Harry Powers è un dollaro. Il dollaro che, poco più poco meno, gli occorreva per inviare le sue compassionevoli lettere in risposta a solitari cuori femminili o per richiedere invece soccorso affettivo proponendosi come incompreso fiore nel deserto dell’aridità umana.
Naturalmente non credeva a una sola parola di quel che scriveva: il suo unico scopo era arrivare a una preda abbastanza danarosa da poter imbrogliare senza possibilità d’appello eliminando fisicamente la truffata e gli eventuali testimoni. In questo purtroppo si distingueva da certi abili marpioni della delinquenza che strappano quasi l’applauso per l’ingegnosità dei loro raggiri. Powers non esitava a ricorrere all’assassinio semplicemente perché gli appariva il mezzo più sicuro per non venire scoperto. All’omicida interessava solo e soltanto il dollaro che era: homo oeconomicus integrale.
Se si fosse stati in grado di vedere bene attraverso i suoi occhi talmente cerulei da sembrare quasi trasparenti, si sarebbe potuto osservare invece delle pupille il simbolo del dollaro che mostra in certi momenti di avidità assoluta Zio Paperone. Ma lui non ap-parteneva né al mondo animale né a quello dei cartoni animati: se li era lasciati alle spalle definitivamente e fin dall’inizio della sua vita.
Nonostante si possa tecnicamente collocare nell’ambito della categoria dei serial killer (infatti uccise più di tre persone a distanza di tempo), tutto sommato appartiene all’asettico mondo post-passionale che di solito non è tipico degli omicidi seriali, capaci di ammazzare per una scarpa o seguendo all’infinito una certa tipologia maschile/femminile che risveglia in loro brividi incontrollabili.