LOGOS: un tuffo nell'universo umano
Di Luigi Lago
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Anteprima del libro
LOGOS - Luigi Lago
INDICE
Dedica
Dedicato all'amico Bruno che mi ha sussurrato:
" A ti si come chii preti che gnen a predicare de quaresema:
no se capisse gnente, ma i parla cussita ben che xe un gusto scoltarli".
Sei come quei sacerdoti che vengono a predicare in quaresima:
non si capisce nulla (del contenuto), ma parlano così bene che è un piacere ascoltarli.
LOGOS
(pensiero)
di Luigi Lago
PREFAZIONE
Scoprire chi siamo, come viviamo nella complessità delle relazioni con gli altri, qual è il fine ultimo della nostra vita, è l’obiettivo principe che l’autore si pone in questa sua impegnativa ricerca. E’ un lavoro di profonda introspezione che diventa comprensibile e fruibile solo a chi ha una conoscenza sia pur superficiale del divenire della persona nella vita quotidiana.
Lo fa con un’attenta e puntuale esamina di ciò che le scienze positive gli offrono, dagli albori della conoscenza alle attuali prospettive di un sapere che, sembra, non avere limiti di conquista. La cultura scientifica lo affascina per le certezze che la fede non può offrire; e il dilemma scienza-fede, già presente nei suoi precedenti lavori, diventa il filo conduttore della sua pregevole indagine conoscitiva.
Prezioso l’apporto offerto dalle scienze positive quali la psicologia, la parapsicologia, la fisica quantistica, la teoria darwiniana sull’evoluzione, il pensiero orientale ed occidentale nella storia, la Bibbia: ciò consente di esaminare con disinvoltura e competenza l’essere umano, inscindibile unicità di spirito e corpo, nel suo divenire. Trova, così, una risposta positiva l’impellente bisogno di prendere conoscenza dei propri pensieri, stati d’animo, emozioni, sentimenti, che lo hanno accompagnato nel travagliato percorso che dall’adolescenza lo ha portato alla pensione.
Apprezzabile e perfettamente riuscito l’obiettivo di rendere fruibile a tutti la profonda indagine conoscitiva sulla complessità dell’essere umano: il linguaggio è chiaro, il pensiero scorrevole, arricchito da esemplificazioni puntuali ed efficaci.
All’autore va il nostro sincero augurio che il bisogno di scrivere finora così intelligente e produttivo possa dare un concreto beneficio al suo spirito inquieto.
prof. Giuseppe Zonta
PREMESSA
Nelle ricerche fatte per scrivere questo libro mi sono imbattuto nel racconto Il mito della caverna
di Platone.
Il filosofo narra di alcuni poveri disgraziati, incatenati fin dalla nascita e costretti, causa la testa bloccata, a guardare unicamente il fondo di una caverna. L’antro è rischiarato dalla luce di un fuoco esterno e, fra il fuoco e i prigionieri, passa una strada rialzata che genera delle ombre sulla parete. Gli incatenati vedono le ombre di chi passa e quelle degli oggetti trasportati, sentono i rumori dei loro passi, quelli dei carretti, le voci dei viandanti e i versi degli animali. Ovviamente, i disgraziati hanno attribuito i rumori e i suoni alle ombre e non hanno alcuna idea di quale sia la vera realtà esterna alla caverna.
Ora, immaginate che uno di loro riesca a liberarsi e ad uscire: la prima difficoltà sarebbe quella di guardare direttamente il fuoco. Pensate a come soffrirebbero i suoi occhi se dovesse vedere la luce del sole e magari il sole stesso. Pensate alle sensazioni che vivrebbe alla scoperta dei colori, nell’osservare la tridimensionalità, nel capire il vero significato delle ombre, ecc… Di certo si renderebbe conto che i suoi compagni hanno una visione completamente distorta della realtà e non potrebbe più accettare di tornare a vivere nella caverna.
Tuttavia, se tornasse, come sarebbe accolto? Inizialmente avrebbe difficoltà a vedere nella semioscurità e dovrebbe attendere parecchi minuti per permettere agli occhi di riabituarsi alla flebile luce di un lontano falò. Di questo i sui compagni ne riderebbero e lo schernirebbero sentendosi superiori, ma poi, se cominciasse a raccontare quello che ha visto fuori: non sarebbe creduto, anzi, sarebbe ancor più deriso. Inoltre, visto che non potrebbe più mantenere con le ombre l’atteggiamento che aveva in precedenza, il suo agire sarebbe visto dagli incatenati come strano, innaturale, illogico, sospetto, e la sua presenza verrebbe considerata pericolosa.
Il risultato che otterrebbe, spiegando la realtà esterna e cercando di aiutarli a capire, sarebbe quello di creare loro un’angosciosa paura. Ciò li rafforzerebbe ancor più nei loro errati concetti visivi e di pensiero e lui sarebbe considerato un nemico da abbattere. Tutto questo a causa di una verità che essi non conoscono e quindi, inevitabilmente, temono.
La caverna rappresenta il mondo delle apparenze, del credere quotidiano, l’abitudine a cose non ragionate, mentre l’avventurarsi fuori da essa rappresenta il cammino verso la conoscenza, verso un ignoto senza sicurezze ma promessa di libertà, verso mille incognite ma un’unica certezza: la verità. Questo cammino non può essere trasmesso ad altri; si rischia solo la derisione. Sono in tanti a preferire il buio della consuetudine piuttosto di esporsi al nuovo. Magari soffrono e si sentono incatenati, ma se manca il coraggio di spezzare le catene non si possono avventurare in un mondo che stravolge le loro abitudini.
Se io cerco di uscire dalla caverna, non avviene perché sono migliore di altri, ma perché ne sento il bisogno, perché c’è qualcosa di innato in me, perché sono costretto dalla mia stessa natura. Non ho mai tenuto nascosto il mio cammino, questo libro ne è una prova, e sono stato deriso molte volte, soprattutto da giovane. Poi, ho incontrato altri Diogene che cercavano se stessi con la lanterna in mano e… C’est la vie.
E’ il destino.
Ho letto da qualche parte, e ne sono assolutamente convinto, che dare certezze è compito degli uomini di potere (politico o religioso) per assoggettare il popolo e non farlo pensare; di contro, agli intellettuali spetta l’onere di porre domande per costringere la gente a pensare con la propria testa. E’ la maieutica
di Socrate (dal greco della levatrice
o dell’ostetrica
, sottintendendo arte o tecnica): l’arte del far nascere i pensieri, la tecnica del tirar fuori i ragionamenti dalla mente altrui.
Questo mi ha sempre rincuorato e mi ha fatto capire che il cercare con la mente non è un’inutile perdita di tempo, ma uno stile di vita che può sostenerci nei momenti di difficoltà. Possiamo prepararci all’incertezza del futuro risparmiando denaro, ma per quanto ne accumuliamo rischiamo sempre che non sia sufficiente; oppure possiamo costruirci una personalità, colta e duttile, capace di affrontare tute le sfide della vita. Stephen Hawking dice : L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento
; e se noi investiamo sulla nostra intelligenza non rischiamo svalutazioni, crolli dei mercati finanziari o sinistri ai beni immobili.
Molti anni fa un amico mi ha regalato un bellissimo libro di due cileni, Maturana e Valeda, che si intitola L’albero della conoscenza
. In esso gli autori invitano i lettori ad abbandonare le certezze dette da altri ed a sperimentare sulla propria pelle la realtà della conoscenza umana. Fra le varie cose, dimostrano scientificamente che la conoscenza genera nuova domanda di conoscenza in un circolo, che credevo virtuoso e che ora temo vizioso, senza fine. Ma di questo ne parleremo più avanti.
Scrivo questo libro per due motivi: riorganizzare le mie idee ed avere una base sulla quale creare un dibattito con chiunque ne abbia voglia.
Forse questo non è del tutto vero; non perché sia falso, ma perché non è tutta la verità. Scrivo anche per il piacere di scrivere che, in ultima analisi, potrebbe essere letto anche come mera soddisfazione dell’ego. Mi secca ammetterlo, ma è una sensazione che provo. Lo scrivere è un fare che mi dà piacere, che mi placa, che mi rasserena, che mi allontana dagli spettri di una vita che non ho mai amato. Lo scrivere mi fa sentire meglio di quanto normalmente non mi senta. Forse, mi fa sentire quello che vorrei essere. Forse trascende il blocco del Super-io e, per una volta, mi mette in pace con l’Es facendomi corrispondere al concetto di adulto capace
non solo nell’Io conscio ma in tutto me stesso. Non preoccupatevi di non capire subito questi concetti, sono il mio universo e scrivo proprio per spiegarlo.
Tornando al dibattito che vorrei creare, sarà per me un onore ed un piacere se, dopo averlo letto, me ne chiederete ulteriori copie da dare ai vostri amici o agli amici degli amici, in una catena senza fine, che sarà per me una corona d’alloro. In ogni caso sarà pubblicato, gratuitamente, in e-book.
A tal fine, chiunque potrà comunicare con me via mail all’indirizzo logos.lago @gmail.com o chiamandomi al 3498517905.
INTRODUZIONE
Fra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento c’è stato uno dei momenti di maggior sviluppo della conoscenza del genere umano. Decine e decine di invenzioni, dal motore, all’auto, all’aereo, alla radio, al cinema, all’ascensore, al pneumatico, al grammofono, alla lampadina elettrica modificarono la quotidianità della nostra vita rendendola immensamente più comoda e proficua. Tuttavia, alcune teorie sconvolsero il pensiero comune e, a distanza di oltre cento anni, non siamo ancora riusciti a capirle pienamente e ad assimilarne i risultati. Si tratta di:
- Charles Darwin che teorizza l’evoluzione delle specie incasellando l’essere umano fra gli animali; ci viene spiegato che, come tali, noi non possiamo prescindere dal sottostare a due istinti primordiali: sopravvivenza e prosecuzione della specie;
- Sigmund Freud che teorizza la psicoanalisi e ci dice che la mente è formata non solo da una parte conscia, nella quale ci riconosciamo, ma anche da una inconscia, che, attraverso gli istinti animaleschi, sembra voglia e possa dominarci;
- Max Planck che scopre il quanto e dà inizio alla fisica quantistica, un mondo subatomico fuori dal determinismo di Isaac Newton: particelle che comunicano istantaneamente, ossia ad una velocità maggiore della luce; la materia che è generata dall’energia; il cervello umano che funziona secondo principi olografici.
A tutto questo, aggiungete, che esiste un’età nella vita in cui siamo particolarmente spinti a chiedere perché?
su ogni cosa. Normalmente, questo avviene intorno a tre, quattro anni, ma per alcune persone sembra non finire mai. E’ difficile capire se si tratta di semplice curiosità, di bambinite
cronica o di sete di sapere. Nel mio caso, all’inizio, l’ho semplicemente considerata una masturbazione cerebrale
congenita, ma, nel tempo, mi sono accorto che era parte di me, del mio essere, della mia essenza. Come un bisogno corporale i pensieri e le idee si accavallavano e a volte si contraddicevano lasciandomi con sempre più domande e sempre meno certezze. Adesso, raggiunta l’età della pensione, se ne sono aggiunte altre due: Quanto mi rimarrà ancora da vivere? Se la mia vita aveva uno scopo, l’ho raggiunto oppure ho perso l’occasione?
.
La mia mente ha macinato molto, ma ha generato sempre anche molta confusione. Più e più volte ho sentito la necessità di fare chiarezza dentro di me; oggi è uno di quei momenti. E qual è il modo migliore per riordinare le proprie idee? Cercare di spiegarle ad un altro o scriverle. Ecco, quindi, il perché di questo libro: guardarmi dentro, dipanare la matassa e, anche alla luce di quanto introdotto da Darwin, Freud e Planck, rispondere alla domanda: Che scopo ha la mia vita?
.
Da dove partire
Il libro è diviso in tre parti:
PARTE PRIMA è dedicata al pensiero scientifico;
PARTE SECONDA è dedicata al mio pensiero attuale;
PARTE TERZA racconta un po’ di me e dei pensieri di gioventù.
Se non mi conoscete o volete prima sapere qualcosa di più sulle mie esperienze, su come sono cresciuto, allora è meglio partire dalla parte terza, a pagina 117, per leggere i capitoli che mi sono dedicato. Chi già mi conosce o vuole conoscere solo il mio pensiero può tranquillamente proseguire.
Potreste anche saltare la prima parte, più noiosa e difficile, ed andare direttamente a leggere quello che penso nella seconda parte, ma perdereste i concetti base su cui si fonda il mio pensiero. Insomma, non ve lo consiglio.
In ogni caso, da qualsiasi parte vogliate cominciare, buona lettura.
PARTE PRIMA
Il Logos della scienza
LA PSICANALISI
Iniziamo da Freud e da quanto ho capito della sua psicanalisi. Sappiamo che l’essere umano è fatto di corpo e di mente e che, come il corpo è composto di organi, anche la mente è composta di alcune parti che Freud chiama: ES (o inconscio), IO (o ragione) e SUPER-IO (o coscienza).
Quando dico ho capito
è perché, con diversi anni di terapia, ho vissuto la psicanalisi sulla mia pelle. Come ho poi scritto nel capitolo a fine libro, non mi sono limitato a fare il paziente, ma cercavo di fare anche lo studente che supervisionava la seduta e che cercava di impadronirsi delle tecniche del terapeuta. Probabilmente ho prolungato la terapia sull’immediato, ma la veste di osservatore che impara mi ha permesso di non doverci ritornare e di avere, ora, una buona conoscenza della psiche umana.
Permettetemi di fare un esempio raccontandovi un aneddoto successomi negli ultimi mesi.
Per le solite ragioni di curiosità e studio ho chiesto appuntamento ad un noto professionista per fare dell’ipnosi regressiva e vedere se e come avevo vissuto vite precedenti. Al primo appuntamento, alle nove del mattino, mi riceve con mezz’ora di ritardo. Lo studio è nella sua abitazione e quindi è evidente che si è alzato dopo che io sono arrivato. Infatti, la moglie gli porta una tazza di the caldo, della frutta sbucciata e delle mandorle; insomma fa colazione mentre fa anche terapia. Inizialmente mi chiede del mio lavoro e, dopo che io ho motivato la mia decisione di andare in pensione anticipatamente per poter dedicare più tempo a me stesso, mi spiega la sua scelta di fare il professionista lasciando la struttura ospedaliera, dove lavorava, rinunciando così alla possibilità di essere primario o quantomeno vice. Poi, mi chiede notizie sulla mia vita, al che, come al solito, io vado a ruota libera spiegando l’esperienza con lo psicologo e la mia passione per la psicanalisi. Gli accenno degli archetipi di Jung e lui mi interrompe dicendomi che Jung è un usurpatore perché ha rubato il concetto a Platone che l’aveva espresso con l’iperuranio (ne parleremo più avanti). Mi dice anche che lui sogna spesso di Jung, col quale ha, nottetempo, delle lunghe discussioni. Cerco di parlare ancora di me, del mio modo di pensare, di ragionare, cerco di spiegare il mio inconscio, ma mi dice che questo non ha importanza perché lo vedremo con l’ipnosi. Gli espongo le mie perplessità su un’eventuale resistenza che la mia mente potrebbe avere verso l’ipnotismo, ma mi tranquillizza dicendo che basterà una pillola. Mi dà degli esami del sangue da fare e si dilunga su quella che lui ritiene la cosa più importante: non avere fretta, non pretendere dei risultati immediati, sapere che serve tempo. Gli rispondo che ho letto, a tal proposito, le sue osservazioni e che mi sono prefissato dieci sedute; lo stima un tempo corretto.
Nel viaggio di ritorno analizzo quanto successo e capisco che come persona non lo stimo e, a pelle, lo detesto. Tuttavia, essendo lui un professionista dell’ipnosi, ritengo che l’antipatia possa essere ininfluente per le mie ricerche e decido di andare avanti con il rapporto, in attesa di giudicarlo per il suo lavoro e non per i suoi atteggiamenti.
L’incontro successivo comincia con venti minuti di ritardo. Siamo in due nella sala d’attesa quando arriva e dice: Prego, a chi tocca?
Mi fa entrare, mi chiede come sto e che novità gli porto. Gli rispondo che sto bene, che non ho novità e che non saprei cos’altro dire. C’è un attimo di silenzio, poi lui mi dice: "E’ lei che è venuto da me, è lei