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Magia Angelica: Sapienza Angelica
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E-book314 pagine6 ore

Magia Angelica: Sapienza Angelica

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Info su questo ebook

Durante la sua vita, Swedenborg esplorò i regni del cielo e dell'inferno e discusse con gli Angeli circa la natura della vita e della morte
“Gli Angeli appartengono tutti al genere umano, quindi non sono stati creati prima dell'uomo e nemmeno sono di una natura diversa, ma piuttosto si tratta di uomini in uno stato di perfezione. Ogni uomo è destinato a diventare angelo dopo la morte, se ha condotto la sua vita nel bene e nella verità. La condizione dell'uomo nella vita dopo la morte non è una condizione di esseri eterei e svolazzanti ma è una condizione simile a quella di questa vita. Gli Angeli vivono in carne e ossa ma tutto è più perfetto ed è soggetto a condizioni fisiche differenti!
Esistono Angeli del Primo Cielo, o Angeli Naturali, Angeli del Secondo Cielo, cioè angeli Spirituali, e Angeli del Terzo Cielo, cioè Angeli Celesti; questi ultimi sono più perfetti nell'Amore e nella Sapienza di Dio.
Gli Angeli Celesti sono enormemente più sapienti degli Angeli Spirituali che a loro volta sono enormemente più sapienti degli angeli     Naturali.
“Bisogna sapere che è l'angelo stesso a determinare la sua appartenenza a un Cielo o all'altro. Infatti essi abitano le regioni più interne del Cielo quanto più sono aperti nei confronti del Signore. Il Cielo quindi non è fuori, ma dentro ognuno di loro”
 
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2021
ISBN9788869376047
Magia Angelica: Sapienza Angelica

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    Magia Angelica - Emanuel Swedenborg

    DELL'UOMO

    DI DIO

    CHE L’AMORE SIA LA VITA DELL’UOMO.

    1. L’uomo sa che l’amore esiste, ma egli non sa che cosa sia l’amore; che l’amore esista, egli lo sa dal parlare comune; dacché, per esempio, si dice: Un tale mi ama; il re ama i suoi sudditi, e i sudditi amano il re; il marito ama sua moglie, e la madre i suoi figli, e reciprocamente; come pure: Un tale o tal’altro ama la patria, i concittadini, il prossimo; similmente parlando delle cose, fatta astra­zione dalla persona, per esempio: egli ama questa o quella cosa. Ma quantunque l’amore sia tanto universale nel linguaggio, pur tuttavia appena qualcuno sa che cosa è l’amore. Quando l’uomo medita sull'amore, siccome egli non se ne può formare alcuna idea di pensiero, dice o che è nulla, o che è solamente qualche cosa che influisce dalla vista, dall’udito, dal tatto e dalla conversazione, e così commuove; egli ignora assolutamente che esso è la sua vita stessa, non sola­mente la vita comune di tutto il suo corpo, e la vita comune di tutt’i suoi pensieri, ma eziandio la vita di tutte le singole cose del corpo e dei pensieri: questo il savio lo può percepire quando si dice: Se tu rimuovi l’affezione che pertiene all’amore, puoi tu pensare qual­che cosa e fare qualche cosa? il pensiero, la parola e l'azione non si raffreddano forse secondochè si raffredda l’affezione che è dell’amore? e non si riscaldano secondochè si riscalda questa affezione? Ma il savio lo percepisce non dalla conoscenza che l’amore è la vita dell'uomo, ma dall'esperienza che questo avviene cosi.

    2. Nessuno sa che cosa è la vita dell’uomo, a meno che non sap­pia che cosa è l’amore; se non si sa questo, uno può credere che la vita dell’uomo sia solamente sentire e agire; un altro che sia pen­sare; allorché tuttavia il pensiero è il primo effetto della vita, e la sensazione e l’affezione sono il secondo effetto della vita. Si dice che il pensiero è il primo effetto della vita, ma havvi un pensiero inte­riore ed un pensiero più interiore, ed ancora un pensiero esteriore ed un altro più esteriore; il pensiero intimo, che è la percezione dei fini, è in attualità il primo effetto della vita; ma di ciò in seguito, quando si tratterà dei gradi della vita.

    3. Dal calore del sole nel mondo si può avere una qualche idea che l'amore è la vita dell’uomo; che questo calore sia come la vita comune di tutte le vegetazioni della terra, è noto; essendoché in virtù di esso, quando comincia ad elevarsi, il che avviene nella stagione di primavera, i vegetali d’ogni genere sorgono dalla terra, si ornano di foglie, poi di fiori, e finalmente di frutti, e cosi quasi vivono; ma quando il calore si ritira, il che avviene nelle stagioni d’autunno e d’inverno, essi si spogliano di questi segni di lor vita, ed appassi­scono. La medesima cosa è dell’amore appo l’uomo, stanteehè l’amore e il calore si corrispondono mutuamente; per la qual cosa eziandio l’amore scalda.

    CHE DIO SOLO, COSÌ IL SIGNORE, SIA. L'AMORE STESSO, PERCHÉ EGLI È’ LA VITA STESSA; E CHE GLI ANGELI E GLI UOMINI SIANO I RECIPIENTI DELLA VITA.

    4. Questo soggetto sarà illustrato con molte spiegazioni nel Trat­tato Sulla Divina Providenza, e sulla Vita; qui vuolsi dire so­lamente che il Signore, che è il Dio dell’Universo, è Increato ed In­finito, ma che l’uomo e l’angelo sono creati e finiti; e poiché il Signore è Increato ed Infinito, Egli è l’Essere stesso, che chiamasi Jehovah, ed è la Vita stessa o la Vita in sé: nessuno può esser creato immediatamente dall’Increato, dall’Infinito, dall’Essere stesso, e dalla Vita stessa; perché il Divino è uno e non divisibile, ma bisogna che ognuno lo sia da cose create e finite, formate in modo che il Divino possa essere in esse: poiché gli uomini e gli angeli sono tali, essi sono recipienti della vita: perciò se un uomo si lascia sedurre dal pensiero, al punto di credere che egli non è un recipiente della vita, ma che è la vita, egli non può essere distolto dal pensiero che è Dio. Se l’uomo sente come se fosse la vita, e se quindi crede che egli è la vita, è dietro una illusione; imperocché nella causa strumen­tale la causa principale non si percepisce altrimenti che come una stessa cosa con essa. Che il Signore sia la Vita in sé, lo insegna Egli medesimo in Giovanni: —« Come il Padre ha la Vita in Se stesso, così Egli ha dato anche al Figlio d'avere la Vita in Se stesso ». —V. 26; — insegna inoltre che Egli è la Vita stessa — Gio: XI. 25. XIV. 6. — Ora poiché l’Amore e la Vita sono una stessa cosa, come è evidente da quel che si è detto più sopra, — n. 1,2, — ne segue che essendo il Signore la Vita stessa, Egli è l’Amore stesso.

    5. Ma affinché questo cada nell'intelletto, è affatto indispensabile di sapere che il Signore, essendo l’Amore nella sua stessa essenza, vale a dire il Divino Amore, Egli apparisce dinanzi agli Angeli nel Cielo come Sole, e che da quel Sole emanano un Calore ed una Luce; che il Calore che ne procede è nella sua essenza l’amore; che la Luce che ne deriva è nella sua essenza la sapienza; e che per quanto gli Angeli sono recipienti di quel calore e di quella luce spirituali, tanto sono amori e sapienze, non amori e sapienze da se stessi, ma dal Signore. Quel calore e quella luce spirituali non solamente influiscono appo gli Angeli e li affettano, ma anche presso gli uomini e li affet­tano, assolutamente secondo che divengono recipienti; ed essi diven­gono recipienti secondo il loro amore verso il Signore e verso il prossimo. Quel medesimo Sole, o il Divino Amore, non può per il suo calore e la sua luce creare alcuno immediatamente da se, impe­rocché così questi sarebbe l’Amore nella sua essenza, che è il Signore medesimo; ma lo può creare di sostanze e di materie formate in guisa che possono ricevere il calore stesso e la luce stessa, per compara­zione, come il Sole del mondo non può per il calore e la luce pro­durre immediatamente le germinazioni nella terra, ma le produce die­tro le materie dell’humus, nelle quali esso può essere mediante il calore e la luce, e dare la vegetazione. Che il Divino Amore del Signore apparisca come Sole nel Mondo spirituale, e che da quel Sole procedano un calore ed una luce spirituali, in virtù di cui gli Angeli hanno l’Amore e la Sapienza, si vede nel Trattato Del Cielo e del­l’Inferno, n. 116 a 140.

    6. Poiché dunque l’uomo non è la vita, ma è un recipiente della vita, ne segue che la concezione dell’uomo dal padre non è la conce­zione della vita, ma è solamente la concezione della prima e più pura forma che può ricevere la vita, alla qual forma, come ad uno stame o ad un principio, si aggregano successivamente nell’utero le sostanze e le materie adattate in forma nel loro ordine e grado alla ricezione della vita.

    IL DIVINO NON È NELLO SPAZIO.

    7. Che il Divino o Dio non sia nello spazio, sebbene sia onni­presente, e presso ogni uomo nel mondo, e presso ogni Angelo nel Cielo, e presso ogni spirito sotto il Cielo, non può esser compreso con l’idea meramente naturale, ma lo può essere con l’idea spirituale: se ciò non può esser compreso con l’idea naturale, è perché in essa vi è lo spazio; stantechè essa è formata dalle cose che sono nel mondo, e lo spazio è in tutte e nelle singole cose che si vedono cogli occhi; qui tutto quel che è grande e piccolo appartiene allo spazio; tutto quel che è lungo, largo e alto appartiene allo spazio; in una parola ogni misura, figura e forma appartiene allo spazio; perciò si è detto che con l’idea meramente naturale non si può comprendere che il Divino non sia nello spazio, quando si dice che è dappertutto. Ciò nondimeno l'uomo lo può comprendere col pensiero naturale, pur­ché egli ammetta in esso qualche cosa della luce spirituale; perciò vuolsi dire prima qualche cosa sull’idea spirituale, e quindi sul pensiero spirituale. L’idea spirituale non trae nulla dallo spazio, ma essa trae il suo tutto dallo stato; lo stato si dice dell’amore, della vita, della sapienza, delle affezioni, dei gaudi che ne provengono, in generale del bene e del vero; l’idea veramente spirituale intorno a queste cose non ha nulla di comune collo spazio; essa è superiore, e riguarda le idee di spazio sotto di sé come il cielo riguarda la terra. Ma poiché gli Angeli e gli spiriti veggono cogli occhi egualmente come gli uo­mini nel mondo, e gli oggetti non si possono vedere che nello spazio, perciò nel Mondo spirituale, dove sono gli spiriti e gli angeli, appa­riscono spazi simili agli spazi sulla terra, ma tuttavia non sono spazi; sono apparenze, essendoché non sono né fissi né determinati come sulla terra; infatti si possono allungare o raccorciare, si possono mu­tare e variare; e poiché cosi non possono essere determinati colla mi­sura, non si possono ivi comprendere con alcuna idea naturale, ma solamente si possono comprendere con l’idea spirituale, la quale sulle distanze dello spazio non è altro che come sulle distanze del bene e del vero, che sono affinità e simiglianze secondo i loro stati.

    8. Da questo si può vedere che l’uomo dall’idea meramente natu­rale non può comprendere che il Divino sia dappertutto, e tuttavia non sia nello spazio; e che gli angeli e gli spiriti lo comprendono chiara­mente; che per conseguenza anche l’uomo lo può comprendere, purché nel suo pensiero egli ammetta qualche cosa della luce spirituale; se l’uomo lo può comprendere, si è perché non è il suo corpo che pensa, ma è il suo spirito, cosi non il suo naturale, ma il suo spi­rituale.

    9. Che se tuttavia molti non lo comprendono, egli è perché amano il naturale, e perciò non vogliono elevare nella luce spirituale, sopra il naturale, i pensieri del loro intelletto, e coloro che non vogliono non possono pensare che dietro lo spazio, anche intorno a Dio; e pensare intorno a Dio dietro lo spazio, si è pensarvi dietro l’esteso della natura. Questo vuolsi premettere, perché senza la scienza e senza qualche percezione che il Divino non è nello spazio, non si può com­prendere nulla della Vita Divina, che è l’Amore e la Sapienza, di cui qui si tratta; e quindi se ne capirebbe poco, se pur si capirebbe qualche cosa, circa la Divina Provvidenza, Onnipresenza, Onniscienza, Onnipotenza, Infinità ed Eternità, di cui si deve trattare in serie.

    10. Si è detto che nel Mondo spirituale appariscono degli spazi come nel Mondo naturale, per conseguenza anche delle distanze, ma che esse sono apparenze secondo le affinità spirituali che pertengono all’amore e alla sapienza, o al bene e al vero: indi è che il Signore, sebbene sia nei Cieli presso gli Angeli ovunque, apparisce tuttavia in alto sopra di essi come Sole: e poiché la ricezione dell’Amore e della Sapienza forma l’affinità con Esso, perciò i Cieli ove gli Angeli sono dietro la ricezione in una affinità più vicina, appariscono più presso di Esso, che quelli dove gli Angeli sono in un’affinità più remota: donde proviene anche che i Cieli, che sono tre, sono fra loro distinti; parimente le Società di ciascun Cielo; e che gl’inferni sotto i Cieli sono lontani secondo il rigetto dell’amore e della sapienza.

    La mede­sima cosa è degli uomini, nei quali e presso i quali il Signore è pre­sente sopra tutta la terra; e ciò unicamente per la ragione che il Signore non è nello spazio.

    CHE DIO SIA L’UOMO STESSO.

    11. In tutti i Cieli non vi è altra idea di Dio che l’idea d’un Uomo; questo proviene da che il Cielo nel tutto e nella parte è nella forma come un Uomo, e da che il Divino, che è presso gli Angeli, costi­tuisce il Cielo; ora il pensiero si estende secondo la forma del Cielo; perciò è impossibile agli Angeli di pensare altrimenti di Dio: indi è che nel mondo tutti coloro che sono congiunti col Cielo pensano si­milmente di Dio, quando pensano interiormente in sé o del loro spi­rito. Da questo che Dio è Uomo, tutti gli Angeli e tutti gli spiriti sono uomini in una forma perfetta; questo lo fa la forma del cielo, la quale nelle massime e nelle minime cose è simile a se medesima. Che il Cielo nel tutto e nella parte sia nella forma come un Uomo, si vede nel Trattato Del Cielo e dell’Inferno, n. 59 a 87; e che i pensieri si estendano secondo la forma del cielo, n. 203, 204. Che gli uomini siano stati creati ad immagine o somiglianza di Dio, è noto dalla Genesi, — I. 26, 27 — donde è noto anche che Dio è stato visto come Uomo da Abraham e da altri. Gli antichi, dai savi ai semplici, non pensarono di Dio altrimenti che come di un Uomo, e finalmente quando presero ad adorare più Dei, come in Atene ed in Roma, essi li adorarono tutti come uomini. Questo può essere il­lustrato per il seguente passo estratto da un Opuscolo pubblicato ul­timamente. — « Le nazioni, principalmente gli Africani, che ricono­scono e adorano un solo Dio Creatore dell’Universo, hanno di Dio l’idea d’un Uomo; essi dicono che nessuno può avere di Dio un’altra idea: quando odono dire che molti si formano di Dio un’idea come d’una piccola nuvola in uno spazio (in medio), essi domandano dove sono costoro; e quando loro si dice che sono fra i Cristiani, essi ne­gano che ciò sia possibile; ma loro si risponde che una tale idea essi l’hanno da che Dio nella Parola si chiama Spirito, ed essi non pen­sano altrimenti d’uno spirito che come d’una nuvoletta, ignorando che ogni spirito ed ogni angelo è uomo: ciò non pertanto è stato esami­nato se la loro idea spirituale è simile alla loro idea naturale, ed è stato scoperto che non è simile presso coloro che riconoscono inte­riormente il Signore per l’Iddio del cielo e della terra. Io ho udito un prete fra i Cristiani, che diceva che nessuno può avere un’idea del Divino Umano; e l’ho visto trasportato presso diverse nazioni, suc­cessivamente più e più interiori, e quindi ai Cieli di esse, e finalmente al Cielo cristiano, ed ovunque gli fu data comunicazione della loro percezione interiore intorno a Dio, ed egli notò che essi non avevano altra idea di Dio che l’idea d’un Uomo, che è la stessa che l’idea di Divino Umano.

    12. Nel Cristianesimo l’idea volgare di Dio è come d’un Uomo, perché Dio si chiama Persona nella Dottrina Atanasiana della Tri­nità: ma coloro che si credono più savi del popolo dichiarano Dio invisibile; e ciò perché essi non possono comprendere né qualmente Dio, come Uomo, avrebbe potuto creare il cielo e la terra, ed em­pire l’universo di sua presenza, né capire più altre cose che non pos­sono cadere nell’intelletto, finché s’ignora che il Divino non è nello spazio. Coloro però che si rivolgono al Signore solo concepiscono il Divino Umano, per conseguenza Dio come Uomo.

    13. Quanto sia importante d’avere una giusta idea di Dio, si può vedere da questo, che l’idea di Dio costituisce l’intimo del pensiero presso tutti coloro che hanno una religione, stante che tutte le cose della religione e tutte quelle del culto riguardano Dio: e poiché Dio è uni­versalmente e singolarmente in tutte le cose della religione e del culto, perciò se non si ha una giusta idea di Dio, non vi può essere comunicazione coi Cieli: indi è che ogni nazione nel Mondo spirituale ottiene un posto secondo l’idea di Dio come uomo, essendoché in questa idea, e non in un’altra, vi è l’idea del Signore. Che lo stato della vita dell’uomo dopo la morte sia secondo l’idea di Dio affermata appo sé, si vede chiaramente dal suo opposto, dacché la negazione di Dio, — e nel Cristianesimo la negazione della Divinità del Signore, — costituisce l'inferno.

    l’essere e l’esistere in dio sono distintamente uno.

    14. Dove è l’Essere quivi e l’Esistere; l’uno non è senza l’altro, imperocché l’Essere è per l’Esistere, e non senza di esso. Il Razionale comprende ciò, quando pensa se vi può essere qualche Essere che non Esiste, e se vi può essere un Esistere se non dall’Essere; e poiché l’uno esiste con l’altro, e non senza l’altro, ne segue che sono uno, ma distintamente uno. Sono distintamente uno come l’Amore e la Sapienza; l’Amore anche è l’Essere, e la Sapienza è l’Esistere, imperocché non vi è Amore se non nella Sapienza, e non vi è Sa­pienza se non dall’Amore, laonde, quando l’Amore è nella Sapienza, allora Esiste: questi due sono talmente uno, che si possono, è vero, distinguere col pensiero, ma non in atto; e poiché si possono distin­guere col pensiero e non in atto, perciò si dice distintamente uno. L’Essere e l’Esistere in Dio Uomo sono anche distintamente uno, come l’Anima e il Corpo; non vi è anima senza il suo corpo, né corpo senza la sua anima. È la Divina Anima di Dio Uomo che s’in­tende per il Divino Essere, ed è il (Suo) Divino Corpo che s’intende per il Divino Esistere. Che l’anima possa esistere senza il corpo, e che essa possa pensare ed esser savia, è un errore che proviene da illusioni; imperocché ogni anima d’uomo è in un corpo spirituale, dopo che ha rigettato le spoglie materiali che essa portava intorno a sé nel mondo.

    15.Che l’Essere non sia l’Essere eccetto che non esista, gli è perché prima esso non è in una forma, e se non è in una forma non ha qualità; e quel che non ha qualità non è qualche cosa. Quel che esiste dall’Essere fa una stessa cosa coll’Essere, per ciò che esso viene dall’Essere; quindi proviene L’unione in uno, e quindi proviene che l’uno appartiene all’altro mutuamente e vicendevolmente, ed altresì che l’uno è in tutte le cose dell'altro come in sé.

    16.Da queste spiegazioni si può vedere che Dio è Uomo, e che per ciò Egli è Dio Esistente, Esistente non da Sé, ma in Sé: Colui che esiste in Sé è Dio da Cui procedono tutte le cose.

    IN DIO UOMO GL’INFINITI SONO DISTINTAMENTE UNO.

    17. È noto che Dio è Infinito; infatti si chiama l’Infinito; ed egli si chiama l’Infinito, perché è Infinito: Egli è Infinito non solamente per ciò che è l’Essere stesso e l’Esistere stesso in Sé, ma perché in Esso sono gl’infiniti; l’Infinito senza gl’infiniti in Esso non è Infinito che quanto al solo nome. Gl’Infiniti in Esso non si possono dire né infinitamente numerosi (multa), né infinitamente tutti, per cagion dell’idea naturale attaccata alle parole numerosi e tutti, imperocché l’idea naturale d’infinitamente numerosi è limitata, e quella d’infini­tamente tutti è bensì illimitata, ma essa deriva dalle cose limitate nell’universo: per la qual cosa l’uomo, essendo nell’idea naturale, non può per sublimazione ed approssimazione venire nella percezione de­gl’Infiniti in Dio; ma l’Angelo, essendo nell’idea spirituale, può per sublimazione ed approssimazione venire al di sopra del grado dell’uomo, non però tuttavia fino a quella percezione.

    18. Che gl’Infiniti siano in Dio, lo può comprovare appo sé chiun­que crede che Dio è Uomo: Poiché Dio è Uomo, Egli ha un corpo e tutto quel che appartiene al corpo; cosi Egli ha faccia, petto, ven­tre, lombi e piedi; che senza queste parti non sarebbe Uomo; e poiché ha queste parti, Egli ha altresì occhi, orecchie, narici, una bocca e una lingua; ed anche le parti che sono interiormente nell’uomo, come il cuore e il polmone, e quelle che ne dipendono, le quali tutte insieme fanno che l’uomo è uomo: nell’uomo creato queste parti sono molte, e, considerate nelle loro contesture, sono innume­revoli; ma in Dio Uomo esse sono infinite, nulla vi manca; indi Egli ha l’infinita perfezione. Che se si fa una comparazione dell’Uomo In­creato, che è Dio, coll’uomo creato, gli è perché Dio è Uomo, e perché Egli ha detto che l’uomo del mondo è stato creato a Sua immagine e secondo la Sua somiglianza. — Gen. I. 26, 27.

    19. Che gl’infiniti siano in Dio, è per gli Angeli ancor più evidente dai cieli in cui sono. Il Cielo intero, che consiste in miriadi di mi­riade di Angeli, nella sua forma universale è come un Uomo; parimenti ciascuna società del Cielo, tanto grande che piccola, quindi anche l’Angelo è uomo; imperciocché l’Angelo è il cielo in minima forma. Che sia cosi, si vede nel Trattato Del Cielo e dell’Inferno, n. 51 a 87. Il Cielo, nel tutto, nella parte e nell’individuo, è in una tal forma in virtù del Divino che gli Angeli ricevono, essendoché per quanto l’Angelo riceve del Divino, tanto è uomo in una forma per­fetta: indi è che si dice che gli Angeli sono in Dio, e che Dio è in essi, ed altresì che Dio è il loro tutto. Non è possibile di descrivere qual moltitudine di cose sono nel Cielo; e poiché il Divino costituisce il Cielo, e quindi quella inesprimibile moltitudine di cose procede dal Divino, è evidente che gl’Infiniti sono nell’Uomo Stesso, che è Dio.

    20. Dall’universo creato si può tirare una simile induzione, quando si considera dietro gli usi e le loro corrispondenze: ma prima che ciò possa esser compreso, bisogna che sia illustrato da alcune premesse.

    21. Poiché in Dio Uomo vi sono gl’Infiniti che, nel Cielo, nell’An­gelo e nell’uomo appariscono come in uno specchio, e poiché Dio Uomo non ò nello spazio, come si è dimostrato più sopra — n. 7, 8, 9, 10 — si può in certo modo vedere e comprendere come Dio può essere Onnipresente, Onniscente e Onniprovvedente, e come Egli ha potuto come Uomo creare tutte le cose, c può, come Uomo, te­nere le cose create da Lui eternamente nel loro ordine.

    22. Che gl’infiniti siano in Dio Uomo distintamente uno, si può ancora vedere come in uno specchio dall’uomo. Vi sono nell’uomo molte e innumerevoli parti, come si è già detto, ma ciò nondimeno l'uomo le sente come uno; per i sensi ei non sa nulla dei suoi cer­velli, del suo cuore, del suo polmone, del suo fegato, della sua milza e del suo pancreas ; e neppure nulla delle parti innumerevoli che sono negli occhi, nelle orecchie, nella lingua, nello stomaco, nelle mem­bra della generazione, ed in tutte te altre cose che lo costituiscono; a poiché per i sensi non ne sa nulla, egli è a se stesso come uno. La ragione è perché tutte le cose sono in una tal forma, che non ne può mancare neppur una; essendoché essa è una forma recipiente della vita che procede da Dio Uomo, come si è dimostrato più sopra — n. 4, 5, 6. — Dietro l’ordine e la connessione di tutte queste cose in una tal forma si presenta il senso e quindi l’idea, come se non fos­sero molti e innumerevoli, ma uno. Donde si può inferire che quelle parti molte e innumerevoli, che fanno nell’uomo come uno, sono di­stintamente anzi distintissimamente uno nell’Uomo stesso, che è Dio.

    VI È’ UN SOLO DIO UOMO DA CUI PROCEDONO TUTTE LE COSE

    23. Tutte le cose della ragione umana si riuniscono e quasi si con­centrano in questo, che vi è un solo Dio Creatore dell’universo; per la qual cosa l’uomo che è dotato di ragione non pensa e non può pen­sare altrimenti dietro il comune del suo intelletto: Dì a qualcuno che ha una sana ragione, che vi sono due Creatori dell’universo, e tu sco­prirai dalla sua parte della repugnanza contro di te, e forse dal solo suono del linguaggio nell’orecchio: donde è evidente che tutte le cose della ragione umana si riuniscono e si concentrano in questo, che vi è un solo Dio. Che sia così, proviene da due cause: la Prima è, che la stessa facoltà di pensare razionalmente, considerata in sé, non è dell’uomo, ma è di Dio appo l’uomo; da questa facoltà dipende la ra­gione umana nel comune, ed il comune fa che l’uomo vegga ciò come da sé. La Seconda è che l’uomo per questa facoltà, o è nella luce del cielo, o ne trae il comune del suo pensiero; e l’universale della luce del Cielo è che vi è un solo Dio. Altrimenti avviene se l’uomo in virtù di questa facoltà ha pervertito gl’ inferiori dell’ intelletto; que­gli per verità gode di questa facoltà, ma per la torsione degl'infe­riori la volge in un altro senso; indi la sua ragione non diviene sana.

    24. Ogni uomo, senza che lo sappia, pensa d’una raunanza d’uo­mini come d’un sol uomo; perciò anche percepisce subito quando si dice che un re è il capo, ed i sudditi sono il corpo, ed anche quando si dice che questo o quel tale è nel corpo comune, cioè nel Regno. Avviene del corpo spirituale come del corpo civile; il corpo spiri­tuale è la Chiesa, il suo capo è Dio Uomo; donde chiaro si vede come in questa percezione la Chiesa apparirebbe come uomo, se non si pen­sasse un solo Dio Creatore e Conservatore, ma invece di Un solo, più; in questa percezione essa apparirebbe come un sol corpo sopra cui vi fossero più teste, cosi non come un uomo, ma come un mo­stro. Se si dicesse che quelle teste hanno una sola essenza, c che perciò esse fanno una sola testa, non ne potrebbe risultare altra idea, se non che una testa ha più facce, o che più teste hanno una sola faccia; cosi la Chiesa in questa percezione si presenterebbe deforme; allorché tuttavia un solo Dio è il capo, e la Chiesa è il corpo, che agisce a piacimento del capo, e non da sé, come parimenti avviene nell’uomo. Indi proviene ancora che in un Regno non vi è che un sol re, imperocché più ne dilanierebbero, ma un solo può contenere.

    25. La medesima cosa sarebbe della Chiesa sparsa sopra tutta la terra, la quale si chiama Comunione, perché essa è come un sol corpo sotto una sola testa: è noto che la testa dirige a suo piacimento il corpo che è sotto di sé, imperocché nella testa risiedono l’intelletto e la volontà, e il corpo è mosso dall’intelletto e dalla volontà, a tal segno che il corpo è solamente un’obbedienza: il corpo non può far nulla se non dietro l’ intelletto e la volontà che sono nella testa; pa­rimenti l’uomo della Chiesa non può far nulla se non da Dio; pare come se il corpo agisse da sé, per esempio che le mani e i piedi, agendo, si muovano da sé, e che la bocca e la lingua, parlando, si di­menino da sé, dovechè tuttavia esse non fanno nulla da sé, ma agi­scono dietro l’affezione della volontà, e quindi dietro il pensiero dell’intelletto, che sono nella testa. Pensa ora: se sopra un sol corpo vi fossero più teste, e ciascuna testa fosse indipendente in quanto al suo intelletto od alla sua volontà, il corpo potrebbe egli forse sussistere? fra esse non vi sarebbe l’unanime, quale si ha in una sola tosta. Come è nella Chiesa, cosi è nei Cieli che si compongono di miriadi di mi­riade di Angeli ; se tutti ed ognuno di essi non riguardassero a un solo Dio, essi cadrebbero l’uno dall’altro, e il Cielo si dissolverebbe; per­ciò se l’Angelo del Cielo pensa solamente a più Dei, egli si separa subito, essendoché si getta negli ultimi confini dei Cieli, e cade.

    26. Poiché tutto il Cielo e tutte le cose del Cielo si riferiscono a un solo Dio, perciò la favella angelica è tale, che per un certo ac­cordo proveniente dall’accordo del Cielo, essa finisce in una unità; in­dizio che è impossibile agli Angeli di pensare altrimenti che un sol Dio, stante che la favella procede dal pensiero.

    27. Qual uomo, la cui ragione è sana, non deve percepire che il Divino è indivisibile, e che non vi sono più Infiniti, più Increati, più Onnipotenti, né più Dei? Se taluno, privo di ragione, dicesse che più Infiniti, più Increati, più Onnipotenti e più Dei sono possibili, purché abbiano una medesima essenza, e che cosi sono un solo Infinito, un solo Increato, un solo Onnipotente e un sol Dio; (si potrebbe rispon­dere): fossechè una medesima essenza non è una medesima cosa? e una

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