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Da Quarto al Volturno - Noterelle d'uno dei Mille
Vite parallele
La Morte in pantofole: racconti brevi
Serie di e-book13 titoli

i Classici / Letteratura e Storia

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Info su questa serie

La guerra è stupida è un originale romanzo di testimonianza del decennio 1935-1945 e insieme un coraggioso atto di accusa contro la guerra. Opera di una intellettuale che prova un “orrore raziocinante” per la violenza, La guerra è stupida è fin dal titolo un’asserzione polemica contro la guerra, filtrata attraverso l’esperienza autobiografica. Quest’esperienza è anche un viaggio di fuga dalla guerra e di esplorazione della memoria – da Londra a Milano, da Sestri Levante a Ventimiglia, da Rivanazzano, in provincia di Pavia, a Valbrona, vicino a Como – che offre al lettore vivissime scene di vita quotidiana in un tempo di paura e incertezze, dove tuttavia la singola presenza, essere umano, animale, oggetto, dettaglio di luce o paesaggio, si carica di presagi alimentando il mistero della vita e il suo fascino.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mar 2015
Da Quarto al Volturno - Noterelle d'uno dei Mille
Vite parallele
La Morte in pantofole: racconti brevi

Titoli di questa serie (13)

  • La Morte in pantofole: racconti brevi

    1

    La Morte in pantofole: racconti brevi
    La Morte in pantofole: racconti brevi

    Nel panorama piuttosto uniforme della narrativa italiana, per lo più oscillante tra rappresentazione del vero, voli di fantasia e sperimentazione, il nome del troppo poco conosciuto Enrico Morovich (Fiume 1906-Lavagna 1994) spicca per una sua indiscussa originalità come autore di racconti brevi giocati tra l’ironico e il macabro. Con le sue brevi prose, dove i protagonisti sono spesso oggetti animati o animali parlanti, aveva conosciuto un periodo di grande successo negli anni Trenta, quando la sua firma appariva frequentemente su numerosi quotidiani e settimanali di grande diffusione. Il massimo riconoscimento le ebbe da uno dei maggiori critici italiani, Gianfranco Contini, che nella sua antologia di racconti surreali (Italie magique, 1946 poi tradotta nel 1988) lo inserì affianco a narratori di grande successo come Bontempelli, Palazzeschi e Moravia...

  • Da Quarto al Volturno - Noterelle d'uno dei Mille

    1

    Da Quarto al Volturno - Noterelle d'uno dei Mille
    Da Quarto al Volturno - Noterelle d'uno dei Mille

    Fu Francesco Sclavo, garibaldino e poi colonnello nell'esercito regolare, a consegnare al Carducci alcune pagine delle "Noterelle". Il poeta così ne scrisse ad Abba il 5 aprile 1880: "Ho letto quasi tutte fra su 'l manoscritto e su le stampe le Note che mi paiono bellissime per l'impronta della verità freschissima che serbano nell'espressione. Del contenuto non dico, che è il meraviglioso storico. Del pensiero d'intitolare quelle Memorie a me vi ringrazio e me ne tengo onorato". All'inizio di giugno del 1880 Zanichelli pubblicò il volume col titolo Noterelle d'uno dei Mille. Il libro raccontava gli episodi accaduti tra il 3 maggio e il 21 giugno 1860; due anni più tardi apparve, ancora presso Zanichelli, la seconda edizione ampliata, questa volta con il titolo Da Quarto al Faro. Noterelle d'uno dei Mille edite dopo vent'anni, che nel tempo si estendeva sino al 20 agosto e infine nel 1891 uscì l'edizione definitiva che si concludeva il 9 novembre e aveva il titolo Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille. Ancora allo Sclavo Carducci aveva scritto il 23 novembre 1873 a proposito di Abba: "Vedere animi e ingegni tali accontentarsi del santo oblio e dell'inerzia come di rifugio, mentre tutti i mediocri e gli inetti e i vigliacchi si arrabattano gridando: 'Noi abbiamo fatto, noi facciamo, noi faremo l'Italia', è cosa che fa venire i brividi sull'infamia della generazione che ora predomina". Il miglior libro di memorialistica garibaldina. Un libro molto amato, fra gli altri, dal Carducci. Oggi ripubblicato con la prefazione del prof. Francesco De Nicola (Università di Genova)

  • Vite parallele

    1

    Vite parallele
    Vite parallele

    A segnalare l’importanza di Alberto Radicati tra gli intellettuali del primo Settecento italiano ed europeo fu Piero Gobetti che senti fortemente l’attrazione di quella ¬gura di nobile ribelle democratico e proto-comunista. Del conte di Passerano, che de¬finisce «primo illuminista della penisola», Gobetti ha tracciato, nel suo Risorgimento senza eroi, un ritratto pieno di forza e vivacità poi ripreso, precisato e approfondito da Franco Venturi. «Pouvoir un jour delivrer ma Patrie du joug cruel des Ecclésiastiques»: è stato questo il motivo di fondo di tutta la variegata opera radicatiana, maturata in circostanze esistenzialmente drammatiche nel giro di pochi anni tra 1730 e 1737. Una fondamentale bipartizione struttura il giudizio del Radicati sulle guerre storiche: da una parte i partigiani dell’umana ragione in cerca della verità e dall’altra i fautori della «professione sacerdotale», detentori di una presunta verità assoluta da imporsi anche col ricorso alla coercizione violenta delle coscienze. Di Radicati si pubblicano qui in traduzione italiana due brevi opuscoli che, atteggiati secondo il classico modello plutarcheo, ripropongono motivi centrali di un pensiero originale, interessato a una profonda riforma morale e intellettuale dell’Italia e dell’Europa intera. Radicati, che si proclama un libero pensatore cristiano, ricostruisce le vicende delle «imposture» all’origine dei monoteismi ebraici e islamici.

  • Alessandra

    1

    Alessandra
    Alessandra

    Stefano Terra è oggi uno scrittore ingiustamente dimenticato. Ingiustamente perché è stato un grande scrittore. Lo scoprii tale proprio grazie alla lettura di Alessandra, romanzo con il quale vinse il Premio Campiello nel 1974. Non era quello il suo primo romanzo ma, confesso, io ero la prima volta, nei miei allora primi 26 anni di vita, che lo sentivo nominare. Acquistai il libro perché, avevo letto sui giornali, era ambientato in Grecia, a Rodi - ed io avevo una moglie di origine greca, di un’isola, Kos, appartenente allo stesso arcipelago di Rodi, il Dodecaneso - e alla stessa storia degli ultimi secoli... Cosa affascinava in quel giovane lettore dell’amore tra due anziani, due persone lontane dall’età, dai sentimenti che poteva provare lui? Credo che lo affascinasse il sogno di avere una vita piena come la loro, un’esistenza non comune, avventurosa, romanzesca, verrebbe da dire. Solo che quella esistenza, e il romanzo che la raccontava, a leggerlo, aveva un dono in più: l’afflato di una scrittura che afferrava il lettore alle viscere per trascinarlo dritto al cuore dalla prima all’ultima pagina…

  • Con Garibaldi alle porte di Roma

    10

    Con Garibaldi alle porte di Roma
    Con Garibaldi alle porte di Roma

    Barrili ci informa che avrebbe voluto intitolare Scampagnata epica questo libro - scritto venticinque anni dopo la presa di Roma, dunque per festeggiare l'anniversario di un evento tanto atteso e sofferto; e sebbene l'idea venne poi scartata per il timore di mancare di rispetto ai tanti che in quella scampagnata avevano lasciato la vita, pure lo spiritello che l'aveva ispirata resta a informare le pagine di una narrazione che ha assai poco di militaresco e molto, piuttosto, delle «note di viaggio»: Barrili racconta infatti l'itinerario da Genova verso Roma con frequenti indugi - più da gita turistica che da marcia militare di trasferimento - su luoghi, personaggi, memorie storiche e letterarie. Barrili insomma, mentre celebra commosso la grandezza di Garibaldi anche e soprattutto nel momento della sconfitta, di fatto intende raccontare l'intensità della vita impreziosita dal rischio e da un ideale, confortata dalla vicinanza dei compagni d'avventure in camicia rossa, vivificata dalla bellezza dei luoghi dell'arte e dai paesaggi di un'Italia che è sempre più - nelle pagine e nel sentire di Barrili - una realtà geografica e culturale finalmente posseduta e apprezzata, arricchita dalle emozioni sprigionate anche da letture lontane o più vicine; e tutto è rivissuto e descritto senza enfasi, anzi con levità e ironia: con un tono talora scherzoso che pare un velo teso a sdrammatizzare l'amarezza e la passione che Barrili, un po' per scelta stilistica un po' per pudore di ligure, tiene a bada in sé e lontane dalla scrittura. Un protagonista racconta l'unica sconfitta di Garibaldi, la sfortunata battaglia di Mentana. Uno sguardo già disincantato sul Risorgimento

  • Giacomo l'immoralista: Sull'orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia

    Giacomo l'immoralista: Sull'orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia
    Giacomo l'immoralista: Sull'orlo del nulla. Leopardi e la mezza filosofia

    Sempre nominato, sovente calunniato, molto amato ma sostanzialmente poco letto e ancor meno compreso, Leopardi è una presenza imbarazzante nella storia del pensiero europeo; anzi, a dispetto dell’immensa mole della bibliografia relativa, ancora un’immensa assenza, una grande, affascinante sfida. Gli autori di questo volume si sono ripromessi - “semplicemente” - di leggere Leopardi; per il piacere dell’avventura, per amore del rischio. Questo volume costituisce una specie di «diario di bordo» del loro viaggio nell’immenso universo leopardiano; la testimonianza del tentativo di aprire un colloquio quant’è possibile onesto con quello che è stato definito «uno dei grandi saggi dell’umanità»: senza costringere nei limiti dei propri pregiudizi la sua libertà; senza provare a semplificare la sua complessità; senza cedere al desiderio di ignorare le sue contraddizioni o, peggio ancora, di scioglierle; provando a condividere il suo gusto per le domande e la sua diffidenza per le risposte. Questo, lo scopo dichiarato: lasciar parlare Leopardi «senza prestargli qualità che non ha» ovvero senza forzare quello che dice per farlo entrare in uno schema precostituito; mettersi in ascolto; umilmente, sapendo quant’è difficile ascoltare e vedere. Di qui l’ampio e sempre insufficiente spazio lasciato alla parola di Leopardi: in modo da fare di questo libro, anche, una sorta di antologia del pensiero leopardiano. L’idea era di mostrare Leopardi come si mostrerebbe un panorama, il cielo stellato, i monti e gli oceani della luna. Sforzandosi di evitare, nei limiti del possibile, la tentazione, decisamente troppo ricorrente tra gl’interpreti, di rinchiudere l’imprendibile ricchezza di Leopardi in una formula. Il titolo che gli autori hanno voluto assegnare a questo libro sembra denunciare il loro fallimento, o la difficoltà di mantener fede ai propri propositi; ma il termine di immoralista che hanno applicato a Leopardi è tale, sia per la provocatorietà sia per l’ironia, da non poter essere assimilato a etichette pretenziose come quella tradizionale di pessimista o quella, più aggiornata, di nichilista: esso serve semmai a prendere le distanze da quelle, ormai palesemente inadeguate, definizioni; e ad attirare l’attenzione su un aspetto poco noto ma molto importante del Leopardi filosofo: sul suo desiderio d’essere il nuovo, eversivo Machiavello: il duro critico della società, il moralista-immoralista che pretende di chiamare le cose col loro nome e, poiché le virtù non sono praticate, propone di abolirne i nomi; l’intransigente cultore dell’acerbo vero che, avendo scoperto che «il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene» e «l'educazione buona, o così chiamata, consiste in gran parte nell'ingannare gli allievi», vuole spezzare le tavole della morale corrente perché sono al servizio di questo inganno e della trionfante alleanza dei «vili contro i generosi». 

  • I confini dell'odio

    25

    I confini dell'odio
    I confini dell'odio

    I confini dell’odio di Diego Zandel è un romanzo provocatorio e avvincente sulla guerra interetnica nella ex Jugoslavia, che ha portato alla dissoluzione della stessa, guerra della quale ricorre il trentennale del suo inizio. Uscito originariamente nel 2002 per i tipi di Aragno, racconta una storia di violenze e di addolorata pietà. Un figlio, Bruno Lednaz, accompagna la salma del padre, che aveva chiesto di essere sepolto a Fiume, sua città natale, allora italiana, poi jugoslava, e oggi, dopo la guerra nei Balcani, croata. Da pochi mesi è stato firmato a Dayton, negli Stati Uniti, l’accordo di pace che sancisce, dopo quattro, lunghi, anni di guerra, la divisione dei territori tra croati, serbi, bosniaci e serbo-bosniaci. Ciò nonostante, ai confini, è ancora vivo l’odio innescato dalla guerra. Bruno se ne accorge quando, in attesa di un posto al cimitero per il padre, decide di accompagnare un parente in Lika, una regione della Croazia. Da quel momento comincia per lui una tragica odissea, che lo porterà a scoprire, attraverso una serie di avventure, passioni, dolori e tradimenti, gli sporchi interessi che si nascondono dietro una guerra. Diego Zandel, conoscitore dei Balcani, tra gli autori del documentario di Rai Cinema “Hotel Sarajevo” sull’assedio della città bosniaca, durato dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996, con questo romanzo ci conduce sui luoghi della guerra per ricordarci, con questa riedizione del romanzo, mentre è in corso un’altra guerra nel cuore dell’Europa, il valore della pace.

  • Il cappello del prete

    Il cappello del prete
    Il cappello del prete

    Un best-seller di fine ottocento. Nello scenario di Napoli e della sua periferia De Marchi colloca la storia di un delitto. I due protagonisti, U barone e U prevete, sono entrambi esseri abbietti: l'assassino è il barone Carlo Coriolano di Santafusca, un nobile decaduto vizioso, dissoluto e dedito alle pratiche più immorali accennate, sia pure piuttosto pudicamente, nel capitolo intitolato "L'orgia" dove, tra l’altro, si legge che l’ "onda bionda e spumosa" della Sciampagna "spruzzò i seni delle ragazze" e dove "donne sdraiate e seminude [...] fumavano le loro sigarette"; ma oltre a ciò il nobile libertino è anche un darwiniano e acceso materialista, ma anche forte del suo privilegiato ruolo sociale per ritenersi al di sopra della giustizia e delle leggi dello stato. L'assassinato invece è don Cirillo, un prete ricchissimo grazie al lotto e all'usura, pure chiacchierato perché i numeri giusti per vincere al lotto li dà alla bella moglie del cappellaio... Sono in scena, insomma, due squallidi personaggi che rappresentano il peggio della nobiltà e della chiesa, gli istinti più meschini e sfrenati.

  • Sull'oceano - e in Appendice: DAGLI APPENNINI ALLE ANDE

    Sull'oceano - e in Appendice: DAGLI APPENNINI ALLE ANDE
    Sull'oceano - e in Appendice: DAGLI APPENNINI ALLE ANDE

    Sull’Oceano, uscito nel 1889, ebbe un notevole successo raggiungendo la 25a edizione nel 1906. Il libro racconta la navigazione, intrapresa dall’autore nel 1884 su sollecitazione dell’editore Treves, a bordo del piroscafo Nord America, sulla rotta Genova-Montevideo. Insieme allo scrittore erano imbarcati 1800 emigranti, provenienti da quasi tutte le regioni italiane che si recavano in America latina nella speranza di trovarvi condizioni di vita migliori di quelle offerte dalla povera Italia di allora. Con Sull’Oceano De Amicis offre non solo una eccellente e ancor oggi coinvolgente documentazione sull’emigrazione italiana, ma un’opera narrativa tra le sue più equilibrate e mature: priva dei toni pedantemente didascalici o insistentemente patetici di tante sue opere precedenti e vivacizzata invece da un’acuta ed equilibrata sensibilità nell’osservare e ritrarre un campione di umanità in quella irripetibile sospensione della normale quotidianità rappresentata da un lungo viaggio sull’Oceano. Lo scrittore si è ormai lasciato alle spalle alle spalle l’impegno edificante e celebrativo per avviare quella fase finale della sua attività letteraria caratterizzata da una sempre più decisa denuncia dei problemi sociali. Sull’Oceano rappresenta una delle opere più riuscite del De Amicis: la nostra edizione, accanto a questo vero e proprio «romanzo sociale», propone - come una sorta di controcanto - il racconto Dagli Appennini alle Ande, uno dei più celebri fra quelli contenuti in Cuore: offrendo così modo al lettore di confrontare due momenti diversamente rappresentativi della scrittura di De Amicis e della sua sensibilità verso i problemi della sociatà italiana.

  • Dalla Sirte a casa mia

    Dalla Sirte a casa mia
    Dalla Sirte a casa mia

    Nel decennale della scomparsa di Marcello Venturi, autore del famoso romanzo Bandiera bianca a Cefalonia (1963) viene ripubblicato a cura di Francesco De Nicola il suo ormai introvabile libro d’esordio, Dalla Sirte a casa mia (1952), i cui due lunghi racconti rappresentano l’atto conclusivo e più alto della sua stagione neorealista, che si era espressa in decine di racconti pubblicati sulle terze pagine dei giornali. Su questi il giudizio di Italo Calvino scritto nel 1947 rimane tuttora uno dei più pertinenti per dichiararne le grandi qualità narrative: "Venturi è il vero scrittore partigiano, eroico e corale insieme, emotivo eppure scarno, senza pudore della propria commossa tragicità [...]. È il narratore che racconta, spesso con popolaresca ingenuità, le emozioni collettive". E doti di “ingenuità e lirismo” arricchite ancora anni dopo “dalla freschezza entusiasta del ‘45” riconoscerà in lui Elio Vittorini, che lo aveva scoperto ventenne e fatto esordire sulle pagine del suo prestigioso “Politecnico”.

  • Il segreto del Magenta

    Il segreto del Magenta
    Il segreto del Magenta

    “Da quanto tempo nella narrativa italiana non si ascoltava il silenzio del mare, rotto dallo schiocco delle vele sotto la spinta dei venti?” Questo si chiedeva Carlo della Corte, nell’ormai ormai lontano 1981, presentando negli Omnibus Mondadori Le isole della paura, romanzo d’avventura marinara, appunto, di Mino Milani. Con Il segreto del Magenta ecco lo scrittore pavese partire per il primo giro del mondo compiuto da una nave da guerra italiana, alla fine dell’Ottocento. È questo, insieme, libro di verità e di libera invenzione, quindi con eventi e personaggi reali o immaginati: ma che mai e in nessuna misura travalicano la possibile realtà, restando uomini veri in una vicenda storica.

  • La congiura del conte Gio. Luigi de' Fieschi

    La congiura del conte Gio. Luigi de' Fieschi
    La congiura del conte Gio. Luigi de' Fieschi

    La congiura del conte Gio. Luigi de' Fieschi fu pubblicata ad Anversa nel 1629 e l'anno stesso ristampata a Milano e a Venezia. L'autore non vi si proponeva solo di offrire "una autentica testimonianza delle cose passate", ma anche di dare "una compita azione con le sue parti", ossia una narrazione drammatica: quest'ultimo aspetto è la chiave della grande fortuna dell'opera, piccolo capolavoro letterario in effetti, che non ha, in un secolo tanto sospetto, niente di concettoso. Mascardi non è certo, in questo, figlio del suo tempo; è scrittore positivo, robusto ed essenziale, dal tratto ampio e sicuro, erede semmai della lingua classica del Cinquecento. Ristampa del testo originale del XVII secolo. Opera di riferimento sulla storia dei Doria e dei Fieschi. Importante prefazione e cura di Cesare De Marchi.

  • La guerra è stupida

    La guerra è stupida
    La guerra è stupida

    La guerra è stupida è un originale romanzo di testimonianza del decennio 1935-1945 e insieme un coraggioso atto di accusa contro la guerra. Opera di una intellettuale che prova un “orrore raziocinante” per la violenza, La guerra è stupida è fin dal titolo un’asserzione polemica contro la guerra, filtrata attraverso l’esperienza autobiografica. Quest’esperienza è anche un viaggio di fuga dalla guerra e di esplorazione della memoria – da Londra a Milano, da Sestri Levante a Ventimiglia, da Rivanazzano, in provincia di Pavia, a Valbrona, vicino a Como – che offre al lettore vivissime scene di vita quotidiana in un tempo di paura e incertezze, dove tuttavia la singola presenza, essere umano, animale, oggetto, dettaglio di luce o paesaggio, si carica di presagi alimentando il mistero della vita e il suo fascino.

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