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L'Italia dal 2011 al 2014
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E-book403 pagine4 ore

L'Italia dal 2011 al 2014

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Storia - saggio (298 pagine) - Breve storia della seconda e terza Repubblica dal 1994 al 2018 e dello stato sociale: Lo spread - Il governo Monti - Il governo Letta - L’ascesa di Renzi


Costretto alle dimissioni Silvio Berlusconi l’establishment italiano affidò a Mario Monti, l’uomo della troika europea, il compito di ridurre il debito pubblico. La cura di cavallo, sempre più tasse, che propinò all’economia italiana fu tale che il cavallo rischiò di stramazzare. Il Pil italiano ebbe una caduta tragica. Le riforme ridussero di poco il debito, ma non innescarono uno sviluppo economico positivo. Alle elezioni del 2013 il Pd ebbe un risultato inferiore alle previsioni e tentò un accordo con il M5S, una nuova formazione politica, capitanata dal comico Beppe Grillo che aveva ottenuto un successo travolgente. Impossibilitato a formare un governo con i pentastellati il PD incaricò Letta di  formare un governo con l’appoggio più o meno velato del di Forza Italia. Con la decadenza di Berlusconi da senatore e per la sua azione compassata il governo Letta cadde a febbraio 2014. Nel VI capitolo si traccia una breve storia della globalizzazione che, patrocinata dagli Stati Uniti, ebbe un grande impulso dal secondo dopoguerra, e nel VII capitolo si tratta dell’ascesa della Cina a nuova potenza economica planetaria.


Silvano Zanetti è nato il 21 ottobre 1948 in provincia di Bergamo, da famiglia modesta. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è iscritto al Politecnico di Torino dove si è laureato in Ingegneria Meccanica. Dal 1977 vive a Milano dove ha lavorato presso diverse aziende metalmeccaniche come tecnico commerciale e maturato una buona conoscenza di usi, costumi ed economia dei Paesi europei ed asiatici. Nel 1992 ha frequentato un Master MBA all’Università Bocconi. Alla fine della sua carriera lavorativa si dedica al suo hobby di sempre, lo studio della storia. Collabora con la rivista e-Storia dal 2010. Nel 2018 ha preso la decisione di scrivere i contenuti presenti in questa collana divulgativa di storia contemporanea.

LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2022
ISBN9788825421415
L'Italia dal 2011 al 2014

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    Anteprima del libro

    L'Italia dal 2011 al 2014 - Silvano Zanetti

    Introduzione

    Dato uno spazio a N dimensioni conoscendo l’intensità, la direzione ed il verso di tutte le forze attive, la risultante in direzione, verso ed intensità è nota: la Storia.

    Ogni forza rappresentativa di ogni essere vivente, agente in un qualsiasi piano è la risultante di infinite forze attive e potenziali, tutte tese a massimizzare il vantaggio esistenziale.

    Ogni forza rappresentativa di ogni essere vivente, conseguito il massimo vantaggio tende a mantenerlo ed a difenderlo strenuamente.

    Il massimo vantaggio conseguito da una forza rappresentativa di ogni essere vivente è temporale in quanto le forze escluse di ogni essere vivente tenderanno a migliorare il loro vantaggio esistenziale.

    Confesso che era mia unica intenzione di scrivere un semplice e breve saggio storico sugli ultimi anni della politica italiana, dal 2013 al 2018, ovvero la XVIII legislatura. Per esempio, un volumetto dal titolo «Da Matteo Renzi a Matteo Salvini», oppure «Ascesa e declino di Renzi e l’affermazione del M5S» ecc.

    Completato un volumetto di circa 100 pagine, ebbi la malaugurata idea di farlo leggere ad alcuni amici per un loro commento. Fui subissato da critiche costruttive quali: come si fa a parlare in poche pagine di Jobs Act, Globalizzazione, Euro, Riforme costituzionali, se non si spiega quanto avvenne negli anni precedenti? La storia è sempre un dipanarsi di eventi, talvolta nuovissimi e imprevedibili, ma il più delle volte sviluppatisi senza soluzioni definitive negli anni precedenti (es. il debito pubblico, le riforme mai riformate) o che erano «in fieri» e che sono esplosi anni dopo (es. il basso valore aggiunto del settore pubblico e privato o i diritti civili). La soluzione di alcuni problemi ne crea sempre di nuovi per cui, quelli che erano considerati rivoluzionari e che avevano contribuito a cambiare la società nell’arco di due generazioni, diventano conservatori se non reazionari; arroccati nella difesa, con le unghie e coi denti, di conquiste e privilegi, mitizzati e sacralizzati in tabù intoccabili (la riforma del lavoro, il rapporto uomo-donna).

    Convinto da questi suggerimenti amichevoli mi sono accinto a questa immane, ma anche piacevole fatica, che mi ha impegnato due anni di vita.

    Per evitare che i lettori abbiano un giudizio sfavorevole su questo mio lavoro, concentrato soltanto su alcuni aspetti di quanto accaduto in questo lasso di tempo, vi aiuto a districarvi in questo mio «libro-puzzle».

    Il XX secolo fu contrassegnato in Europa da due sanguinose guerre mondiali, che hanno determinato la fine dell’Eurocentrismo, e della contrapposizione tra Capitalismo e Socialismo, con tutte le loro varianti: dal Nazifascismo al Liberalismo democratico, dalla Socialdemocrazia al Comunismo. Verso il 1990 si ebbe il crollo del regime comunista-utopista nell’URSS. Contemporaneamente prese forma ed ebbe successo l’originale «via cinese al Socialismo» che nega sì il Liberalismo politico (solo il Partito Comunista è legale) ma incentiva l’economia di libero mercato favorendo l’affermarsi di un Capitalismo senza Liberalismo.

    Le due culture politiche, Liberalismo e Socialismo, a cui si erano ispirate le élites politiche e culturali al comando in Europa, verso la fine del secolo, avevano esaurito il loro compito e le masse popolari, drogate dai media, erano pronte a dare il consenso ad altre élites più vicine ai loro bisogni primari, rifiutando le precedenti mediazioni ideologico-culturali. Le mediazioni religiose erano già state da lungo tempo rifiutate.

    L’Italia, essendo geopoliticamente e culturalmente parte integrante del mondo occidentale, da quegli sconvolgimenti e crisi di valori ne uscì a pezzi.

    Con il crollo del Comunismo in URSS crollò anche il duopolio democristiano–comunista che aveva retto l’Italia per 40 anni, e nel contempo si ebbe l’ascesa al potere politico di una élite avida e populista senza ben definiti ancoraggi culturali. Questo trapasso di potere reale segnò il fallimento della classe borghese liberale e degli intellettual-marxisti senza profonde radici nelle masse popolari. Tutti si dimostrarono incapaci di guidare la società italiana a fare il salto di qualità, passando da una società di consumi ad una società ad alto valore aggiunto, in cui il fabbisogno di maggiore democrazia e partecipazione è anche più elevato.

    E mentre in questi ultimi 25 anni alcuni paesi continuavano ad accrescere il loro benessere, a cui partecipavano sempre più vasti strati della popolazione, l’Italia andava scivolando verso gli ultimi posti in Europa sia per i livelli di reddito sia per i livelli di diseguaglianza.

    L’avere aderito a pieno titolo, fin dall’inizio alla costituzione dell’Europa negli anni ’50, era stato di grande vantaggio per l’Italia, che aveva ricavato notevoli benefici per la propria industria manifatturiera, e di conseguenza aveva incrementato l’occupazione ed il benessere generale. Tuttavia dal 2.000, con la creazione della moneta unica, l’euromarco, l’Italia perdeva anche la sovranità della moneta. Le sarebbero rimasti solo gli obblighi di onorare i propri debiti, avendo ceduto a terzi sia il proprio mercato, sia la propria sovranità, delegata a Bruxelles con una infinita serie di accordi commerciali e civili.

    Il fallimento post 2.000 era insito nelle motivazioni della classe politica italiana che riteneva di poter rifilare all’Europa parte del suo enorme debito pubblico, essendo incapace ad attuare quelle riforme atte a ridurre la rendita parassitaria.

    Il gioco del cerino acceso da passare a qualcun’altro funzionò. Nessuno era disposto a farti entrare nel condominio chiamato Europa se poi non eri disposto ad accollarti le spese condominiali.

    La Gran Bretagna, verificato che gli svantaggi della sua partecipazione ad un’Europa a trazione tedesca erano superiori ai vantaggi, sarebbe uscita da questa trappola, con l’appoggio del suo popolo.

    Ed ecco in breve i fili conduttori, che mi hanno ispirato nello scrivere questo saggio e che aiuteranno i lettori a capire quanto accaduto negli anni dal 1994 al 2018.

    In tutti i volumi, il primo, il secondo e talvolta il terzo capitolo, descrivono sia il panorama politico, sia i dibattiti tra i partiti, sia i Governi che si sono succeduti con le loro promesse, programmi e provvedimenti legislativi realizzati in quel preciso momento storico.

    I Partiti politici ed i loro leaders sono tutti coinvolti in una rissosità continua e, per dirlo alla Guicciardini, sembrano tutti super interessati a conseguire i propri interessi «particolari» piuttosto che pensare al bene comune. La lotta tra il cartello delle Sinistre e il cartello delle Destre, dominato da Silvio Berlusconi, durerà venti anni e finirà per portare il Paese stremato fuori da tutti i giochi politici europei.

    Nei restanti capitoli di ogni volume si introducono argomenti a tema che si distribuiscono fra i vari volumi. I due temi principali trattati sono: le rivoluzioni industriali, fino a quella dell’informatica, che si sviluppano di pari passo con il Capitalismo-liberale e, come contrappunto, la storia dello Stato sociale, dalla riforma delle pensioni di Bismarck, alla Third Way di Tony Blair, Gerhard Schröder,ed al Jobs Act di Matteo Renzi.

    Accanto a questi due mainstreams si introducono anche temi completamente nuovi: l’immigrazione, gli attentati terroristici islamici, i mutamenti nella Chiesa Cattolica, il cambiamento dei costumi degli italiani, la Repubblica Popolare Cinese, la globalizzazione, il crollo del sistema bancario mondiale e poi la bancarotta sfiorata delle banche italiane.

    Per finire, un ringraziamento lo devo al nostalgico gruppo degli «amici Einaudini» capitanato da Francesco Favero (collegio universitario Principe Amedeo di Torino) sopravvissuti al ‘68 ed in particolare ad Alessandro Accorinti, che si è sobbarcato l’immane compito di raddrizzare le mie bozze creative.

    Non vi è mai stata l’ambizione di redigere qui una storia onnicomprensiva del passato ventennio, ma solo una parziale rivisitazione dei momenti più significativi di cui sono stato testimone diretto o indiretto.

    Buona lettura…

    Silvano Zanetti

    Introduzione al sesto volume

    Finita l’avventura politica di Berlusconi e la sua allegra gestione delle finanze pubbliche a fine 2011, l’establishment italiano ed europeo impone alla guida del Paese l’uomo della trojka, il professore in economia Mario Monti, ex rettore dell’Università Bocconi di Milano ed ex Commissario Europeo per la concorrenza a Bruxelles, dove si era guadagnato la fama di super competente. Il suo compito è di salvare l’Italia dal default. La classe politica italiana gli affida il dirty job¹ di risanare l’economia con ricette lacrime e sangue per tutti. La cura da cavallo che propina ai ceti produttivi italiani è tale che il cavallo finirà per stramazzare, mentre agli asinelli che vivevano di rendita sarà propinata solo una lieve dieta dimagrante. L’Italia va incontro alla più grande crisi dal dopoguerra, crolla il settore manifatturiero e crollano i servizi, si salvano solo le persone con reddito fisso.

    Continua con Monti la presunzione dei professori come Ciampi, Dini, Amato, Prodi, super consulenti che non rischiano mai nulla di tasca loro, che per la loro enciclopedica cultura economica, ritengono di avere le ricette giuste per far ripartire l’economia perché padroneggiando le decine di variabili che hanno a loro disposizione, per esempio: inflazione, PIL, disoccupazione, imposizione fiscale ed incentivi, controllo della massa monetaria, finanziamenti agevolati, R&S, snobbano la regola base di ogni economia fiorente. Lo sviluppo economico ha sempre per protagonista l’individuo che si sente gratificato socialmente ed economicamente dalla creazione di valore tramite il suo lavoro, intellettuale, fisico, di concetto o esecutivo.

    La Confindustria, associazione degli imprenditori, aveva accolto Monti a Milano come il salvatore della patria e del proprio portafoglio, e solo dopo parecchi mesi realizzò che l’austerità avrebbe portato alla bancarotta molti imprenditori. Le banche rischiarono di finire sull’orlo del fallimento coinvolte nel mortale circuito vizioso. Le piccole imprese, uno dei motori economici del Paese a cui le banche italiane avevano da sempre riservato circa il 30% dei loro impieghi, con il loro fallimento lasciarono alle banche una montagna di crediti inesigibili che furono ripianati con aumenti di capitale. Per alcune vi fu il commissariamento, per altre vi fu la vendita a prezzi simbolici agli istituti bancari più solidi.

    Incredibile, ma i sindacati, che erano stati in prima fila nel far cadere il precedente Governo amico (guidato da Prodi) abbaiarono alla luna, e consci di essere di fronte ad un precipizio batterono in ritirata, limitandosi a salvaguardare le persone a basso reddito. Imperdonabile miopia anche questa. Se crolla il sistema produttivo, chiamatelo pure come volete: imprenditoria del libero mercato, oppure delle imprese municipalizzate, oppure delle cooperative, non importa di quale colore, quel sistema che sforna ricchezza e riempie le casse dello Stato con le tasse, come si fa a finanziare il futuro e lo Stato sociale? Ma in una società faziosa come quella italiana, ognuno è concentrato sul suo particolare.

    Se il Governo Monti e la sua cura da cavallo rappresenta il nocciolo del secondo capitolo, nel primo capitolo si parla anche dell’astro nascente della Sinistra, Matteo Renzi, e dello scandalo dei rimborsi elettorali familiarmente gestiti dalla Lega che costringerà Bossi alle dimissioni ed alla sua uscita dalla scena politica coincidente, per ironia, con quella di Berlusconi.

    Con il sopraggiungere della naturale scadenza della legislatura (III,IV,V capitolo) come facilmente prevedibile, come era stato fatto con il Governo Ciampi, il Governo Dini due volte e il Governo Amato altre due volte, ai quali la classe politica aveva affidato il dirty job di fermare l’Italia sull’orlo del precipizio, tutti i partiti politici si affrettarono a scindere le loro responsabilità dall’austerità (Monti’s tremor) per ripresentarsi agli elettori come innocenti e incolpevoli, confidando nella comprovata corta memoria degli elettori–clientes. Ma vi era un problema: e se il professore si fosse montato la testa e avesse voluto giocare in proprio presentandosi con un suo nuovo partito a scompigliare tutti i giochi? Questa malaugurata idea si avverò e Bersani, Segretario del Partito Democratico, il naturale candidato ad una vittoria certa del cartello delle sinistre, si trovò spiazzato e in mezzo al guado senza una maggioranza. Alle elezioni politiche del 2013 egli si trovò non solo senza maggioranza assoluta nei due rami del parlamento, ma il Movimento 5 Stelle – divenuto una terza forza protagonista assoluta della vita politica italiana – con l’arroganza dei parvenu, alla Trotzky, si spinse fino a sbeffeggiare la conclusione di qualsiasi accordo con un rappresentante dell’«ancien régime» quale era Bersani. La vittoria di un partito guidato da un comico era la dimostrazione del fallimento di vent’anni di scontri inconcludenti tra Destra e Sinistra con il Paese alla deriva ed un elettorato che, nauseato da contendenti incapaci, cercava una via diversa e poneva la fiducia in un outsider, senza conoscerlo, pur di liberarsi dell’ideologia di destra e di sinistra.

    Dei due perdenti il terzo se la gode… Bersani, che aveva vinto le elezioni, ma non aveva la maggioranza in parlamento, non essendo riuscito ad ottenere il consenso dei pentastellati, che lo sbeffeggiarono come un obsoleto ex comunista, fu costretto a rinunciare a formare il governo.

    L’incarico fu affidato a Enrico Letta, ex democristiano più disponibile a patteggiare con i centristi in parlamento. Anche se l’enfant prodige Letta si era illuso di poter fare di testa sua, in realtà il suo partito, il PD, vista la fumosità della sua azione, si mise a tessere con Berlusconi la tela per un ricambio vero della politica italiana: l’alleanza tra la Sinistra riformista ed i Centristi.

    Con la condanna definitiva di Berlusconi e la sua decadenza da Senatore, il Governo Letta, colpevole di non aver ritardato od ostacolato questa sentenza, non ebbe più ragione di sopravvivere.

    Accanto a questi avvenimenti e ad un’analisi dei provvedimenti legislativi realizzati dal Governo Letta, si compie anche un’analisi dell’andamento economico post Monti.

    Continuando come d’abitudine, negli ultimi due capitoli si sviluppa la seconda principale traccia dell’intera nostra Breve storia della seconda e terza repubblica.

    Il VI capitolo traccia una breve storia della globalizzazione che si impose all’indomani della II guerra mondiale, sotto le ali protettive della US Navy e US Air Force, avente come sponsor gli Stati Uniti.

    Il VI capitolo tratta della Cina, il nuovo protagonista assoluto del pianeta terra, che da paese sottosviluppato assurge a prima potenza mondiale. La seconda parte sarà nel volume seguente.


    ¹. Lavoro sporco

    Capitolo I - Il panorama politico e il dibattito nei partiti

    Dopo un ventennio di sterile e contrapposta politica ad opera delle due coalizioni, il Centrodestra ed il Centrosinistra, che si erano alternati al potere, due outsider si affermarono sulla scena politica italiana: Matteo Renzi e Beppe Grillo, accomunati solo dalla volontà di rottamare la precedente classe dirigente.

    Il primo, imitando l’ex premier britannico Tony Blair, si prefiggeva di conquistare il PD per indirizzarlo verso una politica centrista per diventare il maggior partito italiano e conquistare il diritto al governo.

    Fu sconfitto alle primarie del PD da Pier Luigi Bersani che, inaspettatamente alle elezioni ebbe un risultato sotto le aspettative e dovette cedere la guida del governo al cauto Letta. Nel frattempo Renzi, dopo aver stravinto le primarie del PD era acclamato a furor di popolo e spinto ad assumere la guida del governo.

    Il secondo, Beppe Grillo, un attore comico di grande successo, ottenuto fustigando la classe politica italiana, a suo dire incapace e corrotta (tutte cose ben risapute da tutti), aveva fondato assieme a Roberto Casaleggio, un veggente nel capire le potenzialità di internet nella comunicazione, un partito denominato Movimento 5 Stelle. In esso confluirono una componente trotzkista e giustizialista, una qualunquista ed una plebea e reazionaria che rifiutava i progressi della scienza e della tecnica in ogni campo, collocandosi al di fuori della tradizionale visione liberale o socialista.

    1.1 – Il Partito Democratico nel 2012

    Il PD² riuscì a risollevare parzialmente le proprie sorti anche per demerito di Berlusconi costretto a dimettersi il 12 novembre 2011, travolto da una crisi di fiducia dei mercati finanziaria internazionali (con lo spread BTP/BUND oltre i 500 punti base). Il PD appoggiò senza riserve il Governo tecnico di Mario Monti permettendogli di praticare una ottusa politica di austerity (riforma delle pensioni e fiscal compact) che avrebbe penalizzato e ridimensionato l’industria manifatturiera italiana.

    Nonostante ciò il PD, alla fine del 2012, con il suo Segretario Bersani, si predispose con cauto ottimismo alle ormai imminenti elezioni politiche del 2013. In vista delle elezioni politiche la leadership di Bersani, che in quanto segretario avrebbe dovuto essere automaticamente il candidato del PD alle primarie di coalizione, venne contestata. Emerse per la prima volta a livello nazionale la figura di Matteo Renzi, all’epoca sindaco PD di Firenze. Quella del 2012 fu la più equilibrata delle sfide interne disputate dal PD e dal Centrosinistra e fu il primo segnale di una nuova spaccatura all’interno del partito, destinata a diventare sempre più profonda negli anni successivi.

    Al primo turno delle primarie parteciparono, ancora una volta, oltre 3 milioni di persone: Bersani e Renzi andarono al ballottaggio, che vide il segretario sconfiggere il giovane sfidante con il 60,1% dei voti.

    Al di là del PD, la vecchia Sinistra radicale continuava a versare in una situazione di crisi, anche se era nel frattempo sorta, dal 2009, una nuova e più dinamica formazione politica, Sinistra Ecologia Libertà (SEL), che si sarebbe alleata con il PD per le elezioni del 2013.

    L’Italia dei Valori (IdV), creatura di Antonio Di Pietro, populista ante litteram, dopo aver raccolto ancora significativi consensi tra il 2009 e il 2011, naufragava con il suo leader. Il magistrato simbolo di «Mani pulite», fu accusato da ultimo, nel corso di un’inchiesta giornalistica dell’ottobre 2012, di aver fatto un uso disinvolto dei fondi del partito a scopo di arricchimento personale.

    1.2 – L’ascesa di un outsider: Matteo Renzi

    Matteo Renzi è figlio d'arte, proveniente da una famiglia di piccoli imprenditori impegnati politicamente nella Democrazia Cristiana. Nacque a Firenze l'11 gennaio 1975 da Laura Bovoli e Tiziano Renzi, quest’ultimo già consigliere comunale di Rignano sull'Arno per cinque anni, dal 1985 al 1990, per la Democrazia Cristiana. Secondo di quattro figli, visse a Rignano sull'Arno e studiò a Firenze, prima al Liceo ginnasio Dante e poi all'Università, dove si laureò in Giurisprudenza nel 1999 con una tesi su Giorgio La Pira.

    Intanto, negli anni della gioventù fece attivismo negli scout e diresse la rivista nazionale della branca RS Camminiamo insieme.³

    Mentre era al liceo cominciò anche la sua militanza politica. Nel 1996 contribuì alla nascita in Toscana dei Comitati Prodi e si iscrisse al Partito Popolare Italiano, di cui divenne Segretario provinciale nel 1999, anno in cui si laureò. Nel 2001 divenne coordinatore della Margherita Fiorentina e, nel 2003, Segretario provinciale della stessa. Lavorò poi nella CHIL Srl, società di servizi di marketing della sua famiglia che coordinava tra l'altro il servizio di vendita del quotidiano La Nazione.

    In tutto questo nel 1994 partecipò perfino a cinque puntate della Ruota della fortuna con Mike Buongiorno dove vinse 48 milioni di lire.

    Nel 2004, in rappresentanza di una Coalizione di centrosinistra, vinse le elezioni divenendo Presidente della Provincia di Firenze con il 57,8% dei voti, dove si distinse per la sua iperattività politica ed anche per l’uso generoso, a motivo promozionale della carta di credito (cene, convegni, eventi) che gli era servito per farsi conoscere. Dopo il mandato provinciale, nel 2009 alle elezioni amministrative Renzi si candidò come Sindaco di Firenze e vinse con il 47,57% dei voti, contro il 32% del candidato del Centrodestra Giovanni Galli, con il quale andò al ballottaggio.

    Nel frattempo, però, si fece notare per le sue continue esternazioni verso la Casta e i vecchi soloni di partito, con attacchi duri e mirati. Richiedeva a gran voce il ricambio generazionale e l'introduzione delle primarie anche per le cariche interne, cosa che spaventava non poco i vecchi dirigenti, ma che elettrizzò l'elettorato tanto che alla fine, anche se con molta difficoltà, gli furono concesse.

    1.3 – I convegni della Leopolda

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    VI.1: convegno alla Leopolda a Firenze il 27 ottobre 2013 – (www.progressistilombardi.org).

    Il 29 agosto 2010 Renzi lanciò l'idea della «rottamazione senza incentivi» dei dirigenti di lungo corso del PD e, dal 5 al 7 novembre seguenti, organizzò un’assemblea presso l’ex Stazione Leopolda di Firenze. La Leopolda divenne da allora la sede del convegno politico annuale ideato e lanciato a partire dal 2010, che si sarebbe svolto ogni anno in autunno, a Firenze, presso l'ex stazione Leopolda. Ogni anno il raduno alla Leopolda attirerà alcune migliaia di giovani politici riformisti di sinistra per apprendere, professare ed impegnarsi nello sviluppo scientifico ed economico, sia privato, sia pubblico, e contemporaneamente nell’equità sociale senza distinzione di razza e religione.

    La prima edizione della Leopolda dal 5 al 7 novembre 2010, fu l'incontro chiamato Prossima fermata Italia organizzato a novembre 2010 da Matteo Renzi e Giuseppe Civati, allora rispettivamente sindaco di Firenze e consigliere regionale lombardo. Nacque così il manifesto del renzismo: la Carta di Firenze. Dopo aver lanciato in estate la richiesta di un forte rinnovamento della classe dirigente del Partito Democratico, ragione per cui vennero soprannominati rottamatori, furono invitati diversi amministratori, politici e professionisti per lanciare l'attacco ai vertici del PD di allora. Tra i partecipanti al convegno, che vide la partecipazione di 6800 partecipanti registrati e 800 interventi, ci furono anche Debora Serracchiani e Ivan Scalfarotto. Dopo la separazione da Civati, a causa di divergenze politiche, Renzi ripeté annualmente l'organizzazione della convention.

    La seconda edizione del 28-30 ottobre 2011, intitolata Big Bang, vide come braccio destro di Renzi e co-conduttore Matteo Richetti, Presidente del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna; tra gli interventi dal palco Davide Faraone, allora consigliere comunale a Palermo, Giorgio Gori, Luigi Zingales, e i sindaci Sergio Chiamparino di Torino e Graziano Delrio di Reggio Emilia. L'obiettivo della Leopolda 2011 era quello di andare oltre il PD guidato da Pier Luigi Bersani, chiedendo le primarie per scegliere il futuro candidato premier del Centrosinistra, ruolo che per statuto sarebbe spettato automaticamente al Segretario del PD._

    La terza edizione del 16-18 novembre 2012 con lo slogan Viva l'Italia viva, si svolse in piena campagna elettorale la settimana che precedette le primarie del Centrosinistra in cui Renzi stava sfidando il Segretario del PD Pier Luigi Bersani; vide la partecipazione del finanziere Davide Serra e del giuslavorista Pietro Ichino.

    Anche la quarta edizione della Leopolda, del 25-27 ottobre 2013, con lo slogan Diamo un nome al futuro ebbe luogo durante la campagna elettorale delle primarie, quelle per la leadership PD in cui Renzi sfidò Cuperlo e Civati; l'edizione fu condotta dalla Deputata Maria Elena Boschi.

    La quinta edizione della Leopolda, chiamata Il futuro è solo l'inizio si tenne il 24-26 ottobre 2014, la prima con Renzi Segretario PD e Presidente del Consiglio. Organizzata nuovamente da Maria Elena Boschi, fu condotta da quattro Deputati PD: Edoardo Fanucci, Silvia Fregolent, Luigi Famiglietti e Lorenza Bonaccorsi.

    La sesta edizione, dal titolo Terra degli Uomini si svolse dall'11 al 13 dicembre 2015. Intervennero alcune personalità del Governo e varie persone elette a livello locale. Nacque il concetto di generazione Leopolda e nella convention si svolsero, tra gli altri interventi, dei question time con alcuni Ministri del Governo (Delrio, Boschi, Pinotti, Giannini, Madia, Poletti, Gentiloni e Padoan).

    La settima edizione chiamata E adesso il futuro si svolse dal 4 al 6 novembre 2016, esattamente a un mese dal Referendum costituzionale del 4 dicembre.

    L'ottava edizione dal titolo L8-In/Contro si svolse dal 24 al 26 novembre 2017, quasi un anno dopo la sconfitta referendaria e le dimissioni di Renzi da premier.

    La nona edizione col titolo Ritorno al futuro si svolse dal 19 al 21 ottobre 2018. Dopo la sconfitta alle elezioni politiche di marzo e le conseguenti dimissioni da Segretario PD, Renzi lanciò i comitati civici Ritorno al Futuro.

    La decima edizione della Leopolda detta Italiaventinove si svolse dal 18 al 20 ottobre 2019 e vide la fondazione ufficiale del partito centrista Italia Viva.

    1.4 – Estratti del discorso finale di Renzi e Civati nel 1° convegno della Leopolda (7/11/2010)

    Matteo Renzi

    Esiste una sola grande possibilità per chi crede nei valori dell’impegno: non abbandonare gli altri al proprio futuro. Eppure l’abbiamo fatto.

    In Brasile una donna è appena stata eletta Presidente della repubblica: certo non ha fatto festini. Certo si è messa in scia di un grande personaggio e di un grande sindacato che l’hanno aiutata a crescere.

    Prendete gli Stati Uniti: Obama prende una tranvata storica. Perché non è stato bravo a comunicare? A me piace pensare che quella scelta di cui lo accusano – la riforma sanitaria – sia una di quelle scelte per cui vale la pena anche correre il rischio di prendere una tranvata.

    "E c’è anche qualcosa che è accaduto a destra. Un ragazzo degli anni Settanta, un repubblicano. Si chiama Marco Rubio. Il primo ispanico che sta cambiando la storia del suo partito, un giovanotto maleducato. Finché la Destra repubblicana avrà Rubio e la nostra Destra

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