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Vintage life: Le stagioni della moda indossate tutti i giorni
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E-book175 pagine1 ora

Vintage life: Le stagioni della moda indossate tutti i giorni

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IL VINTAGE È STORIA PORTATA ADDOSSO
È UN FENOMENO SOCIALE DI IERI CHE DIVENTA OGGI

Vintage Life, la storia della moda? Si indossa tutti i giorni, ma bisogna prima di tutto conoscerla: i balli scatenati delle flapper girl degli anni ’20, le divise delle operaie durante la Seconda guerra mondiale, l’avvento di Dior con lo stile New Look, i ruggenti anni ’60 con l’eterna lotta tra i Mods e i Rockers, Mary Quant (o Courrèges?) e la minigonna, Yves Saint Laurent e il rosso Valentino. E allo stesso modo la prima Summer Of Love, la guerra in Vietnam, gli Hippie e Woodstock, il Punk, l’edonismo degli anni ’80 e il boom della tecnologia, da Madonna a Armani e Ferrè.

Un viaggio all’interno della storia della moda per capire le proposte fashion di oggi e interpretare un fenomeno che è anche esplorazione tra mercatini e veri luoghi delle meraviglie (vintage, chiaro!) per costruirsi un look originale e unico.

Cristiana Crisafi è autrice, Content Creator e comunicatrice. Genovese, dopo un’esperienza a Parigi, pubblica nel 2014 Vintage! Caccia al tesoro nel cassetto della nonna (ed.Ultra). Ha frequentato il master in “Vintage System” allo IED; cura i corsi di Vintage presso Scuola di Moda Vezza a Genova.
LinguaItaliano
Data di uscita5 apr 2020
ISBN9788899332594
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    Anteprima del libro

    Vintage life - Cristiana Crisafi

    verde.

    PRIMA PARTE

    Non è possibile parlare di vintage senza dare un’occhiata a ciò che è stato il nostro passato. Se volessimo analizzare in maniera corretta la storia della moda dovremmo partire da un tempo troppo lontano e più che un libro avreste tra le vostre mani un’intera enciclopedia. Il nostro viaggio nel tempo partirà dagli anni Venti, attraverserà due guerre mondiali, la scomparsa e il ritorno della haute couture, la frenesia per l’arrivo della minigonna, l’avvento del punk e di Vivienne Westwood, il consumismo degli anni Ottanta, il made in Italy con Versace, Armani, Valentino, per terminare negli anni Novanta con il grunge dei Nirvana, lo stile minimal, la paura per l’arrivo di un nuovo secolo e la consapevolezza che dal passato si può solo imparare.

    ROARING TWENTIES

    MA… QUI QU’A VU COCO?

    Per capire appieno la moda di questo decennio, e il pensiero che sta alla base di Coco Chanel che da sola riuscì a rivoluzionare la moda, bisogna capire ciò che stava avvenendo nel mondo in quegli anni. La Prima Guerra Mondiale ha sconvolto l’intera Europa, gli uomini sono chiamati al fronte e le donne si trovano a essere protagoniste in luoghi fino ad allora impensabili per loro come fabbriche e uffici.

    Ciò avviene sia per le donne del popolo che per quelle delle classi più agiate e tutte necessitano di abiti semplici e pratici, che diano loro ampia libertà di movimento. Con il termine della guerra e il ritorno dal fronte degli uomini, questi ultimi vogliono riprendere il loro posto nel mondo e, anche se migliaia di donne vengono rimandate a casa, il percorso verso una totale emancipazione femminile è ormai iniziato ed è inarrestabile.

    Gli anni Venti si configurano come anni di svolta: il senso di libertà portato dalla fine della guerra arriva anche nella moda, che diviene non più solo privilegio delle classi agiate ma anche alla massa. Per la prima volta l’Europa lancia uno sguardo all’America, grazie all’avvento del cinema, del jazz, del charleston e del foxtrot. Quello che vede è talmente divertente e spensierato che decide di importarlo. E allora ecco che i capelli delle ragazze diventano più corti, la vita degli abiti scende mentre l’orlo sale, i trucchi si fanno molto pesanti, si fuma e si beve. Diamo il benvenuto alle Flapper Girl!

    Sul Times del febbraio del 1920 si poteva leggere un articolo circa gli effetti negativi delle «frivole, seminude, provocanti flapper, irresponsabili e indisciplinate, per cui il ballo, un cappello nuovo o un uomo con l’automobile sono più importanti del destino delle nazioni¹».

    Josephine Baker

    L’avvento del proibizionismo generò una vita segreta notturna per uomini e donne che trovavano normale riunirsi nella rivendite clandestine di alcolici. L’emancipazione femminile era iniziata già prima della guerra ma furono soprattutto la partenza degli uomini impegnati al fronte e le nuove tecnologie a cambiare per sempre la vita di queste ragazze. L’economia era in crescita ma i giovani, che portavano ancora addosso le cicatrici del conflitto, preferivano vivere alla giornata piuttosto che pensare al futuro.

    Il termine flapper risale al XVII secolo e veniva usato per indicare un piccolo uccellino che sta imparando a volare. La moda di quel periodo vede accorciare la lunghezza delle gonne – in America le ginocchia erano scoperte già nel 1926 – gli abiti, ricchi di decorazioni in paillettes, si presentavano con un taglio dritto che lasciava nude le braccia e la schiena. La popolarità dei ritmi incalzanti della musica jazz aumentò notevolmente e presero piede balli come il black bottom, lo shimmy e il foxtrot, che prevedevano una vicinanza di corpi mai vista in passato.

    La vecchia generazione assisteva con orrore, ma la moda non si lasciò sfuggire questi rivoluzionari cambiamenti.

    Coco Chanel

    Colei che più di tutti si farà promotrice del desiderio di emancipazione delle donne nasce nel 1883 a Saumur, nella Loira, in un ospizio per poveri.

    Dopo un periodo molto breve passato insieme alla madre, viene affidata alle suore della congregazione del Sacro Cuore, presso Aubazine. Circondata da abiti austeri e tagli monacali, fu proprio in questi anni che Gabrielle

    Bonheur Chanel iniziò la sua trasformazione verso quella donna e stilista che tutti conosciamo come Coco Chanel.

    Al compimento della maggiore età è finalmente libera di lasciare Aubazine. Impiegata come commessa di giorno, la sera si esibisce in un café dove intona la canzone Qui qu’a vu Coco? e, secondo la leggenda, il suo soprannome prende origine da questo motivetto.

    Proprio in uno di questi café, Coco fa uno degli incontri che daranno avvio alla sua carriera, quello con Étienne de Balsan, figlio di imprenditori e ufficiale di cavalleria, che diventerà il suo primo finanziatore.

    Una delle tante doti di Coco era quella di creare cappelli che ben presto inizieranno a indossare tutte le donne che gravitano attorno alla figura di Balsan. Questo enorme successo spinge Coco a trasferirsi nel 1908 a Parigi e nel 1916 apre un salone di alta moda a Biarritz.

    Uno dei più grandi desideri di Coco Chanel è quello di liberare la donna da quella moda ancora strettamente legata a concetti retrogradi come il corsetto, la crinolina e gli abiti lunghi. Inizia quindi a proporre alle sue clienti modelli sportivi, senza costrizioni, disegnati con linee semplici e morbide. E nel 1916 Jean Rodier, industriale tessile francese, le offre in esclusiva il tessuto che più di tutti si adatterà a questo nuovo stile sportivo: il jersey.

    Ma dobbiamo attendere il 1920 per vedere la consacrazione di Coco Chanel quando, proprio in quell’anno, apre la sua prima boutique a Parigi, al numero 31 di Rue Cambon.

    Donna attentissima a ciò che la circonda, osserva l’abbigliamento delle commesse parigine rigorosamente vestite di bianco e nero. Ed è alla metà degli anni Venti che realizza uno dei capi che passerà alla storia per la sua versatilità e la sua semplicità: il tubino nero (petit robe noire).

    Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale dovrà ritirarsi dalle scene della moda ma ci tornerà nel 1954 con un capo che ha fatto la storia: il tailleur in maglia, che verrà indossato da moltissime donne nel mondo. Una tra queste, Jackie Kennedy, indossava proprio un tailleur Chanel in maglia di un rosa acceso il giorno dell’assassinio del marito. Era il 22 novembre del 1963 quando John Fitzgerald Kennedy venne ucciso a Dallas. Nessuno ha mai dimenticato Jackie, nel suo abito rosa, disperata ma composta, accompagnare la salma del marito nel ritorno a Washington.

    Negli anni Venti per la prima volta la moda si apre anche alla classe media, i grandi magazzini espongono le novità, che diventano alla portata di tutti, e abbassano considerevolmente il prezzo degli abiti.

    Sempre in questi anni, e precisamente nel 1921, Gabrielle Coco Chanel lancia la sua leggendaria fragranza: Chanel No. 5. Come la maggior parte delle storie che circondano la vita di Coco, anche la genesi del profumo rimane oscura. L’unica cosa che sappiamo è che commissionò a Ernest Beaux, sofisticato profumiere di origine russa, la creazione di un «profumo da donna, con l’odore di donna».

    I profumi prediletti nel periodo che anticipava la Prima Guerra Mondiale odoravano di fiori esotici con prevalenza di aromi floreali a nota singola. Al contrario, Chanel No. 5 è un profumo astratto a base di componenti sintetici che gli conferiscono un profilo complesso e stratificato. Ci vollero due mesi di lavoro prima che Ernest Beaux presentasse a Coco Chanel i dieci campioni, numerati dall’1 al 5 e dal 20 al 24. Lei scelse il n° 5 che, si dice, contenesse un errore di laboratorio commesso da un assistente del profumiere che aveva aggiunto una dose eccessiva di aldeide. La miscela ha fatto colpo!

    Chanel non è stata la prima couturier a creare un profumo. Paul Poiret ne aveva creato uno negli anni Dieci del 1900, ma la differenza con il No. 5 risiede nel fatto che quest’ultimo fu rivoluzionario per i componenti e per essere figlio dello spirito moderno: fu il primo profumo a contenere aldeidi – molecole prelevate dal composto naturale e sintetizzate in laboratorio. Le sostanze chimiche hanno accentuato la base del profumo – estratto di gelsomino miscelato con acetato di benzile – aggiungendo più strati alla fragranza.

    Altrettanto rivoluzionari furono il nome e lo stile del flacone. La maggior parte dei profumi di quel periodo prediligevano bottigliette ornate e nomi che evocavano una qualche atmosfera, come Nuit de Chine di Paul Poiret o Mea Culpa. Della scelta del nome ne abbiamo già parlato, anche se non abbiamo base solide per affermare sia stato realmente così. Per quanto attiene invece al flacone, fu la stessa Chanel a progettarlo. Una bottiglia dagli angoli squadrati in vetro trasparente con un’etichetta planimetrica, ispirata ai flaconi farmaceutici che medici e gentiluomini portavano nelle loro borse da viaggio. L’elegante bottiglia incarnava principi di design modernista di semplicità e funzionalità. Fatta eccezione per delle modifiche intervenute nei primi anni di vita del No. 5, il flacone è rimasto invariato. Chanel No. 5 è diventato il Profumo per le donne di tutto il mondo, nonché la fragranza che spalanca le porte del mondo del lusso.

    Se uno degli obiettivi di Coco Chanel era quello di liberare le donne dalle costrizioni fisiche del secolo passato mantenendo però un certo rigore, Elsa Schiaparelli sosteneva che l’emancipazione della donna dovesse passare attraverso la libertà di pensiero e il coraggio di osare.

    Prima modella dei suoi abiti, Schiap – come verrà presto conosciuta in Francia – donna aristocratica che ha saputo farsi amare dal popolo, nasce a Roma e muore a Parigi. Appassionata di arte e letteratura, a 21 anni pubblica una prima raccolta di poesie, non gradite a suo padre, che la spedisce in un convento in Svizzera dal quale riesce a uscire solo dopo un lungo sciopero della fame.

    Due anni dopo si trasferisce a Londra dove conosce il conte William de Wendt de Kerlor, che sposa nel 1914, trasferendosi con lui a New York.

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