Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'Italia dal 2015 al 2016
L'Italia dal 2015 al 2016
L'Italia dal 2015 al 2016
E-book289 pagine3 ore

L'Italia dal 2015 al 2016

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Storia - saggio (211 pagine) - Breve storia della seconda e terza Repubblica dal 1994 al 2018 e dello stato sociale: Il governo Renzi - L'EXPO 2015 - La crisi dell'industria manufatturieta italiana


Il patto del Nazzareno concordato nel 2014 e che impegnava Matteo Renzi e Silvio Berlusconi ad attuare riforme costituzionali e sociali andò in crisi con le elezioni di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica in contrapposizione a Giuliano Amato, il candidato di Berlusconi che sperava in un atto di grazia da parte del nuovo Presidente per annullare la sua decadenza da senatore.

D’ora in poi il cammino per realizzare le riforme costituzionali fu in salita, ed anche se Matteo Renzi si guadagnò la fiducia di un folto gruppo di fuoriusciti da Forza Italia, dall’altra parte la sinistra radicale all’interno del PD gli rese la vita sempre più difficile.

Nel capitolo V si parla della deindustrializzazione dell’Italia elencando una lista di aziende che avevano fatto il miracolo economico che, o chiusero o si trasferirono all’estero dove i costi della manodopera e non solo erano inferiori.

Infine si parla del grande successo con “EXPO 2015” a Milano che da allora cambiò faccia diventando anche una città turistica.


Silvano Zanetti è nato il 21 ottobre 1948 in provincia di Bergamo, da famiglia modesta. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è iscritto al Politecnico di Torino dove si è laureato in Ingegneria Meccanica. Dal 1977 vive a Milano dove ha lavorato presso diverse aziende metalmeccaniche come tecnico commerciale e maturato una buona conoscenza di usi, costumi ed economia dei Paesi europei ed asiatici. Nel 1992 ha frequentato un Master MBA all’Università Bocconi. Alla fine della sua carriera lavorativa si dedica al suo hobby di sempre, lo studio della storia. Collabora con la rivista e-Storia dal 2010. Nel 2018 ha preso la decisione di scrivere i contenuti presenti in questa collana divulgativa di storia contemporanea.

LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2022
ISBN9788825421439
L'Italia dal 2015 al 2016

Leggi altro di Silvano Zanetti

Correlato a L'Italia dal 2015 al 2016

Ebook correlati

Storia europea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su L'Italia dal 2015 al 2016

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'Italia dal 2015 al 2016 - Silvano Zanetti

    Introduzione

    Dato uno spazio a N dimensioni conoscendo l’intensità, la direzione ed il verso di tutte le forze attive, la risultante in direzione, verso ed intensità è nota: la Storia.

    Ogni forza rappresentativa di ogni essere vivente, agente in un qualsiasi piano è la risultante di infinite forze attive e potenziali, tutte tese a massimizzare il vantaggio esistenziale.

    Ogni forza rappresentativa di ogni essere vivente, conseguito il massimo vantaggio tende a mantenerlo ed a difenderlo strenuamente.

    Il massimo vantaggio conseguito da una forza rappresentativa di ogni essere vivente è temporale in quanto le forze escluse di ogni essere vivente tenderanno a migliorare il loro vantaggio esistenziale.

    Confesso che era mia unica intenzione di scrivere un semplice e breve saggio storico sugli ultimi anni della politica italiana, dal 2013 al 2018, ovvero la XVIII legislatura. Per esempio, un volumetto dal titolo «Da Matteo Renzi a Matteo Salvini», oppure «Ascesa e declino di Renzi e l’affermazione del M5S» ecc.

    Completato un volumetto di circa 100 pagine, ebbi la malaugurata idea di farlo leggere ad alcuni amici per un loro commento. Fui subissato da critiche costruttive quali: come si fa a parlare in poche pagine di Jobs Act, Globalizzazione, Euro, Riforme costituzionali, se non si spiega quanto avvenne negli anni precedenti? La storia è sempre un dipanarsi di eventi, talvolta nuovissimi e imprevedibili, ma il più delle volte sviluppatisi senza soluzioni definitive negli anni precedenti (es. il debito pubblico, le riforme mai riformate) o che erano «in fieri» e che sono esplosi anni dopo (es. il basso valore aggiunto del settore pubblico e privato o i diritti civili). La soluzione di alcuni problemi ne crea sempre di nuovi per cui, quelli che erano considerati rivoluzionari e che avevano contribuito a cambiare la società nell’arco di due generazioni, diventano conservatori se non reazionari; arroccati nella difesa, con le unghie e coi denti, di conquiste e privilegi, mitizzati e sacralizzati in tabù intoccabili (la riforma del lavoro, il rapporto uomo-donna).

    Convinto da questi suggerimenti amichevoli mi sono accinto a questa immane, ma anche piacevole fatica, che mi ha impegnato due anni di vita.

    Per evitare che i lettori abbiano un giudizio sfavorevole su questo mio lavoro, concentrato soltanto su alcuni aspetti di quanto accaduto in questo lasso di tempo, vi aiuto a districarvi in questo mio «libro-puzzle».

    Il XX secolo fu contrassegnato in Europa da due sanguinose guerre mondiali, che hanno determinato la fine dell’Eurocentrismo, e della contrapposizione tra Capitalismo e Socialismo, con tutte le loro varianti: dal Nazifascismo al Liberalismo democratico, dalla Socialdemocrazia al Comunismo. Verso il 1990 si ebbe il crollo del regime comunista-utopista nell’URSS. Contemporaneamente prese forma ed ebbe successo l’originale «via cinese al Socialismo» che nega sì il Liberalismo politico (solo il Partito Comunista è legale) ma incentiva l’economia di libero mercato favorendo l’affermarsi di un Capitalismo senza Liberalismo.

    Le due culture politiche, Liberalismo e Socialismo, a cui si erano ispirate le élites politiche e culturali al comando in Europa, verso la fine del secolo, avevano esaurito il loro compito e le masse popolari, drogate dai media, erano pronte a dare il consenso ad altre élites più vicine ai loro bisogni primari, rifiutando le precedenti mediazioni ideologico-culturali. Le mediazioni religiose erano già state da lungo tempo rifiutate.

    L’Italia, essendo geopoliticamente e culturalmente parte integrante del mondo occidentale, da quegli sconvolgimenti e crisi di valori ne uscì a pezzi.

    Con il crollo del Comunismo in URSS crollò anche il duopolio democristiano–comunista che aveva retto l’Italia per 40 anni, e nel contempo si ebbe l’ascesa al potere politico di una élite avida e populista senza ben definiti ancoraggi culturali. Questo trapasso di potere reale segnò il fallimento della classe borghese liberale e degli intellettual-marxisti senza profonde radici nelle masse popolari. Tutti si dimostrarono incapaci di guidare la società italiana a fare il salto di qualità, passando da una società di consumi ad una società ad alto valore aggiunto, in cui il fabbisogno di maggiore democrazia e partecipazione è anche più elevato.

    E mentre in questi ultimi 25 anni alcuni paesi continuavano ad accrescere il loro benessere, a cui partecipavano sempre più vasti strati della popolazione, l’Italia andava scivolando verso gli ultimi posti in Europa sia per i livelli di reddito sia per i livelli di diseguaglianza.

    L’avere aderito a pieno titolo, fin dall’inizio alla costituzione dell’Europa negli anni ’50, era stato di grande vantaggio per l’Italia, che aveva ricavato notevoli benefici per la propria industria manifatturiera, e di conseguenza aveva incrementato l’occupazione ed il benessere generale. Tuttavia dal 2.000, con la creazione della moneta unica, l’euromarco, l’Italia perdeva anche la sovranità della moneta. Le sarebbero rimasti solo gli obblighi di onorare i propri debiti, avendo ceduto a terzi sia il proprio mercato, sia la propria sovranità, delegata a Bruxelles con una infinita serie di accordi commerciali e civili.

    Il fallimento post 2.000 era insito nelle motivazioni della classe politica italiana che riteneva di poter rifilare all’Europa parte del suo enorme debito pubblico, essendo incapace ad attuare quelle riforme atte a ridurre la rendita parassitaria.

    Il gioco del cerino acceso da passare a qualcun’altro funzionò. Nessuno era disposto a farti entrare nel condominio chiamato Europa se poi non eri disposto ad accollarti le spese condominiali.

    La Gran Bretagna, verificato che gli svantaggi della sua partecipazione ad un’Europa a trazione tedesca erano superiori ai vantaggi, sarebbe uscita da questa trappola, con l’appoggio del suo popolo.

    Ed ecco in breve i fili conduttori, che mi hanno ispirato nello scrivere questo saggio e che aiuteranno i lettori a capire quanto accaduto negli anni dal 1994 al 2018.

    In tutti i volumi, il primo, il secondo e talvolta il terzo capitolo, descrivono sia il panorama politico, sia i dibattiti tra i partiti, sia i Governi che si sono succeduti con le loro promesse, programmi e provvedimenti legislativi realizzati in quel preciso momento storico.

    I Partiti politici ed i loro leaders sono tutti coinvolti in una rissosità continua e, per dirlo alla Guicciardini, sembrano tutti super interessati a conseguire i propri interessi «particolari» piuttosto che pensare al bene comune. La lotta tra il cartello delle Sinistre e il cartello delle Destre, dominato da Silvio Berlusconi, durerà venti anni e finirà per portare il Paese stremato fuori da tutti i giochi politici europei.

    Nei restanti capitoli di ogni volume si introducono argomenti a tema che si distribuiscono fra i vari volumi. I due temi principali trattati sono: le rivoluzioni industriali, fino a quella dell’informatica, che si sviluppano di pari passo con il Capitalismo-liberale e, come contrappunto, la storia dello Stato sociale, dalla riforma delle pensioni di Bismarck, alla Third Way di Tony Blair, Gerhard Schröder,ed al Jobs Act di Matteo Renzi.

    Accanto a questi due mainstreams si introducono anche temi completamente nuovi: l’immigrazione, gli attentati terroristici islamici, i mutamenti nella Chiesa Cattolica, il cambiamento dei costumi degli italiani, la Repubblica Popolare Cinese, la globalizzazione, il crollo del sistema bancario mondiale e poi la bancarotta sfiorata delle banche italiane.

    Per finire, un ringraziamento lo devo al nostalgico gruppo degli «amici Einaudini» capitanato da Francesco Favero (collegio universitario Principe Amedeo di Torino) sopravvissuti al ‘68 ed in particolare ad Alessandro Accorinti, che si è sobbarcato l’immane compito di raddrizzare le mie bozze creative.

    Non vi è mai stata l’ambizione di redigere qui una storia onnicomprensiva del passato ventennio, ma solo una parziale rivisitazione dei momenti più significativi di cui sono stato testimone diretto o indiretto.

    Buona lettura…

    Silvano Zanetti

    Introduzione all’ottavo volume

    Il 2016 inizia con l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica, ad opera del Centrosinistra in contrapposizione al candidato di Berlusconi e del Centrodestra Giuliano Amato. La vittoria del Centrosinistra sancisce la fine del patto del Nazzareno e della possibilità di attuare riforme costituzionali che necessitano una maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento. Renzi non riuscirà a capitalizzare questa vittoria in termini di consenso in Parlamento, che aveva ottenuto il plauso della maggior parte dell’opinione pubblica. L’irriducibile Sinistra radicale, i duri e puri (estensione della lobby sindacale CGIL) continuerà la sua guerriglia che alimenterà continue defezioni. Alle elezioni regionali solo dopo un anno la sua stella cominciava ad appannarsi. In questo anno molto intenso per produzione legislativa venne approvata la nuova legge elettorale, il cosiddetto Italicum, che avrebbe premiato forse eccessivamente il partito che avesse ottenuto la maggioranza relativa. L’ossessione di tutti era di rafforzare l’esecutivo per sottrarlo agli infiniti ricatti dei piccoli partiti e dei singoli Deputati.

    Molti lo accusarono di aver fatto una legge a favore suo e del PD: il principale e più organizzato partito italiano. Pareva ripetersi lo stesso errore compiuto dalla Destra nel redigere il porcellum, la legge elettorale pensata proprio per impedire la vittoria della Sinistra e che invece la favorì. Siamo all’assurdo, alla faziosità, all’infantilismo della politica. Un partito elabora una legge elettorale in suo favore, senza riflettere che quella legge potrebbe in seguito favorire l’opposizione.

    Palmiro Togliatti¹ negli anni cinquanta si rifiutò di firmare una legge predisposta dai democristiani per impedire la rinascita del Partito Fascista perché intravvide che quella legge avrebbe potuto essere usata anche contro il PCI ed affossare la democrazia. Altri tempi, altri statisti, altra concezione della democrazia. Dopo quasi due anni di governo di Renzi si traccia un bilancio dell’attività legislativa portata a termine e della performance economica del Paese.

    Nel capitolo V si parla della deindustrializzazione e delocalizzazione dell’industria italiana e del successo del made in Italy in alcuni settori non proprio ad alto valore aggiunto.

    Nell’ultimo capitolo si parla del grande successo avuto con expo 2015 a Milano, che da allora cambiò faccia diventando anche città turistica.


    ¹. Togliatti chiese ai Padri costituenti nel 1947 di «non formulare un articolo che possa fornire pretesto a misure antidemocratiche, (nella repressione dei fascisti) prestandosi ad interpretazioni diverse» posizione che ribadì opponendosi alla legge Scelba del 1952 pensata per impedire la ricostituzione del Partito Fascista, ma che poteva essere strumentalizzata anche alla repressione di qualsiasi partito.

    Capitolo I - L’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica

    L’occasione per mettere alla prova il patto del Nazzareno siglato a voce tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si presentò con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Giuliano Amato era il candidato del Cavaliere, Sergio Mattarella quello della Sinistra. Qui qualcuno barò. Era chiaro che il Cavaliere puntasse su Giuliano Amato per ottenere la grazia. Matteo Renzi era d’accordo, ma aveva contro tutta la Sinistra e si rimangiò anche quello che non aveva detto. Non poteva inimicarsi tutto il Centrosinistra; e poi con quale maggioranza avrebbe governato? Mattarella fu eletto e Matteo risultò l’apparente vincitore, ma il patto del Nazzareno andò in frantumi e con esso la speranza di fare approvare le riforme costituzionali

    1.1 – La fine del patto del Nazzareno

    Come d’abitudine si erano levate tante cortine fumogene e depistaggi prima di proporre un nome su cui ottenere la maggioranza dei voti dei grandi elettori. I candidati ufficiali erano solo Giuliano Amato e Pier Ferdinando Casini, proposti da Berlusconi. Sergio Mattarella fu invece proposto da Renzi solo dopo la terza votazione.

    Berlusconi e Renzi erano i due grandi King makers e si erano incontrati al mattino del 31 gennaio 2015 ma non erano giunti a nessun accordo. Nel pomeriggio Renzi propose ai grandi elettori del PD il nome di Mattarella ed ottenne da subito un consenso unanime, supportato anche dall’accordo con Scelta Civica.

    Renzi cercò in ogni modo di convincere Berlusconi per far convergere Forza Italia (e di riflesso NCD e UDC) su Mattarella. Ma non ci riuscì. Il curriculum del giudice costituzionale Mattarella poteva leggersi in effetti in chiave anti-berlusconiana, non fosse altro per le dimissioni che egli aveva dato, all’epoca in cui era ministro nel Governo Andreotti, in disaccordo con la legge Mammì, una sorta di sanatoria sulle irregolarità avvenute nelle concessioni delle frequenze televisive ai privati e connesse, che permise la crescita dell’impero televisivo di Mediaset nel rispetto della legalità. Un capitolo della vita di Mattarella su cui Renzi si soffermò con orgoglio durante il suo discorso all’assemblea dei 446 grandi elettori democratici: "È uno dei pochi che ha avuto il coraggio di dimettersi. Ci sono momenti, non entro nel merito, in cui rispondendo alla propria coscienza qualcuno può dire che rispondendo all’ideale perde la poltrona". Il Segretario del PD definì Mattarella un difensore della legalità e della Costituzione, che non significa imporne l’intangibilità ma essere capace di difenderla e di valorizzare i processi di transizione nel pieno rispetto delle regole.

    Renzi ci ha preso per i fondelli, commentò Silvio Berlusconi con i suoi. A metà pomeriggio, dopo l’assemblea dei grandi elettori azzurri, l’ex Cavaliere fece sapere: Voteremo scheda bianca a partire dalla quarta votazione. Un gesto che lui definiva una questione di rispetto. Ma i problemi erano dentro il suo partito: Le riforme non vedranno mai la luce come leggi della Repubblica, disse ai suoi sempre più nervosi.

    Immagine

    Immagine VIII.1: Renzi e Berlusconi pifferai.

    Giovanni Toti, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, affermò: Il patto del Nazareno così come lo avevamo interpretato fino ad oggi, noi lo riteniamo rotto. Il Governo ha già detto con grande chiarezza che proseguirà sul cammino delle riforme, ma noi non ci sentiamo più impegnati a condividere la strada. L’accordo era: sulle istituzioni si sceglie insieme e dunque anche sul Capo dello Stato. Ma questo presupposto fondamentale è caduto. Toti disse inoltre che Forza Italia non avrebbe bocciato a priori tutte le riforme ma che avrebbe valutato volta per volta le proposte.

    Il PD rispose con una nota dal tono arrogante della vice Segretaria Debora Serracchiani: Se il patto del Nazareno è finito, meglio così. La strada delle riforme sarà più semplice. Arrivare al 2018 senza Brunetta e Berlusconi per noi è molto meglio.

    In queste parole vi era tutta la presunzione e l’immaturità dei fedelissimi di Renzi. Credevano di potere imporre le riforme costituzionali senza una maggioranza parlamentare, da aggirare perché sicuri di vincere con un referendum (così vagheggiava la Ministra Maria Elena Boschi).

    Ma Debora Serracchiani non era sola: tutta la stampa di centro e di sinistra si mise ad osannare Renzi, il vero vincitore della battaglia del Quirinale dal punto di vista strategico, tattico e tempistico.

    Sui giornali si leggevano commenti di questo genere:

    – Renzi si era assicurato un Presidente con un occhio benevolo verso il suo operato e inoltre aveva riconquistato la fiducia dei più radicali avversari del suo stesso partito.

    – Lo stesso Parlamento che nel 2013 aveva silurato Prodi, auto-costringendosi alla rielezione di Giorgio Napolitano, aveva eletto il nuovo Presidente della Repubblica a larga maggioranza al quarto scrutinio.

    – Renzi aveva ricompattato il Centrosinistra, con un nome gradito alla minoranza democratica. La scelta di far votare in diretta streaming i grandi elettori era stata geniale.

    – Renzi aveva forzato la mano a NCD (il Nuovo Centro Destra) il cui leader siciliano, Alfano, non poteva dire di no ad un paisà.

    – Renzi aveva ridotto Grillo a leader di un partito virtuale (a proposito, le riunioni non si facevano in streaming?);

    – E, soprattutto, Renzi aveva messo in un angolo Silvio Berlusconi, e Forza Italia ne usciva a pezzi.

    In questo delirio di onnipotenza nessuno si poneva la domanda che fine avrebbero fatto le riforme costituzionali senza l’appoggio di Forza Italia e senza una maggioranza qualificata.²

    1.2 – Sergio Mattarella viene eletto Capo dello Stato

    Il 31 gennaio 2015 Sergio Mattarella divenne Capo dello Stato alla quarta votazione con 665 sì, superando di gran lunga i 505 voti necessari per conquistare la maggioranza assoluta. Sulla carta i voti erano superiori alle attese, anche contando il sostegno di Area Popolare, e provenivano da una quarantina di franchi sostenitori di Forza Italia (così come vennero chiamati alla Camera) e che, secondo molti, facevano riferimento per lo più all’area di Raffaele Fitto.

    L’ordine di scuderia in casa degli azzurri di Forza Italia era di votare scheda bianca ma alla fine, su 148 grandi elettori azzurri (143 di FI, più cinque del gruppo di GAL-Grandi Autonomie e Libertà) solo 105 sembra si fossero attenuti alla disciplina di partito.

    Immagine

    Immagine VIII.2: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Premier Matteo Renzi.

    Ufficialmente comunque il PD tenne senza alcuna sbavatura. Sempre sulla carta erano 444 i voti favorevoli (415 fra Deputati e Senatori e 31 Delegati regionali) e proprio per poter mostrare una prova di lealtà, nonché sfruttare un’occasione per contarsi, ci fu chi all’interno del gruppo decise infatti di segnare le schede: tra questi, ad esempio, i Giovani Turchi – secondo quanto fu riferito – che sulla scheda avevano scritto Mattarella S, incassando 66 voti. Schede riconoscibili anche quelle dei renziani, che avevano optato per il più semplice Mattarella e per i 33 grandi elettori di SEL che, sempre secondo quanto si raccontò, avrebbero scritto On. Sergio Mattarella.

    Il nuovo Capo dello Stato poté anche contare su 32 esponenti di Scelta civica, 13 del gruppo per l’Italia Centro-Democratico, a cui

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1