoscenza, un mezzo per accrescere la consapevolezza della realtà. Percorrere nuove vie, scoprire altri mondi, incontrare persone diverse, imbattersi, a volte con sorpresa, in situazioni che distrattamente avevi osservato da lontano e che, avvicinate, cambiano profilo, odore, colore. Non sempre in positivo.

    La contraffazione è uno di quei temi che, pur sfiorandoci tutti i giorni, non percepiamo mai fino in fondo. Fu per questa ragione che, quando realizzammo il progetto La fabbrica fantasma, partii da un oggetto comune, la bambola di mia figlia. Volevo che le persone, gli spettatori, avvertissero la materialità e allo stesso tempo la pseudo innocenza che il falso assume nella nostra quotidianità. Credo abbia funzionato se è vero che ancora oggi, a distanza di cinque anni, ricevo inviti dalle scuole, dalle associazioni sul territorio, dai cineclub per organizzare dibattiti sul tema.

    Confesso che quell’esperienza ha avuto un riflesso anche sulla mia vita: da allora non ho mai più acquistato un prodotto che non fosse legale e certificato. Anche perché spesso, e questo è uno dei temi sommersi della contraffazione, è un danno per la salute: i coloranti che irritano la pelle, il materiale delle scarpe che danneggia i piedi, le solette che provocano dolori articolari. E tutto questo per alimentare un mercato controllato dalla grande criminalità.

    E poi c’è un tema che mi è caro: la bellezza. Quella delle opere d’arte, ma anche quella che puoi incontrare in una persona, che puoi vedere riverberata da un oggetto realizzato con amore, con perizia artigiana. In fondo è una scelta culturale: meglio ridurre il volume degli acquisti, selezionare, riflettere e magari godersi poi un manufatto unico.

    Ma non basta, quel documentario fu un viaggio con mille rivoli che avrebbero meritato di essere approfonditi. Penso all’informazione. Allora la trattammo, insieme ai giornalisti con cui lavorai, affrontando con largo anticipo la situazione di censura e monopolio nell’Ungheria di Viktor Orbán. Lì ci sembrò plateale come era stato cancellato il confine che separa le notizie dalla propaganda, l’uso strumentale di news totalmente inventate o gonfiate a dismisura per incutere terrore nei cittadini. Un caso su tutti: quello dei migranti. Mentre si costruivano muri e ghetti in cui rinchiudere quelli che fuggivano da guerre e carestie, si chiudevano gli occhi sulle merci contraffatte che varcavano i confini orientali seguendo, guarda caso, proprio le stesse rotte del traffico di droga, armi ed esseri umani. Girammo con telecamere nascoste immagini in un mercato, gestito da organizzazioni cinesi (l’unica etnia che poteva emigrare in Ungheria nel periodo comunista), in cui la merce contraffatta si vende senza alcun controllo delle autorità. Due pesi e due misure determinati dalle leggi del mercato, sia esso legale o illegale.

    Vi chiederete quale differenza ci sia fra cinema di fiction e documentario. Io credo nessuna, lo scarto è costituito dalla coscienza di chi sta dietro la macchina da presa. Si può cercare la verità in mille modi. Pensate al Neorealismo, a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Le macerie del dopoguerra, la fame, la disoccupazione; problemi reali eppure raccontati attraverso una messa in scena, alla base c’era la sceneggiatura di Cesare Zavattini e Suso Cecchi D’Amico. Le crisi sono un momento di chiarificazione, a patto che lo sguardo vada in profondità, che non si fermi alla superficie delle cose. È quello che ho cercato di fare nel mio ultimo film Aspromonte – la terra degli ultimi. Il tono è quello della favola, ma il sottofondo è quello dei bisogni primari dell’individuo e della collettività: la sanità, la scuola, una vita migliore.

    In questo momento storico c’è un bisogno assoluto di verità, dobbiamo uscire vincenti e migliori da un cumulo di macerie economiche, culturali, morali. Così come nel dopoguerra il Paese ritrovò la propria identità nello sforzo di ricostruire non soltanto le case, gli ospedali, le fabbriche, ma anche un’umanità diversa, più solidale.

    Un ruolo fondamentale, allora come oggi, spetta all’informazione e alla cultura. Non a caso lego le due cose. Le fake-news non sono soltanto un falso racconto, non avvelenano esclusivamente i pozzi della politica, distorcono in profondità la nostra percezione del mondo. Quando Trump o Bolsonaro negano la pandemia non si tratta semplicemente di propaganda, che pur sarebbe grave, è una maniera di oscurare la realtà, di togliere alle persone gli strumenti per comprendere e decidere. È un’opera di radicale sottrazione di verità, tanto più grave se si pensa che a che fare con la vita e con la morte. La sottrazione del futuro è il furto peggiore che l’umanità possa subire.

    La fabbrica fantasma si chiudeva con la celebre frase di Dostoevskij: La bellezza salverà il mondo, spesso mi chiedo se ci credo ancora oggi. La risposta è sì, a patto che si ridefiniscano i canoni. Subito dopo aver girato Aspromonte sono stato a San Francisco. Sceso dall’aereo sono voluto andare subito sul Golden Gate. Potete immaginare luoghi più diversi fra Africo, paesino di qualche migliaio di abitanti, e quell’agglomerato urbano in cui si muovono milioni di persone? Ecco, la bellezza è scegliere dove la vita conserva una dimensione sia individuale che collettiva, dove la natura non è un fondale, ma partecipa dell’essenza delle cose. In Aspromonte ho visto ragazzi felici, con tutte le difficoltà che incontrano quotidianamente, di crescere nel luogo in cui sono nati. Questa è la bellezza della realtà che sconfigge la contraffazione.

    11 Domenico Calopresti detto Mimmo è un regista, sceneggiatore e attore. Inizia la sua carriera, come documentarista, all’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico di Torino. Nel 2016 ha realizzato in collaborazione con l’Associazione A mano disarmata il documentario sulla contraffazione La fabbrica fantasma. Nel 2019 è uscito nelle sale

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