a cucina italiana è senza dubbio la più ricca al mondo. Ricca di prodotti, tradizioni, modi di cucinare che ogni Regione italiana ha sviluppato e personalizzato nei secoli. Quando sono arrivata in Italia per me la “cucina” era poco più che una stanza della casa. Era il luogo dove la mattina ci si incontrava per fare delle ricche colazioni a base in questo per me è stata maestra. Come lo sono state soprattutto le tante “signore di casa” che ho incontrato. Più dei grandi chef, bravissimi ma irraggiungibili per molti di noi. Quelle signore che, nello loro cucine incasinate che profumano sempre di qualcosa che cuoce, mi hanno fatto capire che anche con pochi ingredienti si può raggiungere lo straordinario. Negli anni ho imparato a cucinare tante cose. Il fatto curioso, che fa molto ridere i miei familiari, è che accanto a piatti della mia terra fatti di patate, uova, speck e cetrioli, ho proposto ricette, spesso dagli strani nomi, che ho imparato nei miei viaggi. Sempre con un quoziente di difficoltà basso, ma lente e appassionate nella loro esecuzione. Dagli spaghetti alla “puttanesca” ai , dal ligure agli “strozzapreti” fatti a mano, ho regalato tempo al tempo, gesti lenti alle mani e spazio alla mia visione di quale sapore avrei voluto regalarmi e regalare alla fine di un pomeriggio di cucina. E come ogni arte, anche quella culinaria non ha regole rigide o confini. Il mio rollè ripieno di castagne, prugne e salsiccia non avrà sicuramente lo stesso identico sapore di quello della signora Maria. Ma so che avrà la mia firma nella memoria di chi lo avrà mangiato a casa mia e non dalla signora Maria. Umiltà. È un altro concetto fondamentale nella cucina di noi che non siamo grandi chef. Creare sì, ma non per stupire. Semplicemente preparate una cosa buona prendendosi tutto il tempo che serve. E magari un po’ di più. Yoga per la mente. Piacere per il palato. Che volete di più? .
