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Uno, nessuno e centomila
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E-book241 pagine3 ore

Uno, nessuno e centomila

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Uno, nessuno e centomila, pubblicato come romanzo a puntate nel dicembre 1925 nella rivista La Fiera Letteraria, e in volume soltanto l’anno successivo, è frutto di una lunga gestazione, iniziata nel 1909, quando Pirandello cominciò a scrivere. Ultimo romanzo dello scrittore siciliano, tra i più famos

LinguaItaliano
Data di uscita1 mag 2020
ISBN9791037800053
Autore

Luigi Pirandello

Luigi Pirandello (1867-1936) was an Italian playwright, novelist, and poet. Born to a wealthy Sicilian family in the village of Cobh, Pirandello was raised in a household dedicated to the Garibaldian cause of Risorgimento. Educated at home as a child, he wrote his first tragedy at twelve before entering high school in Palermo, where he excelled in his studies and read the poets of nineteenth century Italy. After a tumultuous period at the University of Rome, Pirandello transferred to Bonn, where he immersed himself in the works of the German romantics. He began publishing his poems, plays, novels, and stories in earnest, appearing in some of Italy’s leading literary magazines and having his works staged in Rome. Six Characters in Search of an Author (1921), an experimental absurdist drama, was viciously opposed by an outraged audience on its opening night, but has since been recognized as an essential text of Italian modernist literature. During this time, Pirandello was struggling to care for his wife Antonietta, whose deteriorating mental health forced him to place her in an asylum by 1919. In 1924, Pirandello joined the National Fascist Party, and was soon aided by Mussolini in becoming the owner and director of the Teatro d’Arte di Roma. Although his identity as a Fascist was always tenuous, he never outright abandoned the party. Despite this, he maintained the admiration of readers and critics worldwide, and was awarded the 1934 Nobel Prize for Literature.

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    Uno, nessuno e centomila - Luigi Pirandello

    UNO, NESSUNO E CENTOMILA

    LUIGI PIRANDELLO

    ROMANZO
    Introduzione e cura di SILVIA LICCIARDELLO MILLEPIED

    RSMEDIAITALIA

    Silvia Licciardello Millepied Res Stupenda, 40 rue Jacob, 75006, Paris France

    Ebook ISBN:9791037800053

    www.rsmediaitalia.com

    Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello © 2020 Silvia Licciardello Millepied Res Stupenda, Parigi. Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche. Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    INDICE

    Introduzione

    Nota Biografica

    Bibliografia

    Libro Primo

    Libro Secondo

    Libro Terzo

    Libro Quarto

    Libro Quinto

    Libro Sesto

    Libro Settimo

    Libro Ottavo

    Colophon

    Introduzione

    di Silvia Licciardello Millepied

    Uno, nessuno e centomila, pubblicato come romanzo a puntate nel dicembre 1925 nella rivista La Fiera Letteraria, e in volume soltanto l’anno successivo, è frutto di una lunga gestazione, iniziata nel 1909, quando Pirandello cominciò a scrivere. Ultimo romanzo dello scrittore siciliano, tra i più famosi in assoluto tra le sue opere, sintesi perfetta e completa del pensiero dell’autore, il più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita come lo definiva Pirandello stesso. Come per Il fu Mattia Pascal, il tema centrale resta quello dell’identità del narratore-protagonista che, ricorrendo al monologo, indaga le varie sfaccettature della sua natura. In accordo con l’umorismo pirandelliano, l’autoanalisi introspettiva si accompagna con le tinte del grottesco, chiaro invito, spesso amaro, a riflettere sulla condizione umana. Uno, nessuno e centomila è una narrazione introspettiva condotta da una prima persona che contemporaneamente si fa narratore e protagonista dell’intera vicenda. Nonostante lo stile introspettivo, psicologico, con ritmi dettati dai pensieri del protagonista, lo stile è scorrevole e il linguaggio semplice.

    Il romanzo ruota attorno alla figura di Vitangelo Moscarda, detto Gengè, uomo ordinario, senza preoccupazioni o problemi esistenziali o economici, che conduce una vita agiata grazie all’attività di usuraio e alla banca ereditati dal padre. Tuttavia, l’equilibrio della vita agiata e rutinaria viene turbato dalla moglie che fa notare al protagonista come il suo naso penda un po’ da una parte. Questo commento, seppur banale e innocente, sconvolge la vita del protagonista che inizia così a rendersi conto di come il giudizio altrui sia importante e che gli altri possono avere un’immagine di lui diversa come egli stesso si è sempre visto. Inizia così il viaggio introspettivo di Vitangelo che modifica la sua vita e i suoi comportamenti sperando di capire chi sia in realtà. Inizia a comportarsi in maniera diversa dal solito arrivando a creare una frattura con la famiglia e anche la comunità inizia a considerarlo pazzo. La moglie lo lascia e i famigliari cercano di interdirlo per pazzia. Tuttavia, una persona gli resta vicino, Anna Rosa, amica della moglie, ma anche lei, a un certo punto, si spaventa e gli spara, senza ferirlo mortalmente. Il protagonista si ritrova così con centomila alter ego che ha creato alla ricerca del suo vero io e che adesso lo perseguitano. Vitangelo troverà conforto soltanto in un prete, pronto ad ascoltarlo e a farlo tornare in sé. Confortato, Vitangelo decide di donare tutto ai poveri e si trasferisce nell’ospizio che lui stesso aveva donato alla città. A Vitangelo non resta quindi che riflettere sulle sue azioni cercando di capire la sua vera identità: un misto di tanti frammenti diversi, centomila appunto, che insieme compongono il suo animo. Ogni frammento è una maschera che l’uomo deve indossare ogni giorno, che lo trasforma e lo rende riconoscibile agli altri. Secondo Vitangelo (e Pirandello), l’uomo deve indossare maschere diverse a seconda delle circostanze che la vita propone perché proprio queste maschere rendono l’uomo frammentato e infinito allo stesso tempo.

    La trama complicata di Uno, nessuno e centomila riflette il tema della scomposizione ad infinitum della personalità e della condizione umana, tipici dello stile pirandelliano. Il titolo stesso del romanzo fornisce una chiave di lettura che permette di comprenderlo appieno. Il protagonista passa dal considerarsi una figura unica per tutti (uno), a considerarsi un nulla (nessuno), attraverso la sperimentazione di tutte le sue personalità ed alter ego (centomila) fino a sgretolare la realtà nel vortice del relativismo. L’epilogo del romanzo pirandelliano è molto profondo, una conclusione degna per un’opera di una tale portata. Attraverso l’ultima introspezione di Vitangelo, Pirandello esprime il rifiuto totale della persona, la frantumazione dell’io, il rifiuto del nome, strumento utile solo ad imprigionare la realtà e a falsificarla come un’epigrafe funeraria. L’esatto opposto della concezione pirandelliana della vita, un divenire perenne. Alla base del pensiero pirandelliano c’è infatti la concezione che tutta la realtà è vita, intesa come un eterno divenire, un’incessante trasformazione. Tutto ciò che si stacca da questo flusso e diventa individuale comincia, secondo Pirandello, a morire. Così accade per l’uomo che si costringe in una maschera con la quale vede se stesso e comincia pian piano a morire. Un altro elemento fondamentale del romanzo è la follia. La follia è per Pirandello lo strumento con cui contestare le forme fasulle della vita sociale, la bomba che fa esplodere convenzioni e rituali per ridurli all’assurdo. Tutto il processo di mutazione, e tutto il romanzo, si sviluppano attorno alla riflessione e il pensiero a cui fanno seguito soltanto poche azioni.

    Il protagonista, Vitangelo Moscarda, è uno dei più complessi del panorama pirandelliano, fortemente incline al monologo e al dialogo retorico con il lettore a cui arriva a porre interrogativi e problemi per coinvolgerlo nella vicenda. Racconta in prima persona, mostra il proprio punto di vista e i pensieri. Moderno antieroe del romanzo novecentesco, immaturo, vanesio, inconcludente, ed estremamente vanitoso, è uno strumento fondamentale per far risaltare l’umorismo che Pirandello utilizza come artificio narrativo per raccontare, attraverso i suoi personaggi, le ridicolaggini dell’uomo contemporaneo. Il romanzo si compone di otto libri, che contengono altri sotto capitoli, ognuno con un proprio titolo. In questo modo Pirandello crea una struttura spezzettata, in accordo con lo spezzettamento delle personalità del protagonista. Anche lo stile segue la struttura del romanzo e i pensieri del protagonista, tanto da risultare frammentato, ma anche allegro e divertente, un vero e proprio flusso di pensieri e ragionamenti.

    Impregnato di tutti i temi più cari a Pirandello, umorismo, maschera, follia, disgregazione dell’identità, il romanzo Uno, nessuno e centomila si può interpretare come un esempio perfetto di romanzo umoristico. Nell’arco di poche pagine, il protagonista si scopre e si perde, passa dalla disperazione al divertimento. Persino l’atteggiamento che Vitangelo assume nei confronti degli altri protagonisti e le reazioni di quest’ultimo sono umoristiche. Il protagonista-narratore cerca in tutti i modi di far vacillare le certezze degli altri, proprio come riesce a far vacillare le sue certezze, tuttavia in molti casi ottiene soltanto incomprensione.

    Come affermò Pirandello stesso, in questo romanzo c’è la sintesi completa di quello che ho fatto e che farò. In effetti, nel romanzo sono raccolti tutti gli sviluppi della sua opera drammatica e ha assunto, nel tempo, un significato contemporaneamente conclusivo e inaugurale della sua lunga carriera letteraria.

    Silvia Licciardello Millepied

    Nota Biografica

    LUIGI PIRANDELLO nasce nel 1867 nei pressi di Girgenti, la moderna Agrigento, in una cascina in contrada Càvusu, il Caos, tenuta di campagna del padre Stefano, e della madre Caterina Ricci Gramitto, entrambi appartenenti a ricche famiglie borghesi, molto legate ai fatti del Risorgimento, perché in prima linea avevano combattuto con Garibaldi, e ancor prima avevano preso parte alla rivoluzione siciliana del 1848-49, poi stroncata dal ritorno dei Borbone, col nonno materno condannato all’esilio a Malta. Il bisnonno paterno era stato un ricco armatore e uomo d’affari genovese e Stefano, il padre, era un ricco possidente e commerciante di zolfo. La madre, nell’imminenza del parto, si era rifugiata nella tenuta di campagna per sfuggire al colera che infestava la Sicilia in quel periodo. Infatti, non a caso, Pirandello scherzando diceva di essere nato dal Caos. Girgenti, situata nella costa sud della Sicilia, era una città di periferia di tradizione latifondista, che continuava a mescolare la tradizione della Magna Grecia a l’influenza araba, e che aveva visto pochissimi anni prima, uno stravolgimento politico dato dalla spedizione dei Mille, alla quale tutta la famiglia Ricci Gramitto aveva partecipato, e che addirittura aveva creato l’occasione per l’incontro tra Stefano Pirandello, carabiniere genovese, garibaldino anch’egli, e Caterina.

    Luigi Pirandello riceve la sua prima educazione a casa da maestri privati e il giovane autore già a undici anni, rivela la sua passione e naturale propensione per la letteratura, con la composizione di una prima opera, Barbaro, che pare sia andata perduta.

    Nel 1880 la famiglia si trasferisce per motivi economici a Palermo dove il padre vorrebbe che il giovane Luigi s’iscrivesse alle scuole tecniche per proseguire poi con l’attività di famiglia, e così avviene. In questi anni il rapporto con il padre s’inasprisce, ma lo stesso, durante le vacanze del 1886, il giovane Pirandello lo segue nelle zolfare, conoscendo quel mondo delle miniere descritto da Verga e dagli autori veristi. Bisogna dire che Luigi ebbe modo di osservare questo mondo da una posizione molto privilegiata, malgrado la sua difficoltà ad interagire con i suoi genitori, e nei suoi viaggi con il padre nelle miniere non entrò mai veramente a contatto con la miseria delle condizioni dei contadini che lavoravano nelle miniere di zolfo, e neppure con i facchini delle banchine del porto mercantile. Inoltre la sua insonnia cronica lo rendeva troppo fragile per un lavoro pesante ed impegnativo, che avrebbe richiesto ben più ore di riposo notturno. Luigi quindi prosegue con gli studi umanistici iscrivendosi al ginnasio e poi all’Università di Palermo, ma non contento di un mondo rimasto fermo in una sorta di realtà risorgimentale in pieno decadimento, decide di trasferirsi alla Facoltà di lettere di Roma. Un insanabile contrasto con il rettore lo condusse poco dopo, nauseato dall’ignoranza dei docenti, a varcare le Alpi e a recarsi, nel 1889 in Germania a completare gli studi all’Università di Bonn. Qui rimase per due anni fino al 1891, ottenendo la laurea in Filologia Romanza con una tesi sul dialetto agrigentino. In questi anni in Germania, Pirandello comincia a scrivere poesie, tra cui Pasqua di Gea, scritta nel 1890.

    Nel 1892 Luigi ritorna a Roma mantenendosi grazie alle rendite della miniera di zolfo del padre, e si dedica alla letteratura iniziando a scrivere le sue prime opere: il primo romanzo L’Esclusa venne scritto infatti l’anno seguente, nel 1893. A Roma inoltre ebbe modo di conoscere Luigi Capuana, che gli aprì le porte del mondo letterario romano, presentandogli scrittori, giornalisti e artisti di successo della capitale. L’anno seguente Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio d’affari del padre; un matrimonio in parte combinato e ben voluto dalle rispettive famiglie. La moglie verrà poi descritta dall’autore come una ragazza timida, chiusa e di buona famiglia, affetta però da un grave disturbo psicologico. Il matrimonio si rivela da subito segnato, malgrado l’amore che lega i due coniugi, dal forte risentimento immotivato di Maria Antonietta per la sua carriera letteraria, a cui si aggiungono scatti di gelosia non solo in privato ma anche in pubblico. Pirandello descrisse più di una volta come la malattia della moglie fosse ormai divenuta parte della sua vita; e addirittura per alcuni biografi l’arte di Pirandello non sarebbe stata tale se non ci fosse stata di mezzo anche la pazzia della moglie, e i sentimenti d’angoscia e oppressione determinati da questo rapporto, malgrado tutti gli agi e la ricchezza. Ma anche i suoi studi, e l’influenza della nascente psicologia di Freud e Jung, sono aspetti importanti di cui dobbiamo tener presente, che ritroviamo anche in altri scrittori vissuti in quel frangente, questa volta tedeschi, primo fra tutti, Hermann Hesse, spesso consacrati alla definizione delle psicologie dei personaggi. Hesse, Nobel per la letteratura come Pirandello, ebbe un rapporto coniugale devastato dalle psicosì della prima moglie, ed ebbe modo di studiare su se stesso gli effetti della nascente psicoterapia. Pirandello interessato com’era alla cultura mitteleuropea, tanto da tradurre dal tedesco, non poteva non conoscerne profondamente la letteratura e restare sempre legato alla sua esperienza di vita a Bonn, anche dopo il rientro nella capitale.

    I primi anni della sua vita matrimoniale, sono legati alla nascita dei suoi figli: nel 1895 nasce Stefano; nel 1897 Rosalia, e nel 1899 Fausto Calogero. Grazie alle rendite della miniera di zolfo e alla dote della moglie, Pirandello si dedica alla sua carriera professionale, non solo con la pubblicazione dei primi romanzi e novelle, ma anche con la collaborazione con giornali e riviste che lo porteranno lentamente verso quel lavoro d’insegnante che decide d’intraprendere per sostenere la sua passione letteraria. Rompe completamente i rapporti col padre, quando scopre che egli ha una relazione extraconiugale, e comincia sempre di più ad occuparsi dell’insegnamento per trovare un’emancipazione dalla famiglia e dalle continue gelosie morbose della moglie, e questo alla fine si rivelerà la sua fortuna. Nel 1897 diventa dunque professore presso l’Istituto Superiore di Magistero di Roma, malgrado questa professione non fosse il suo ideale, forse anche a causa della sua insonnia cronica. Solo qualche anno dopo, nel 1903, la miniera di zolfo del padre ad Aragona si allaga, con la perdita di tutti gli investimenti effettuati, compresa la dote di Maria Antonietta. Come diretta conseguenza del disastro economico, la moglie resta afflitta da una depressione che la porterà lentamente alla paranoia e a crisi isteriche tali da rendere impossibile e penosa la convivenza. Luigi Pirandello, che si era già emancipato dalla sua famiglia d’origine, si adatta meglio a tale situazione concentrandosi ancora di più sulle sue lezioni, impartendo anche lezioni d’italiano e di tedesco e pubblicando sempre più opere, ma la moglie non si riprende più da quel colpo durissimo. Quell’anno, durante le notti passate insonni vicino alla moglie malata, scrive l’opera che lo farà diventare famoso, Il Fu Mattia Pascal. Seguiranno diverse opere teatrali e nuove collaborazioni come nel 1909 con il Corriere della Sera su cui scriverà fino al 1936.

    Gli anni seguenti vedono una condizione familiare in continuo peggioramento, situazione inversamente proporzionale al successo che invece Luigi Pirandello acquisisce sia dal punto di vista letterario, che soprattutto dal consenso di massa che gli proviene dalle rappresentazioni teatrali delle sue opere. Il vero successo per Pirandello arriva infatti con il teatro, a partire dal 1910, anno in cui l’amico Nino Martoglio, gli chiede di mandare in scena nel suo Teatro Minimo a Roma Lumie di Sicilia. Anche Angelo Musco volle cimentarsi nella produzione pirandelliana, e Luigi Pirandello fece per lui una traduzione in siciliano della stessa opera teatrale. La Grande Guerra fu una delle esperienze più dure per l’autore, provato non solo dall’imprigionamento del figlio Stefano, arruolato volontario e ferito in guerra, ma anche dalle conseguenze di quest’imprigionamento in un campo di concentramento in Boemia, sulla salute mentale della moglie Antonietta. Al punto che nel 1919 Luigi è obbligato, per la disperazione, a ricoverare la moglie in un ospedale psichiatrico, luogo in cui ella, purtroppo, rimarrà fino alla fine dei suoi giorni.

    Qualche anno dopo, nel 1921, Luigi Pirandello comincia ad avere una fama internazionale che lo porta finalmente alla tanto sospirata celebrità e Sei personaggi in cerca d’autore diventa un successo planetario che consacra la notorietà di Luigi Pirandello anche oltreoceano, con rappresentazioni in lingua

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