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Tuscia Slow in 80 ricette
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E-book174 pagine2 ore

Tuscia Slow in 80 ricette

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Info su questo ebook

Tuscia Slow è un viaggio del gusto nella tradizione enogastronomica della Tuscia Viterbese, che viene presentata dall'autrice attraverso ricette locali e familiari, nuovi piatti frutto della sua fantasia, tipicità agricole e metodi di preparazione tradizionali di cui troppo spesso si è persa la memoria.
Prodotti tipici, presidi slow food, attenta selezione degli ingredienti, chilometro zero e amore per l'ambiente, autoproduzione casalinga e gli abbinamenti di vini di un enologo speciale sono il bagaglio che accompagna Fabiana Eramo in questo viaggio appassionante alla riscoperta di sapori e saperi locali, di una cucina lenta dal gusto genuino.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mag 2020
ISBN9788895187891
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    Anteprima del libro

    Tuscia Slow in 80 ricette - Fabiana Eramo

    L’olio extravergine di oliva

    L’olio extravergine di oliva è alla base di molte delle pietanze che cuciniamo ogni giorno, venendo sostituito solo raramente, ma più spesso affiancato, da altri grassi di origine animale (burro, strutto); la scelta dell’olio da utilizzare in cucina per i nostri immancabili soffritti, per quanto sovente si pensi il contrario e non ci si ponga la necessaria attenzione, non è dunque cosa da poco: un olio di qualità è in grado di fare la differenza, rendendo i nostri piatti più gustosi e donandogli un sapore davvero inconfondibile.

    La Tuscia, soprattutto nelle zone più prossime al mare, è grande produttore di Olio extravergine di oliva di alta qualità: basti pensare all’ormai famoso Canino DOP, al quale è dedicata la Sagra che si tiene nel comune di Canino da ormai vent’anni; o anche al fatto che l’olio extravergine di oliva di un’azienda di Vetralla (l’azienda agricola Sergio delle Monache), il Tamìa Gold, sia stato recentemente premiato come miglior Olio extravergine di oliva biologico al mondo (categoria Organic Blend Delicate – North Hemisphere) alla New York International Olive Oil Competition.

    Volendo tenere fede ai principi base di questo ricettario espressi nell’introduzione, ho deciso di concentrarmi sugli oli biologici, e tra questi ho voluto premiare quello che secondo me è uno dei migliori della Tuscia: l’olio biologico dell’Azienda Agricola Le Roghete.

    L’olio biologico Le Roghete è ottenuto dalla spremitura di tre specie di olive: il leccino (34%), il frantoio (33%) e il moraiolo (33%). Di colore verde smeraldo intenso, è ben strutturato al gusto e regala aromi intensi di melanzana, mandorla amara e piante erbacee, lasciando un retrogusto vivacemente piccante ma ben calibrato. Le drupe sono raccolte a mano da olivi quasi secolari e frante con macine di granito; l’olio viene estratto a freddo, lasciato a decantare in modo naturale e conservato in sylos di acciaio a temperatura controllata.

    L’Azienda Agricola a gestione famigliare Le Roghete si estende per circa 250 ettari su terreni pressoché incontaminati confinanti con la riserva naturale di Monte Rufeno, 3000 ettari di boschi al confine di tre regioni, il Lazio, l’Umbria e la Toscana. Su questa terra l’Azienda Agricola produce vino, miele, aglio rosso di Proceno, pecorino e, per l’appunto, l’olio extravergine di oliva.

    L’olio extravergine di oliva Le Roghete ha ottenuto numerosi riconoscimenti e recensioni molto positive apparse sul quotidiano Il Tempo e sulla prestigiosa rivista enogastronomica Bibenda¹. Legambiente, a partire dal 2009, lo consiglia per i metodi di coltivazione biologici ed ecosostenibili.

    Utilizzato a crudo, l’olio biologico le Roghete, è ottimo per condire delle bistecche di maiale cucinate alla brace e per insaporire le zuppe preparate con legumi e cereali locali. Fa un’ottima figura sulle bruschette in abbinamento all’aglio rosso di Proceno e, come avrete modo di scoprire, quale protagonista dei soffritti che stanno alla base delle ricette di questo libro.

    La pasta fatta in casa

    La pasta fatta in casa era ed è la regina della cucina tradizionale italiana, una preparazione che unisce con un filo rosso le altrimenti diverse e incredibilmente varie cucine regionali. La cucina della Tuscia non fa eccezione alla regola generale: le donne delle famiglie contadine di questa zona erano solite preparare, soprattutto in occasione delle feste comandate o dei pasti che segnavano la fine o l’inizio dei lavori nei campi, la pasta in casa. A volte era un semplice impasto di acqua e farina, dal quale ne uscivano i pici (umbrichelli o lillere in dialetto locale); altre, molte volte era la sfoglia con l’uovo, dalla quale si ricavavano tagliatelle, pappardelle, lasagne o la pasta per i tortelli; altre ancora un impasto di acqua, farina e patate, la base per gli gnocchi.

    Non potevo quindi iniziare la sezione dedicata alle ricette se non con la preparazione della pasta, tradizione culinaria tramandatami dalle donne della mia famiglia.

    Nella maggior parte delle ricette che troverete in questo capitolo, ho inserito delle brevi introduzioni sulle origini del piatto e alcuni aneddoti sulla vita e la cucina del podere dove ho vissuto.

    I PICI

    I pici prevedono un impasto semplice, fatto di pochi ingredienti: farina, acqua e sale. Ciò non deve sorprendere, giacché questa pasta era in origine il tipico piatto povero dei contadini del centro Italia (sud Toscana, nord Lazio e Umbria); venivano conditi, solitamente, con battuto di cipolla o di aglio, con cacio e pepe, all’ajone, con ragù o molto più semplicemente con olio extravergine d’oliva e formaggio.

    1 kg di farina 0, acqua tiepida, una presa di sale. All’impasto possiamo aggiungere 1 uovo o 2 per conferire consistenza alla pasta durante la cottura, o incorporare farina di grano duro rimacinata (nella proporzione di una parte di grano duro e tre di grano tenero), ma la ricetta di un tempo prevedeva solo quei tre semplici ingredienti.

    Setacciare la farina sulla spianatoia e versarvi al centro un po’ di acqua tiepida e il sale. Impastare energicamente per 10 minuti fino ad ottenere un miscuglio di media consistenza, non troppo asciutto. Lasciar riposare l’impasto ricoperto da un canovaccio per circa mezz’ora, trascorsa la quale potete iniziar ad abbigare, cioè a creare dei lunghi cilindri di 3-4 millimetri di diametro, che stenderete poi su un vassoio o un canovaccio spolverato di farina per evitare che si attacchino tra loro.

    Portare a ebollizione l’acqua e salare. Per evitare che i pici s’incollino si consiglia di aggiungere un cucchiaino di olio all’acqua di cottura e di cuocerli un po’ alla volta. I vostri pici saranno cotti quando iniziano a venire a galla.

    PICI ALL’AJONE

    CON AGLIO ROSSO DI PROCENO

    L’aglio rosso di Proceno è contraddistinto da un bulbo di medie dimensioni con bulbilli corti e tozzi e dal vello esterno dal peculiare colore rosso. Il sapore è forte con una nota piccante, il profumo intenso e persistente; l’aglio deve le sue caratteristiche alla tipologia di terreno mediamente argilloso sul quale viene coltivato e all’ambiente naturale nel quale cresce, le colline Altoviterbesi situate a 450 metri s.l.m., caratterizzate da clima temperato.

    Questo tipo di aglio viene coltivato in una ristretta area geografica compresa tra Proceno e Acquapendente. La semina, eseguita a mano selezionando i bulbilli migliori, avviene tra dicembre e febbraio e la raccolta tra giugno e luglio. Il seme è costituito da bulbi separati dal cespo e viene inserito nel terreno con l’apice rivolto verso l’alto. Nel mese di maggio viene eseguita la starlatura, ovvero l’eliminazione degli scapi fiorali (talli o tarli) per favorire l’ingrossamento del bulbo. Le piante, una volta raccolte, vengono legate in treccia e sottoposte ad essiccazione per tre mesi in luogo ventilato. Si mantiene per un anno senza particolari accortezze.

    L’Aglio Rosso di Proceno è celebrato con la Sagra della Bruschetta (già Sagra dell’Aglio Rosso), che si tiene da ormai trentatré anni nel mese di agosto nel comune di Proceno.

    L’aglio rosso di Proceno è oggi uno dei prodotti tipici più conosciuti e commercializzati del territorio della Tuscia ed è reperibile praticamente ovunque, nei negozi e nei supermercati, anche grazie al lavoro dei distributori agricoli della zona. Il mio consiglio, comunque, è quello di acquistarlo direttamente presso uno dei tanti piccoli produttori che affollano il territorio di Proceno e dintorni, quali ad esempio La Treccia di Santoni Marcella o Il mulino dei Veschi dei fratelli Enzo e Carlo Gobbi, anch’essi – come tante altre aziende citate in questo libro – impegnati a ricreare una filiera agricola corta e tutta italiana.

    Entrambe le aziende qui citate, durante il periodo della raccolta, tengono aperti dei piccoli punti vendita nel paese di Proceno presso i quali potrete acquistare, oltre alle creste d’aglio, il tarlo e alcuni prodotti e conserve fatti in casa.

    2 spicchi di aglio rosso di Proceno, tarlo in abbondanza, 1 l di passata di pomodoro, olio extravergine di oliva, sale, peperoncino, prezzemolo.

    Scaldare in una padella 2 cucchiai di olio e unirvi gli spicchi di aglio precedentemente sbucciati e battuti finemente al coltello. Tagliare in piccoli cilindri il tarlo e versarlo nel soffritto. Far cuocere per qualche minuto. Infine, aggiungere la passata di pomodoro, aggiustando con sale e un pizzico di peperoncino. Coprire con un coperchio e cuocere a fiamma bassa per un paio d’ore. Immergere i pici in acqua bollente salata e, a cottura ultimata, scolarli e saltarli nel sugo finché non saranno ben amalgamati. Servire con una spolverata di prezzemolo tritato.

    Centeno V.d.T.

    Villa Sant’Ermanno

    (Sangiovese)

    PICI CON LE BRICIOLE

    150 g di pangrattato, 2 spicchi d’aglio, un pizzico di peperoncino, sale, olio extravergine di oliva.

    In una padella, fare indorare a fuoco dolce l’aglio in camicia e il peperoncino con 2 cucchiai di olio. Dopo qualche minuto, aggiungere le briciole, alzare leggermente la fiamma e tostarle finché non saranno dorate.

    Fontana Antica I.G.T.

    Lazio bianco.

    Carla Onofri

    (Malvasia, Trebbiano)

    Scaldare in un’altra padella qualche cucchiaio d’olio, cuocere i pici in acqua bollente e salata, scolarli e versarli nella padella con l’olio. Saltarli per qualche minuto, aggiungere le briciole e saltare ancora un po’ .

    PICI CACIO E PEPE

    Olio extravergine di oliva, sale, pepe, 200 g di pecorino toscano.

    Faleri I.G.P.

    Lazio bianco

    Cristina Menicocci

    (Trebbiano)

    Versare 2 cucchiai d’olio (o una noce di burro, a seconda dei gusti) in una padella, aggiungere il pepe nero e scaldare per 2 minuti. Cuocere i pici in acqua bollente e salata, scolarli e tuffarli nella padella, avendo cura di aggiungere qualche mestolo di acqua di cottura. Unire infine il pecorino toscano grattugiato, mantecando per qualche minuto.

    Servire con una generosa grattata di pepe.

    PICI CON BATTUTO DI ALICI

    400 g di pici, 500 g di alici fresche, peperoncino, 1 spicchio d’aglio, 1 bicchiere di vino bianco, 1 kg di pomodori rossi a grappolo (in alternativa dei buoni pelati), olio extravergine di oliva.

    Eliminare le lische dalle alici fresche e preparare un battuto tritandole finemente. In una padella scaldare 2 cucchiai di olio e far rosolare lo spicchio d’aglio intero. Non appena l’aglio sarà dorato, eliminarlo e aggiungere il battuto di alici. Far cuocere il tutto per 10 minuti, quindi sfumare col vino bianco, aggiustando di sale e aggiungendo il peperoncino. Quando il vino sarà evaporato, versare i pomodori, possibilmente privati dei semi. Anche in questo caso si consiglia una cottura lenta, per mezz’ora o più. Cuocere i pici in acqua bollente e salata, scolarli e saltarli assieme al battuto di alici per un paio di minuti. Servire con una spolverata di prezzemolo tritato finemente.

    Roscetto Colle de’ Poggeri I.G.T.

    Lazio bianco

    Cantina Stefanoni

    (Roscetto)

    LA SFOGLIA

    La sfoglia fatta in casa mi rievoca alcuni ricordi di vita familiare. Nel periodo della trebbiatura, tra giugno e luglio, le donne della mia famiglia si alzavano di

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