Le 10 fiabe più famose: Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Biancaneve e i sette Nani, Hänsel e Gretel, Il Gatto con gli stivali, Pollicino, La Bella addormentata nel bosco, Barbablù, La Principessa sul pisello, Pelle d’Asino
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Le 10 fiabe più famose - Fratelli Grimm
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Intro
Cenerentola , Cappuccetto Rosso , Biancaneve e i sette Nani, Hänsel e Gretel , Il Gatto con gli stivali , Pollicino, La Bella addormentata nel bosco, Barbablù, La Principessa sul pisello, Pelle d’Asino. Sono queste le fiabe più famose dei Fratelli Grimm, di Charles Perrault e Hans Christian Andersen , depositate nella memoria collettiva di generazioni di bambini e di adulti in tutto il mondo, qua riportate nelle loro stesure originali.
CENERENTOLA
Charles Perrault
Cera una volta un gentiluomo il quale in seconde nozze si pigliò una moglie che la più superba non s’era mai vista. Aveva costei due figlie che in tutto e per tutto la somigliavano. Dal canto suo, il marito aveva una ragazza, ma così dolce e buona che non si può dire: doveva queste qualità alla mamma, che era stata la più brava donna di questo mondo.
Subito dopo fatte le nozze, la matrigna diede sfogo al suo malanimo. Non poteva soffrire le doti della giovanetta, che rendevano ancor più odiose le figlie sue.
La incaricò dei più bassi servizi della casa: toccava a lei lavare i piatti e spazzar le scale, stropicciare l’impiantito in camera della signora e delle signorine figlie; dormiva in cima alla casa, in un granaio, sopra un misero pagliericcio, mentre alle sorelle erano assegnate camere con pavimenti intarsiati, letti di ultima moda, e specchi in cui si miravano da capo a piedi.
La povera ragazza soffriva tutto con pazienza, né osava lamentarsi col padre, perché questi l’avrebbe sgridata, visto che dalla moglie si faceva comandare a bacchetta.
Finito il suo lavoro, si metteva accanto al camino e si sedeva nella cenere, perciò in casa la si chiamava comunemente Cucciolona; ma la minore delle due sorelle, non tanto sgarbata quanto l’altra, la chiamava Cenerentola.
Eppure Cenerentola, infagottata com’era nei suoi cenci, era cento volte più bella delle sorelle sfarzosamente vestite.
Accadde che il figlio del Re diede un ballo, invitandovi tutte le persone di conto. Anche le nostre due signorine ebbero l’invito, perché facevano gran figura nel paese.
Eccole tutte contente e affaccendate per scegliere gli abiti e le acconciature che stessero loro meglio: nuova fatica per Cenerentola, perché doveva lei stirar la biancheria delle sorelle e pieghettarne i manichini. Non si parlava che dei vestiti da mettersi.
Io
disse la maggiore "mi metterò l’abito di velluto rosso e i pizzi d’Inghilterra.
Per me
disse l’altra non avrò che la veste solita; ma in compenso mi metterò il mantello fiorato d’oro e la collana di diamanti, che non è mica una cosa da niente
.
Si mandò a chiamare la crestaia perché aggiustasse le cuffiette a doppia gala e si comprarono dei nei dalla profumiera.
A Cenerentola anche domandarono un parere, perché la sapevano di buongusto. Cenerentola le consigliò che meglio non si poteva e si offrì perfino di pettinarle, al che le due sorelle si degnarono di accettare.
Mentre si facevano pettinare, le dicevano: Ti piacerebbe di andare al ballo, Cenerentola?
Ahimè! signorine, voi vi burlate di me; non è cosa per me
.
Hai ragione; sarebbe un gran ridere, se si vedesse al ballo una Cucciolona
.
Un’altra le avrebbe pettinate alla diavola; ma Cenerentola era buona e le pettinò a perfezione.
Stettero quasi due giorni senza mangiare, tanto erano fuori di sé dalla gioia; più di dodici laccetti si spezzarono, a furia di stringere i busti per far loro la vita sottile; e tutti i momenti si ammiravano allo specchio.
Spuntò finalmente il giorno felice. Le due sorelle andarono, e Cenerentola le seguì con gli occhi finché poté. Quando non le vide più, si mise a piangere. La comare che la vide tutta in lacrime, le domandò che avesse.
Vorrei… vorrei tanto…
piangeva così forte che non poté finire.
La comare, che era una Fata, le disse: "Vorresti andare al ballo, non è così?
Oh, sì!
sospirò Cenerentola.
Ebbene,
disse l’altra, se sarai buona, ti farò andare".
Se la portò in camera e le disse: Vai in giardino e portami una zucca
.
Cenerentola subito andò a cogliere la più bella che le riuscì di trovare, e la portò alla Fata, senza capire come mai quella zucca l’avrebbe fatta andare al ballo. La Fata la vuotò, e quando non fu rimasta che la sola scorza, la percosse con la sua bacchetta, e la zucca fu subito mutata in una bella carrozza tutta dorata.
Andò poi a guardare nella trappola, e trovativi sei topolini ancora vivi, disse a Cenerentola di alzare un tantino l’apertura della trappola. I topolini ne uscirono a uno a uno; ed ella dava subito un colpo di bacchetta e il topolino si trasformava di botto in un bel cavallo; in meno di niente si ebbe così un magnifico attacco di sei cavalli d’un bel grigio sorcio pomellato.
Vistala poi in pena per con che cosa dovesse fare un cocchiere, disse Cenerentola: "Vado a vedere chi sa mai ci fosse qualche sorcione nella trappola grande; ne faremo un cocchiere.
Hai ragione
, approvò la Fata vai a vedere
.
Cenerentola le portò la trappola, e c’erano infatti tre sorcioni: la Fata ne prese uno, che aveva tanto di baffi, e toccatolo appena lo trasformò in un grosso cocchiere, che aveva il paio di baffi i più belli che si fossero mai visti.
Poi le disse: Vai in giardino, troverai dietro l’innaffiatoio sei lucertole, portale qui
.
Appena avutele, le mutò in sei lacchè, che montarono subito dietro la carrozza coi loro abiti gallonati, e vi si tennero attaccati come se non avessero fatto altro per tutta la vita.
La Fata disse allora a Cenerentola: Ecco fatto, adesso puoi andare al ballo: sei contenta?
Sì, ma come faccio ad andarci, con questi miei cenci addosso?
La Fata non fece che toccarla con la bacchetta, e gli abiti cenciosi diventarono d’oro e d’argento, tempestati di pietre preziose. Le diede poi un paio di pantofole di vetro, le più belle del mondo.
Così adornata, Cenerentola montò in carrozza; ma la Fata le raccomandò,