Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Racconti
Con gli occhi chiusi
Il mio Carso
Serie di e-book30 titoli

Maree Series

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Info su questa serie

A surprising journey across continents, backwards and forwards in time....
The Parisian writer Anatole France wondered whether chance was the pseudonym of God when He did not want to sign.
If you find yourself reading this book, a fine balance of twentieth century art, rediscovery of the soul, awareness of a new vital energy and time travel blended in a unique endless search, you will feel you are taking part in this journey, which is unpredictable right up to the very last line.
A fast-paced detective story, set in the future as well in the past, that will take you to New York, Verona, Stockholm, Perugia, Paris, Rimini, Lviv, Cairo, Alexandria, Egypt, Tuscany and Franciacorta. The thread link these places in different periods, while it carefully weaves the many nuances of a passionate love.

The author: Lives in Italy and works in Italy and United States. He was born in Brescia (Italy) in 1965. He works in communication and the development of new markets. In 2017 he published this his first novel.
LinguaEnglish
Data di uscita10 nov 2014
Racconti
Con gli occhi chiusi
Il mio Carso

Titoli di questa serie (49)

  • Il mio Carso

    5

    Il mio Carso
    Il mio Carso

    Il mio Carso è un diario particolare dove le pagine ci lasciano entrare nello Slataper bambino che per raggiungere un allettante frutto si allunga sul ramo come un verme, sfidando le leggi della fisica e della dinamica. Il giovane è trafitto dal suicidio della sua piu' cara amica e vaga alla disperata ricerca di una risposta ai suoi "Perche'?", cercando un colpevole: i vent'anni esigono risposta. Si comprende la spasmodica ricerca di identita', italiano imprigionato in quello che sente come il pesante giogo austriaco, straniero in terra natia. La ricerca di un'identita' che vada al di la' della sua sanguigna appartenenza al Carso. Per coloro che qui sono nati, che hanno ben piantate le loro radici nella terra rossa del Carso, sono brandelli di memoria collettiva, metabolizzata tal punto da essere parte integrante del DNA. Nelle pagine di questo diario si respira tormento, sofferenza e struggimento, ma anche un'incredibile energia, forza, esuberanza, entusiasmo, come se la giovinezza non possa conoscere confini temporali, come se gli ideali nati da un cuore che pulsa al ritmo della vita fossero immutabili nel tempo.

  • Racconti

    4

    Racconti
    Racconti

    I Racconti di Italo Svevo costituiscono un importante momento della produzione artistica dello scrittore. Pubblicati postumi, anche se prodotti lungo tutto l'arco della sua vita, i Racconti ci aprono a nuove e importanti riflessioni sull'opera narrativa di Svevo. Alcuni racconti sono pensati come complementari ai romanzi pubblicati; un altro - Le confessioni di un vegliardo - doveva essere il suo quarto romanzo; alcuni sono rimasti incompiuti dando il senso di un continuo procedere della scrittura narrativa. Anche in queste opere ritroviamo la caratteristica centrale della poetica di Svevo: un contrasto tra ciò che è razionale e ciò che è ideale. La letteratura è concepita come recupero e salvaguardia della vita e l'esistenza vissuta viene sottratta al flusso oggettivo del tempo. Soltanto narrando l'esistenza sarà possibile evitare la perdita dei momenti importanti della vita e rivivere nella parola letteraria l'esperienza vitale del passato, i desideri e le pulsioni che nella realtà sono spesso repressi e soffocati. I Racconti contengono una grande attualità, ci fanno comprendere meglio la poetica dell'autore, ci regalano piccoli gioielli forse un po' troppo velocemente dimenticati.

  • Con gli occhi chiusi

    1

    Con gli occhi chiusi
    Con gli occhi chiusi

    Il capolavoro di Federigo Tozzi finalmente disponibile in ebook. Romanzo di matrice autobiografica, Con gli occhi chiusi racconta le vicende di un gruppo di persone nella Toscana del Chianti, quando ancora la zona non era così famosa, e in particolare di Pietro e Ghisola, due giovani che si cercano, si desiderano, ma fanno fatica a trovare un destino comune. Tutto il romanzo, infatti, è animato da una forte carica pessimistica e da un sentimento di sfiducia circa la possibilità di instaurare una comunicazione con gli altri. Le stesse vicende del protagonista tradiscono la sua incapacità a realizzare i propri obiettivi e a vivere in modo autentico e consapevole il rapporto d'amore. L'umanità umile e tormentata che è al centro del romanzo fatica a non sottostare alla legge della violenza e dell'inganno. Come ebbe a dire Giacomo Debenedetti, la «vicenda di questo romanzo è emblematica di un disagio esistenziale che è al centro della grande narrativa e in genere della cultura novecentesca. In un mondo ove la società industriale fa sempre più affievolire i valori spirituali, il disinteresse, l'amore, la lealtà alla natura, la fedeltà all'ideale, l'uomo, nel ritratto di Tozzi, si sente estraneo, assediato dall'incomprensione, escluso da un vero dialogo umano; la sua sete di affetto si trasforma in disperata solitudine; egli è costretto, per attutire le ferite della realtà ostile, a vivere "con gli occhi chiusi"».

  • L'osteria volante

    11

    L'osteria volante
    L'osteria volante

    Umorismo "d'annata", ma molto contemporaneo Pubblicandolo per la prima volta nel 1914, il celebre scrittore britannico G.K. Chesterton ha consegnato ai suoi lettori un romanzo curioso intitolato L'osteria volante, immaginando, alla vigilia della Prima guerra mondiale, che l'Impero ottomano conquistasse la Gran Bretagna e imponesse la Shari'a, la legge islamica. Anche in questo lavoro, Chesterton non rinuncia ad esprimere il suo pensiero, ironizzando con il suo stile epigrammatico su movimenti e teorie artistici, sociali e politici, utilizzando lo scenario inverosimile del romanzo come un mezzo per ridicolizzare il progressismo. Chesterton racconta di una guerra in cui "il più grande dei guerrieri turchi, il terribile Oman Pasha, egualmente famoso per il suo coraggio in guerra come per la sua crudeltà in pace", consegue una famosa vittoria sulle forze britanniche, che porta all'occupazione dell'Inghilterra, al controllo della polizia da parte dei turchi e a una crescente influenza di "un eminente mistico turco", Misysra Ammon, che si fa paladino dei costumi islamici come l'astensione dal consumo di carne di maiale, la proibizione di immagini rappresentative, e altro ancora. Ma il costume islamico più importante, e quello attorno a cui ruota L'osteria volante, è l'ordine emanato da Oman Pascià di distruggere i vigneti e di mettere al bando le bevande alcoliche. Lord Philip Ivywood, un intellettuale aristocratico, sostenitore di Ammon, approva un divieto di consumo delle bevande alcoliche con qualche rara eccezione. Un intrepido marinaio irlandese e un locandiere inglese se ne vanno in giro per il paese portando con loro l'insegna del pub “Old Ship” e le loro gesta danno il via ad una serie di eventi rocamboleschi e drammatici. Lo smascheramento dell'ipocrisia degli aristocratici, che negano il consumo di alcolici al volgo ma ne assumono tramite i contatti con il direttore corrotto di una catena di farmacie, infatti, dà il via a un'insurrezione popolare che si conclude con una battaglia tra i rivoltosi inglesi e un contingente di soldati turchi, guidati tra gli altri dallo stesso Ivywood. Non sveleremo il finale della loro eroica insurrezione, lasciando ai lettori il gusto di leggere fino in fondo un romanzo, premonitore(?), di grande interesse e godibilità.

  • Bartleby lo scrivano

    10

    Bartleby lo scrivano
    Bartleby lo scrivano

    L'arte del raccontare l'uomo e l'umanità (ed. aggiornata 2023) Bartleby è il nome di un grigio, "invisibile" impiegato di Wall Street che, senza fornire spiegazione alcuna, man mano rinuncia al suo lavoro di copista e rimane immobile in silenzio a fissare un muro, imperturbabile a ogni tentativo di persuasione, mite e rispettoso ma graniticamente risoluto. In questo straordinario racconto (fra i più belli dell'intera letteratura americana) Melville dimostra da grande maestro di saper trattare con sottile humour e felice leggerezza anche temi angosciosi e ossessionanti come la follia, la predestinazione, l'incomunicabilità, l'alienazione. «Un libro triste e veritiero»: come ebbe a dire Jorge Luis Borges di Bartleby lo scrivano.

  • Amore e ginnastica

    3

    Amore e ginnastica
    Amore e ginnastica

    «Amore e ginnastica è un libro di notevole capacità di definizione ambientale e psicologica» dice il professor Giovanni Tesio, critico letterario e docente di letteratura italiana all'Università del Piemonte Orientale. «Un racconto divertente e godibilissimo, scelto non a caso da Calvino tra i cento libri migliori di fine Ottocento e inizio Novecento». I primi, rivoluzionari, metodi d'insegnamento della ginnastica, in De Amicis vengono trasformati nel credo quasi missionario della maestra Pedani, prosperosa insegnante di ginnastica. Di lei s'innamora l'ex seminarista Celzani, e la storia s'intreccia e si sviluppa sui due piani: amore e ginnastica. De Amicis sa raccontare con leggerezza la difficoltà che ebbe lo sport nell'affrontare le barriere e i pregiudizi di una certa classe sociale, le forti resistenze dei conservatori, compresi i dogmi maschilisti che volevano le donne lontane da qualunque pratica atletica, per ragioni di decenza e per altre. L'arrivo della signorina Pedani («Già, madre natura l'ha fabbricata per quello: le ha dato le proporzioni schelettoniche più perfette che io abbia mai viste, una cassa toracica che è una meraviglia» dice il maestro Fassi) porta lo scompiglio nell'equilibrio emotivo e nel buonsenso borghese del corpo docente. Una donna forte quasi come un uomo, bella e pressoché irraggiungibile. Magari anche intelligente? Può esserlo, chi usa il corpo per esprimere se stesso? «Non dico per scrivere: ciascuno ha le sue facoltà. E poi, nella ginnastica, come scienza, il cervello di una donna non sfonda, si sa. Ma come esecutrice, non ce n'è un' altra» spiega il feroce Fassi, collega della Pedani. La ginnastica fu ideologia per pionieri (si pensi alla battaglia per introdurla nella scuola italiana), ma è nell'altra metà del titolo, l'amore, il vero trionfo fisico dei desideri. C'è più corpo qui che in palestra. Ed è portentoso il contrasto tra un mondo che cambia, la cosiddetta società, e le passioni segrete degli individui, con qualcosa di morboso e non esente da feticismo e perversioni, ma anche in questo sta il fascino - modernissimo - della storia narrata da De Amicis.

  • La scapigliatura e il 6 di febbrajo

    2

    La scapigliatura e il 6 di febbrajo
    La scapigliatura e il 6 di febbrajo

    Cletto Arrighi (pseudonimo per anagramma di Carlo Righetti) nasce a Milano nel 1828 (nel 1830 secondo altre fonti) e vi muore nel 1906. Esercita la professione di giornalista. Oltre al suo romanzo più conosciuto, La scapiglliatura e il 6 febbraio 1862, che racconta un fatto storico, ovvero la fallita insurrezione mazziniana di Milano del 1853 e da cui ha origine il nome del movimento scapigliato, pubblica romanzi come Nanà a Milano (1880) e La canaglia felice (1885) in cui i temi tipici della scapigliatura si intrecciano al crudo realismo, mentre le trame rivelano l'intenzione di sviluppare una denuncia sociale e di incitare ad un ribellismo di matrice anarchica. Arrighi con il termine “scapigliatura” definisce un gruppo di giovani patrioti anticonformisti e amanti dell’arte, «pronti al bene quanto al male». Arrighi e gli scapigliati assumono posizioni molto critiche nei confronti della letteratura e della cultura borghese italiana del loro tempo, ammirando invece gli autori stranieri come Charles Baudelaire, Gautier ecc

  • Elias Portolu

    17

    Elias Portolu
    Elias Portolu

    Autentico capolavoro Ci sono libri che portano con sé, anche a distanza di anni, sapori, odori e suoni di una terra. Altri riescono a testimoniare anche le psicologie complesse degli abitanti di quella terra, e in questo sfibrano il limite spaziotemporale per rasentare l'atemporalità del mito. Così è toccato a Elias Portolu, uno dei romanzi-capolavoro che ha consacrato Grazia Deledda al grande pubblico. Si parte da una storia, di per sé, esile: il protagonista che dà il titolo al romanzo rientra al suo paese nel nuorese, dopo un periodo in prigione; qui, la calma tanto agognata è sovvertita bruscamente dalla conoscenza di Maddalena, promessa sposa del fratello Pietro. Nonostante le tante ritrosie e i consigli dei saggi zio Martinu e del prete Porcheddu, tra Elias e Maddalena scoppia l'amore, vissuto in pagine di travolgente passione. I sensi di colpa e il timore di provocare lo scandalo portano Elias a sacrificare il proprio futuro con Maddalena e a pensare al sacerdozio, unica via di fuga a un sentimento sì forte quanto insostenibile. La notizia della gravidanza di Maddalena non basta a fermare Elias, per quanto l'uomo sia roso dai dubbi. Varie complicazioni conducono poi a un finale amaro, disperato e senza scampo per il protagonista. L’autrice conduce la storia attraverso l’apparenza di dicotomie evidenti e nette, ma è ad una lettura attenta che si nota la profondità dei personaggi che “parlano” con il lettore all'interno di monologhi interiori e dei loro pensieri, offerti continuamente in presa-diretta. Elias, il cui ritorno è salutato con fierezza dalla famiglia, porta con l'esperienza della prigione, una tristezza che i familiari difficilmente sanno interpretare. La sua commozione per la tanca e per l'ovile, per le pianure e per la sua Sardegna, è accantonata dalla passione bruciante e immediata per Maddalena. Per i grigioscuri e per l'alterità del mondo narrato, Elias Portolu è un classico novecentesco da riscoprire in questi anni. Al profumo di erbe selvatiche sarde, fa da contraltare Elias, personaggio scisso e “spezzato” che sa tanto di contemporaneità.

  • Favole

    7

    Favole
    Favole

    Letteratura "geniale".  Leonardo da Vinci è un genio riconosciuto: la sua originalità ha saputo aprirsi ai campi più diversi, ottenendo sempre dei risultati eccezionali. Non ultima, in un ipotetico elenco di genialità, si colloca la sua produzione letteraria e le Favole sono da considerarsi il maggior sforzo stilistico dell’autore. I frammenti leonardiani sono l’elaborazione dei modelli favolistici classici: l’enciclopedia pliniana, la cultura degli antichi bestiari, ecc. I mutamenti che Leonardo introduce ogni volta sulla matrice di riferimento sono in linea con la tradizione favolistica, poiché riguardano principalmente il significato morale. Lo scrittore si appropria della fonte, la completa con l’osservazione dei fenomeni naturali e propone un insegnamento etico personale. La complessa strutturazione del dialogo in Leonardo non ha precedenti nella storia del genere, nemmeno in Esopo. I dialoghi in Leonardo sono solitamente lunghi e connotati da tratti di espressività introducendo caratteri precisi, ottenendo una più accentuata umanizzazione dei personaggi e definizione particolareggiata della storia. Molte sono le manifestazioni di pianto disperato e paziente preghiera, riso sfrenato e rabbia che qualificano i dialoghi delle Favole leonardiane. L’espressività dialogica in Leonardo non serve semplicemente a esporre una morale, ma sorge dall’osservazione e dallo studio della natura. I soggetti delle Favole di Leonardo sono ben caratterizzati, in evoluzione all’interno della storia, utilizzando categorie inconsuete per il genere: piante, elementi naturali, oggetti di uso comune; l’uomo, gli uccelli, gli insetti, quadrupedi e mammiferi, creando un’allegoria naturale senza fine. Allo scrittore, infatti, non interessa una coerenza allegorica, ma la rappresentazione di sentimenti e atteggiamenti dell’essere umano. Così tutti gli elementi mostrano, in forme diverse, l’ardore della conoscenza che spesso arriva a sfiorare la presunzione ma, se intuiscono le ragioni alla base del giusto operare, sono capaci volgersi al bene e sono ogni volta premiati da Natura. Infatti, il rapporto simmetrico tra uomo e natura è il tema sotteso a tutte le Favole. Attraverso la forma favolistica, Leonardo rivoluziona la tradizione letteraria dell’epoca: abbandona i preziosismi lessicali, i personaggi fissi, la costruzione intellettuale e la versatilità dei temi umanistici, preferendo la semplicità del volgare, personaggi in evoluzione e una formulazione in divenire del racconto, in cui ogni elemento è tutto teso alla rappresentazione esatta delle dinamiche naturali. A introdurre il testo, fornendo chiavi interpretative originali e innovative, un saggio di una giovane studiosa italiana - Giuditta Cernigliaro - Ph.D. Fellow alla Rutgers University.

  • La Colonia Felice Utopia Lirica

    13

    La Colonia Felice Utopia Lirica
    La Colonia Felice Utopia Lirica

    Un autore particolare e stravagante come Carlo Dossi ci consegna un'opera che lui stesso definì un "romanzo giuridico", nel quale espone le sue tesi sulla giustizia e accese un dibattito molto sostenuto sulla carcerazione. L'autore ha uno stile molto personale, stravagante, tanto che nella sua narrativa spesso sconvolge la struttura principale del racconto innestando divagazioni ed episodi secondari; nelle note critiche spesso usa immagini bizzarre e sarcastiche per esprimere giudizi. Dotato di grande capacità sintattica e lessicale, la lettura dei suoi testi è molto godibile, lasciando al lettore il gusto del calembour allegorico, umoristico e satirico dando la possibilità di entrare in contatto con le sperimentazioni letterarie che la scapigliatura milanese stava introducendo nella letterature italiana.

  • Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani

    16

    Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani
    Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani

    La rinascita passa dalla capacità di mmaginare futuri migliori Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani è un pamphlet, o meglio, una sciabolata all’universo della mente italiana, alla moralità spicciola e cinica dei figli degli antichi romani, alla loro società che non può essere civile finché non proverà a maturare, a diventare autonoma e a staccare le labbra dal seno ormai avvizzito della madre. Se Leopardi dice questo è perché crede che gli antichi siano di gran lunga migliori dei moderni, nonché più felici. Oggi i sociologi sostengono che la nostra generazione sia la prima a trovarsi in una situazione peggiore rispetto a quella precedente, e il dato evidente è la profonda tristezza che ci pervade e che si sostanzia con la crisi di valori più che con quella economica. E abbiamo perso molte capacità e manualità dei nostri predecessori (di sicuro sappiamo ordinare dell’ottimo cibo nazionale ma difficilmente lo sappiamo cucinare con altrettanta sicurezza). Ciò è avvenuto perché la civiltà, col suo tentativo continuo e costante di migliorarsi, ha preferito il progresso alla morale, che nel frattempo si è sempre più sciolta come neve al sole, perdendo la capacità di immaginare.

  • Come si seducono le donne

    12

    Come si seducono le donne
    Come si seducono le donne

    Tecniche futuriste Per spiegare all'aspirante futurista "come si seducono le donne", Marinetti ricorre molto spesso a episodi della sua vita, alimentando l'immagine di un tombeur de femmes fulmineo e irresistibile. In questo senso il libro rappresenta il passaggio del futurismo da movimento artistico e letterario a movimento di costume: il fondatore non si rivolge più soltanto agli "uomini di genio", artisti o scrittori, ma a tutti gli aspiranti seduttori; se i manifesti sono prontuari in parte concepiti per dimostrare che chiunque può diventare un letterato futurista con un po' di coraggio e qualche sforzo, lo scopo del testo è dimostrare che tutti possono diventare futuristi, se non in letteratura, almeno in amore, e in guerra, dal momento che le doti dell'amatore futurista coincidono con quelle del buon soldato: coraggio, rapidità, intelligenza strategica, rifiuto delle "complicazioni…". Un testo, per l'epoca di edizione - 1917, scabroso e temerario, ma come in fondo era il carattere di Marinetti, sempre pronto alla provocazione e alla polemica.

  • Leila

    6

    Leila
    Leila

    Quando, nel 1908, comincia a scrivere il suo nuovo, e ultimo, romanzo Leila, pubblicato poi nel 1910, Fogazzaro era ormai distante dalle posizioni dei modernisti ma con il desiderio ancora vivo di trovare le radici della modernità, cercate ora attraverso i motivi più genuini della sua ispirazione artistica: non è più una voce in favore del modernismo quella del Fogazzaro, che ancora si leva con il romanzo ‘Leila’, l’opera segna un ritorno dello scrittore vicentino sui motivi più genuini della sua ispirazione artistica, un ripiegamento sui sentimenti più semplici e vivi; rappresenta, sul piano religioso, un distacco dal modernismo con i suoi problemi e le sue polemiche. Leila è innanzitutto un atto di liberazione del Fogazzaro dal mondo di polemiche teologiche e di condanne ecclesiastiche, per ritrovare se stesso come artista. Creatura d’istinti e di passioni piuttosto che di ragionamento, Lelia è la donna-natura, la donna-istinto, linfa vitale, forma corporea che vuole essere amata per se stessa e non attraverso le idee e l’intelletto, personaggio che si caratterizza per una sorta di primitività psicologica e per quel sentimento primitivo e spontaneo dell’amore che dà rilievo soprattutto agli elementi istintivi. Nel romanzo, le vicende tra Leila e Massimo Alberti vanno di pari passo alle aspettative nitrite da Fogazzaro su come dovessero essere I tempi a venire: la svolta che porterà Leila, come Massimo Alberti, ad uscire dalla sua “torre d’orgoglio” per dare libero corso a quel desiderio di vita che si esprime anche fisicamente nella luminosità degli occhi (“la cameriera era sbalordita della nuova luce negli occhi della signorina”); la rinascita di Lelia diventa il punto di arrivo di un cammino che va “dalla cupa e sterile fedeltà (al fidanzato morto) al tentato suicidio e infine alla decisione di raggiungere Alberti in Valsolda”, incontrandosi perciò con l’analoga rinascita di Massimo Alberti e diventando il preludio alla realizzazione di quella “unione idealmente umana, idealmente cristiana, idealmente bella”, già auspicata da don Aurelio per i due protagonisti. E Fogazzaro affida a Leila e al suo percorso interior, quella che ritiene la via verso la modernità e che, senza rinnegare la tradizione né le idee di rinnovamento, ma prendendo le distanze dalla dimensione intellettuale del modernismo, esprime i segni della riconciliazione delle due dimensioni, ma anche dell’uomo con se stesso e con gli altri attraverso la forza dell’amore.

  • La saggezza di Padre Brown

    8

    La saggezza di Padre Brown
    La saggezza di Padre Brown

    Padre Brown in forma smagliante Padre Brown è il personaggio creato dalla fantasia di Chesterton per spargere un pò di sano umorismo. Dotato di una mente pronta e penetrante e uno spirito meravigliosamente intuitivo che gli dà modo di gareggiare in astuzia con i più abili poliziotti e delinquenti, egli ha tuttavia l’anima d’un poeta e il cuore di un fanciullo. Padre Brown spunta quasi imprevedibilmente nell’angolo più remoto e nel momento più impensato, pronto a risolvere qualunque enigma con arguzia e ironia, preoccupato non tanto di svelare i misteri più tenebrosi e complicati della criminalità moderna, o di assicurare alla giustizia i colpevoli, quanto di salvare delle anime e ricondurle sul retto cammino, come fa con Flambeau, il ladro pentito diventato suo assistente. Il suo scopo, infatti, è di arrivare a conoscere il senso anche delle azioni più assurde compiute dagli uomini, per condurli a un cammino verso la conoscenza che ognuno deve compiere da sé, per se stesso e per la propria salvezza. La saggezza di padre Brown è la seconda raccolta dedicata alle avventure “spiritual-investigative” dell’acuto sacerdote che, con le sue ironiche e talvolta assurde confutazioni, affronta il crimine e la morte con socratica saggezza. I teatri internazionali in cui si muove questa volta l’acuto pretino dell’Essex, accompagnato sempre dal fedelissimo Hercule Flambeau, sono l’Italia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Germania e la Francia. Nella Saggezza il sottile filo che percorre i 12 racconti è quello del ‘trasformismo’, con personaggi che non sono mai quello che sembrano, con situazioni che si evolvono continuamente, con trucchi, suggestioni e giochi di specchi, in una specie di ballo in maschera dove tutto è il contrario di tutto e dove la verità non sempre è quella che si vorrebbe.  

  • Manifesti e scritti vari

    21

    Manifesti e scritti vari
    Manifesti e scritti vari

    Di tutti i manifesti del futurismo, il Manifesto del futurismo, pubblicato in francese su "Le Figaro" il 20 febbraio 1909 con il titolo Le Futurisme, è sicuramente il più celebre e celebrato. A motivo di questo primo manifesto e dei trenta redatti nell'arco dei successivi vent'anni (la gran parte compresi tra il 1909 e il 1917), emerge chiara l'intenzione di voler plasmare, distruggendola e rifondandola, una nuova concezione della vita e dell'arte. La Belle Époque, i cui limiti cronologici vanno dalla fine dell'Ottocento alla Prima Guerra Mondiale, vede un susseguirsi di scoperte scientifiche ed invenzioni tecniche che mutano radicalmente ed in modo assai veloce la concezione della vita nelle città: l'introduzione dell'automobile, dell'elettricità, della rete ferroviaria, assieme allo sviluppo dell'aviazione e all'espansione dell'industria, crea, secondo i futuristi, l'urgenza di rifondare alcuni modelli estetici sulle nuove percezioni e concezioni dell'esistenza e di ripensare a nuove modalità di linguaggio per le generazioni future, destinate a vivere in un'epoca caratterizzata da una profonda rottura con i valori del passato. I primi futuristi, Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi, Enrico Cavacchioli, Corrado Govoni, Libero Altomare, Folgore, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini, Balilla Pratella, Antonio Sant'Elia, e naturalmente Filippo Tommaso Marinetti, l'ispiratore, fondatore e finanziatore di tutta l'impresa, propongono nuove concezioni alla base della pittura (Manifesto dei Pittori futuristi, 1910); della musica (Manifesto dei Musicisti futuristi, 1911); della drammaturgia (Manifesto dei drammaturghi futuristi, 1911); della scrittura (Manifesto tecnico della letteratura futurista, 1912 e Distruzione della sintassi. L'immaginazione senza fili e le Parole in libertà, 1913); dell'architettura (Manifesto dell'architettura futurista, 1914) e di tanti altri ambiti, a partire dalle posizioni generali già dichiarate nel manifesto fondativo del 1909. Mossi in primo luogo dal desiderio, condiviso da gran parte della loro generazione, che l'Italia sfrutti l'occasione storica di conquistarsi il ruolo di grande potenza, i futuristi propongono una rottura col passato dal carattere energico e aggressivo. Un documento storico, letterario e filosofico di grande interesse.

  • CISKE, muso di topo

    18

    CISKE, muso di topo
    CISKE, muso di topo

    Dall'educazione il riscatto di un'esistenza difficile Ciske è un ragazzino disadattato che vive in condizioni estreme: una madre che lo umilia sempre, un padre lontano, un ambiente sociale problematico. In questa disperazione sociale, l’unico ambiente nel quale Ciske riesce ad esprimersi è la scuola, grazie all’aiuto di un insegnante che capisce a fondo l’animo del ragazzo. A seguito di una tragedia, Ciske è rinchiuso in carcere per scontare una pena. Il suo riscatto avverrà grazie al sostegno della nuova moglie del padre, ad una ritrovata solidarietà da parte di insegnanti e compagni di scuola. Una storia che sottolinea come, anche di fronte a situazioni gravi e di difficile approccio, possa sempre esistere un’occasione di riscatto, in grado di risollevare anche le persone più duramente colpite. Un romanzo che invita alla solidarietà, alla tollerenza, all’amore reciproco.

  • Diario di un curato di campagna

    19

    Diario di un curato di campagna
    Diario di un curato di campagna

    "Diario di un curato di campagna" è, fra le opere di B., forse la più celebre, e quella nella quale l'autore ha raggiunto il miglior equilibrio fra immediatezza comunicativa e equilibrio formale. « L'uomo che ha accettato una volta per sempre la terribile presenza del divino nella sua povera vita », cosi Bernanos definisce il protagonista del suo Diario di un curato di campagna. Il giovane prete di Ambricourt, questa disarmata figura di prete cattolico che si consuma fino al limite della tentazione nell'impari lotta con il male impersonato dalla tragica opacità del mondo borghese di uno sperduto villaggio della Fiandra. Egli non deve salvare soltanto se stesso ma anche le anime dei suoi parrocchiani che gli sono ostili, o lo accettano passivamente trascinandolo nelle loro ipocrisie. Giunge fin quasi al punto di abiurare, ma proprio sull'orlo della perdizione la coscienza della morte vicina lo salva. « Un corpo a corpo fra il soprannaturale e il mondo; ma il mondo non è mai stato sentito da Bernanos con una comprensione più potente e più tenera », cosi scrisse André Rousseaux del Diario di un curato di campagna, un romanzo che ha in sé fin dalle prime pagine una carica drammatica che si va facendo via via sempre più febbrile e compressa ed esplode poi, ad un tratto, in tutta la sua pienezza dinnanzi all'illuminazione.

  • I racconti delle fate

    9

    I racconti delle fate
    I racconti delle fate

    Alcune tra le più belle fiabe mai scritte sono raccolte in questo ebook e sono opera di Charles Perrault. Il gatto con gli stivali, Cenerentola, Cappuccetto rosso, Pollicino, sono solo alcune delle fiabe contenute nel testo. Ogni fiaba è pubblicata anche con la “morale” che l’autore voleva trasmettere con la fiaba, e sono commenti davvero molto interessanti. E’ un testo che non smetterà di incuriosire bambini, giovani e adulti, perché le storie narrate, sono fiabe certamente, ma raccontano dei nostri sogni, paure e desideri. Sono lo specchio con il quale possiamo vedere il lato migliore, o peggiore, di noi stessi.

  • Mine-Haha, ovvero dell'educazione fisica delle fanciulle

    24

    Mine-Haha, ovvero dell'educazione fisica delle fanciulle
    Mine-Haha, ovvero dell'educazione fisica delle fanciulle

    Uno dei testi più belli, significativi e complessi di Frank Wedekind si snoda in un’apparente perfezione e bellezza dei personaggi e dell’ambientazione, e nell’idillio complessivo in cui si svolge la trama, peraltro molto semplice: in un parco, separato dal resto del mondo da alte mura oltre le quali non è permesso vedere nulla, giovani fanciulle vengono educate sin dalla nascita a padroneggiare arti fisiche quali la ginnastica e la danza, e altre attività, come la musica e il canto, escludendo però totalmente lo spirito e ponendo l’accento unicamente sulla perfezione tecnica e corporea. La protagonista Hidalla passa le giornate ad esercitarsi in compagnia delle altre giovani, e, man mano che passano gli anni, assiste all’arrivo di nuove bambine e alla partenza delle ragazze più grandi, una volta raggiunti i quattordici anni. Questi sono due dei tre soli momenti in cui questo luogo esclusivamente femminile apre uno spiraglio al mondo esterno: il terzo avviene quando le ragazzine vengono portate nel teatro del parco, di notte, per mettere in scena delle pantomime e dei balletti di cui non conoscono e non sanno capire la trama, ma che, al contrario, l’ululante pubblico unicamente maschile comprende perfettamente e assiste con ingordigia. La particolarità del libro di Wedekind è l'intensità estrema di cui carica la corporeità, il simbolismo quasi folle e maniacale dell'organizzazione sociale e artistica cui accenna, e di cui non si riesce mai a vedere un volto definitivo, e dunque non è possibile darne una interpretazione, se non univoca, almeno unica e coerente. Un testo misterioso come la storia che viene narrata e trasparente come il suo titolo – “Mine-Haha” è un nome indiano di ragazza che significa “acqua ridente” -. Wedekind ci offre un racconto perfetto: affascinante, inquietante e imperscrutabile, con delle note quasi di sacralità che se, certamente, non significa idealizzazione e rarefazione, cancellazione della sensualità, di certo la porta ad esprimersi a tutt’altro livello, e in modo non consapevole.

  • Racconto di due città

    15

    Racconto di due città
    Racconto di due città

    Questo romanzo storico, anche se non tra i più conosciuti di Dickens, è diventato negli anni il testo più venduto al mondo, segno dell’impegno sociale descritto dalle vicende storiche di due famiglie, Manette ed Evrémonde, separate dal ceto di provenienza e riunite dal destino nel vortice sanguinario della Rivoluzione Francese, che divennero familiari non solo per i lettori della metà dell'Ottocento – per i quali leggere del “Regime del Terrore” non doveva essere poi tanto diverso da quanto non lo sia per noi leggere un racconto della seconda Guerra Mondiale – ma per milioni di lettori ancora oggi. Il romanzo, infatti, è ambientato a Parigi e Londra durante la Rivoluzione francese e negli anni del Regime del Terrore. In esso vengono rappresentati la sottomissione del proletariato francese all’oppressione dell’aristocrazia negli anni precedenti la rivoluzione, e la successiva brutalità dei rivoluzionari nei primi anni della rivoluzione. Segue le vite di diversi protagonisti attraverso questi eventi, in particolare Charles Darnay, un ex-aristocratico francese che diviene vittima di accuse indiscriminate durante la rivoluzione, e Sydney Carton, un avvocato inglese che cerca di redimere la propria vita per amore della moglie di Darnay, Lucie Manette, il cui padre venne ingiustamente imprigionato nella Bastiglia. Dickens condanna l'ignobiltà di una casta che aveva perso, in Francia, il diritto a rivendicare il ruolo di guida morale e civile della nazione e insieme anche la crudeltà scaturita dall'opposizione a quei soprusi. Le due città evocano, nel parallelismo - anche se con esiti diversi - delle vicende giudiziarie di Darnay/Evremonde a Londra e Parigi, una sorta di dualismo tra l'equilibrio del sistema anglosassone e l'estremismo dei Lumi francesi. Il racconto non ha un protagonista principale; emergono, ed è forse uno dei primi casi in letteratura, le folle come protagoniste: la massa umana, che assalta la Bastiglia, prigione simbolo dell'oppressione feudale. Dickens lancia attraverso il tempo passato, un monito al tempo presente in cui è ancora viva la minaccia della ripetizione dell’antico. Si deve, infatti, tener conto che nel 1859 (anno di pubblicazione del romanzo) è ancora ben vivo il ricordo dei tumulti e delle agitazioni dovute all’approvazione della Corn Law e quello dei moti rivoluzionari a seguito del movimento cartista, che con la sua richiesta di una radicale riforma elettorale, rievocava i fantasmi del Terrore francese. Per Dickens la rivoluzione è una malattia, è febbre e delirio di autodistruzione il cui contagio si propaga a velocità spaventosa. La società è continuamente minacciata a causa degli squilibri della distribuzione della ricchezza e la folla sottoposta a continui soprusi diventa facilmente crudele e incontrollabile: a quel tempo la folla era un mostro molto temuto e che non si fermava davanti a nulla. In queste note si comprende anche la grande attualità del romanzo di Dickens e le motivazioni ad una lettura odierna.

  • Il capro espiatorio

    30

    Il capro espiatorio
    Il capro espiatorio

    Nel 1924 lo scrittore americano Eugene O’Neill definisce August Strindberg (1849-1912) "il precursore della modernità nel nostro odierno teatro" e senz’altro "il più moderno fra i moderni". È indubbio che l’autore svedese abbia ricevuto nel tempo sia il tributo degli espressionisti (che cadevano in una specie di "estasi strindberghiana"), sia di Franz Kafka ("Non leggo Strindberg per leggerlo, ma per posare la testa sul suo petto"), sia di André Gide (che lo annoverava fra "i personaggi eminenti dell’umanità") e che oggi si ponga all’origine del teatro dell’assurdo come delle correnti narrative più sperimentali, per non parlare del suo determinante influsso sul cinema, in particolare quello di Ingmar Bergman, che l’ha eletto "compagno costante" della sua arte. Il capro espiatorio è l'ultimo dei romanzi autobiografici di Strindberg, un gruppo che comprende Il figlio di un servo, che si occupa dell'infanzia e dell'adolescenza e lo sconvolgente Inferno, un resoconto dei suoi problemi coniugali e mentali. E’ stato composto poco prima del suo più raffinato dramma espressionista, The Ghost Sonata, una fantasia simbolica con la quale, per sottolineare la straordinaria versatilità di Strindberg, ha poco in comune. In effetti, sia nel genere che nello stile, Il capro espiatorio sembra più vicino alla dolce ironia e all’austero pathos di Gogol e al Diario di un uomo superfluo di Turgenev, oltre a trasmettere qualcosa del sapore naturalistico dei fratelli Goncourt, la vera influenza francese. Il protagonista, l'amabile avvocato, Edvard Libotz, condannato a una vita di estraniamento e di stoica disperazione in un triste monticello di montagna, può essere considerato una proiezione del dilemma psicologico di Strindberg. Libotz è l'anima schiacciata, il santo pazzo, odiato istintivamente dall'arrogante materialista Askanius, l'imbroglione Tjarne e da Karin, l'incarnazione della doppia morale borghese. L'impresa di Strindberg, in questo racconto, è piuttosto notevole, trascendendo gli elementi puramente personali, creando momenti di forte intensità e pungente umorismo, una storia incredibilmente viva di frustrazione scritta in una prosa sorprendentemente fredda e minimalista.

  • Il servo Jernej e il suo diritto

    20

    Il servo Jernej e il suo diritto
    Il servo Jernej e il suo diritto

    Un grido di dolore universale Ivan Cankar è sicuramente uno dei principali scrittori sloveni e, pure se ha rivolto la sua scrittura anche ad altri temi, ha sempre avuto un interesse particolare nel raccontare il destino di diseredati ed emarginati, il confitto di intellettuali o artisti anticonformisti e idealisti con una società gretta, presentando una scrittura intelligentemente calibrata di elementi realistici e simbolici. Rispetto a questo testo, è l’autore stesso che ce lo rivela, è interessante sottolineare l’origine ‘politica’ del testo: Cankar voleva scrivere solo un libello di propaganda, ma da ciò sarebbe poi scaturita la sua migliore novella, che narra del servo Jernej, che ha lavorato quarant’anni nella fattoria dei Sitar, identificandosi totalmente con essa. Alla morte del vecchio padrone viene mandato via in malo modo dal figlio del defunto. Inizia così il suo peregrinare, nel corso del quale racconta la propria storia a diverse persone e istanze, sempre attendendo che si riconosca il suo diritto: di chi è il podere, di chi l’ha ereditato senza aver fatto nulla o di chi l’ha lavorato per quarant’anni? Nessuno dà ragione al servo, che nella sua sete di giustizia giunge fino a Vienna, pensando ingenuamente di poter esporre il suo caso allo stesso imperatore. Neanche il parroco gli dà la risposta sperata, portandolo infine a dubitare anche della giustizia divina e della stessa esistenza di Dio. Il mite Jernej infine, ormai trasformato interiormente, torna alla fattoria e Cankar conclude il racconto con un finale straordinario. Anche se la storia del servo ribelle ha suscitato interesse in Italia soprattutto in momenti politicamente ‘nevralgici’ del Paese, il suo fascino senza tempo risiede certamente sia nel suo grido di dolore universale, sia nella peculiarità dello stile, ricco di similitudini e personificazioni, di allegorie e parabole ‘bibliche’, che insieme costituiscono forse l’esempio più brillante della prosa ritmica cankariana. L’autore: (Vrhnika 1876 - Lubiana 1918) scrittore sloveno. Patì il carcere (1913) e l’internamento (1914) per la sua propaganda antiaustriaca. Dopo che la sua raccolta poetica Erotica (1899) fu fatta bruciare dalle autorità ecclesiastiche, si dedicò alla prosa e al teatro e pubblicò, fra l’altro, Vignette (1899), schizzi di vita borghese e proletaria, il romanzo La casa di Maria Ausiliatrice (1904), il racconto Il servo Jernej e il suo diritto (1907), considerato il suo capolavoro, il dramma I servi (1910) e i bozzetti Immagini dai sogni (1915-17), ispirati dalla guerra. C. è il prosatore di maggior rilievo della generazione modernista: formatosi al naturalismo, ne superò le limitate scelte tematiche e ideologiche per affrontare non solo le questioni sociali e di costume fino allora ignorate dalla provinciale letteratura slovena, ma anche un’intensa problematica spirituale.

  • Il malinteso

    33

    Il malinteso
    Il malinteso

    Apparso in rivista nel 1926, Il malinteso è il primo romanzo della allora ventitreenne Irène Némirovsky. Siamo ai primi del Novecento. Yves Harteloup, classe 1890, è un nuovo povero. L’eredità scarna di suo padre lo ha costretto a trovarsi un impiego e a condurre una vita parsimoniosa. L’unico lusso che può concedersi è quello di godersi alcune settimane di vacanza presso le spiagge di Hendaye. È durante le sue vacanze che una bimba, Francette - figlia della bella Denise - gli lancia pugni di sabbia in viso. Complice il sole tra i tamerici o i pugni di sabbia, tra Yves e Denise scocca la scintilla dell’amore. Finite le romantiche vacanze torneranno a Parigi. Continueranno a vedersi. Ma ripiombato nella sua realtà, Yves dovrà fare i conti con la sua vita e con i pochi mezzi a disposizione. Denise si strugge d’amore. E piange, piange, piange. Yves si scontra con la necessità di pagare i debiti e arrivare a fine mese. E mentre Denise continua a pretendere un amore rigorosamente “in smoking” Yves si impegna a trovare soluzioni… Una storia semplice, struggente, fatta di attese. Di parole non dette, di “ti amo” mancanti. Si intravvede la nuova realtà sociale caratterizzata dall’emergere di nuove classi sociali ed è interessante il nuovo concetto di lavoro, quel concetto comune a tutti noi mortali. Il primo passo di Irène Némirovsky verso un futuro pieno e maturo è cominciato nel migliore dei modi.

  • La via principale - volume primo

    22

    La via principale - volume primo
    La via principale - volume primo

    Non troverete Gopher Prairie nelle carte geografiche. Né la sua Main Street. Neppure se provate a cercarla con il satellite con Google earth. Ma è come se ci fosse. Perché la sua Main street, la sua Via Principale "è la continuazione di qualunque Via Principale di qualunque città (…). La Via Principale è l’apice della civiltà. Perché questa Ford potesse sostare davanti al magazzino Bon Ton, Annibale invase Roma ed Erasmo scrisse nei chiostri di Oxford." Quando apparve nelle librerie americane, La via principale suscitò grande scalpore; nessun romanzo prima di allora aveva osato mettere in discussione la bellezza della vita middle class provinciale americana, criticando l'ipocrisia che sta alle fondamenta della Cittadina. Gopher Prairie - cittadina immaginaria - si sente un po' Vienna un po' Parigi, si sente l'ombelico del mondo e l'erede naturale dell'Inghilterra Vittoriana, seppure è uno sputo di villaggio attraversato da una comunissima Via Principale. Architettura terrificante in un paesaggio desolato, un po' come quei piatti agglomerati che scorgi dal finestrino del treno mentre passi per la nebbiosa pianura padana. E proprio in queste piccole comunità rurali del midwest americano, dove gli immigrati erano scandinavi e tedeschi, Lewis snida l'insorgere di un temibile virus, il Virus del Villaggio, provincialismo mentale prima che geografico. In questo villaggio prova a combattere la sua personale battaglia la giovane Carol, cittadina dal brillante futuro che si trova a sposare un onesto dottore di campagna. Carol non si arrende al virus, non si accontenta di qualche gossip, o di entrare nel club delle pettegole giocatrici di bridge, non si accontenta del solito refrain da provinciali incalliti conservatori; vuole dibattere, vuole cambiare, vuole costruire. E intorno a Carol sfilano perfide bacchettone come la vedova Bogart o zia Bessie, la 'rivoluzionaria superficiale' Juanita Haydock - effervescente, irriverente; ma alla fine crudele come le altre se non di più - e la 'rivoluzionaria parziale' Vida Sherwin, maestra del villaggio con istinti riformatori ma che non osa mai più di tanto. Carol è decisamente sola contro Gopher Prairie, e scoprirà che nella vita ciò che conta non è vincere, ma continuare a combattere. Romanzo che fa pensare, una lettura che sa appassionare.

  • Il banchiere assassinato

    26

    Il banchiere assassinato
    Il banchiere assassinato

    Il poliziesco italiano doc Romanzo che inaugura il filone del romanzo poliziesco italiano e che per capacità di scrittura fu affiancato al più famoso Simenon e al suo commissario Maigret. Le indagini del commissario De Vincenzi prendono avvio quando questi riceve la visita inaspettata dell'amico Giannetto Aurigi che, dopo aver assistito alla Scala con la fidanzata ed i genitori di lei ai primi due atti dell'Aida, aveva lasciato il teatro per girare in solitudine per le vie nebbiose della città. Grande è la sorpresa del commissario quando riceve una telefonata che lo informa che è stato commesso un omicidio proprio nell'appartamento di Aurigi in via Monforte e che la vittima è il banchiere Mario Garlini, la cui banca aveva prestato una grossa somma di denaro ad Aurigi. Nel suo incontro all'ufficio del commissario, Aurigi aveva ammesso che negli ultimi tempi aveva giocato in borsa perdendo grosse somme, pertanto era impossibilitato a saldare il suo debito con la banca di Garlini. Da qui si snoda una vicenda che, attraversando una Milano segreta e affascinante, diventa ricca di colpi di scena, situazioni intricate, misteri difficili da sciogliere, che solo la grande esperienza del commissario saprà risolvere in un finale di crescente intensità emotiva. L’autore: Augusto De Angelis (Roma 1888 - Como 1944) Incarcerato per antifascismo nel 1943, morì in seguito alle percosse subite durante un'aggressione fascista. Scrittore e giornalista, considerato il "padre nobile" del giallo all'italiana. Protagonista dei suoi romanzi scritti tra il 1935 e 1942 e ambientati a Milano degli anni trenta è il Commissario Carlo De Vincenzi, della Squadra Mobile di piazza San Fedele: "umanissimo come Maigret, romantico come Marlowe, intellettuale come Philo Vance, eppure caparbiamente italiano".

  • Il diavolo in corpo

    31

    Il diavolo in corpo
    Il diavolo in corpo

    Amore e passione Un adolescente è spinto da un'irrefrenabile voglia di ribellione, e si lascia trascinare in un'avventura di passione e trasgressione in tempo di guerra: il libro di un giovanissimo autore, all'epoca diciassettenne, accompagnato da sempre da un alone mitico. Quest'opera colpisce l'animo del lettore per le straordinarie parole del suo autore e soprattutto per il mito che lo circonda (Radiguet è morto all'età di 20 anni). Temi come l'adolescenza, il tradimento, lo scandalo, la paternità, l'adulterio, l'amore e le inquietudini sono magistralmente trattati nel libro. Si tratta del primo romanzo di Radiguet, pubblicato l'anno della sua morte, 1923. L'autore, che ha evitato ogni romanticismo volutamente fittizio, ha sempre negato che la storia abbia riferimenti autobiografici. Il libro ha colpito l’immaginazione di numerosi registi che lo hanno trasferito in immagini. Da segnalare le produzioni cinematografiche di Autant-Lara e Marco Bellocchio. L’autore Raymond Radiguet (1903-1923) è stato un precocissimo talento letterario francese che univa ad una profonda conoscenza della cultura classica, una produzione poetica e letteraria di indubbia avanguardia. Riconosciuto dai critici per lo stile narrativo e la profondità dei temi trattati, nonostante la giovanissima età, Radiguet resta un autore di sicuro riferimento per la letteratura francese.

  • Giobbe: Romanzo di un uomo semplice

    14

    Giobbe: Romanzo di un uomo semplice
    Giobbe: Romanzo di un uomo semplice

    "Giobbe" è una messa sotto accusa della modernità, un mondo al quale lo scrittore austriaco contrappone quello millenario della tradizione ebraica. Il tema di questo romanzo (del 1930) è anche il motivo centrale della narrativa di Roth: la tragica vicenda degli ebrei dell' Europa centrale costretti ad emigrare in una «nuova diaspora» verso gli Stati Uniti, con dispersione della loro cultura. Mendel Singer, l' ebreo del romanzo, è un maestro talmudico la cui vita è scandita da una ripetitiva quotidianità che Roth evoca attraverso un linguaggio ricco di iterazioni e di anafore. La ripetizione assicura stabilità alla vita di Mendel, al romanzo e all' universo ebraico. Nella sua casa della Volinia russa, dove il sabbat si svolge secondo tradizione e dove la vita è ritmata dalle preghiere, la magia viene spezzata quando un medico scopre che Menuchim, l'ultimo figlio, è minorato. Da quel momento l'universo di Mendel si frantuma. E, come il biblico Giobbe, Mendel maledice il Signore: «È più benigno di Dio il diavolo». La riscoperta della benignità di Dio avviene attraverso il figlio che aveva abbandonato. Menuchim, infatti, superata la malattia, è diventato un compositore affermato e va ad esibirsi a New York. Al suo successo è affidato il riscatto presente in Giobbe. E questo riscatto è ciò che consente al vecchio Mendel, infine, di «riposarsi dal peso della felicità e dalla grandezza dei miracoli».

  • Elegia di Madonna Fiammetta

    28

    Elegia di Madonna Fiammetta
    Elegia di Madonna Fiammetta

    Boccaccio innamorato... Una lunga lettera di una innamorata fanciulla napoletana diventa il luogo nel quale Boccaccio fa vivere la storia d'amore tra Fiammetta e Panfilo e ne narra le vicende secondo uno schema classico per l'epoca di composizione (1343), rivisto e reso moderno dalla scrittura dell'autore. Fiammetta infatti non è rappresentata come oggetto d'amore, cosa che accadeva di norma nella lirica stilnovistica e trecentesca, ma come persona dotata di volontà ed emotività proprie, attraverso le quali parla alle altre donne per suscitarne la compassione e consolarsi così della propria sofferenza. Un gioiello della nostra letteratura ritrova il posto a lui dedicato.

  • La via principale - Volume secondo

    23

    La via principale - Volume secondo
    La via principale - Volume secondo

    Non troverete Gopher Prairie nelle carte geografiche. Né la sua Main Street. Neppure se provate a cercarla con il satellite con Google earth. Ma è come se ci fosse. Perché la sua Main street, la sua Via Principale "è la continuazione di qualunque Via Principale di qualunque città (…). La Via Principale è l’apice della civiltà. Perché questa Ford potesse sostare davanti al magazzino Bon Ton, Annibale invase Roma ed Erasmo scrisse nei chiostri di Oxford." Quando apparve nelle librerie americane, La via principale suscitò grande scalpore; nessun romanzo prima di allora aveva osato mettere in discussione la bellezza della vita middle class provinciale americana, criticando l'ipocrisia che sta alle fondamenta della Cittadina. Gopher Prairie - cittadina immaginaria - si sente un po' Vienna un po' Parigi, si sente l'ombelico del mondo e l'erede naturale dell'Inghilterra Vittoriana, seppure è uno sputo di villaggio attraversato da una comunissima Via Principale. Architettura terrificante in un paesaggio desolato, un po' come quei piatti agglomerati che scorgi dal finestrino del treno mentre passi per la nebbiosa pianura padana. E proprio in queste piccole comunità rurali del midwest americano, dove gli immigrati erano scandinavi e tedeschi, Lewis snida l'insorgere di un temibile virus, il Virus del Villaggio, provincialismo mentale prima che geografico. In questo villaggio prova a combattere la sua personale battaglia la giovane Carol, cittadina dal brillante futuro che si trova a sposare un onesto dottore di campagna. Carol non si arrende al virus, non si accontenta di qualche gossip, o di entrare nel club delle pettegole giocatrici di bridge, non si accontenta del solito refrain da provinciali incalliti conservatori; vuole dibattere, vuole cambiare, vuole costruire. E intorno a Carol sfilano perfide bacchettone come la vedova Bogart o zia Bessie, la 'rivoluzionaria superficiale' Juanita Haydock - effervescente, irriverente; ma alla fine crudele come le altre se non di più - e la 'rivoluzionaria parziale' Vida Sherwin, maestra del villaggio con istinti riformatori ma che non osa mai più di tanto. Carol è decisamente sola contro Gopher Prairie, e scoprirà che nella vita ciò che conta non è vincere, ma continuare a combattere. Romanzo che fa pensare, una lettura che sa appassionare.

  • Trattatello in laude di Dante

    27

    Trattatello in laude di Dante
    Trattatello in laude di Dante

    Inno alla grandezza di Dante Possiamo considerare Giovanni Boccaccio il primo cultore di Dante della storia. L’autore della Commedia – da lui definita divina – è stato l’astro più luminoso e brillante del suo firmamento letterario e poetico. Boccaccio è stato anche il primo biografo dell’Alighieri. Non avendolo mai conosciuto, per scrivere questa biografia ha raccolto le testimonianze di chi lo aveva frequentato. E’ stato nei luoghi del poema e nelle città che avevano ospitato l’exul immeritus. In questo modo, l’ingente materiale accumulato gli permette di disegnare un ritratto del poeta, sia fisico sia morale, comportamentale. Il Trattatello si sviluppa raccontando interessanti aneddoti sulla vita di Dante e la stesura della sua grande opera. Un tema culturalmente importantissimo che si affaccia in queste pagine è l’appassionata difesa che Boccaccio compie della decisione dantesca di utilizzare il volgare al posto del latino per il suo poema. Boccaccio lo difende a spada tratta: egli scelse il volgare «per fare utilità più comune a’ suoi cittadini e agli altri Italiani: conoscendo che, se metricamente in latino, come gli altri poeti passati, avesse scritto, solamente a’ letterati avrebbe fatto utile; scrivendo in volgare fece opera mai più non fatta, e non tolse il non potere esser inteso da’ letterati, e mostrando la bellezza del nostro idioma e la sua eccellente arte in quello, e diletto e intendimento di sé diede agl’idioti, abbandonati per addietro da ciascheduno.» Dante poté in questo modo allargare il pubblico dei suoi lettori; permise a moltissime persone, illetterate, di accostarsi proficuamente alla sua opera. Fece un’azione di moderna fruizione culturale. Ma i molteplici ricordi, le numerosissime citazioni, le analisi dell’opera e dell’”uomo” Dante, sono gli aspetti maggiormente interessanti e pregevoli di questa agile opera, che ci consegna un’ulteriore testimonianza della grandezza del sommo poeta.

Leggi altro di Giovanni Boccaccio

Correlato a Maree

Ebook correlati

Arti dello spettacolo per voi

Visualizza altri

Categorie correlate

Recensioni su Maree

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole