E-book105 pagine
I racconti della quarantena - dalla baracca di Pierantonio
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Info su questo ebook
In tempi normali raramente abbiamo la possibilità di fare i conti con noi stessi, immersi come siamo in un oceano di informazioni a tutte le ore del giorno e della notte. Allo stesso modo la complessità dei rapporti fra le persone, le moltissime persone che per lavoro o per socializzazione siamo costretti a incontrare e vedere nella realtà o in modo virtuale, ci impedisce qualsiasi tipo di introspezione.
In tempi di coronavirus e di quarantena i rapporti sono ribaltati; gli altri, tutti gli altri, stanno fuori e altrove e noi stiamo soli con noi stessi o al massimo con la nostra famiglia, e questo ci cambia la vita, ci precipita in una dimensione nuova e sconcertante, ma anche più umana, per una volta, seppure a caro prezzo.
Non era mai successo, ad esempio, di non poter accompagnare i propri morti al cimitero; che muori e ti buttano svelti in una bara nudo avvolto in un lenzuolo; di non potere uscire di casa in nessuno modo.
Di vedere il Papa vecchio, debole e claudicante, attonito papa della fine del mondo, del tempo dopo di Dio, che prega solitario in una piazza S.Pietro deserta.
Che succede?
Succede che un virus minore che sta facendo pratica e provoca qualche migliaio di morti sta destabilizzando il nostro mondo globalizzato, sta facendo saltare tutto, come non poterono i cinquanta milioni di morti dell’ultima guerra mondiale e i milioni delle altre guerre, quelli dell’incuria e della devastazione ambientale, dell’insipienza e dell’egoismo umano.
Perché?
Perché noi uomini temiamo sopra ogni cosa quello che non conosciamo, quello che non dipende da noi; vogliamo essere noi eventualmente a premere il bottone dell’olocausto finale, non subire l’iniziativa di altri.
Come finirà? Non lo sappiamo, non lo so, come finirà. Spero bene; credo che sconfiggeremo questo mostro e che seppure a stento torneremo alla normalità.
Un giorno verrà un altro virus, un altro pericolo mortale, e dovremo affrontarlo, anche con quello che stiamo imparando adesso. E’ la storia dell’uomo, dell’umanità; di dover lottare sempre contro nemici micidiali e potenzialmente definitivi, di dover combattere con le unghie e con i denti per poter sopravvivere, e di dover vincere ogni volta. L’unico nemico che non riusciremo mai a sconfiggere è il tempo. Quello ci frega.
Mi conoscete, io sono abituato alla solitudine, per me alla fine cambia poco, anche se una solitudine indotta e obbligata non è lo stesso che una solitudine scelta e voluta, controllata, così non va bene, non vale, quasi non ci sto.
Purtroppo c’è tanta gente che sta peggio di me, tanti altri sono morti in modo atroce - ci sono stati più di ventimila morti nel nostro paese fino ad oggi e non è finita - seminando dolore attorno a loro, non abbiamo diritto a lamentarci, sento di non poterlo fare.
Non posso fare altro che continuare a scrivere le mie piccole storie rese ancora più parve e semplici, ridotte all’osso, a brandelli, da questa situazione. Spero che possiate farvele piacere ancora, e che troviate il tempo di leggere con serenità. Lo trovate il tempo, sono sicuro che lo trovate adesso, basta volerlo.
Oltre a leggere fate mente locale alle mie povere ricette, anzi ricette povere… quasi sempre.
In tempi di coronavirus e di quarantena i rapporti sono ribaltati; gli altri, tutti gli altri, stanno fuori e altrove e noi stiamo soli con noi stessi o al massimo con la nostra famiglia, e questo ci cambia la vita, ci precipita in una dimensione nuova e sconcertante, ma anche più umana, per una volta, seppure a caro prezzo.
Non era mai successo, ad esempio, di non poter accompagnare i propri morti al cimitero; che muori e ti buttano svelti in una bara nudo avvolto in un lenzuolo; di non potere uscire di casa in nessuno modo.
Di vedere il Papa vecchio, debole e claudicante, attonito papa della fine del mondo, del tempo dopo di Dio, che prega solitario in una piazza S.Pietro deserta.
Che succede?
Succede che un virus minore che sta facendo pratica e provoca qualche migliaio di morti sta destabilizzando il nostro mondo globalizzato, sta facendo saltare tutto, come non poterono i cinquanta milioni di morti dell’ultima guerra mondiale e i milioni delle altre guerre, quelli dell’incuria e della devastazione ambientale, dell’insipienza e dell’egoismo umano.
Perché?
Perché noi uomini temiamo sopra ogni cosa quello che non conosciamo, quello che non dipende da noi; vogliamo essere noi eventualmente a premere il bottone dell’olocausto finale, non subire l’iniziativa di altri.
Come finirà? Non lo sappiamo, non lo so, come finirà. Spero bene; credo che sconfiggeremo questo mostro e che seppure a stento torneremo alla normalità.
Un giorno verrà un altro virus, un altro pericolo mortale, e dovremo affrontarlo, anche con quello che stiamo imparando adesso. E’ la storia dell’uomo, dell’umanità; di dover lottare sempre contro nemici micidiali e potenzialmente definitivi, di dover combattere con le unghie e con i denti per poter sopravvivere, e di dover vincere ogni volta. L’unico nemico che non riusciremo mai a sconfiggere è il tempo. Quello ci frega.
Mi conoscete, io sono abituato alla solitudine, per me alla fine cambia poco, anche se una solitudine indotta e obbligata non è lo stesso che una solitudine scelta e voluta, controllata, così non va bene, non vale, quasi non ci sto.
Purtroppo c’è tanta gente che sta peggio di me, tanti altri sono morti in modo atroce - ci sono stati più di ventimila morti nel nostro paese fino ad oggi e non è finita - seminando dolore attorno a loro, non abbiamo diritto a lamentarci, sento di non poterlo fare.
Non posso fare altro che continuare a scrivere le mie piccole storie rese ancora più parve e semplici, ridotte all’osso, a brandelli, da questa situazione. Spero che possiate farvele piacere ancora, e che troviate il tempo di leggere con serenità. Lo trovate il tempo, sono sicuro che lo trovate adesso, basta volerlo.
Oltre a leggere fate mente locale alle mie povere ricette, anzi ricette povere… quasi sempre.
Leggi altro di Gian Paolo Spaliviero
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I racconti della quarantena - dalla baracca di Pierantonio - Gian Paolo Spaliviero
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