Abitare nel colore
Di Stefano Biot
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Anteprima del libro
Abitare nel colore - Stefano Biot
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Introduzione
INTRODUZIONE di Maria Cristina Caccia
Tutto ciò che vediamo è sorto da una massa di colori trasformata in piano e volume, e ogni macchina, cosa, persona, tavola è un sistema pittorico di volumi predisposto per scopi precisi
.(K. Malevic)
I colori sono intorno a noi. Nell’azzurro del cielo, nel verde-blu del mare, nelle nuvole bianche, nei tramonti variopinti, tavolozze sospese che stuzzicano l’immaginazione e aiutano a compiere viaggi lontani con il pensiero che sfugge alla razionalità e si libera nel vento. Li ritroviamo nei vestiti chescegliamo secondo il gusto, la moda, i dettagli. Indossare un abito bianco o nero non lascia indifferenti: le sensazioni sono diverse, perché diverse sono le vibrazioni percepite. I colori possiedono un’energia, sono vivi e in grado di influenzare il nostro stato d’animo. L’alba esplosiva, nelle mattine d’estate, allieta con i toni dell’arancione e del rosa che riempiono il sole in esplosione, mentre l’imbrunire, quando i toni si fanno più scuri e freddi, ci invita al riposo e alla riflessione. Viviamo in mezzo ai colori, ma non conosciamo le loro proprietà benefiche. Gli antichi li usavano per costruire gli amuleti e le pozioni curative, convinti che le malattie fossero opera di spiriti malvagi da scacciare per liberare
il corpo e ripristinare la buona salute. In Egitto, i colori indicavano l’essenza delle cose e non la loro apparenza: il colore sarebbe stato separato dal corpo divino e assegnato ad ogni altro Essere
per indicarne la particolarità. Inoltre, venivano già allora utilizzati nei templi. Sono state trovate, infatti, le prove di una tecnica di costruzione secondo cui le stanze venivano affiancate in una particolare sequenza che permetteva di frazionare la luce del sole in modo tale che, in ognuna, dominasse uno dei colori dello spettro. Il colore, così isolato, veniva usato sia per il culto che per la guarigione. L’uso del colore alle pareti ha, dunque, radici antiche, e giunge sino ai giorni nostri. Questo libro propone un interessante percorso che, partendo dalle caratteristiche energetiche dei colori, arriva a suggerire gli accostamenti più adeguati per trasformare lo spazio domestico in un vero e proprio centro benessere
a portata di mano. Abitare in una casa colorata? Come pensare di sostituire le pareti bianche, rassicuranti e sobrie, con un rosa o un azzurro oppure ancora con un arancione o un verde chiaro? Eppure il risultato è sorprendente. Ad ogni stanza è associata una particolare tinta cromatica, sia per la posizione rispetto al sole sia,soprattutto, per l’uso cui è adibita. Le vibrazioni del colore contattano l’energia della persona che vi trascorre il proprio tempo per mangiare, riposare, meditare, incontrare amici. La percezione dello spazio interno muta. L’azzurro rilassa, il viola aiuta la meditazione, il rosso eccita e risveglia dal torpore. L’effetto benefico è progressivo, agisce a livello inconscio, contattando gli angoli più nascosti dell’anima. Si compie un piccolo miracolo e la casa assume un ruolo ben più importante rispetto al tradizionale luogo abitato
: diventa il nostro tempio, dove entriamo per purificarci e per ritrovare un profondo benessere interiore. Il rapporto con il focolare
domestico risulta completamente rinnovato: allegro, divertente e, meravigliosamente, accomodante. A voi l’onere e l’onore di scegliere la tinta che l’istinto Vi suggerisce, con un occhio di riguardo ai consigli dell’esperto.
..La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca
, (Baltasar Gracián y Morales)
Arlecchino parla dei colori di Luigi Scapini
ARLECCHINO PARLA DEI COLORI
di Luigi Scapini
È una vita che mi occupo di colori, come artista, come storico dell’arte, come critico, come architetto, come insegnante, come esoterista, come arte-terapeuta, come formatore, ma in questo caso preferisco dare la parola al mio amico fraterno Arlecchino che è il signore dei colori sia perché li porta tutti sulle toppe del suo vestito, sia perché sono più consoni a una logica emozionale che al pensiero razionale. Infatti non potevo trovare migliore referente di lui, che non ha bisogno di mettere il pensiero davanti ad una percezione immediata delle cose.
Gli riempio il bicchiere di quel rosso fresco, chiaro e appena, appena frizzante che gli piace tanto e gli sussurro: Adesso parlami dei colori, fratello….
Lui è tutto concentrato su tre bollicine rosee che salgono danzando dal fondo del bicchiere fino a sparire, una alla volta, quando raggiungono la superficie, in una coroncina di bollicine molto più piccole, iridescenti: svanita la terza sospira:Erano tanto belle!
, poi intinge la lingua appuntita
nel vino, se la succhia con voluttà, e si mette a parlare con voce un po’ sibilante, guardando fisso dinnanzi a sé:
"Nella notte dei tempi, prima di chiamarmi Arlecchino, ero uno sciamano, e avevo visto che tra il grande vuoto urlante superiore ed il grande vuoto urlante inferiore, vibra un velo multicolore, che altro non è che quella cosa che in questi ultimi secoli viene chiamata mondo reale.
La mia funzione in quel gruppo di poveracci che mi manteneva, chiamarli tribù sarebbe troppo, era di esercitare un po’ il mio potere appunto su quel mondo che non era proprio rose e fiori.
Per far questo, e anche naturalmente per la mia irresistibile attrazione per la scena, mi adornavo di piume multicolori, che erano la cosa che assomigliava di più alla mia visione sia per la loro vibratilità cangiante, sia perché avevano sostenuto i vecchi legittimi proprietari, gli uccelli, in un volo che non era poi così diverso da quello della mia visione.
Passar gli eventi, passaron genti ed io, in equilibrio sul filo di una trasmutazione che mi portava ad essere ora il re di una masnada di demoni, gli Hellequin, ora lo Stupidus in volgari commedie nei suburbi dell’Antica Roma, ora un acrobatico jongleur sui sagrati delle cattedrali gotiche, ora il giullare di Dio negli angoli dei mercati, mi ritrovai a far sberleffi nella Commedia dell’Arte vestito di toppe multicolori come l’aura che continuavo a vedere attorno a quei grumi di vuoto che sono le cose, le piante, gli animali, le persone del cosiddetto mondo reale.
Una mattina in un gelido inverno saltai fuori sbadigliando, grattandomi e stiracchiandomi da un pulcioso carrozzone e rimasi incantato, mi succede spesso, quella volta dai piccoli arcobaleni che emanavano innumerevoli ragnatele che congiungevano tutti i fili d’erba e i rametti in una rete preziosa che copriva tutta la valle.
Pensai che anche per gli sciamani ragni la vera realtà era quegli arcobaleni e non la rete di fili di bava, bastava guardare il loro addome lucido che rifletteva tutti quei sette, infiniti colori.
Il rosso sta sempre sul lato esterno degli arcobaleni, le onde della sua danza sono più lunghe, calde, tanto lente che sulla loro superficie anche chi non ha l’occhio allenato di noi arlecchini ha il tempo di percepire tutto un brulicare.
La danza del rosso la conoscono bene le salamandre del mondo astrale, creature di fuoco, fanciulle sempre ancheggianti come fiammelle, lambenti, aderenti ma sempre sfuggenti da oscuri partner dai movimenti secchi, rari, improvvisi e catastrofici, ciocchi occhieggianti con occhi di brace, sempre pronti, come me, a schioccare la lingua".
Effettivamente Arlecchino a questo punto schioccò rumorosamente la lingua dopo aver risucchiato un lungo filo di vino, poi il suo sibilo si fece più caldo e profondo:
"Le fiamme baciano i ciocchi, li accarezzano da tutte le parti, li estenuano e li consumano fino a farli divenire stelline rosse che salgono vorticose verso le sorelle bianche del firmamento, flagellando la notte con le lunghe code sottili.
Le salamandre hanno capelli arricciolati e spettinati come fiammelle che penetrano nei muscoli dei guerrieri facendone ribollire il sangue e gli umori, rendendoli rigonfi, violenti ed invincibili, avidi di bere e di versare altro sangue scarlatto, schiumoso, frizzante, un po’ come questo vinello".
Qui Arlecchino batté violentemente il suo bicchiere sul tavolo di castagno,
adornandolo di qualche goccia rosso-profondo-granata come