Dittatori. Hitler e Mussolini tra passioni e potere
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In mezzo: una lettera di Gandhi, il complotto di Papa Pio XII e il premio Nobel per la pace caldeggiato come provocazione.
Poi la fine nel bunker di Berlino: fu vero suicidio con Eva Braun o Adolf Hitler fuggì e si nascose in Sudamerica?
In Italia Benito Mussolini e il balilla ebreo, ma anche le cinquemila donne possedute, in un trionfo di sanguinario maschilismo.
La fine, avvolta dai misteri, e una domanda: quando venne fucilato Mussolini era già morto?
Due storie intrecciate, avvitate, unite nell’odio e nella prevaricazione. Hitler e Mussolini, dittatori potenti e crudeli, raccontati nelle loro piccole deformanti e maniacali debolezze umane.
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Anteprima del libro
Dittatori. Hitler e Mussolini tra passioni e potere - Pino Scaccia e Anna Raviglione
gruppo.
La strana coppia
Chissà quando è nata l'idea. Forse da ragazzino, quando andavo al Colosseo a giocare a biglie nei solchi lasciati dalle bighe, e chiudevo gli occhi immaginando quello che succedeva lì molti secoli prima. O forse quando a Parigi un amico, pure non analfabeta, andò alla caccia della Bastiglia e trovò solo le foto. O forse inorridito dentro la camera a gas di Auschiwtz dove tanti poveri innocenti erano convinti di prendere la doccia. Oppure in quei mesi nella valle del Don alla ricerca della fine dell'Armir, il nostro esercito perduto, o meglio ancora nei sotterranei di Mosca dove, dopo cinquant'anni, ritrovavo cose nascoste, addirittura negate. Oppure quando mi sono affacciato a Dallas dalla finestra della biblioteca dove spararono a Kennedy. O forse l'idea è maturata giorno dopo giorno durante il mio faticoso lavoro di cronista. La voglia di dire quella famosa verità che spesso non riusciamo a dire non per paura ma semplicemente perché mancano le prove o talvolta perché, come disse Buscetta a Falcone, non è il momento storico
.
In tutta modestia qualche volta ci ho provato ma mi sono reso conto che il villaggio globale è ormai talmente sommerso da informazioni che spesso le notizie scivolano via. O c’è, molto più spesso chi le manipola inondando il web di false informazioni. Ma è sempre successo, molto prima dell’esplosione di Internet. Appena messo piede in Kuwait, appena liberato dagli alleati, mi accorsi che le vere vittime in quel Paese ricco e viziato, erano i palestinesi.
E in Croazia, appena scoppiata la guerra infinita con i serbi, quante bugie costruite per i mass-media: come quella volta a Karlovac che scoprimmo il campanile di una chiesa cattolica minata alle fondamenta per far credere che i mussulmani l'avevano bombardata.
E in Nagorno-Karabak: chi ha detto che gli aggressori sono gli azeri, sicuro che non hanno torto gli armeni? E a Chernobyl, dentro la centrale, il capoturno di quella tragica notte, spiegarmi che fu solo colpa del direttore. E per restare in Russia chi sa che Eltsin fu messo dalla Cia?
E l’11 settembre, evitando complottismi? Faccia a faccia con la realtà, guardando con l'occhio del cronista e parlando con la gente, la verità spesso non è quella che pensano tutti.
Poi i grandi misteri italiani. Personalmente ho tentato di raccontare come e da chi è stato liberato Farouk Kassam ma anche che i carabinieri arrestarono due volte quelli
dei servizi segreti che comunque alla fine riuscirono a pagare il secondo miliardo di riscatto per Casella.
Per non dire di Ylenia, una vicenda chiusa troppo in fretta. E poi la verità tragica su Emanuela Orlandi, o Ustica, o Castellari. Dove la verità giornalistica è arrivata molto prima di quella giudiziaria.
A questo punto mettete insieme un reporter di guerra (che spesso ha attraversato personalmente le vicende) e una professoressa di lettere che quelle vicende le ha conosciute (e le insegna) sui libri. Una strana coppia capace di rileggere, e dunque riscrivere, la storia. Scoprendo molti e talvolta inaspettati tranelli. Si dice che in realtà la storia sia sempre scritta dai vincitori: non sempre è vero, la scrivono anche gli odiatori e talvolta anche gli sconfitti per giustificare i propri errori.
Ho sempre sostenuto che la verità non esiste, esistono i fatti. Naturalmente è una provocazione perché la verità assoluta esiste ma spesso è difficile da trovare, l’unica maniera di avvicinarsi è presentare almeno le due verità di parte, spesso anche molto più di due.
Prendetelo quantomeno come un gioco. Ci siamo anche divertiti a intrufolarci nel privato, talvolta controverso, di personaggi storici o comunque famosissimi. É il caso dei primi due protagonisti di questa ricerca. Hitler e Mussolini uniti dall’odio, dall’illusione di una conquista universale, da una fine tragica e da due amori maledetti. Sicuramente due dittatori feroci, ma con infinite debolezze, spietati ma fragilissimi.
p.sc.
[Tra Roma e Biella, novembre 2018]
Un grazie a una serie di inconsapevoli ma preziosissimi co-autori.
I due dittatori
Il primo incontro avvenne a Venezia dal 13 al 16 giugno del 1934. Mussolini a quei tempi era tronfio, stretto in un’uniforme esagerata, luccicante, orgoglioso del suo esercito sfilante. Hitler, ancora acerbo, fece la figura del poveretto, pallido ed emaciato, impacciato, succube del carisma dell’italiano, vestito malissimo con un tight nero e pantaloni troppo lunghi. Dieci anni e una ventina d’incontri dopo, le posizioni s’invertirono totalmente. Si videro per l’ultima volta a Feltre il 19 luglio del 1943. Hitler era a capo della più potente macchina da guerra del mondo, era diventato logorroico e a Mussolini non restava che sospirare: Mi sento un domestico che non ha altra scelta oltre all’obbedire
. Un rapporto diabolico, contraddittorio, talvolta inspiegabile, che li vide comunque sempre fianco a fianco. Ancora scosso dall’attentato dell’estate 1944, il führer nel salutare il capo del fascismo gli disse: Vi considero il mio migliore e forse il solo amico che ho a questo mondo
. Disse anche di essere fortunato di vivere nella sua stessa epoca (insieme facciamo la storia
), nel ’36 lo accolse a Berlino da eroe. Però il duce a Salò era di fatto prigioniero di Hitler che lo trattava come un burattino. Nel bene e nel male furono tuttavia unitissimi fino alla fine. Testimoni riferiscono che l’amico Adolf fu molto addolorato e impressionato dalla disgraziata fine che il 28 aprile del 1945, toccò a quel pomposo amico italiano. E due giorni dopo, forse, si suicidò.
La notizia del micropene di Hitler è molto nota, e si unisce alle storie sulle sue tendenze omosessuali represse e sul masochismo. L’attrice Renate Muller dichiarò che il führer soleva chiamare le attrici a casa per performance private, poi si inginocchiava e si faceva prendere a calci. Forse fu proprio la frustrazione sessuale a trasformarlo in un maniaco genocida.
L’insaziabile Benito Mussolini, al contrario, descrisse la monogamia come inconcepibile
e disse: «Prenderei tre o quattro donne a sera, una dopo l’altra». Gli esperti stimano abbia dormito con più di 5000 donne.
Ma com’era la vita sessuale degli altri tiranni della storia?
Tutte le prime esperienze sessuali di Napoleone furono con prostitute e ci vollero quattro tentativi prima che perdesse la verginità. Pare che l’imperatore preferisse accoppiarsi con la moglie Josephine quando lei non si lavava da almeno tre giorni.
Saddam Hussein aveva tre mogli e cinque amanti, perciò ricorreva al viagra. La sua ex Parisoula Lampsos raccontò che il leader iracheno amava indossare cappelli da cowboy e guardare video dei nemici uccisi.
Mao Tse-Tung era noto per la mancanza di igiene. Non usava il sapone, aveva contratto pidocchi e malattie sessualmente trasmettibili. Andò a letto con migliaia di donne.
E poi Gheddafi. Dopo la sua morte sono emerse molte storie raccapriccianti. Sono state migliaia le giovani vergini rapite per soddisfare la sua infinita sete sessuale ma anche di potere. Le famose amazzoni, scelte dal dittatore proprio per millantare il rispetto per le donne, erano le prime ad essere stuprate. Molte si sono uccise dalla vergogna.
Le donne dei dittatori
Non si conobbero mai, eppure le analogie che le accomunano sembrano quasi sfuggire alla casualità, uscite da un malefico e imperscrutabile disegno. Entrambe non ebbero dubbi nel restare accanto ai loro famigerati amanti, seguendoli nell’abisso. Un amore assoluto che non indietreggia di fronte alla morte, a testimoniare una fedeltà forse difficilmente offuscabile da tante illazioni. Nate lo stesso mese dello stesso anno, trovano una morte violenta a distanza di soli due giorni l’una dall’altra. Affidano alle pagine di un diario le tappe di quell’amore fatale, e conservano meticolosamente le lettere. Tuttavia, mentre il bottino epistolare di Claretta è straripante di scritti, le lettere di Eva sono quasi tutte misteriosamente scomparse. Se l’amante del duce è una grafomane colta e meticolosa, spesso capace di guizzi poetici, la Braun mostra uno stile semplice, quasi banale e tra le sue righe si avvertono gli echi di un’esistenza sofferta e densa di chiaroscuri. Clara, sin dall’inizio, chiede favori per i familiari e pretende fedeltà persino negli ultimi istanti di quell’impetuoso rapporto; Eva, al contrario, si mostra più discreta, anche se poi si stabilirà con Adolf nell’eremo di lusso di Obersalzberg, sulle Alpi Bavaresi. La coppia italica, di contro, non vivrà mai sotto lo stesso tetto e la reggia della Petacci si limiterà a svettare sulla cima di Montemario, dove accoglierà gli incontri clandestini con il suo illustre ospite. Qui correranno anche le frequenti confidenze politiche, mentre Hitler non rivelerà mai i suoi progetti ad Eva. Se Mussolini, infine, cercherà di allontanare la sua prediletta dal macabro epilogo, il capo del nazismo mostra di apprezzare l’estrema fedeltà della sua compagna, suggerendole con zelo persino le modalità di un eventuale suicidio simultaneo. A onore del vero, nel corso di questa indagine, esploreremo altre piste: forse il duce non fu poi così generoso con la Petacci nello scoccare della sua fine annunciata…
Alla luce delle tante rivelazioni e di fonti ancora in parte da esplorare, ritorna la domanda di fondo: senza l’ombra di Claretta e di Eva, la Storia degli ultimi settant’anni avrebbe seguito traiettorie differenti?
É accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo.
(Primo Levi)
"Noi non siamo un partito, i partiti sono morti!
Noi siamo un Movimento nuovo
che loro non hanno ancora capito.
Ci chiamano comunisti, socialisti, sindacalisti,
ma Noi non siamo nulla di tutto questo.
Ci hanno proposto alleanze ma Noi non ci uniremo a nessuno. Loro sono già morti.
E noi li vogliamo vedere nella tomba.
Noi siamo diversi, siamo un Movimento inarrestabile.
Noi siamo il popolo.
Noi siamo i cittadini."
[Adolf Hitler, comizio elettorale, 1932]
Adolf Hitler, sangue ebreo e forse nordafricano
Prima di essere Hitler, chi era Hitler? Il dittatore che ha ordinato un genocidio per inseguire il folle obiettivo di creare una razza pura, ariana, sterminando un intero popolo… in realtà era di origini ebraiche e probabilmente anche nordafricane. Lo dimostra uno studio generico effettuato da due belgi, il giornalista Jean-Paul Mulders e lo storico Marc Vermeeren. Con grande pazienza hanno rintracciato ben 39 discendenti diretti di Hitler