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L'Italia dal 2001 al 2006
L'Italia dal 2001 al 2006
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E-book441 pagine5 ore

L'Italia dal 2001 al 2006

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Storia - saggio (347 pagine) - Breve storia della seconda e terza Repubblica dal 1994 al 2018 e dello stato sociale


Il centrodestra avente sempre come leader incontrastato Silvio Berlusconi vinse le elezioni del 2001 e con una solida maggioranza in Parlamento avrebbe avuto la possibilità di varare quelle riforme liberal-democratiche che l’Italia attendeva. Malauguratamente i problemi con la giustizia del premier, accusato di corruzione in vari procedimenti, limitarono ampiamente l’attività del governo e crearono frizioni e conflitti con i partiti suoi alleati che lo costrinsero a dimettersi ed a formare un altro governo che recepisse parte delle istanze dei partitini. Il terzo capitolo è dedicato per intero alla Chiesa Cattolica retta per 27 anni da Papa Woitila che aveva delegato al Cardinal Ruini la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana.

Nel quarto capitolo si enunciano gli attentati terroristici che insanguinarono l’Occidente in quegli anni, mentre nel V capitolo continuando la narrazione della evoluzione della economia e dello Stato Sociale si descrive il trauma della prima guerra mondiale.

Nel VI capitolo il conflitto esistente da 100 anni tra capitalisti e proletariato ebbe un tragico epilogo con una cruenta affermazione nella rivoluzione russa dell’ottobre 1917, dei Bolscevichi e dei Soviet (comunisti –marxisti) che misero al bando sia lo stato liberale sia il capitalismo.


Silvano Zanetti  nato il 21 ottobre 1948 in provincia di Bergamo, da famiglia modesta, dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrive al Politecnico di Torino dove si laurea in Ingegneria Meccanica. Dal 1977 si stabilisce a Milano dove si impiega presso diverse aziende metalmeccaniche come tecnico commerciale dove matura una buona conoscenza di usi-costumi-economia dei Paesi europei ed asiatici. Trova il tempo nel 1992 di frequentare un Master MBA all’Università Bocconi. Alla fine della sua carriera lavorativa si dedica al suo hobby da sempre : lo studio della storia e collabora con la rivista e-storia dal 2010 per poi prendere nel 2018 la decisione di scrivere i contenuti presenti in questa collana divulgativa di storia contemporanea.

LinguaItaliano
Data di uscita22 feb 2022
ISBN9788825418941
L'Italia dal 2001 al 2006

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    Anteprima del libro

    L'Italia dal 2001 al 2006 - Silvano Zanetti

    Introduzione

    Dato uno spazio a N dimensioni conoscendo l’intensità, la direzione e il verso di tutte le forze attive, la risultante in direzione, verso e intensità è nota: la Storia.

    Confesso che era mia unica intenzione di scrivere un semplice e breve saggio storico sugli ultimi anni della politica italiana, dal 2013 al 2018, ovvero la XVIII legislatura. Per esempio, un volumetto dal titolo «Da Matteo Renzi a Matteo Salvini», oppure «Ascesa e declino di Renzi e l’affermazione del M5S» ecc.

    Completato un volumetto di circa 100 pagine, ebbi la malaugurata idea di farlo leggere ad alcuni amici per un loro commento. Fui subissato da critiche costruttive quali: come si fa a parlare in poche pagine di Jobs Act, Globalizzazione, Euro, Riforme costituzionali, se non si spiega quanto avvenne negli anni precedenti? La storia è sempre un dipanarsi di eventi, talvolta nuovissimi e imprevedibili, ma il più delle volte sviluppatisi senza soluzioni definitive negli anni precedenti (es. il debito pubblico, le riforme mai riformate) o che erano «in fieri» e che sono esplosi anni dopo (es. il basso valore aggiunto del settore pubblico e privato o i diritti civili). La soluzione di alcuni problemi ne crea sempre di nuovi per cui, quelli che erano considerati rivoluzionari e che avevano contribuito a cambiare la società nell’arco di due generazioni, diventano conservatori se non reazionari; arroccati nella difesa, con le unghie e coi denti, di conquiste e privilegi, mitizzati e sacralizzati in tabù intoccabili (la riforma del lavoro, il rapporto uomo-donna).

    Convinto da questi suggerimenti amichevoli mi sono accinto a questa immane, ma anche piacevole fatica, che mi ha impegnato due anni di vita.

    Per evitare che i lettori abbiano un giudizio sfavorevole su questo mio lavoro, concentrato soltanto su alcuni aspetti di quanto accaduto in questo lasso di tempo, vi aiuto a districarvi in questo mio «libro-puzzle».

    Il XX secolo fu contrassegnato in Europa da due sanguinose guerre mondiali, che hanno determinato la fine dell’Eurocentrismo, e della contrapposizione tra Capitalismo e Socialismo, con tutte le loro varianti: dal Nazifascismo al Liberalismo democratico, dalla Socialdemocrazia al Comunismo. Verso il 1990 si ebbe il crollo del regime comunista-utopista nell’URSS. Contemporaneamente prese forma ed ebbe successo l’originale «via cinese al Socialismo» che nega sì il Liberalismo politico (solo il Partito Comunista è legale) ma incentiva l’economia di libero mercato favorendo l’affermarsi di un Capitalismo senza Liberalismo.

    Le due culture politiche, Liberalismo e Socialismo, a cui si erano ispirate le élite politiche e culturali al comando in Europa, verso la fine del secolo, avevano esaurito il loro compito e le masse popolari, drogate dai media, erano pronte a dare il consenso ad altre élite più vicine ai loro bisogni primari, rifiutando le precedenti mediazioni ideologico-culturali. Le mediazioni religiose erano già state da lungo tempo rifiutate.

    L’Italia, essendo geopoliticamente e culturalmente parte integrante del mondo occidentale, da quegli sconvolgimenti e crisi di valori ne uscì a pezzi.

    Con il crollo del Comunismo in URSS crollò anche il duopolio democristiano–comunista che aveva retto l’Italia per 40 anni, e nel contempo si ebbe l’ascesa al potere politico di una élite avida e populista senza ben definiti ancoraggi culturali. Questo trapasso di potere reale segnò il fallimento della classe borghese liberale e degli intellettual-marxisti senza profonde radici nelle masse popolari. Tutti si dimostrarono incapaci di guidare la società italiana a fare il salto di qualità, passando da una società di consumi a una società ad alto valore aggiunto, in cui il fabbisogno di maggiore democrazia e partecipazione è anche più elevato.

    E mentre in questi ultimi 25 anni alcuni paesi continuavano ad accrescere il loro benessere, a cui partecipavano sempre più vasti strati della popolazione, l’Italia andava scivolando verso gli ultimi posti in Europa sia per i livelli di reddito sia per i livelli di diseguaglianza.

    L’avere aderito a pieno titolo, fin dall’inizio alla costituzione dell’Europa negli anni ’50, era stato di grande vantaggio per l’Italia, che aveva ricavato notevoli benefici per la propria industria manifatturiera, e di conseguenza aveva incrementato l’occupazione e il benessere generale. Tuttavia dal 2.000, con la creazione della moneta unica, l’«euromarco», l’Italia perdeva anche la sovranità della moneta. Le sarebbero rimasti solo gli obblighi di onorare i propri debiti, avendo ceduto a terzi sia il proprio mercato, sia la propria sovranità, delegata a Bruxelles con una infinita serie di accordi commerciali e civili.

    Il fallimento post 2.000 era insito nelle motivazioni della classe politica italiana che riteneva di poter rifilare all’Europa parte del suo enorme debito pubblico, essendo incapace ad attuare quelle riforme atte a ridurre la rendita parassitaria.

    Il gioco del cerino acceso da passare a qualcun’altro funzionò. Nessuno era disposto a farti entrare nel «condominio» chiamato Europa se poi non eri disposto ad accollarti le spese condominiali.

    La Gran Bretagna, verificato che gli svantaggi della sua partecipazione a un’Europa a trazione tedesca erano superiori ai vantaggi, sarebbe uscita da questa trappola, con l’appoggio del suo popolo.

    Ed ecco in breve i fili conduttori, che mi hanno ispirato nello scrivere questo saggio e che aiuteranno i lettori a capire quanto accaduto negli anni dal 1994 al 2018.

    In tutti i volumi, il primo, il secondo e talvolta il terzo capitolo, descrivono sia il panorama politico, sia i dibattiti tra i partiti, sia i Governi che si sono succeduti con le loro promesse, programmi e provvedimenti legislativi realizzati in quel preciso momento storico.

    I Partiti politici e i loro leader sono tutti coinvolti in una rissosità continua e, per dirlo alla Guicciardini, sembrano tutti super interessati a conseguire i propri interessi «particolari» piuttosto che pensare al bene comune. La lotta tra il cartello delle Sinistre e il cartello delle Destre, dominato da Silvio Berlusconi, durerà venti anni e finirà per portare il Paese stremato fuori da tutti i giochi politici europei.

    Nei restanti capitoli di ogni volume si introducono argomenti «a tema» che si distribuiscono fra i vari volumi. I due temi principali trattati sono: le rivoluzioni industriali, fino a quella dell’informatica, che si sviluppano di pari passo con il Capitalismo-liberale e, come contrappunto, la storia dello Stato sociale, dalla riforma delle pensioni di Bismarck, alla Third Way di Tony Blair, Gerhard Schröder, e al Jobs Act di Matteo Renzi.

    Accanto a questi due «mainstreams» si introducono anche temi completamente nuovi: l’immigrazione, gli attentati terroristici islamici, i mutamenti nella Chiesa Cattolica, il cambiamento dei costumi degli italiani, la Repubblica Popolare Cinese, la globalizzazione, il crollo del sistema bancario mondiale e poi la bancarotta sfiorata delle banche italiane.

    Per finire, un ringraziamento lo devo al nostalgico gruppo degli «amici Einaudini» capitanato da Francesco Favero (collegio universitario Principe Amedeo di Torino) sopravvissuti al ‘68 e in particolare ad Alessandro Accorinti, che si è sobbarcato l’immane compito di raddrizzare le mie bozze creative.

    Non vi è mai stata l’ambizione di redigere qui una storia onnicomprensiva del passato ventennio, ma solo una parziale rivisitazione dei momenti più significativi di cui sono stato testimone diretto o indiretto.

    Buona lettura…

    Silvano Zanetti

    Introduzione al terzo volume: l’Italia dal 2001 al 2006

    Nel quinquennio 2001-2006 si svolse la XIV legislatura governata dalla coalizione di Centrodestra che aveva vinto le elezioni nel 2001.

    Nel primo capitolo si tratta delle divisioni e perplessità sorte nella coalizione del centrodestra per i problemi con la giustizia che stavano tormentando Berlusconi per la sua disinvolta morale pubblica e privata.

    Questi conflitti con la Magistratura condizionarono l’attività del governo. Si approfondiscono anche le cause della sconfitta della coalizione della sinistra, l’evoluzione dei partiti che ne facevano parte e la riproposta di una nuova coalizione dell’Ulivo capitanata sempre da Romano Prodi.

    Nel secondo capitolo vengono ricordate le principali leggi introdotte dal Centrodestra ed anche il tentativo maldestro di modificare la legge elettorale, in modo da ottenere un parlamento più rappresentativo del voto ed anche per bloccare la prevista vittoria del Centrosinistra.

    L’analisi economica di questo quinquennio è posticipata nel prossimo volume dedicato al Governo di centrosinistra che durò dal 2006 al 2008. Il motivo di questa scelta è collegato al fatto che nel 2008 scoppiò una crisi finanziaria mondiale che determinò una frattura storica economica

    fra il 2000 quando la moneta circolante in Europa divenne l’euro ed il 2008.

    Il terzo capitolo è incentrato sulla Chiesa Cattolica, retta per 27 anni (1978-2005) da Papa Giovanni Paolo II. Fu una figura carismatica che aveva delegato al Cardinale Ruini, uomo di sua fiducia, da lui nominato Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per tenere i rapporti con i cattolici italiani, dispersi nei vari partiti dopo l’implosione della DC.

    Nel IV capitolo si fa la cronaca e una riflessione sugli attentati terroristici che sconvolsero gli Stati Uniti e l’Europa ad opera di fanatici terroristi islamici, provenienti dai paesi arabi del Medio Oriente, senza pace da cento anni, e con scarse prospettive di sviluppo.

    Continuando nella narrazione della evoluzione della economia e dello Stato sociale nel capitolo V si descrive il trauma della prima guerra mondiale. Lo scoppio della prima guerra, anche se fu accidentale dovuto all’assassinio del principe ereditario Austriaco a Sarajevo per opera di studenti irredentisti serbi, in realtà l’Europa, divisa in due blocchi, l’Intesa e Triplice Alleanza si era preparata alla guerra da tempo. Si avverò una svolta fondamentale nella gestione della guerra: la capacità di produrre armamenti sempre più sofisticati prevaleva sul numero dei combattenti che una nazione poteva schierare. Si ebbe l’affermazione della industria bellica che aveva bisogno di operai, maestranze, ma anche scienziati e ricercatori forniti dall’Università o creati all’interno, capace di fornire non solo armi sempre più sofisticate in quantità sempre maggiori ma anche logistica: mezzi di trasporto e vettovagliamento, vestiario ed assistenza sanitaria. Vi fu un fronte dove combatterono i soldati, ma vi fu anche un fronte interno dove tutta la popolazione abile dovette concorrere e lavorare per rifornire i soldati al fronte.

    Cap. VI. Il conflitto ideologico tra capitalisti e proletariato generato dalla rivoluzione industriale ebbe un epilogo cruento. La Russia era il paese socialmente più arretrato d’Europa, con una sterminata massa di contadini, con una nobiltà, un Clero ortodosso, grandi latifondisti, fedeli e conniventi con la Corona Zarista, e la relativamente scarsa classe operaia era concentrata a San Pietroburgo, a Mosca, al di là degli Urali e nel bacino carbonifero del Donbass. La catastrofica condotta della guerra costrinse lo Zar all’abdicazione. Il paese fu in seguito governato da un governo borghese avente come premier Kerenski, che si dimostrò incapace di fare uscire il paese dalla guerra. Alla fine di ottobre del 1917 il piccolo partito bolscevico, di ideologia marxista, dotato di una disciplina ferrea, diretto da intellettuali ed avente come base elettorale la classe operaia, prese il potere con un colpo di stato. Annullate le elezioni tenutesi di lì a poco in cui erano risultati perdenti, i bolscevichi si impossessarono di tutto il potere, militare e civile, bollando la libertà di parola, il liberalismo, la borghesia come nemici del popolo. Iniziò la costruzione di una società socialista-utopistica, basata sul principio dell’uguaglianza, senza sfruttati e sfruttatori, denominata anche dittatura del proletariato. I bolscevichi non esitarono ad eliminare tutti gli avversari politici, dapprima i borghesi, poi i socialisti e in seguito anche i dissidenti interni, ed a governare con il terrore.

    Nell’ultimo capitolo ci si diffonde su aspetti secondari, ma innovativi che si verificarono per la prima volta nella storia durante la prima sanguinosa guerra mondiale. Gli argomenti trattati sono: i finanziamenti rastrellati per la grande guerra, il comportamento delle donne durante la prima guerra Mondiale, gli ammutinamenti dei soldati al fronte, Il Vaticano e il papa Benedetto XV, la medicina durante la il periodo bellico, e la sorte subita dai prigionieri di guerra.

    Capitolo I - Il panorama politico e il dibattito nei partiti

    Nel quinquennio 2001-2006 si svolse la XIV legislatura governata dalla Coalizione di centrodestra che aveva vinto le elezioni nel 2001. Nel primo capitolo si tratta del dibattito avvenuto tra i partiti del centrodestra e le divisioni interne. Grande perplessità suscitò la disinvolta morale pubblica e privata di Berlusconi che attirò l’attenzione della giustizia Italiana e che lo rese un ospite fisso delle aule dei tribunali. Questi conflitti con la Magistratura condizionarono l’attività del governo. Si approfondiscono anche le cause della sconfitta della Coalizione della sinistra e la riproposta di una nuova Coalizione dell’Ulivo, capitanata sempre da Romano Prodi.

    1.1 – Forza Italia e la Casa delle Libertà

    Immagine

    Immagine 1: il manifesto elettorale di Berlusconi per la campagna delle elezioni legislative 2001. www.Yahoo.it disponibile gratuitamente per condivisione ed uso commerciale.

    In occasione delle elezioni del maggio del 2001, per sconfiggere il Centrosinistra fu organizzata una coalizione tra Forza Italia, Alleanza Nazionale, la Lega Nord, il Centro Cristiano Democratico, i Cristiani Democratici Uniti, il Partito Repubblicano Italiano e il Nuovo PSI, che si presentarono tutti sotto il nome di Casa delle Libertà. I manifesti della campagna elettorale puntarono su una serie di slogan che evidenziavano i punti fondamentali del programma politico:

    Il primo gruppo comprendeva ad esempio: un impegno preciso, città più sicure; un dovere morale, pensioni più dignitose.

    Un secondo gruppo invece proponeva: un presidente imprenditore per realizzare le grandi opere; un presidente innovatore per ammodernare lo Stato.

    Un terzo gruppo proponeva: "Votiamo Berlusconi", per garantirci un futuro migliore, per avere pensioni più dignitose.

    La coalizione Casa delle Libertà guidata da Silvio Berlusconi, riuscì a sconfiggere lo schieramento di Centrosinistra guidato da Francesco Rutelli. Forza Italia divenne il primo partito del paese, con il 29,4% dei voti. Si formò così il Governo Berlusconi II, che si rivelerà come l’esecutivo più longevo nella storia della Repubblica e resterà in carica per 1422 giorni.

    1.2 – I valori della Destra e della Sinistra

    L’elaborazione teorica dell’azione politica del Centrodestra, come nella tradizione di qualsiasi partito conservatore europeo, era delegata in economia ad alcuni professori di scuola liberista con buone nozioni di marketing, in primis la comunicazione televisiva. Si imitavano le ricette economiche del presidente degli USA Reagan e della britannica Thatcher.

    Nonostante ciò le liberalizzazioni in Italia furono realizzate dal Centrosinistra, che si ispirava a una terza via identificata con leaders quali Tony Blair, primo ministro britannico e dal presidente degli USA Bill Clinton (molto più liberista della tradizionale piattaforma democratica o labour).

    Con Berlusconi al governo la spesa pubblica aumentò anziché scendere, in contraddizione con i dettami del neoliberismo.

    La destra vuole uno stato forte, che poggi su basi nazionali, che garantisca maggiore sicurezza ai cittadini e faccia riferimento alla cultura e alla morale e tradizionale religione cristiana .

    In generale sono preponderanti i valori conservatori, il rifiuto della cultura degli immigrati, il mantenimento dello status quo, la difesa dei valori cristiani: famiglia, scuola, libertà religiosa ed individuale. Al contrario la Sinistra è in primo luogo conflitto e antitesi, rifiuto dei valori e delle diseguaglianze che si formano nella società a causa delle diversità sociali e individuali.

    La politica del Centrodestra era anche subordinata alla difesa degli interessi di Berlusconi nel settore televisivo, come la difesa di Mediaset dalla minaccia di oscuramento parziale o totale e dalle inchieste della magistratura per i comportamenti fiscalmente scorretti dello stesso Berlusconi.

    In quegli anni l’opinione pubblica fu scossa da alcuni processi in cui erano coinvolti sia il premier Berlusconi sia alcuni suoi stretti collaboratori. Pare che la Magistratura e la Sinistra non perdonassero al premier l’uso spregiudicato delle televisioni di Mediaset, atte a condizionare l’opinione pubblica a suo proprio favore. Una tregua tra i contendenti mai scritta, ma sussurrata, consisteva nel permettere a Berlusconi l’uso e il possesso delle sue televisioni del Gruppo Mediaset, a patto che si ritirasse dalla politica. Ma questi accordi valevano tra gentiluomini e non vi erano gentiluomini in quei tempi, bensì ognuno cercava la fine dell’altro come in una saga tra primitivi.

    Quella lotta si protrasse per anni senza vincitori né vinti, ma il paese ne uscì sconvolto e impoverito per l’assenza di una qualsiasi direzione politica: sia verso il neo liberalismo sia verso il modello socialdemocratico. L’Italia a poco a poco era destinata a diventare il fanalino di coda nell’UE in quasi tutte le classifiche che comparavano le prestazioni economiche e sociali di ogni paese.

    1.3 – I processi contro Silvio Berlusconi – Il caso Previti

    I processi contro il premier Berlusconi per corruzione durarono per anni ma noi qui scegliamo di iniziare a parlare solo del Caso Previti¹ rinviando al IV volume un riassunto di tutti i dossier a carico del premier Silvio Berlusconi per corruzione o falso.

    1.3.1 – Il Processo SME-CIR

    L’origine della vicenda risale al 1985, quando Romano Prodi, allora presidente dell’Iri, e Carlo De Benedetti raggiunsero un’intesa in base alla quale l’Iri avrebbe ceduto la sua partecipazione in SME² pari al 63% a De Benedetti per circa 497 miliardi.

    La decisione vide la ferma opposizione dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, in seguito a una comparazione con altre tre offerte intervenute, delle quali una della IAR.³ Poiché l’accordo fu ritenuto non vincolante, De Benedetti si rivolse al Tribunale di Roma dove i giudici, presieduti da Filippo Verde, relatore della sentenza, diedero torto all’ingegnere di Ivrea. Tuttavia i PM milanesi sospettarono che la sentenza romana fosse stata aggiustata, dietro il versamento di tangenti a Filippo Verde e all’ex capo dei gip di Roma Renato Squillante.⁴

    Tre, in particolare, erano i versamenti sotto accusa: uno del 2 maggio del 1988 di 750 milioni di lire, poco dopo che la Cassazione aveva reso definitiva la decisione, passati da un conto di Pietro Barilla⁵ a uno di Attilio Pacifico,⁶ che avrebbe a sua volta versato 200 milioni in contanti a Filippo Verde, mentre un altro miliardo sarebbe passato da Barilla a Pacifico, che avrebbe diviso 850 milioni con Previti versando poi 100 milioni a Renato Squillante, secondo l’accusa «stabilmente retribuito» dagli altri imputati. C’era infine una contestazione suppletiva di 434.000 dollari passati da un conto Fininvest a uno di Previti e, da ultimo, a un conto di Renato Squillante nel 1991.

    Da qui l’accusa di corruzione in atti giudiziari, reato per il quale i tempi di prescrizione erano di 15 anni, più lunghi, quindi, rispetto ai tempi della corruzione semplice.

    La principale accusatrice e teste in quel processo fu Stefania Ariosto che, con la sua testimonianza, non solo alzò il coperchio sui giri di tangenti, ma anche su un certo stile di vita sregolata liberal condotto in certi ambienti milanesi tra la Prima e la Seconda Repubblica.

    1.3.2 – Il Processo SME

    Nel 2000 Cesare Previti, venne messo sotto inchiesta per avere corrotto nel 1985 dei giudici del tribunale di Roma, allo scopo di far rigettare i ricorsi giudiziari del gruppo CIR nell’ambito della vicenda SME i quali, se accolti, avrebbero danneggiato la cordata composta da Barilla, Ferrero e Fininvest. Il 22 novembre 2003, dopo molti rinvii, comunque ininfluenti nel computo della prescrizione, il processo giunse alla sentenza di primo grado, con la quale Previti venne condannato a 5 anni di reclusione, a fronte di una richiesta di 11 anni formulata dall’accusa.

    La posizione di Berlusconi venne stralciata il 16 maggio 2003. Il 10 dicembre 2004 Berlusconi fu assolto dall’accusa di aver comprato la sentenza sulla SME «per non avere commesso il fatto». Fu anche assolto per altri episodi di corruzione che gli erano stati contestati dalla procura, a causa della intervenuta prescrizione e dopo avere ottenuto le attenuanti generiche.

    Il 2 dicembre 2005 la Corte d’Appello di Milano emise la sentenza di secondo grado; tutti gli imputati furono infatti prosciolti dall’accusa di aver aggiustato la causa civile relativa alla SME. Furono condannati: Renato Squillante a 7 anni per corruzione in atti giudiziari, Cesare Previti a 5 anni e Attilio Pacifico a 4 anni per corruzione, in relazione ai 434 mila dollari partiti da un conto estero di Silvio Berlusconi e approdati, nel marzo 1991, su un deposito nella disponibilità dell’allora capo dei Gip romani Renato Squillante.

    Infine, il 30 novembre 2006 la Corte Suprema di Cassazione annullò entrambe le precedenti sentenze di merito relative al processo SME emesse dal Tribunale di Milano per incompetenza territoriale, in quanto la commissione del fatto corruttivo si era verificata a Roma. Venne quindi disposto il trasferimento degli atti al Tribunale di Perugia, competente a giudicare i reati di competenza ordinaria del Tribunale di Roma nei quali fossero però coinvolti magistrati della capitale. Peraltro, essendo il termine di prescrizione decorso il 30 aprile 2007, il processo fu dichiarato prescritto.

    1.3.3 – Il processo IMI – SIR

    Tutto cominciò nel 1982 quando Nino Rovelli citò l'Imi con l'accusa di non aver adempiuto agli impegni di una convenzione sottoscritta nel 1979 che prevedeva il risanamento del gruppo chimico Sir-Rumianca per circa 500 miliardi di lire. Nel 1986 il tribunale di Roma condannò l'Imi al risarcimento dei danni subiti da Rovelli. Nel 1990 la Corte d'Appello confermò la sentenza e nel dicembre di quell'anno Nino Rovelli morì lasciando alla vedova e ai figli la richiesta di risarcimento arrivata a circa 800 miliardi di lire.

    Anche la Cassazione, nel 1993 emise una sentenza che dava ragione ai Rovelli e a gennaio del 1994 l'Imi versò agli eredi 980 miliardi, 300 dei quali finirono al fisco. Secondo la procura di Milano, la causa sarebbe stata «aggiustata» grazie all'intervento, nei confronti dei giudici Squillante, Metta e Verde, degli avvocati Previti, Pacifico e Acampora dietro un compenso, da parte dei Rovelli, di circa 67 miliardi di lire.

    La sentenza di primo grado, emessa dalla IV sezione penale del Tribunale di Milano il 29 aprile 2003, riconobbe colpevole Cesare Previti e lo condannò alla pena di undici anni di reclusione ed all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

    La sentenza fu appellata ed il 23 maggio 2005 la Corte di Appello di Milano lo condannò a sette anni di reclusione.

    Il 4 maggio 2006 la Cassazione espresse il verdetto definitivo, condannando Cesare Previti a 6 anni di detenzione per l'accusa di corruzione in atti giudiziari nell'ambito del processo IMI – SIR.

        Di fatto, scontò a Rebibbia solo pochi giorni per effetto della legge ex Cirielli, approvata qualche mese prima, quando egli era ancora effettivamente in carica. Fu poi radiato anche dall’Ordine degli avvocati di Roma ed il 19 gennaio 2010 la Corte Europea dei diritti dell'uomo dichiarò inammissibile il ricorso presentato da Cesare Previti.

    1.3.4 – Il processo Lodo Mondadori

    Il 13 luglio 2007, la II sezione penale della Cassazione rese definitiva la condanna ad un anno e sei mesi per Cesare Previti ed altri imputati, comminata in secondo grado. La Cassazione stabilì in modo definitivo che la sentenza del 14 gennaio del 1991 (di cui era relatore ed estensore il giudice Vittorio Metta, anche lui condannato), con la quale la Corte di Appello di Roma dava la maggioranza della Mondadori a Silvio Berlusconi, era frutto di corruzione.

    La sentenza di appello del processo Mondadori a carico di Previti, confermata dalla Cassazione, asseriva esplicitamente che il Cavaliere aveva la "piena consapevolezza che quella sentenza fosse stata oggetto di mercimonio. Del resto la retribuzione del giudice corrotto era avvenuta nell’interesse e su incarico del corruttore" cioè di Silvio Berlusconi.

    Il denaro adoperato per la corruzione proveniva dal conto All Iberian che, secondo i suoi stessi avvocati, era un conto personale di Berlusconi. Egli, nel processo per il lodo Mondadori, aveva ottenuto la prescrizione, oltre alle attenuanti generiche, ma il reato era stato constatato, né lo stesso Silvio Berlusconi aveva deciso di rinunciare alla prescrizione per essere assolto nel merito. A seguito di quella sentenza l’imprenditore Carlo De Benedetti, a cui la sentenza di Metta aveva portato via la Mondadori, annunciò che avrebbe chiesto il risarcimento di un miliardo di euro.

    Cesare Previti non presentò mai le sue dimissioni da Deputato, ed allora la proposta di decadenza dalla sua carica fu posta in calendario per essere votata alla Camera il 31 luglio del 2007. Tuttavia, prima che la votazione avesse inizio, il deputato forzista Elio Vito lesse una dichiarazione di Previti che annunciava le proprie dimissioni. A quel punto la Camera dei Deputati non votò più la decadenza da deputato, ma le dimissioni di Previti; queste furono accettate con 462 voti favorevoli, 66 voti contrari e 6 astenuti.

    1.4 – La Lega Nord al Governo: la Lega di lotta e di Governo e la Bossi-Fini.

    Dalle elezioni legislative del 13 maggio 2001 la Lega Nord ne uscì un po’ ridimensionata rispetto alle elezioni precedenti, avendo ottenuto uno scarso 17% in Lombardia, contro il 35% del 1996. A livello nazionale andò ancora peggio per la Lega, con uno striminzito 3,9% che non le permise di eleggere parlamentari al proporzionale, ma ebbe solo 47 seggi al maggioritario.

    La Lega ebbe Roberto Calderoli vice Presidente del Senato, Roberto Maroni Ministro del Welfare, Roberto Castelli Ministro della alla Giustizia; ma soprattutto diventò Ministro alle Riforme istituzionali ed alla Devolution il "Senatur" Umberto Bossi, per la prima volta Ministro della Repubblica italiana.

    I cavalli di battaglia della Lega divennero la Devolution (devoluzione dei poteri dallo stato alle Regioni) e l’immigrazione. Nacque in quel periodo lo slogan, apparso in tutti i manifesti elettorali, Lega di lotta, Lega di governo, per manifestare la volontà del partito di essere la Lega che lotterà per i suoi ideali e che non si appiattirà al governo, ma che anzi userà il governo proprio per poter raggiungere tutti i suoi obiettivi.

    1.4.1 – La riforma del titolo V della Costituzione.

    Il Titolo V della Costituzione era già stato oggetto di modifica nel 2001. La legge fu approvata in Parlamento grazie ai voti del Centrosinistra e fu poi sottoposta dal precedente Governo Amato a referendum confermativo. Il 7 ottobre 2001 gli italiani andarono a votare per il referendum e lo approvarono con il 64,20% di voti validi.

    La riforma del Titolo V lasciava allo Stato l’onere di fare cassa per conto delle Regioni, ma dava a queste ultime piena autonomia in materia di spesa su un numero di materie sempre maggiore. Le Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni avevano autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Alle Regioni veniva inoltre concessa la facoltà di decidere autonomamente il numero dei consiglieri e degli assessori in carica, nonché i loro stipendi.

    La finanza locale (art. 119 Cost.) si fondava su 3 pilastri: l’autonomia impositiva; la compartecipazione al gettito di tributi erariali, riferibili al territorio (territorialità dell’imposta); il fondo perequativo per colmare eventuali squilibri tra le Regioni, derivanti dalla diversa capacità fiscale dei territori, e per assicurare gli stessi standard nell’erogazione di alcuni servizi.

    A questi si aggiungeva la finanza straordinaria, costituita da risorse aggiuntive destinate dallo Stato a zone specifiche per sviluppo, crescita, coesione, solidarietà sociale e rimozione di squilibri economici e sociali.

    Un establishment sostanzialmente centralista e conservatore riteneva che quella riforma fosse un sostanziale fallimento. Secondo uno studio della CGIA di Mestre nel decennio 2000-2010 le Regioni italiane spesero 89 miliardi in più con una crescita del 74,6% imputabile, in particolar modo "al nuovo ruolo istituzionale e alle nuove competenze assunte con la Riforma del Titolo V della Costituzione". Ma risulta evidente che qualche regione a parità di costi e spese fu meglio amministrata. Nessuno quantificò in termini di democrazia e lotta alla corruzione i vantaggi ottenuti quando il Potere decisionale si avvicina alla base.

    1.4.2 – La legge Bossi-Fini

    Il 26 agosto del 2002 venne approvata la legge per regolamentare l’immigrazione clandestina, che veniva concepita come reato punibile dai sei mesi ai quattro anni di carcere. La legge fu ritenuta incostituzionale, repressiva ed immorale dalle forze di opposizione. Questa legge è conosciuta come legge Bossi-Fini, dal nome dei due politici che spinsero per la sua creazione.

    Ma l’11 marzo 2004 Umberto Bossi venne colto da un ictus nella sua casa di Gemonio, paese poco distante dal lago Maggiore varesino. Si temette il peggio per la sua vita, ma fortunatamente ne uscì solo debilitato fisicamente. Si ritirò momentaneamente dalla scena politica, salvo candidarsi come capolista per le elezioni europee del giugno successivo, risultando eletto ma lasciando la carica di ministro, che venne affidata a Roberto Calderoni.

    Alle elezioni del 9 Aprile 2006 la Lega si alleò con il MPA (Movimento per le Autonomie), guidato dal deputato siciliano Lombardo, in coalizione con La

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