CISKE, muso di topo
Di Piet Bakker
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Info su questo ebook
Ciske è un ragazzino disadattato che vive in condizioni estreme: una madre che lo umilia sempre, un padre lontano, un ambiente sociale problematico. In questa disperazione sociale, l’unico ambiente nel quale Ciske riesce ad esprimersi è la scuola, grazie all’aiuto di un insegnante che capisce a fondo l’animo del ragazzo. A seguito di una tragedia, Ciske è rinchiuso in carcere per scontare una pena. Il suo riscatto avverrà grazie al sostegno della nuova moglie del padre, ad una ritrovata solidarietà da parte di insegnanti e compagni di scuola. Una storia che sottolinea come, anche di fronte a situazioni gravi e di difficile approccio, possa sempre esistere un’occasione di riscatto, in grado di risollevare anche le persone più duramente colpite. Un romanzo che invita alla solidarietà, alla tollerenza, all’amore reciproco.
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Anteprima del libro
CISKE, muso di topo - Piet Bakker
Piet Bakker
Ciske, muso di topo
Maree
KKIEN Publishing International
info@kkienpublishing.it
www.kkienpublishing.it
Prima edizione digitale: 2018
Edizione originale: Ciske, de rat (1942)
Traduzione di Stefania Quadri
ISBN 9788833260334
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Table Of Contents
1.
Ciske fa il suo ingresso nella scuola - Il maestro Bruis, il direttore Maatsuyker e la madre di Ciske.
2.
L’incontro del maestro con il padre di Ciske, marinaio - I primi progressi in aritmetica.
3.
Ciske reagisce violentemente alla provocazione di Jantje - Entra in scena il poliziotto Muyskcn. L’affascinante piccola Betje.
4.
Ciske fa amicizia con Betje - Topo si inserisce anche facendo a botte, nell’ambiente della sua classe Topo incomincia ad abituarsi.
5.
Arriva un nuovo compagno: Dorus. Benché ammalato diventa il migliore della classe; fa amicizia con Ciske.
6.
Ciske deve anche lavorare in un caffè - Visita tempestosa del maestro alla madre di Ciske.
7.
Topo rompe un vetro dell’ufficio di polizia per riavere il pallone di Dorus - Dorus studia il francese con l’aiuto del maestro.
8.
Il maestro parla di Topo a Muysken, il poliziotto. Il direttore e il maestro di Ciske sono convocati dal giudice dei minorenni - Bruis diventa tutore dì Ciske.
9.
Un incidente alla carrozzella di Dorus - Tutti al mare in gita scolastica.
10.
La situazione familiare di Ciske peggiora: contrasto insanabile fra i suoi genitori.
11.
Arrivano le vacanze. Il maestro si sposa; Ciske è di nuovo solo.
12.
La situazione precipita - Fa la sua apparizione la «zia Jans».
13.
Il maestro chiede consìgli al Giudice van Loon e prega zia Jans di non incontrarsi più con Ciske – Betje, Ciske e Dorus fanno visita al maestro.
14.
Il maestro ammonisce la madre di Ciske di non tormentare il figlio.
15.
La madre di Ciske tenta di ritirarlo dalla scuola. Ciske reagisce ad un ultimo sopruso della madre e provoca la disgrazia.
16.
Ciske è rinchiuso in una cella del reparto psichiatrico della prigione. La vita in classe prosegue. Il padre di Ciske e zia Jans pensano di sposarsi.
18.
Il maestro accompagna Ciske nella Casa di correzione.
19.
Nasce il primogenito del maestro. Betje, Sip e Dorus gli fanno visita.
20.
Il maestro Bruis lascia la sua classe.
21.
La prima lettera di Ciske al suo maestro.
22.
Visita a Ciske nella Casa di correzione. Ciske ha conquistato il nastrino rosso.
24.
Il giudice permette di ritirare Ciske dalla Casa di correzione. Ciske ritorna ed è accolto nella casa di zia Jans.
26.
Zia Jans e il padre di Ciske si sposano - Ciske reagisce agli insulti di Jantje.
27.
Partenza per il campeggio; vi partecipa anche Ciske in qualità di segretario del suo ex-maestro.
28.
Al ritorno Ciske riceve un’ovazione dai nuovi amici - Ciske e Jantje si scontrano ancora.
29.
Ciske è sempre più inquieto - Jantje provoca Ciske e questi cade nel canale - Salvato per miracolo, si ammala ed è preso dagli incubi.
30.
Convocato dal maestro Bruis il cappellano De Goey aiuta Ciske a trovare la pace dell’anima.
1.
Ciske fa il suo ingresso nella scuola - Il maestro Bruis, il direttore Maatsuyker e la madre di Ciske.
Come arrivò nella nostra scuola Ciske? Me ne ricordo ancora bene.
Oggi verrà qui un bel campione, che ci darà le più grandi gioie, disse il direttore Maatsuyker, mentre in attesa dell’inizio delle lezioni, eravamo nel corridoio alle prese con la nostra sigaretta.
Un vero campione! E lo prenderà nella sua classe Bruis!
Mi mostrai annoiatissimo.
Maatsuyker faceva sempre l’importante con me, perché nella sua scuola ero ancora uno «sbarbatello». Con gli altri, non si poteva più imporre già da molto tempo.
Chi dovrò prendere nella mia classe?
Maatsuyker lasciò cadere un po’ di cenere sulla sua giacca e cominciò ad agitarsi in modo indisponente.
Un tipo, mio caro, che vogliono escludere dalla Scuola Confessionale e rifilare a noi. Il nostro nuovo scolaro si chiama Franciskus Aloisius Freimuth, ma non è così angelico come il suo nome. Ah, eh! Ha perfino dei rapporti con la Polizia! Un caso veramente preoccupante. Si dice che una volta, in un momento di rabbia, abbia rovesciato un intero calamaio in testa alla sua insegnante, una povera ragazza dai capelli rossi!
Non capivo perché Maatsuyker mi guardasse sogghignando e mi ripetesse avvertimenti pedagogici.
Le posso dare un consiglio? Lo cacci subito in un angolo. Ragazzi di questo genere vanno presi solo con la forza. Più duramente lo tratterà, e più in fretta imparerà a rispettarla! Sarebbe ancor meglio dargli subito il benvenuto con una bella bastonatura.
Non ci penso neppure!, risposi burbero. In questo modo il ragazzo capirebbe subito che si ha paura di lui.
Un tipetto proprio per Bruis, si intromise Tedema. Ha ancora degli ideali, lui! Così avrà qualcuno da rieducare, vecchio mio!
Io ho simpatia per Tedema. È la classica maestra inacidita che si prodiga molto per i suoi scolari, pur lamentandosi spesso di loro. Comunque nessuna meraviglia, se si pensa che a cinquant’anni se la deve vedere con cinquanta scolari e per di più è asmatica. Anche Meersma, il collega di cui ho più stima, mi disorientò con le sue parole.
Oh! mio caro Bruis, non pensate di poter avere delle soddisfazioni con un simile soggetto! Ho avuto io stesso una volta un tipo come questo in classe, che me la faceva sotto il naso. Poi un giorno improvvisamente cessò di venire a scuola. Due settimane dopo seppi che lo avevano messo dentro per furto.
A un tratto, in fondo al corridoio apparve un ragazzo, gracile e mingherlino; non arrivava neppure all’altezza degli attaccapanni. Stava lì immobile, addossato alla parete.
Ehi! Eccolo qua!, brontolò Maatsuyker andando verso di lui. Accanto al bambino sembrava ancora più alto e imponente. Il sangue mi salì alla testa quando vidi il mio direttore dargli uno schiaffo senz’alcun motivo. Contemporaneamente sentimmo la sua stridula voce:
Non puoi toglierti il berretto? Avanti, levatelo! (Che sciocchezza! Tutti i ragazzi circolano nel corridoio a capo coperto).
Il piccolo rimase di stucco, ma quando Maatsuyker tentò ancora dì schiaffeggiarlo, gli sgusciò dalle mani e corse via andando a sbattere proprio contro il maestro Verbeest che giungeva a scuola sempre più tardi di noi, perché ogni mattina doveva accompagnare la sua bambina all’asilo. Egli acciuffò il ragazzo e lo riportò riluttante a Maatsuyker.
Ecco il fuggitivo!, disse sorridendo.
Io ero nero di rabbia. Il modo indisponente di Maatsuyker non si accordava per nulla al metodo che mi ero prefisso. Intendevo trattare il nuovo venuto come tutti gli altri scolari. Il mio sistema invece veniva completamente sconvolto.
Lo prendo in classe con me!, dichiarai risolutamente. Vieni con me, piccolo!
Il fanciullo mi guardò con due occhioni pieni di sentimento che brillavano affascinanti ed espressivi nel suo viso pallido, dalle labbra sottili dai capelli chiari.
Tutto considerato, avevo davanti a me nient’altro che un mucchietto di miseria indifeso. Questa sarebbe stata la esatta impressione, se egli non avesse avuto quegli occhi che sembravano voler dominare tutto e tutti,
«Che cosa volete insomma da me?» sembrava dire con ostile difesa e subito mi venne in mente che il ragazzo era soprannominato Topo
, Ciske, il Topo!
Vieni, dissi brevemente, e Ciske mi trotterellò dietro apaticamente. Così Ciske venne nella mia classe e ci rimase...
***
Nel mio intimo invidio i maestri ormai esperti, come Meersma e Jorissen. Essi possiedono naturalmente quel giusto tatto che ben si adatta a ogni tipo di scolaro. Io non l’ho ancora acquistato. Qualche centinaio di ragazzi dovranno servirmi da cavie prima che diventi un buon maestro.
Quando entro in classe con Topo, i miei alunni se ne stanno quieti quieti sui quaderni. Tuttavia li vedo osservare sprezzanti il nuovo arrivato. Questi, da parte sua, mostra un’espressione da accusato fermamente deciso a non fare alcuna dichiarazione.
Ed ora dimmi come ti chiami, amico, dico con la maggior naturalezza possibile.
Topo però deve aver trovato qualcosa di artificioso e di forzato nella mia voce, perché mi fissa con occhi ardenti e tace.
«Non mi prendi in trappola», sembra dire il suo sguardo sospettoso come quello di un animale selvatico.
È sciocco da parte tua non rispondere, riprendo indifferente.
Ciske mi guarda muto e ostinato. Allora io commetto una sciocchezza.
Preferiresti forse dirlo a quel gentile signore di prima?, l’apostrofo ironicamente.
Che errore da parte mia! Minacciare l’uomo nero a un ragazzino simile!
Ciske alza le spalle altezzosamente. Nel suo viso non si legge la minima paura. Perciò dico brusco:
Siediti qui nel primo banco, ragazzo senza nome!
Drikus van de Berg che pure siede al primo banco, si scosta come se gli si fosse avvicinato un lebbroso. Già prevedo che al pomeriggio mi arriverà una lettera da parte di sua madre:
«Egregio signor Maestro, come si permette di mettere accanto al mio bambino un ragazzo così incivile..». ecc. ecc.
Topo rimane impassibile e io devo ammettere di essere stato battuto.
Registro così la mia prima sconfitta. Mi prefiggo di tenerlo d’occhio, senza farmi scorgere.
Fuori i libri di lettura!, comando indispettito.
Appena il ragazzo prende il sud libro, glielo tolgo di mano.
Tu non farai parte della nostra classe fino a che non ci avrai detto come ti chiami, gli sussurro all’orecchio.
Egli sì fa ancor più pallido. Potrebbe reagire, penso.
Intanto incominciamo da lettura.
Le dita dei piccoli si spostano in bell’ordine lungo le righe e ogni ragazzo che viene chiamato legge con monotona cantilena.
Piccolo e magro, Ciske si rannicchia nel banco spazioso e tiene gli occhi fissi al soffitto. A che pensa? Che specie di ragazzo è mai costui?
Devo riconoscere che Topo, da solo, mi interessa più di tutta la classe messa insieme.
Lenchen Heinrik legge cocciutamente più volte una frase sempre con lo stesso errore. La scolaresca ride divertita.
Una scolaresca ride soprattutto quando uno si dimostra molto stupido.
Dunque, chi vuol mostrare come si legge esatto?, chiedo. E resto un attimo in attesa, perché Ciske ha allungato il collo verso il libro di Drikus. Ad un tratto gli dico:
Prova a correggerlo tu. Uhm. Peccato che non conosca il nome. Allora tu, Drikus; tu ce l’hai un nome.
Questa volta Topo si fa tutto rosso. Così va bene!
Continuiamo così tutta la mattina.
Ciske non prende parte a quello che facciamo e si annoia terribilmente.
Un bambino che deve stare inoperoso non è mai felice. Tuttavia non voglio esagerate e forzare troppo il mio prestigio, soprattutto di fronte agli altri ragazzi. Certo sarebbe una gran cosa se ora Topo venisse spontaneamente a dirmi:
«Signor maestro, mi chiamo Franciskus, Aloysius, Gerardus Freimuth».
Alla fine delle lezioni trattengo ancora un po’ Ciske in classe.
Metto un foglio di carta davanti a me, e chiedo deciso
Quand’è il tuo compleanno?
L’otto agosto.
È la prima volta che odo la sua voce rauca ed afona. Il resto viene abbastanza facilmente. Per l’imbarazzo, si lascia sfuggire anche il suo nome.
Sono contento di sapere finalmente come ti chiami, dico traendo un sospiro. Adesso potrò occuparmi di te, e tu non resterai in classe solo a scaldare il banco.
Sarà poi entusiasta di essere entrato a far parte della nostra comunità? Non credo. Mi guarda ancora freddamente, ma i suoi occhi non sono più cattivi.
Nel pomeriggio dobbiamo fare dei calcoli con le frazioni, ma Ciske non ne ha la più pallida idea.
Non hai ancora studiato le frazioni?, gli chiedo.
Non le ho mai sentite nominare, dice il mio Topo indifferente.
Nell’ultima mezz’ora faccio fare disegno libero. Non c’è mezzo migliore per imparare a conoscere i propri ragazzi.
In una rabbiosa concentrazione, Topo abbozza due aeroplani che si colpiscono a vicenda con le mitragliatrici. Perfino il pilota che, sanguinante, si lancia dall’apparecchio in fiamme, è molto veristico.
Negli occhi di Ciske brilla di nuovo una terribile luce. Il disegno ha vivacità ed estro. Drikus invade inavvertitamente il banco di Ciske il quale, nella foga del lavoro, gli assestai una forte gomitata nelle costole. Io mi accorgo che il gesto è intenzionale. Drikus ne rimane molto impressionato. Sarebbe scoppiato in pianto se ciò non fosse stato poco virile.
Alle quattro faccio conoscenza con la madre di Ciske. Fin dal primo momento quella donna volgare e malvestita, mi ispira disgusto. Porta un cappellino sovraccarico di fiori e una volpe d’un giallo sgargiante che le gira attorno al collo.
La veletta nasconde solo in parte i rozzi tratti del viso, dove, si intravede chiaramente un volgare neo. Viene per concedere a me, nuovo maestro di Ciske, il permesso di legnare suo figlio il più spesso possibile.
Senz’avere studiato, né sa tanto di pedagogia quanto Maatsuyker: il suo, quindi, è un dono di natura...
Duro poca fatica a comprendere la situazione familiare di Topo. La signora Freimuth non è reticente nel raccontare, particolarmente se si tratta di dir male di quel tipaccio del padre di Ciske, che si lamenta di tutto e torna a casa solo quando non ha più soldi per l’acquavite. L’ha semplicemente abbandonata con quattro bambini! Tocca a lei guadagnare il pane per sé e per i suoi figli servendo a un buffet. Per colmo di sventura, le è capitato un figlio come Ciske.
Un vero castigo di Dio! Naturalmente anche gli altri tre le danno un mucchio di grattacapi, ma con quelli se la sbriga subito. Per esempio, poco fa, il maggiore, ha rovesciato la scodella della zuppa sul tappeto. Essa l’ha sollevato di peso dal letto e rinchiuso nella carbonaia.
Questo castigo è stato salutare. Dove andrebbe a finire altrimenti?
Ma Ciske!... La rabbia le fa uscire delle macchie sulla gola e la sua voce si fa irriconoscibile.
È un’anima nera, signore! Un campione della strada!
Devo dirlo, devo dirlo, anche se sono sua madre! Non c’è niente di buono in lui, assolutamente niente. A volte mi fa perfino paura. Non mi creda pazza. Pensi che nel bel mezzo della notte mi sveglio alle mie stesse urla, perché mi vedo davanti Ciske con un coltellaccio in mano che vuole assassinarmi. In sogno, naturalmente! A me, sua madre, scaverà la fossa quel ragazzo!
Devo aver compassione per questa megera? Sarebbe una compassione sciupata!
Mi creda, quel ragazzaccio ha il diavolo in corpo!, conclude la madre di Ciske.
E mi ringrazia perché finalmente ha potuto parlare con una persona che la comprende
.
È già buio nel corridoio quando la signora Freimuth sé ne va, dondolandosi sulle anche. Io mi sento in gola qualcosa che mi soffoca. L’edificio scolastico mi pesa sopra il capo.
Si sente un odore di panni bagnati e di cibi cotti.
Mi favo le mani. Una mamma come quella di Ciske è una creatura nel suo più triste aspetto. Ma è anche una circostanza attenuante per Topo. Come ci si può meravigliare se il ragazzo si ribella?
Esco dalla scuola e mi dirigo nel quartiere dove abitano i Freimuth: alte case d’affitto, uno! scorcio grigio di cielo, sudice pozzanghere e pioggia insistente.
Perché è permesso che dei bambini crescano in un simile ambiente, dove mancano perfino luce e calore? Mio Dio, se almeno avessero ognuno, una stanza accogliente, una sorella col grembiule pulito, una mamma sorridente! Capisco perché i bambini di solito vengono volentieri a scuola, etiche se vi sono odori sgradevoli e le pareti emanano cattive esalazioni. A scuola, a prescindere da quel maneggiatore di frusta che è il maestro, trovano un ambiente umano.
Proprio per quest’ambiente umano mi sento orgoglioso d’essere un insegnante.
2.
L’incontro del maestro con il padre di Ciske, marinaio - I primi progressi in aritmetica.
Già da una settimana Ciske è nella mia classe. Ma rimane sempre come un uccello estraneo al nido. Esegue i compiti diligentemente, ma evita ogni contatto con gli altri ragazzi. Non intendo dire con questo che egli sia un ingenuo. Tutt’altro! Al mattino entra sempre in classe per ultimo e scivola svelto nel suo banco. Se ne sta seduto in silenzio, aspettando indifferente l’inizio delle lezioni. Timido, non lo è di certo. Questo, l’ha esperimentato Karlchen Kerk quando, con la sua innata cattiveria, nell’intervallo tra un’ora e l’altra, si è preso il gusto di portar via il quaderno di Ciske. Ho visto una dura espressione sul viso di Topo. Prima che potesse prevenirlo, Karlchen ricevette nello stomaco un pugno magistrale; un colpo davvero tirato con calma e competenza, non per una reazione improvvisa, ma con piena deliberazione, per avvisarlo di non immischiarsi nei suoi affari privati. Karlchen ha lasciato andare il quaderno lamentandosi.
Ho messo Topo per mezz’ora in castigo in un angolo. Avrei potuto lasciarlo là anche due o tre ore, ma non gli avrebbe fatto il più piccolo effetto.
Gli altri ragazzi non sanno cosa pensare di Topo e non lo degnano di alcuna considerazione. Ciske, da parte sua, non fa il minimo sforzo per farsi accettare nella loro cerchia. Li guarda tutti superbamente dall’alto in basso e appena qualcuno gli si avvicina un po’ troppo, chiude il suo sporco piccolo pugno.
Mi struggo il cervello per trovare il modo di far cessare questo stato di inimicizia. Uri tipo solitario come Ciske nuoce all’armonia della comunità. Una classe deve essere unita, anche se è formata da furbacchioni e da asini, da bravi ragazzini e da tipi indesiderabili.
Prendete per esempio Drikus che siede vicino a Topo. È il tipico esemplare dello scolaro mediocre, non troppo stupido, non troppo sveglio, diligente e noioso. Se tutti fossero come Drikus, io dovrei sbadigliare per l’intera mattinata. Una classe dev’essere varia nei suoi componenti. Perfino un chiacchierone come Karlchen Kerk che va richiamato in media tre volte all’ora per i suoi modi da ficcanaso, dà un certo colore alla collettività; anche quella sciocchina di Lieschen Gemert interrompe la monotonia con le sue idiozie.
Ora invece c’è questo Topo stranamente silenzioso! Topo è una personalità. Sebbene maltrattato e calpestato, si difende con un’ammirevole forza vitale. Io voglio bene a Topo, ma egli deve smettere di restare isolato nella nostra comunità. Come posso ottenere questo? Solo quando Ciske avrà compreso che non tutti sono contro di lui potrò dire di aver riportato la prima vittoria,
Ma c’è qualcuno per cui Topo si interessa...
Dopo le lezioni accompagnai la mia classe fino al portone secondo l’abitudine della scuola.
Ciske mi passò davanti senza salutarmi. Come al solito. Improvvisamente lo vidi percorrere di corsa i gradini e far scadere, nella fretta, Karlchen Kerk, che si mise a lanciare insulti contro il compagno.
Ma Ciske volò giù per la strada e schivando per un pelo un grosso camion sì fermò vicino a un uomo. Questi gli assestò delle bonarie manate sulle spalle, che gli fecero emettere grida gioiose.
Di buon umore e proprio come un ragazzo normale, Ciske si mise a saltellare accanto all’uomo. Dietro la corazza che si era formata intorno a quel cuore di bimbo, c’era dunque un punto vulnerabile!.
Quest’uomo sarà il padre di Ciske? Me lo auguro di tutto cuore. Un ragazzo con una mamma simile ha assoluto bisogno di un padre al quale appoggiarsi, anche se lo vede raramente.
Al pomeriggio, il medesimo uomo venne alla scuola con lui. La maggior parte dei bambini sono imbarazzati, quando i genitori li accompagnano. Topo non bada a nessuno. Egli chiacchiera animatamente col suo snello ed energico accompagnatore, che porta con eleganza un buon abito blu e ascolta sorridendo il cicaleccio del bambino.
L’uomo ha l’aria un po’ indifferente e nel suo viso abbronzato appare a tratti la forte dentatura. Mi sfiora con uno sguardo, e mi si avvicina tranquillo e sicuro. Quando li ho di fronte, osservo gli occhi di Ciske. Questi, ancora più imperiosi e sfrontati, mi scrutano in volto; le sue pesanti palpebre sono immobili.