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Il caso Degortes
il prossimo novilunio
Il dio del male
Serie di e-book7 titoli

Gialli

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Info su questa serie

Non ricordo d'aver letto un romanzo che prendesse così nitidamente forma davanti a me, mentre leggevo questo “Io che ho visto i delfini rosa” di Biagio Proietti. Sarà perché in questi giorni mi sto occupando di realtà aumentata, ma l'idea è proprio quella: leggi e le immagini ti compaiono davanti, immagini in movimento. Come nella scena, memorabile, della morte di un'étoile della danza. Sembra una scena al rallentatore, girata con maestria con una combinazione di movimenti di macchina. Come si realizza un dolly scrivendo? Pochissimi lo sanno. Biagio Proietti lo crea da maestro, con una leggerezza e una fluidità magistrali. Quella scena è straordinaria, lo ripeto. Vale tutto il libro. In una pagina c'è tantissima storia del cinema e tantissima letteratura, c'è Woolrich, c'è Truffaut, c'è il Biagio Proietti scrittore che cita il Biagio Proietti televisivo. E poi un po' più avanti c'è il racconto in flashback: vera chicca per gli appassionati e materia di studio per docenti universitari, che negli anni potranno dilettarsi a scomporre e ad analizzare quelle descrizioni perfette, flaubertiane nella loro perfezione.

E poi rimane da parlare di tutto il libro. E per farlo finiremmo domani mattina, perché le cose da dire sono tante, ma veramente tante. Mi limito a dire che è un romanzo di gente di passaggio, gente triste come i vagoni di un treno che finiscono in un deposito. Ci sono vite spezzate di vecchi e di giovani, di persone che non riescono a far quadrare i conti con la vita, che a volte si diverte troppo e non si fa addomesticare. C'è un racconto che sta in equilibrio sulla corda sottile della finzione, un racconto che ha l'enorme merito di apparire inconsapevole di quel che succede, soccombendo alle storie e alle false verità degli interpreti del romanzo.

Un racconto dove lo scrittore stesso si lascia guidare dalla storia, dove l'autore è tanto grande da lasciarsi sopravanzare dagli eventi che prendono consistenza, dai personaggi che rivendicano la loro autonomia e vivono da soli, senza farsi guidare. Con splendide descrizioni di una Roma crepuscolare, spogliata per una volta di tutte le stelle più brillarelle. Per una volta priva di mille e un'étoile.

E scene d'azione, di lotta e dei colpi di karate che sono da manuale descritte e che rendono questo romanzo un piccolo capolavoro.

MARIO GEROSA
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2020
Il caso Degortes
il prossimo novilunio
Il dio del male

Titoli di questa serie (7)

  • Il dio del male

    Il dio del male
    Il dio del male

    Una telefonata arriva a Franco Verzini, un industriale farmaceutico a rischio di bancarotta: una voce chiaramente contraffatta gli annuncia che il prossimo 28 settembre, giorno del suo compleanno, sarà ucciso. Il giorno dopo, mentre si trova in azienda, in compagnia solo del guardiano della stessa, salta la corrente mentre lui si trova chiuso in ascensore. Ci vorrà del tempo per liberarlo. Un nuovo, angoscioso avvertimento. Non l’unico. Altre telefonate minacciose che lo riguardano raggiungono la moglie e il figlio. A questo punto l’imprenditore avverte la polizia, che manda il commissario Daniela Brondi che, con l’aiuto dell’ispettore Ferri, darà avvio a misure di sicurezza che non basteranno a salvare la vita all’imprenditore, il cui corpo sparirà in fondo al lago. La bella poliziotta non accetta la sconfitta e con rabbia e determinazione prenderà a indagare su Verzini, la sua famiglia, il suo entourage, quella che lui chiamava “la mia corte”, un nido di vipere che non renderà facile il lavoro di Daniela Brondi in una sfida appassionata nella cui rete ad essere preso sarà anche il lettore. Tanto più che erano in molti ad avercela con lui, soprannominato “Il Drago, il dio del male”.

  • Il caso Degortes

    Il caso Degortes
    Il caso Degortes

    Uno psicologo cagliaritano dalle frequentazioni disordinate; una docente reggiana delusa dalla vita e dall'amore; un'ebrea italo-parigina dall'esistenza vitale e controcorrente; un affascinante e forse pericoloso frequentatore di chat ad alto tasso erotico. Il caso Degortes, che vede l'entrata in scena della prima detective dell'Arma dei Carabinieri: il tenente Marianna Montanari. Un giallo da scuola scritto a quattro mani da un Maestro del genere e da suo ammiratore, che del giallo italiano è uno tra i primi studiosi. Il risultato, Premio Alberto Tedeschi del 2002, esordio di una nuova coppia di autori del noir italiano, è nelle vostre mani e non ve lo scorderete tanto presto.

  • il prossimo novilunio

    il prossimo novilunio
    il prossimo novilunio

    Un serial killer si aggira per le campagne umbre. Le coppiette di innamorati e amanti appartati nel buio sono le sue prede. Accade sempre nelle notti di plenilunio. Le indagini sono affidate al commissario Ilaria Del Poggio che dovrà arrivare a trovare l'assassino prima del prossimo plenilunio. Ad essere sospettato sarà un noto guardone, ma c'è chi giura sulla sua innocenza e il commissario Del Poggio dovrà vedersela con un agguerrito detective privato. Enrico Luceri e Antonio Tentori, maestri del mistery, hanno scritto una storia di provincia dai toni forti e il ritmo dei grandi gialli classici.

  • Crociera pericolosa

    Crociera pericolosa
    Crociera pericolosa

    “Si chiamava anika ed era una finta bionda. a rodolfo Hagendofer, detto Hag, com missario di bordo della nave da crociera esperia aveva dichiarato di essere bosniaca. in realtà era serba. Si era infiltrata tra i profughi della Bosnia-erzego-vina e dalmati che quella calda notte di giu gno l’esperia aveva raccolto da tre malandate scialuppe. Da bordo, l’ufficiale e i marinai di guardia avevano udito le loro lancinanti grida a mare... ”Comincia così l’avventura di anika, decisa a contrastare l’azione di Slavko Zo-bundzije, contrario all’idea della grande Serbia. il suo scopo è di sequestrare il nipotino di Slavko, che lei ritiene a bordo, insieme ai profughi. Ma sull’esperia, ci sono tanti altri ospiti indesiderati e imprevisti: due mercanti d’armi, un investiga-tore privato e due terrori sti arabi che sequestrano la nave e minacciano di farla saltare. insomma, una crociera non proprio tranquilla, ma ad alto rischio.e una storia drammaticamente attuale.

  • L'inganno

    L'inganno
    L'inganno

    Alberto Bocedi, ricco industriale bolognese, a quarantott'anni incontra in un meeting la bellissima Federica Fabbri, ragazza immagine venticinquenne e se ne innamora perdutamente. Federica, algida e calcolatrice, per mere questioni economiche sposa quell’uomo anziano e poco attraente. Il matrimonio dura una dozzina d’anni, senza figli. Federica, stanca per le continue assenze del marito, gran lavoratore e poco dedito alla vita mondana, comincia a essere stufa del suo status di moglie mantenuta, malgrado il marito le garantisca costose vacanze estive, palestre di grido, boutique di prim’ordine e frequenti week end in ambienti molto selezionati. Federica comincia così a prendersi qualche licenza sessuale con Vincenzo Spada, un culturista ventottenne senza né arte né parte. Alberto chiude un occhio, convinto che la giovane moglie dopo un po’ si stancherà. In realtà quel Vincenzo è solo una pedina del complicato gioco ordito dalla crudele e paranoica Federica Fabbri che, nel frattempo, aveva intrecciato una relazione con Christian Salvaterra, agente penitenziario noto per le sue crudeltà contro i detenuti e sospettato di aver accompagnato la Banda della Uno Bianca in un paio di rapine minori. Inizia da qui un perverso gioco dei due diabolici amanti fatto di un finto rapimento e riscatto, imbrogli informatici e una fuga a Cuba, per una vita di eterne vacanze. Ma non hanno fatto i conti con il marito di lei, che ingaggia due investigatori privati, ex poliziotti, per recuperare, se non la moglie, almeno i suoi soldi.

  • A Roma, novembre

    A Roma, novembre
    A Roma, novembre

    Il commissario Marè, sornione, buongustaio, di apparenza un po’ tonta e di attardati dinamismi, uomo di buone letture appassionato di musica e pittura, si staglia ormai, nel panorama piuttosto qualunquistico dei protagonisti “gialli”, per un’inclinazione democratica che gli permette di vedere (e di soffrire) con occhio non soltanto tecnico le nefandezze e gli orrori coi quali viene in contatto. Marè è un progressista e, per quanto sfiduciato e illividito da troppi amari disinganni, non smette di operare per un mondo meno distorto nella sua anchilosi viziosa. Egli sa per esperienza che il male alligna soprattutto nei luoghi del potere e della ricchezza, ed è lì appunto che lo portano i labirinti che si trova di volta in volta a percorrere, con la sua mole cospicua e le sue malinconie inguaribili. Marè, quindi, ha felicemente affermato, in quel teatro complicato e oscuro che è Roma col suo hinterland, la presenza letteraria di un poliziotto a dimensione civile, figura assolutamente anomala e nuova sugli scenari della nostra narrativa. Mario Lunetta

  • Io che ho visto i delfini rosa

    Io che ho visto i delfini rosa
    Io che ho visto i delfini rosa

    Non ricordo d'aver letto un romanzo che prendesse così nitidamente forma davanti a me, mentre leggevo questo “Io che ho visto i delfini rosa” di Biagio Proietti. Sarà perché in questi giorni mi sto occupando di realtà aumentata, ma l'idea è proprio quella: leggi e le immagini ti compaiono davanti, immagini in movimento. Come nella scena, memorabile, della morte di un'étoile della danza. Sembra una scena al rallentatore, girata con maestria con una combinazione di movimenti di macchina. Come si realizza un dolly scrivendo? Pochissimi lo sanno. Biagio Proietti lo crea da maestro, con una leggerezza e una fluidità magistrali. Quella scena è straordinaria, lo ripeto. Vale tutto il libro. In una pagina c'è tantissima storia del cinema e tantissima letteratura, c'è Woolrich, c'è Truffaut, c'è il Biagio Proietti scrittore che cita il Biagio Proietti televisivo. E poi un po' più avanti c'è il racconto in flashback: vera chicca per gli appassionati e materia di studio per docenti universitari, che negli anni potranno dilettarsi a scomporre e ad analizzare quelle descrizioni perfette, flaubertiane nella loro perfezione. E poi rimane da parlare di tutto il libro. E per farlo finiremmo domani mattina, perché le cose da dire sono tante, ma veramente tante. Mi limito a dire che è un romanzo di gente di passaggio, gente triste come i vagoni di un treno che finiscono in un deposito. Ci sono vite spezzate di vecchi e di giovani, di persone che non riescono a far quadrare i conti con la vita, che a volte si diverte troppo e non si fa addomesticare. C'è un racconto che sta in equilibrio sulla corda sottile della finzione, un racconto che ha l'enorme merito di apparire inconsapevole di quel che succede, soccombendo alle storie e alle false verità degli interpreti del romanzo. Un racconto dove lo scrittore stesso si lascia guidare dalla storia, dove l'autore è tanto grande da lasciarsi sopravanzare dagli eventi che prendono consistenza, dai personaggi che rivendicano la loro autonomia e vivono da soli, senza farsi guidare. Con splendide descrizioni di una Roma crepuscolare, spogliata per una volta di tutte le stelle più brillarelle. Per una volta priva di mille e un'étoile. E scene d'azione, di lotta e dei colpi di karate che sono da manuale descritte e che rendono questo romanzo un piccolo capolavoro. MARIO GEROSA

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