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Le Cronache di Alaster. Vol. II: RE
Le Cronache di Alaster. Vol. II: RE
Le Cronache di Alaster. Vol. II: RE
E-book649 pagine9 ore

Le Cronache di Alaster. Vol. II: RE

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Info su questo ebook

La battaglia di Arion ha riportato alla luce creature che si pensava fossero relegate al mondo delle leggende. Per quanto sembri essere tornata la pace, le forze del Vuoto si annidano nell’ombra, cospirando per far precipitare tutte le terre nel suo abbraccio mortale. Alaster ha risvegliato la propria natura di Drago ma, incapace di controllarla, si è dovuto separare dai propri compagni fuggendo alla ricerca di Solaris. Ciò ha lasciato Myra e Marcel soli nell’Impero, con il compito di trovare i restanti due Artefatti, nel tentativo di riforgiare la perduta Chiave per il Regno dei Draghi.  Un nuovo e potente nemico fa la sua comparsa, mentre l’Impero viene trascinato nuovamente in una guerra civile, a causa di tradimenti e giochi di potere. Viaggi alla volta di regni perduti da esplorare, ricerche di artefatti preziosi, apparizioni di creature fantastiche, desiderate ricongiunzioni e sorprendenti rivelazioni animano questo coinvolgente secondo volume della saga fantasy Le Cronache di Alaster. Dopo le avventure fantastiche narrate nel primo romanzo della saga, DRAGO, Leonardo Tomer ci trasporta nuovamente nello straordinario mondo incantato di Jörðin, avvicinandoci così verso l’epica conclusione di questa straordinaria trilogia.

Leonardo Tomer nasce a Firenze nel dicembre 1989. Laureato in Scienze Motorie e in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate, ha conseguito poi tre Master e sostenuto un corso di specializzazione in ambito Psicomotorio. Lavora come Maestro di scherma e preparatore atletico a Livorno, dove risiede dal 2014, e come supplente in Scienze Motorie per le Scuole Secondarie Superiori e Inferiori. Fin da bambino, ha sempre coltivato due passioni: la scherma e il fantasy. Cresciuto leggendo numerose saghe e appassionato di giochi di ruolo, ha esordito nel 2020 con il primo volume del Le Cronache di Alaster, con il quale ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti.
 
LinguaItaliano
Data di uscita7 set 2022
ISBN9788830671508
Le Cronache di Alaster. Vol. II: RE

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    Anteprima del libro

    Le Cronache di Alaster. Vol. II - Leonardo Tomer

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    "Basta basta basta, fammi indovinare,

    indovino sempre quali sono i desideri della gente...

    tu cerchi un libro di... di fantasia!

    Cavalieri coraggiosi...

    fatine turchine...

    e draghi feroci."

    - Pagemaster: l’avventura meravigliosa -

    Sarà proprio quando la luce dell’Occhio tornerà a splendere sul perduto mondo, che un Drago farà ritorno... le sue fiamme arderanno la terra, i suoi artigli scioglieranno i legami... ed esso avrà una tempesta come ali e sarà Re.

    Profezia del Drago – Terzo rotolo

    Prologo

    Era difficile dire da quanto tempo stesse precipitando. Per quanto fosse accaduto tutto così velocemente, questo sembrava ora come dilatato, quasi a volergli concedere un momento per comprendere quanto era accaduto. Le ali rosse e membranose sbattevano inconsulte a causa dell’attrito con l’aria, e sul fianco destro presentava una profonda ferita dalla quale sgorgavano fiamme nere come la notte assieme a sangue vermiglio, come le scaglie che lo ricoprivano. Sopra di lui, sospeso in aria con le sue possenti e ampie ali, torreggiava il Divino del Vuoto. I suoi occhi rossi come rubini lo fissavano sprezzanti, come a ribadire la sua superiorità su quello che considerava solo uno sciocco insetto.

    Alaster ripensò allo scontro, constatando amaramente quanto fosse stato ottimista nel credere di avere anche una minima possibilità di vittoria. Inizialmente aveva perfino pensato che stessero combattendo alla pari, ma ben presto si era reso conto della triste verità: stava solamente giocando con lui. Aveva cercato in ogni modo di contrastarlo, ma non c’era stato niente che potesse fare; non una magia, e meno ancora gli artigli riuscivano a scalfirlo. A un certo punto, senza rendersi conto dell’accaduto, si era ritrovato con una profonda ferita che lo aveva indebolito oltremodo, soprattutto considerando che portava ancora quelle dello scontro precedente, e prima che potesse fare qualsiasi cosa aveva cominciato a cadere.

    Sotto di lui poteva percepire l’imponente e cruenta battaglia che avrebbe deciso le sorti di Jörðin. Orchi, goblin, elfi scuri, umani, non morti e creature magiche di sorta, create con la più oscura magia, stavano affrontando i suoi alleati. Non era stato facile, ma alla fine erano riusciti a radunare l’esercito Imperiale assieme agli Elfi, che si erano conviti a uscire dalla loro foresta; ai Nani, che non aspettavano altro che un momento di rivalsa contro gli orchi; ai Maghi, almeno quelli sopravvissuti alla Scuola; infine, perfino ad un clan orchesco, il quale aveva disertato e si annoverava ora tra le loro fila. In quel momento stavano combattendo e morendo assieme, cercando di impedire al Vuoto di prendere il sopravvento su tutto e tutti. Anche i suoi compagni e amici si trovavano in quell’inferno, riponendo il lui la loro fiducia.

    Al di sopra dei due schieramenti i Draghi combattevano in un turbinio di fiamme e magia che poi ricadeva sugli eserciti sottostanti, generando caos e paura.

    Provò a riprendere il controllo del proprio corpo, ma si sentiva come svuotato di energie. Le ali continuavano a sbattere casualmente e, per quanto stesse provando, non riusciva in nessun modo a fermarle. Il Divino del Vuoto era oramai solamente un’ombra lontana nel cielo azzurro e nuvoloso. Un punto sfocato e oscuro che catturava i luminosi raggi del sole. La stessa oscurità che lentamente si faceva strada nella sua mente, ottenebrandola.

    Capitolo 1 – La Prova della Verità

    «Come sarebbe che lo stregone se ne è andato?» La voce carica di rabbia e potere risuonò nella stanza tetra e silenziosa, propagandosi in tutti i suoi angoli. Luce soffusa proveniva delle poche torce appese alle colonne che suddividevano la stanza in tre parti, una navata centrale e due laterali più piccole, permettendo di intravedere la figura seduta sul trono. Le pareti erano spoglie e in alcuni punti si notava la presenza di muffa, forse dovuta all’infiltrazione di umidità. All’epoca, probabilmente, doveva essere stato un Tempio splendido, ma adesso era solo un cumolo di rovine pericolanti. Davanti a quello che sembrava un altare di pietra erosa, era stato posizionato il trono in legno scuro adornato di teschi e spine. Su di esso sedeva un elfo oscuro, con il viso coperto da un cappuccio nero, che teneva in una mano un bastone magico sormontato da una testa di drago con una sfera nera tra le fauci «Ti avevo ordinato di tenerlo d’occhio!»

    Il sottoposto balbettò cominciando a sudare visibilmente per la paura «Ma... ma... non è colpa mia... è scappato prima del banchetto senza che le guardie lo vedessero. Io pensavo...» Smise di parlare, improvvisamente pervaso dal terrore.

    Dal pavimento comparvero dei tentacoli che lo afferrarono. La figura accanto a lui rimase ferma in ginocchio.

    «Tu non devi pensare. Tu devi fare!» Gridò l’elfo scuro con la voce carica di rabbia.

    «Maestro, ti prego...» non fece però in tempo a terminare la frase che una fiamma nera lo divorò, facendolo dissolvere nel nulla.

    «Questo capita a chi mi delude...» Posò quindi il suo sguardo sulla seconda figura che era rimasta inginocchiata, imperterrita all’apparenza, ma tremante fin nei profondi reconditi della sua anima. Gli occhi rossi brillarono di una luce maligna e la voce, che sembrava provenire da una dimensione abissale, squarciò il silenzio che si era creato «Trovalo.»

    La figura chinò la testa e sparì in un portale.

    Una risata sommessa si sollevò nell’aria, provenendo dall’ombra di una colonna «Dovresti mandare me, non quegli incompetenti. Hanno già fallito e più di una volta.»

    Il Maestro sorrise «Non è ancora il tuo tempo per intervenire, Drakial» Le labbra erano quelle dell’elfo, ma era l’abisso dentro di lui a parlare.

    Drakial uscì dall’ombra mostrando un sorriso famelico, pregustava il momento in cui sarebbe potuto tornare nuovamente ad agire «E quando?»

    Il Maestro sollevò il bastone aprendo un portale nel mezzo della sala «Presto. Molto presto.»

    Myra era inquieta, così si alzò dal letto per dirigersi alla finestra aprendone le tende. La Luna minore era alta e i suoi pallidi raggi filtrarono illuminando la camera. Era una delle tante stanze degli ospiti che le avevano messo a disposizione. Oramai era un mese che si trovava al palazzo. Quella mattina sarebbe arrivata la delegazione dei maghi per sottoporla alla fatidica Prova della Verità. Non era tanto la prova in sé a preoccuparla, quanto i maghi che avrebbero inviato. Molti la odiavano e durante la prova sarebbe stata estremamente vulnerabile. Detestava sentirsi tale, ed era quel pensiero ad impedirle di dormire. Aveva passato il tempo cercando informazioni con Marcel, che adesso lavorava come storico della Capitale, e nel tempo libero si erano allenati assieme con la spada. Augustus se n’era andato un paio di settimane prima. Aveva una gilda da gestire, e non era cosa facile, soprattutto dopo le numerose perdite subite nella battaglia. Aveva però lasciato un uomo di sua fiducia per allenare Marcel, come da richiesta del mezz’uomo, che ovviamente gli forniva vitto, alloggio ed un lauto salario. A lei invece, secondo le disposizioni dell’Imperatore, non era concesso di lasciare il palazzo, al massimo poteva uscire dalle sue stanze solo per vagare nei giardini che lo circondavano. Era infatti una delle condizioni dell’accordo con la Scuola di Magia e quindi non aveva ancora potuto vedere la sua nave, cosa che pregustava da quando le era stata promessa.

    Volse lo sguardo a est, verso le montagne. "Chissà cosa sta combinando quello stupido di Alaster" pensò per un attimo, presa dalla preoccupazione, per poi essere sostituita immediatamente da silente rabbia al pensiero del mercenario. Oh se gliela avrebbe fatta pagare, ma tutto a suo tempo, prima avrebbe dovuto implorare il suo perdono e non sapeva se glielo avrebbe concesso. Si dilettò qualche attimo pensando alla vendetta, sorridendo tra sé e sé. La fantasia però durò poco, giusto il tempo di farla sorridere. Ripensò alla lettera che aveva lasciato. Si era arrabbiata e non poco, ma il contenuto la preoccupava molto. Né lei né il mezz’uomo erano riusciti ancora a trovare niente di utile. Se avesse passato la prova, però, avrebbe potuto accedere alle sezioni superiori della biblioteca dei Maghi, che si diceva essere la più fornita al mondo, a cui gli apprendisti come lei, non potevano nemmeno pensare di accostarsi. Avevano il permesso soltanto per consultare le prime due, dove si trovavano unicamente libri basilari e per lei poco interessanti. Prima, però, doveva passare la prova l’indomani. Decise di riprovare a dormire. Oramai mancavano solo poche ore all’alba e la sua mente doveva essere in forma per la prova. Cominciò a ripensare a quel sogno-illusione che avevano provato nella Foresta del Rimpianto. Le sensazioni che aveva provato toccando l’Albero del Mondo le erano rimaste impresse come un marchio a fuoco nell’anima. Ci pensava spesso la notte. La connessione che aveva sentito in quel momento con la natura l’aveva fatta sentire come parte di essa. Senza che se ne accorgesse si addormentò, cullata dal dolce ricordo della sensazione.

    Marcel si svegliò leggermente intontito. Aveva passato l’ennesima notte sui libri e doveva essersi addormentato. Stava cercando riferimenti riguardo agli altri due artefatti dei Draghi: l’Artiglio e la Zanna di Drago. Insieme all’Occhio si diceva potessero aprire il portale e mettere le persone in comunicazione con il Regno dei Draghi. Secondo altre teorie, invece, sembrava che potesse mettere in contatto con i Divini stessi. Era impossibile sapere quale fosse la verità fino a quando non avessero recuperato tutte le parti, ma gli indizi trovati da suo nonno supportavano la teoria del Regno di Draghi. In base ai suoi appunti l’altra versione era stata messa in giro proprio dal Culto del Drago, e quindi aveva una ragione prettamente religiosa. Stiracchiandosi, aprì inavvertitamente la mano destra e l’amuleto di Arenzal gli ricadde sul petto, provocando il rumore della collanina alla quale era attaccato. Il giorno dopo la cerimonia era stato convocato dall’Imperatore, al quale aveva chiesto di poter continuare le sue ricerche. Inizialmente lo storico per cui lavorava era stato reticente, ma poi aveva accettato. Non che avesse avuto molta scelta dato il decreto imperiale. Per farlo, però, avrebbe avuto bisogno dell’amuleto e, stranamente, l’Alto Sacerdote gli aveva concesso di tenerlo. Il solo ripensarci lo faceva ancora sorridere. Si era addirittura offerto di aiutarlo concedendogli l’accesso alla loro biblioteca e non avrebbe mai dimenticato l’espressione sconvolta sul volto dell’Imperatore quando lo aveva proposto. Probabilmente, aveva ottenuto questo beneficio in virtù della sua amicizia con Alaster. Le rune nel cartiglio erano nuovamente cambiate dopo il ritrovo dell’Occhio, anche se non se ne era accorto fino al momento in cui lo aveva restituito. Adesso dicevano Rhotsias. Chi o cosa fosse non era ancora riuscito a scoprirlo. Cercando ovunque negli appunti di suo nonno non aveva trovato riferimenti di sorta. C’erano però molti altri libri da vagliare. Aveva anche chiesto aiuto allo storico della cittadella, ma senza successo. Si alzò di scatto portandosi alla finestra. Era l’alba. Ancora poche ore e la sua amica Myra sarebbe stata sottoposta alla Prova. Si sedette con un sospiro di sollievo. Per un momento aveva pensato di essere in ritardo. Decise di prepararsi e di scendere per la colazione. Non poteva rischiare di fare tardi, doveva andare a supportarla anche per Alaster che in quel momento era lontano. Si sentì un po’ triste ripensando al suo amico e a dove si potesse trovare in quel momento, o immaginando quali terribili sfide stesse affrontando. Lo conosceva solo da poco tempo, ma il legame che si era venuto a creare era molto forte. Lo considerava quasi come un fratello maggiore. Finì di vestirsi, appuntando sul bavero della camicia la spilla della gilda dei Dragoni Argentati. Da quando l’aveva ricevuta, non se n’era mai separato. E così scese a fare colazione.

    Myra fece il suo ingresso in sala, scortata a vista dalle guardie. Era vestita normalmente, con una camicia a sbuffo nera e dei pantaloni di pelle marroni, in tinta con gli stivali lunghi fino alle ginocchia. La sala del trono era stata allestita per l’occasione, come da disposizioni della Scuola. Era stato l’Imperatore stesso a insistere perché fosse tenuta lì e non presso la Scuola, così da poterla tutelare. Nella parte rialzata, situata verso il fondo, si trovava come di consueto il trono, dove sedeva l’Imperatore sovrastando i presenti. Al suo fianco destro, poco più indietro, si trovava il Principe Dagot, completo di armatura cremisi del Comandante delle Guardia Imperiale, e alla sua sinistra l’Alto Sacerdote del Drago. Lungo i colonnati invece erano stati adibiti due palchi: su quello di destra si trovava l’Arcimago con la delegazione della Scuola, altri sette maghi in tutto. Uno di loro portava una tunica rossa, il resto vestiva con la tipica tunica viola dei maghi di alto grado. Sul palco di sinistra erano accomodati i nobili del Regno invitati per l’occasione, tra cui sedeva anche Marcel. Al centro della stanza si trovava una sedia sopra la quale fluttuava una enorme sfera trasparente, dove sarebbero stati trasmessi i suoi ricordi e i suoi pensieri. Myra vi si sedette con un certo nervosismo, dovuto al fatto che l’intera sala la stesse osservando. La confortò il fatto di vedere Marcel tra il pubblico. Almeno un amico... pensò sempre più a disagio.

    Il Mago vestito con una tunica rossa si alzò e si avvicinò a lei. Lo conosceva, anche se non ci aveva mai avuto a che fare direttamente. Il nome le sfuggiva, ma dal colore delle vesti doveva essere stato elevato al rango di Secondo dell’attuale Arcimago. Prima che fosse espulsa, non faceva nemmeno parte del consiglio. Portarono una sedia ponendola davanti a lei, dove si sedette il Mago rosso. Senza tante cerimonie le pose le mani sulle tempie cominciando a salmodiare l’incantesimo.

    Myra iniziò a percepire una voce nella sua mente che le diceva di abbassare le difese, cosa che, con una certa riluttanza, fece. Era pericoloso rimanere così vulnerabile, avrebbero potuto anche distruggerle la mente riducendola in uno stato catatonico.

    L’Imperatore alzò la mano per chiedere il silenzio, e il brusio che regnava cessò immediatamente.

    «Quest’oggi ci troviamo ad affrontare il giudizio per Myra Rockstone, accusata dalla Scuola di Magia della morte del Mago Carsyl e dei suoi apprendisti. Nonostante l’immenso servizio che ha reso a noi tutti, nessuno è al di sopra della legge, e adesso si trova a dover rispondere di tali accuse tramite l’antico rituale della Prova della Verità.» Si volse verso la delegazione dei maghi «Arcimago, se volete procedere.»

    L’Arcimago si alzò e si portò vicino al suo Secondo cominciando a fare domande per scatenarle i ricordi.

    «Lascia che Deron abbia libero accesso alla tua mente e concentrati solo sulla mia voce. Torna alla guerra. Alla torre al momento del rituale. Che cosa è successo veramente?»

    Myra cominciò a raccontare l’accaduto e le immagini presero forma nella sfera. Lei non poteva vederle ovviamente, ma non mostravano quello che raccontava, bensì i suoi ricordi: in questo modo avrebbero potuto vedere se ciò che riferiva corrispondeva al vero o meno. Ovviamente lei non aveva motivo di mentire o di cambiare qualcosa nella storia, per tanto si limitò a raccontare tutto per filo e per segno, proprio come aveva già fatto decine di volte prima di essere sottoposta a quell’ingiusto supplizio. Raccontò di come avesse compreso che la barriera non avrebbe retto, e di come era corsa per dare una mano, solo per trovarsi davanti a una situazione del tutto inaspettata, con l’incantesimo fuori controllo e gli apprendisti che cadevano uno dopo l’altro. Myra non lo percepì, ma nella sfera venne proiettata anche la battaglia mentale che aveva combattuto con il falso apprendista o meglio, ne vennero trasmessi i pensieri. La sala era nel silenzio più totale, nessuno sembrava osare parlare, concentrati come erano sulle visioni.

    Improvvisamente qualcosa attirò l’attenzione della Maga. Qualcuno stava tentando di scavare nella sua mente alla ricerca di informazioni, ma non era il Mago che la stava interrogando, questo poteva dirlo con sicurezza. Poteva percepire due presenze, una delle quali fino a quel momento era rimasta ben nascosta, ma che adesso sembrava avere fretta, forse per il fatto che l’interrogatorio stava volgendo al termine. Stava frugando nei suoi ricordi su Alaster. Non appena comprese il pericolo, si schermò immediatamente. Percepì la seconda coscienza tentare di abbattere le sue difese, che però sembravano reggere. Poteva sentire in lontananza l’Arcimago che insisteva con le domande, come un suono distorto di cui però non comprendeva le parole, tanto era concentrata a proteggere i suoi ricordi del mercenario. La chiusura ebbe però effetto anche su Deron, che vedendosi improvvisamente tagliato fuori, cominciò a tentare di forzarlo in malo modo. Erano due le presenze adesso da cui difendersi. Il dolore iniziò a diventare insopportabile. Era come se qualcosa le stesse lacerando la mente stessa, dall’interno. Non riuscendo più a sopportare oltre, si portò le mani alla testa cominciando a gridare. Non poteva lasciarsi sopraffare, e quindi strinse i denti usando tutto il suo potere per rispondere agli attacchi. Sentì delle parole in lontananza, come un eco distante. Cosa fosse accaduto non lo sapeva, ma improvvisamente le presenze sparirono e il dolore cessò. Myra stremata e confusa abbassò le difese, e prima che potesse accorgersene venne avvolta dal buio.

    Lentamente iniziò a riprendersi. La testa le faceva male, come se qualcuno l’avesse pesa a calci per ore. Aprì gli occhi, ma li richiuse subito, ferita della luce solare che filtrava dalle finestre. Li riaprì quindi lentamente per abituarsi, mettendo a poco a poco a fuoco la situazione. Comprese di trovarsi distesa a terra, dal momento che si trovava ad ammirare il soffitto della sala del trono. Anche il suo udito iniziava ad abituarsi alle varie voci e mormorii che la circondavano.

    «Myra! È sveglia!»

    La voce le parve familiare, e voltando la testa vide Marcel in lacrime, che se ne stava in ginocchio al suo fianco. Fece per alzarsi a sedere ma venne immediatamente colta da un giramento di testa, che la fece ricadere nuovamente sdraiata. Fortunatamente sotto la testa le avevano messo un cuscino, altrimenti si sarebbe fatta nuovamente male.

    «Non così in fretta.» La voce era quella di una donna che non conosceva, ma dalle vesti comprese subito che si trattava di una guaritrice.

    «Cosa è successo?» chiese la Maga intontita.

    La guaritrice l’aiutò a mettersi in posizione seduta. «Sei svenuta, mia cara. Ma non posso fare altro per te.»

    Myra si sentiva confusa. L’unica cosa che rammentava era il suo disperato tentativo di difesa mentale. «Ero messa male?»

    La guaritrice si alzò «Non fisicamente.»

    Venne però interrotta da Marcel che le buttò le mani al collo abbracciandola tra le lacrime «Era la tua mente che ci preoccupava» singhiozzò «pensavamo fosse distrutta.»

    La guaritrice si schiarì la voce «Come dicevo prima di essere bruscamente interrotta, non hai subito danni fisici al cervello, ma spirituali alla tua mente.» Fece spallucce per indicare che non era preoccupata «ho quindi solo potuto alleviare il tuo dolore.»

    Myra si tastò la testa «beh, presumo un grazie ti sia dovuto.»

    «Ho fatto solo il mio dovere, ora devo andare.» Con passo lento cominciò ad allontanarsi.

    Marcel continuava a rimanere attaccato a lei. La cosa cominciava a sembrare un po’ imbarazzante, anche se gli era comunque grata per la preoccupazione. «Grazie Marcel, ma mi stai soffocando.»

    Il mezz’uomo si staccò imbarazzato «Scusa...» singhiozzò cercando di trattenere le lacrime «... ma ti abbiamo visto cadere a terra urlando di dolore per poi svenire, pensavo fossi morta.»

    La Maga fece un sorriso per tranquillizzarlo «Ora sto bene, grazie.»

    Marcel smise di piangere, e le dette una mano ad alzarsi in piedi. Sentì altre voci avvicinarsi. Si voltò e vide che si trattava dell’Imperatore assieme all’Arcimago. I due sembravano discutere animatamente.

    «Finalmente! Ora potrà dirci cosa è successo!» L’Arcimago accelerò verso di lei, la voce era carica di rabbia.

    L’Imperatore però si frappose tra i due «basta adesso, l’avete già torturata abbastanza! Ha risposto alle vostre domande, non è stata colpa sua quello che è successo nella torre!»

    «Ha alzato le sue difese alla fine! Che cosa ci nasconde! Perché lo ha fatto?»

    Nozel sostenne lo sguardo dell’Arcimago «Era già finito l’interrogatorio. Non avreste dovuto torturarla, avete rischiato di ucciderla!»

    Myra e Marcel osservavano il battibecco che accadeva proprio davanti a loro. Era qualcosa che non si vedeva spesso. Oltre a loro c’erano Dagot e la delegazione magica, compreso il Mago dalla tunica rossa che continuava a guardarla carico di odio.

    Myra si sentiva abbastanza disorientata «Io...» Ci fu il silenzio «... mi sono solo difesa. Qualcuno mi stava attaccando!»

    L’Arcimago sbuffò sdegnato «Tu nascondi qualcosa!»

    «No!» La Maga si sentì ferita nell’orgoglio «Non ho nulla da nascondere! Posso ripetere la prova quando volete, anche ora!»

    Deron intervenne con voce velenosa «Comodo ora che la sfera è distrutta.»

    Myra rimase stupefatta «Distrutta? Come...» Si guardò attorno, non se ne era accorta ma ovunque erano sparsi frammenti di cristallo. Cosa era successo?

    L’Imperatore intervenne nuovamente «Ho detto basta, avete avuto quello che volevate!»

    L’Arcimago fissò l’Imperatore. Era possibile percepirne la rabbia. Fece un profondo respiro di rassegnazione «E sia! Le accuse si sono dimostrate false.»

    Fu il suo Secondo a interromperlo «Ma Arcimago...» venendo però malamente fulminato dal suo sguardo.

    «Silenzio! Hanno visto tutti che le accuse erano infondate, non possiamo rimangiarci la parola! Che figura ci farebbe la Scuola?» Abbassò lo sguardo verso Myra «Domani terremo la cerimonia per il vostro passaggio al rango di Mago.» Così dicendo fece un breve inchino all’Imperatore «Maestà» congedandosi con il seguito. Una volta usciti, Dagot chiuse le porte.

    Myra era incredula. Sarebbe diventata una Maga a tutti gli effetti. I suoi pensieri però vennero interrotti dal Principe.

    «Insomma che cosa ti è successo? Stava andando tutto bene.» La voce era un misto di preoccupazione e rabbia.

    «Sono stata attaccata! C’era una seconda presenza nella mia mente che cercava informazioni su Alaster!»

    L’Imperatore la guardò preoccupato «Che cosa voleva da lui?»

    Myra scosse la testa «Non lo so, ho percepito solo che cercava quei ricordi. Non saprei nemmeno dire da quanto fosse lì o cosa possa aver appreso.»

    Nozel annuì facendo cenno al figlio di avvicinarsi «Dobbiamo pensare alle prossime mosse.»

    «Vostra Maestà» la Maga era imbarazzata per quanto era accaduto «Vi ringrazio per aver preso le mie difese con l’Arcimago.»

    «Non avreste dovuto, Padre, è pericoloso inimicarsi la Scuola» La voce di Dagot era carica di rimprovero, per quanto anche lui fosse rimasto soddisfatto dal superamento della prova.

    L’Imperatore sorrise dolcemente, posando una mano sulla spalla del figlio. Posti uno di fronte all’altro, era possibile notare la somiglianza dei tratti del viso. «Se l’ho fatto è perché ho bisogno di un Mago di cui possa fidarmi, e non di un pomposo burattino della Scuola. Lei ha dimostrato di esserne degna...» si voltò a guardare Myra «... e ho bisogno che diventi più forte.»

    Myra si sentì orgogliosa della fiducia che Nozel le stava accordando. Da quando aveva conosciuto Marcel e Alaster sentiva finalmente di appartenere nuovamente a qualcosa, e l’Impero sembrava fatto proprio per lei. Certo, un po’ le mancava la sua terra natia: l’Arcipelago del Drago. Non aveva però avuto modo di viverci veramente. Da piccola era stata portata alla Scuola di Magia, abbandonando quella che era la sua famiglia e la sua casa, ma non se ne era mai sentita veramente parte. Una volta espulsa aveva vagato raminga per sopravvivere, senza mai indugiare troppo in un posto. Non avrebbe tradito la loro fiducia per niente al mondo. «Maestà, so che vi ho creato molti problemi, ma non vi deluderò. La vostra fiducia sarà ben ricompensata»

    L’Imperatore le sorrise «Ne sono certo, mia cara. In fondo da domani sarai il mio Mago di Corte. Ora credo sia il caso di andare a riposare, sarà una lunga giornata e qui devono preparare per la cerimonia.»

    La Maga e il mezz’uomo si inchinarono per poi uscire dalla sala del trono. Myra accompagnò Marcel nel tragitto che conduceva al di fuori dal palazzo e nel mentre parlarono di quanto era accaduto durante la prova.

    Marcel parlava della magia quasi come un bambino, da quanto gli si illuminavano gli occhi. Era rimasto estasiato dalla Prova della Verità, per quanto ovviamente la trovasse terribile, ma il fatto di poter osservare i ricordi di qualcuno la rendeva estremamente interessante. Al cancello si dovettero separare, poiché a Myra non era ancora concesso di varcarlo. Pur avendo superato la prova doveva aspettare la nomina ufficiale l’indomani.

    «Allora ci vediamo domani alla cerimonia!» Esclamò sorridente il mezz’uomo.

    Myra annuì con aria distante, assorta nei suoi pensieri.

    «Ma non sei contenta? Sarai nuovamente una Maga!» Marcel nonostante tutto quello che era successo, sprizzava gioia

    La Maga scrollò la testa per scacciare i pensieri «Certo che lo sono! È che non posso fare a meno di ripensare a quella presenza.»

    Il mezz’uomo ci rifletté un attimo «Forse era il pericolo da cui ci aveva messo in guardia Alaster. Aveva detto che, secondo lui, era solo l’inizio.»

    «Può essere, ma la cosa è preoccupante.» Fece un profondo sospiro. La testa le faceva sempre male, ed era inutile pensarci ancora. «Occupiamoci di una cosa alla volta. Torni a fare le ricerche?»

    Marcel sorrise «Più tardi. Adesso ho l’ora di allenamento con Stern.»

    Myra non poté fare altro che sorridere. L’amico si stava impegnando molto, e anche se non era ancora in grado di batterla, era altamente migliorato.

    Il mezz’uomo la guardò imbarazzato «Pensi che sarà fiero di me?»

    «Chi...?» La domanda l’aveva colta alla sprovvista, e per un momento non aveva inteso di chi si trattasse, ma poteva riferirsi a solo una persona «Quello stupido di Alaster?» Pensarci la faceva arrabbiare, ma Marcel voleva essere all’altezza delle sue aspettative e lei lo sapeva bene, così si trattenne da infierire oltremodo. «Ne sono sicura.» Disse sforzandosi di sorridere. «Allora buon allenamento! A domani!»

    Tornò verso le sue stanze. Sentiva il forte bisogno di stendersi. Entrò in camera e si buttò sul letto. Lo sforzo che aveva sostenuto era stato grande, più di quanto aveva dato a vedere. Il Guaritore le aveva rimosso parte del dolore, ma la fatica le era rimasta. Le palpebre si fecero pesanti e lentamente chiuse gli occhi. Si addormentò subito, senza nemmeno cambiarsi.

    Marcel si cambiò in fretta, o almeno ci provò. Stern non aveva molta pazienza e non sopportava i ritardi. Nonostante lo pagasse, e gli desse vitto e alloggio, aveva fin da subito messo in chiaro che lo avrebbe trattato come una recluta e Marcel ne era rimasto più che contento. Non voleva essere trattato come un nobile viziato, voleva imparare a combattere seriamente, anche perché i nemici non avrebbero avuto alcun riguardo. Buttò i suoi vestiti sul letto alla rinfusa, prese pugnali e balestra e si diresse in giardino. Stern lo stava già aspettando, seduto su una staccionata «Perdonami, io...» iniziò il mezz’uomo.

    Non fece in tempo a finire la frase «Non mi interessa, sei in ritardo.»

    «Ma è successo...» Sapeva che non sarebbe servito, ma almeno voleva provare a spiegargli.

    Stern piantò la spada da allenamento a terra, alzandosi in piedi «Non mi interessa. Qual è la prima regola?»

    Marcel abbassò lo sguardo «Arrivare in orario.»

    Il Maestro annuì «E la seconda?»

    Marcel provò a ricordare «Ehm, non c’è una seconda...» Rispose abbastanza insicuro

    «Esatto! Adesso voglio cento colpi al manichino.» La voce era molto severa.

    Marcel ebbe un sussulto. Erano veramente tanti. Fece per incamminarsi quando venne nuovamente fermato dall’Istruttore.

    «Per arma.» aggiunse Stern con sguardo molto serio che non lasciava spazio a scuse «e ritieniti fortunato. Se fossi stato un allievo alla Gilda ti avrei fatto saltare anche la cena.»

    Rassegnato e consapevole che non avrebbe potuto sottrarsi, si diresse al manichino. Lo aveva fatto montare per esercitarsi con i pugnali insieme ad alcuni bersagli per la balestra.

    Con la coda dell’occhio vide Stern poco distante da lui osservarlo in silenzio mentre colpiva i bersagli. Quando ebbe finito lasciò cadere i pugnali. Le spalle gli dolevano e il sudore gli colava dalla fronte.

    L’istruttore sorrise «Bene, adesso iniziamo pure l’allenamento.» Si misero in guardia e cominciarono a simulare un combattimento. Stern combatteva con una spada lunga e una corta. Era molto abile e per ora non era mai riuscito a scalfirlo. Dopo una mezz’ora buona si fermarono per prendere fiato.

    «Bene, ma devi ancora migliorare la scelta di tempo, e soprattutto devi cercare di condurre te il duello. Ti lasci guidare dall’avversario e questo perché guardi troppo quello che faccio, cercando di vedere il colpo mentre lo sto portando.»

    «Capisco, mi ricordo che Alaster mi disse una cosa simile.» Forse si trattava proprio della stessa.

    L’istruttore annuì «Immagino. Dopotutto sono le basi del combattimento. Devi cercare di anticipare le mie mosse, altrimenti è impossibile preparare una contraria.»

    Marcel annuì ripensando a quanto detto da Alaster quella volta sulla nave «Quindi dovrei cercare di indurti a colpire dove voglio in modo da poterti anticipare.»

    Stern sorrise «Menomale che hai delle buone basi.»

    «Però è difficile.» aggiunse crucciato il mezz’uomo.

    «Certo! Io non sono un goblin, o un rozzo brigante mal armato. Loro combattono di forza bruta e istinto. Spada o bastone non fa differenza, non hanno stile né tecnica. Quando invece combatti contro qualcuno ben addestrato è diverso. Tu tenti di ingannare lui, ma lui tenta di fare lo stesso con te. Entrambi vorrete condurre il combattimento. Ad ora, le tue abilità non sono abbastanza per combattere con qualcuno mediamente esperto.»

    Marcel abbassò lo sguardo, deluso dalle parole dell’Istruttore «Pensavo di esser migliorato almeno un po’ in questo mese.»

    Stern gli mise una mano sulla spalla, capiva che doveva sentirsi abbattuto ma doveva essere sincero. «E lo sei, ma ci vuole molto tempo. Un guerriero deve allenarsi anni per padroneggiare l’arte del combattimento e della spada.»

    Marcel si sentiva deluso e fiero al contempo, ma anche determinato a imparare a combattere. La prossima occasione non sarebbe stato di nuovo un peso per i suoi compagni. «Mi impegnerò al massimo! Voglio imparare tutto!»

    L’ Istruttore sorrise «E bravo! Ora prendi la balestra e vediamo di colpire qualcosa!»

    Marcel strabuzzò gli occhi; si sentiva distrutto «Ma... credevo fosse finita.» Era quasi supplicante.

    Stern rise «Sei arrivato in ritardo o sbaglio? Non avrai mica pensato di cavartela così alla leggera, vero? Poi credevo volessi migliorare. Ricorda: Non basta fare quanto gli altri, se vuoi migliorare sul serio devi fare di più! E forse non ti basterà nemmeno quello. Dovrai fare il doppio, fin anche il triplo. Tutto sta nella volontà di farlo.»

    Aveva ragione e Marcel lo sapeva bene. Risoluto imbracciò la balestra facendo un cenno di assenso con la testa. «Andiamo.»

    «Bravo! È così che voglio i miei allievi.»

    Si allenarono per una buona mezz’ora. Era diventato molto bravo a usarla e riusciva a colpire quasi sempre il centro del bersaglio. Era migliorato anche con i bersagli in movimento.

    « Direi che per oggi abbiamo finito!»

    Il mezz’uomo tirò un sospiro di sollievo sedendosi a terra. Si sentiva a pezzi. «Domani facciamo la solita ora?»

    «Certo» rispose l’Istruttore «cerca di essere in orario, o dovrai raddoppiare i colpi al manichino.» Aggiunse poi con un sorrisetto compiaciuto

    Si salutarono, e ognuno tornò nelle proprie stanze. Stern alloggiava in una piccola dependance, separata dal resto della casa, creata inizialmente per far alloggiare le guardie degli ospiti. Era fornita di tutto punto e quindi spesso mangiava lì, anche se la maggior parte delle volte andava alla taverna. Marcel lo aveva invitato spesso ad unirsi a loro durante i pasti, ma l’istruttore aveva sempre declinato sostenendo che la nobiltà lo metteva in imbarazzo. A Marcel dispiaceva, ma non era ancora riuscito a convincerlo.

    Arrivato in camera, buttò le armi nel baule che teneva in fondo al letto, prese il cambio pulito che era stato lasciato dalla servitù e si diresse ai bagni.

    La magione, fortunatamente, era stata costruita con una stanza che inglobava una vasca naturale, nella quale sgorgava acqua termale. Era abbastanza grande, ed era stata divisa in due parti con una parete in legno, una per gli uomini e una per le donne, questo perché molto spesso veniva usata dagli ospiti. Era abbastanza sontuosa, e la usava spesso dopo le fatiche della giornata. Quando ebbe finito si vestì, per poi dirigersi a cena. Qualche giorno prima era arrivato suo padre, di ritorno da uno dei suoi viaggi di affari dove aveva chiuso dei nuovi contratti. I suoi genitori, non erano molto d’accordo con il suo lavoro di assistente storico alla Capitale, ma dopo che aveva trovato l’Occhio del Drago, e quanto era accaduto, avevano smesso di pensare che fossero tutte fantasticherie di un vecchio: suo nonno. Inoltre, l’Imperatore stesso lo aveva incaricato di proseguire le ricerche, essendo stato nominato Cavaliere, e quindi non potevano farci niente. L’unica cosa che forse li rendeva orgogliosi, era che aveva esteso i propri possedimenti terrieri ricevendo come ricompensa una magione, anche se risultava mezza distrutta, poiché da tempo non aveva un padrone, e quindi la stava facendo ristrutturare. La cosa avrebbe richiesto mesi. Nel frattempo però, aveva dato in gestione il terreno, che contava qualche centinaio di ettari, in modo che venisse ripulito dalle erbacce e coltivato.

    La cena terminò in tranquillità, parlando come al solito di affari. Non erano molto interessati a quello che lui stava facendo, o ad altro, al di fuori del commercio e del denaro. Una volta terminata si ritirò in camera dirigendosi alla scrivania, aprendo il taccuino degli appunti di suo nonno, come oramai era solito fare tutte le sere. Lo aveva esaminato più volte, senza riuscire a trovare nessun riferimento a Rhotsias. Aveva ovviamente cercato nella biblioteca, trovando solo degli accenni nei testi più vecchi, ma nessuno spiegava di cosa si trattasse o quale fosse la sua ubicazione. C’erano molte informazioni sul taccuino, della maggior parte però non aveva ancora compreso a cosa si riferissero, come il disegno di una mappa che conduceva a una specie di Tempio. Una delle tante mappe presenti, che indicavano la strada per monumenti sparsi in tutto il mondo. Eppure, era sicuro di essere a un passo dalla soluzione, gli serviva solo un altro indizio. Riprese quindi a cercare nelle pagine che oramai iniziavano a mostrare segni di usura, per quanto le aveva sfogliate, ma dopo un’ora si arrese decidendo di stendersi. Ripensò a quando avevano cercato la caverna con Alaster e all’avventura che avevano vissuto. Le armi che usava gliele aveva date lui dall’armeria, ma avrebbe dovuto presto sostituirle. Era stato lo stesso Stern a dirlo. Nonostante tentasse di conservarle in buone condizioni, si erano rovinate. Un giorno sarebbe dovuto andare in città a cambiarle, ma aveva promesso a Myra di aspettare che fosse scarcerata, come era solito dire lei, per cui nel frattempo andavano benissimo per gli allenamenti. La stanchezza alla fine ebbe il sopravvento e si addormentò.

    Myra si svegliò ancora intontita dalla precedente giornata. Avrebbe dormito volentieri qualche altra ora, se non fosse stata svegliata da qualcuno che stava bussando insistentemente alla porta della camera. Si alzò a fatica, bofonchiando per l’orario. Vide i raggi del Sole filtrare dalla finestra illuminando la stanza. Doveva essere già mattina. La sera precedente, aveva pensato di chiudere gli occhi per riposarsi qualche attimo e invece si era addormentata, vestita di tutto punto. Non si era levata neanche gli stivali. Ripresero a bussare con insistenza.

    «Arrivo. Arrivo.» Biascicò stropicciandosi gli occhi nel vano tentativo di svegliarsi. Non appena prese a camminare si accorse di sentirsi debole, forse a causa del fatto che aveva saltato la cena il giorno prima. Trascinandosi verso la porta la aprì, per trovarsi davanti una servitrice del castello che le porgeva una scatola «L’ Arcimago vi manda questo, dice che dovete indossarlo per la cerimonia.»

    «Ti ringrazio, ora puoi andare» Rispose seccata. Dopotutto la cerimonia era fissata quasi per l’ora di pranzo, ed era appena mattina.

    La servitrice rimase a fissarla imbarazzata «In verità, mia Signora, ecco... la cerimonia è tra poco. Ci sono le guardie qui fuori per scortarvi.»

    Myra sgranò gli occhi! Era già l’ora!? Quanto aveva dormito!? Chiuse la porta senza tante cerimonie, si sciacquò rapidamente il viso alla bacinella che teneva sul comodino, per poi vestirsi di tutta fretta. Ora comprendeva da cosa dipendesse quella debolezza percepita, oltre alla cena aveva saltato anche la colazione. Non sapeva se sarebbe giunta a fine giornata. Aveva l’impressione che le gambe potessero cederle in ogni momento per la mancanza di apporto nutritivo. Aprì la scatola e indossò la veste. Non le piaceva molto il colore verde, ma era quella da Mago, ed era per tutti uguale. Fortunatamente, una volta nominata Maga di Corte, non sarebbe stata obbligata a portarne una, ma molti lo facevano beandosi del loro status. L’unico obbligo era verso il medaglione del Mago che, secondo le leggi della Scuola, era severamente vietato rimuovere, pena l’espulsione. Si spazzolò velocemente i capelli e riaprì la porta, cercando di mostrare più compostezza possibile «Ebbene. Possiamo andare.»

    La servitrice si spostò di lato per farla passare e le guardie le indicarono di seguirle. In poco tempo raggiunsero la sala del trono. Le porte vennero aperte dall’interno e lei annunciata da un paggio. La sala era stata ripulita dalle macerie e agghindata ad hoc per l’occasione. Sul fondo, al solito, si trovava l’Imperatore seduto sul trono, con alla destra il figlio, sempre in armatura cerimoniale e questa volta a sinistra l’Arcimago. Il pubblico era pressappoco il solito della prova. Da un lato i nobili del Regno, e dall’altro la delegazione dei maghi. Le guardie rimasero all’entrata e lei si diresse al centro della stanza dove il Mago dalle vesti rosse l’aspettava.

    L’ Arcimago si alzò in piedi, e anche il minimo di brusio presente cessò immediatamente. «Oggi è un giorno importante. Il giorno in cui un apprendista viene elevato al rango di Mago; ma questo è solo l’inizio di un percorso più lungo e più arduo. La magia è una parte fondamentale del mondo e noi che la padroneggiamo siamo chiamati a usarla in modo responsabile per la difesa di tutti i Regni e di tutti i suoi abitanti. Davanti a noi abbiamo un’apprendista, che un tempo ha perso la strada ma che ora è ritornata a noi, cresciuta e pronta a prendere il posto che le spetta all’interno della Scuola. Ha superato diverse prove, tra cui l’infamante accusa di essere colpevole della morte del Mago Carsyl, ma ogni prova che ha superato le è servita per giungere a questo punto più forte di prima.»

    Myra rimase abbastanza perplessa dal discorso, anche se non lo dette a vedere. Era fermamente convinta che la odiasse.

    «E ora, Maga Myra avvicinatevi e ricevete dal Mago Deron il medaglione che vi spetta. Questo sarà ciò che vi accompagnerà per tutta la vita. Da oggi, ovunque andrete, sarete riconosciuta come Mago.» Myra fece un passo avanti e abbassò la testa per far sì che le venisse messo il medaglione. Si sentiva emozionata, anche se provava ancora rancore verso la Scuola, in quanto oramai aveva perso le speranze di divenire una vera Maga. Non che poi le interessasse più di tanto farne parte, più che altro a lei interessava la magia, e questo era l’unico modo per accedere al suo sapere a meno di non essere uno stregone. Gli applausi durarono per almeno un minuto, per poi essere interrotti dall’Imperatore che aveva alzato una mano chiedendo il silenzio, così da prendere parola. «Questa è una giornata lieta da ricordare e da festeggiare, ma non è ancora volta al termine. Spetta un altro compito alla Maga Myra. In quanto Cavaliere, in accordo con la Scuola, a partire da oggi presterà servizio come Maga di Corte.» Dagot scese le scale e le si portò vicino, appuntandole sul bavero della veste la spilla che la riconosceva come tale. Aveva la forma di un piccolo scudo dorato, in cui per metà presentava il simbolo dell’impero e sull’altra quello della Scuola di Magia.

    Myra fece un profondo inchino rivolto al Principe e all’Imperatore. «Vostra Maestà, vi ringrazio per l’inestimabile dono e della fiducia che mi accordate. Rinnovo i miei giuramenti. La vostra volontà è la mia.»

    L’ Imperatore chinò la testa in segno di ringraziamento. «Alzatevi e prendete posto al fianco dell’Impero.»

    Myra si diresse verso il trono portandosi alla sua sinistra, poco dietro l’Arcimago. Quando si voltò, ci furono applausi e ovazioni da parte dei nobili. I maghi invece, pur applaudendo anche solo per mantenere le apparenze, sembravano meno contenti.

    La cerimonia terminò poco dopo e tutti furono invitati a uscire. Anche Marcel dovette farlo, ma rimase ad aspettarla fuori dalla sala, volendo congratularsi con lei. Al momento della chiusura delle porte, all’interno erano rimasti solo Myra, l’Imperatore, suo figlio, l’Arcimago e il suo seguito.

    Fu l’Imperatore a parlare per primo interrompendo il silenzio che si era formato alla chiusura del portone «Bene, direi che anche questa è fatta. Complimenti Arcimago, avete fatto un bel discorso.» aggiunse con un pungente mezzo sorriso.

    Se anche l’Arcimago lo avesse percepito non lo dette a vedere «Grazie. Era molto sentito.» rispose con tono piatto, per poi rivolgersi a Myra «Ora siete una Maga. Vi aspetto alla Scuola. Ricordatevi che avete dei doveri anche verso di noi adesso, inoltre, dovete prendere possesso dei vostri alloggi.»

    Myra chinò la testa «Vedrò di fare quanto prima possibile, ci sono delle faccende che devo sistemare a corte.»

    L’Arcimago annuì «Perfetto, potete quindi aprire il portale» disse alla Maga.

    Myra lo osservò per un attimo interdetta, colta completamente alla sprovvista «Quale portale?»

    Fu l’Imperatore a risponderle «La spilla da Mago di Corte funge da chiave per aprire sia il portale in piazza, che quello qui nella sala del trono, entrambi collegati alla Scuola di Magia.»

    La Maga annuì pensierosa. Sapeva bene che nell’Impero era impossibile aprire portali e che quindi ci doveva essere una qualche chiave, ma non immaginava che potesse essere la sua spilla. "E ora come dovrei fare?" pensò osservando l’Arcimago che sembrava alquanto impaziente.

    «Cosa c’è... non sapete come aprire un semplice portale?» insinuò il Mago Rosso con un sorriso di scherno sul volto.

    «Certo che so come si fa! Mi ero distratta per un attimo.» Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di chiedere come funzionasse, non dopo quanto aveva appena detto. Non mi hanno dato nessuna parola chiave o formula... molto probabilmente si tratta di un catalizzatore Pensò sganciando la spilla dalla veste. La strinse quindi in pugno, incanalandovi la sua energia magica.

    Immediatamente, tra due colonne vicino a loro, apparve un grosso portale nero che risucchiava la luce presente nella stanza. Con estrema soddisfazione sul volto si rivolse all’Arcimago, ma non prima di aver lanciato una veloce occhiata al Mago Rosso che invece si era rabbuiato per il suo inaspettato successo «Prego...»

    L’Arcimago si congedò senza troppe cerimonie e, seguito dai suoi sottoposti, sparì. Ora che era stato ripristinato il portale nella piazza centrale, aveva ripreso a funzionare anche quello. C’era voluto un mese per ripristinarlo. La magia di cui era infuso era andata perduta da tempo e per quello avevano dovuto raccogliere ogni singolo frammento. Se anche solo uno fosse andato perso non avrebbe più funzionato. Quando poi era arrivato il consiglio, lo avevano rimesso assieme e riparato con la magia. Senza sarebbe stato impossibile.

    Dagot tirò un sospiro di sollievo «A quanto pare si è risolto tutto per il meglio, alla fine.»

    Nozel annuì accasciandosi sul trono. Tollerava molto poco la Scuola e i suoi saccenti membri. «Già!» Si rivolse poi sorridente poi alla Maga «Beh ora sei libera, vai pure a festeggiare. Non è da tutti ricevere due promozioni in un giorno.»

    «Maestà...» si interruppe non riuscendo a trovare le parole adatte per quell’enorme regalo, nonché per la fiducia accordatale, così si limitò a una semplice parola «Grazie.»

    L’Imperatore le fece cenno di andare senza preoccuparsi troppo «Era il minimo dopo che hai salvato l’Impero. Ora vai pure e prepara le tue cose, stasera manderò un messo che ti scorterà agli alloggi del Mago di Corte. Vai pure a festeggiare.»

    Myra fece quindi un inchino, congedandosi. Appena uscita incontrò Marcel tutto raggiante che per poco non le saltò addosso «Complimenti!!»

    La Maga sorrise sprizzando gioia «Grazie...»

    «Scommetto che anche Alaster ne sarebbe fiero.»

    La Maga sbuffò. «Non mi parlare di quel cretino. Si pentirà di essersi perso la mia cerimonia.» Così dicendo alzò un pugno verso il cielo per la momentanea rabbia, per poi tornare serena e sorridente. «Ma ora andiamo a festeggiare! Voglio uscire dal castello. Prima però aspettami nel salone, devo passare a cambiarmi. Non ho intenzione di uscire con questa veste.»

    Era l’ora di pranzo e quindi si diressero a una taverna nel centro della piazza del mercato. Anche se aveva vissuto in una gabbia dorata per più un mese, era pur rimasta reclusa fino ad allora. Finalmente si sentiva libera.

    Imboccarono la strada che portava alla piazza del mercato che, come al solito, era affollata.

    La Maga si guardò attorno sorridente, non aveva mai amato la folla e spesso cercava di tenersene alla larga, ma quel giorno quasi ne provava gusto.

    Fecero un giro della piazza, fino a che non decisero di fermarsi alla taverna il Drago Reale.

    «Questa potrebbe andare?» Myra non la conosceva, ma sembrava adatta per l’occasione, pur apparendo costosa.

    Marcel osservò l’insegna. C’era già stato varie volte, e sapeva che era una delle migliori della città «Sei sicura? È abbastanza costosa sai...»

    «Ovviamente! Forza, dobbiamo festeggiare.» Così dicendo spinse la porta ed entrarono.

    La locanda era molto lussuosa. Presentava pareti ben dipinte di un bianco intonso e i tavoli di legno lucidi come specchi, con sopra delle tovaglie rosse che segnavano il centrotavola, ricamate con piccoli alamarini e terminanti con una balza di almeno un palmo. La Maga non era mai stata in una locanda di quel calibro, ma per una volta voleva festeggiare come si doveva.

    Non fu l’oste ad accoglierli, bensì un cameriere ben vestito, che li scortò al tavolo già apparecchiato.

    La qualità del cibo era eccellente. Avevano ordinato un piatto fumante di filetto al sangue, che era risultato così tenero da potersi quasi tagliare con la forchetta, accompagnata da un contorno di verdure e patate, sulle quali era stata versata una salsa corposa dal gusto e dal colore intenso, ma che non ne alterava il sapore. Presero anche qualche calice di vino gustoso, il tutto accompagnato dalle liete note di un menestrello. A fine pranzo Myra si sentiva

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