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La terapia del bastardo di razza
La terapia del bastardo di razza
La terapia del bastardo di razza
E-book271 pagine3 ore

La terapia del bastardo di razza

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Info su questo ebook

Una storia, un'avventura, ma anche due.
Igor, uno psicologo, e Lucrezia, la sua paziente, impaziente di guarire dal dolore a colpi di sedute terapeutiche ed appagamento. Un libro per l'anima e per il corpo che, tra voci, visioni, tacchi a spillo e punte di piacere, investiga e scopre: gambe, paure, passato, erotismo...

Solare, creativa, intrigante e maliziosa, quanto basta per sorridere, commuoversi e godere del piacere, oltre il dolore.
Psicologa clinica specializzata in psicoterapia analitica, A. G. Monachesi ci porta in un viaggio nelle stanze della mente, delle emozioni e delle paure, tessendo con ironica maestria le fila dei suoi personaggi, che siamo tutti noi: una donna stanca, un’amica speciale, un rubacuori, un marito spento, un corteggiatore.
Ma sopratutto, una Femmina e un Bastardo.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mag 2014
ISBN9788863582536
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    Anteprima del libro

    La terapia del bastardo di razza - A. G. Monachesi

    A. G. Monachesi

    LA TERAPIA

    DEL BASTARDO DI RAZZA

    Romanzo

    Phasar Edizioni

    COLLANA FLUXCAP

    Editing, progettazione e realizzazione grafica:

    FLUXCAP - Roma

    Web: www.fluxcap.it – Mail: info@fluxcap.it

    Art Director / Illustrazione Copertina: Mirta Rotondo

    Copywriter Copertina: Sara Esposito

    Stampato in Italia.

    A. G. Monachesi

    LA TERAPIA DEL BASTARDO DI RAZZA

    © 2013 A. G. Monachesi

    ISBN 978-88-6358-253-6

    Phasar Edizioni, Firenze – www.phasar.net

    Prima edizione eBook: 2014

    Tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi senza autorizzazione scritta dell’autore.

    Indice

    Prologo

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    Capitolo IV

    Capitolo V

    Capitolo VI

    Capitolo VII

    Capitolo VIII

    Capitolo IX

    Capitolo X

    Capitolo XI

    Capitolo XII

    Capitolo XIII

    Capitolo XIV

    Capitolo XV

    Capitolo XVI

    Capitolo XVII

    Capitolo XVIII

    Capitolo XIX

    Capitolo XX

    Capitolo XXI

    Capitolo XXII

    Capitolo XXIII

    Capitolo XXIV

    Capitolo XXV

    Capitolo XXVI

    Capitolo XXVII

    Capitolo XXVIII

    Ad Anna, un’amica speciale

    PROLOGO

    Lucrezia gira più volte tra le mani il biglietto da visita che le ha dato Francesca:

    Dott. Igor Brioschi

    Psicologo clinico

    Psicoterapeuta analitico

    «Non lo so –la sua voce è incerta– non mi fido degli strizza-cervelli.»

    «Chiamalo –le dice l’amica, mentre beve un sorso di caffè che lei stessa ha preparato– gli chiedi un parere. Da sola non puoi risolvere tutto.»

    Lucrezia sbatte più volte le palpebre e annuisce. «Come lo conosci questo tizio?»

    «Non lo conosco infatti, ma una mia cliente sì. Ascolta bene!» si siede sul divano di pelle color tabacco del soggiorno, i suoi occhi sono maliziosi: «Da quando lo frequenta fa dei sogni erotici su di lui dall’orgasmo multiplo e si sveglia bagnata fra le cosce» ride divertita.

    «Non cambierai mai, la tua è un’idea fissa.» La guarda con affetto, è la sua più cara amica. «Se è così, prenderò appuntamento oggi stesso.»

    «Fammi sapere. Ora vado, mio marito è uscito prima dal lavoro e mi aspetta a casa per il pranzo. Dal tono della voce, mi vuole scopare; che palle!, ha messo su anche un po’ di pancetta.» Stringe Lucrezia a sé in un abbraccio affettuoso. «Ti telefono, ciao.»

    Francesca è un ciclone e, quando se ne va, la sua assenza si nota pensa Lucrezia tra sé mentre si reca in cucina.

    Ecco, ci risiamo. Incomincia a sudare freddo, a sudare caldo, tremori in tutto il corpo, il cuore che accelera i battiti, si sente svenire.

    Calma, Lucrezia, calma poi ti passa. Si siede sulla sedia vicino al tavolo. Dopo qualche minuto i sintomi scompaiono, lava le due tazzine del caffè e si reca di nuovo nel soggiorno. Prende il biglietto che è sopra al tavolino, lo guarda di nuovo.

    Con il lavoro che faccio, ogni distrazione mi può essere fatale. Accantona l’incertezza e compone il numero dello studio.

    «Sono la signora Lucrezia Servapicco, vorrei prendere un appuntamento con il Dottor Brioschi.»

    Un lampo indecifrabile percorre gli occhi di lei.

    Gli dà le spalle ed esce

    seguita dal rumore dei suoi tacchi

    sul pavimento di parquet.

    I

    Lucrezia si guarda allo specchio, le ore sono trascorse in fretta, ma la situazione è rimasta invariata, ha gli occhi cerchiati di rosso e le occhiaie gli fanno da contorno. È lunedì mattina e sono le 9.

    «La notte porta consiglio –sussurra– a me solo un viso che fa schifo. Ma quanto deve durare questo periodo di merda?»

    Si siede e, dopo aver frizionato il viso con una crema da giorno, inizia a truccarsi e a spazzolare i capelli.

    «Tra un’ora devo incontrare lo stallone del sesso selvaggio» ride tra sé mentre pensa all’amica di Francesca che se lo scopa nel sogno.

    Poco dopo apre l’armadio e dà un’occhiata ai suoi vestiti. «Questo no, questo no, questa sì.»

    Prende una gonna di pelle nera con relativa giacca, un maglioncino di cachemire corallo e si veste con cura.

    «E ora, dove sono le scarpe nere?»

    Si aggira per la camera alla loro ricerca. Non è molto ordinata e quando ritorna a casa dal lavoro le lancia dove capita, per infilarsi quanto prima le sue comode pantofole che hanno la forma di un cagnolino.

    «Trovate!»

    Nutre una vera passione per le scarpe, soprattutto per quelle che hanno il tacco a spillo, che le slanciano ancora di più le gambe affusolate. Esce dalla camera quando un pensiero fa capolino nella sua mente. «Oddio, i capelli!» Ritorna indietro e li spazzola. L’immagine che lo specchio le riflette è impeccabile.

    «Ok!»

    Esce dal suo appartamento e con passo svelto si dirige verso la macchina parcheggiata poco distante. La strada non è molto trafficata e lei schiaccia a fondo l’acceleratore: ci pensa la sua Smart a rallentare, più di tanto non corre. Sono le dieci meno un quarto quando arriva a destinazione.

    Parcheggia l’auto in via Giannetti e fa a piedi gli ultimi metri che la separano dallo studio del Dottor Brioschi.

    Il palazzo, numero 24, è antico. L’androne ha il pavimento e le pareti di marmo bianco con delle venature grigie.

    «Da chi deve andare signorina?» le domanda un pomposo portiere in livrea.

    «Dal Dottor Brioschi» lo guarda sorniona, sembra una mummia imbalsamata.

    «Ultimo piano, appartamento A7.»

    «La ringrazio!»

    Si dirige verso l’ascensore, passando davanti a due leoni di marmo situati ai lati del pianerottolo, e spinge il bottone di chiamata. Le porte della cabina si aprono mettendo in evidenza il grande specchio, con sotto una panca rivestita di velluto turchese per sedersi in comodità.

    Che lusso! dice tra sé mentre entra.

    L’ascensore si ferma all’ultimo piano, le porte si aprono direttamente davanti allo studio.

    A noi due, Dottor Igor!

    Si assesta la gonna, la giacca e suona il campanello.

    Una signorina dai capelli corvini con un tailleur gessato e camicia bianca la fa accomodare nel salottino dalle pareti color pesca. Una grande finestra in fondo alla stanza incornicia un panorama da mozzare il fiato: i Fori Imperiali.

    «Il Dottore la riceverà tra cinque minuti.» La sua voce è autorevole e professionale; si dirige verso la sua postazione, dandole le spalle. È la segretaria del boss.

    Lucrezia non può fare a meno di guardare il suo fondo schiena che assomiglia a un mandolino: Ha buon gusto il Dottor Brioschi. Un sorriso compare tra le sue labbra mentre si siede su una poltrona di pelle nera.

    La porta dello studio si apre. Una voce maschile fredda e impersonale taglia l’aria.

    «Le sedute di psicoterapia sono terminate, non deve più venire nel mio studio, è così difficile da capire?»

    Si dirige verso la segretaria che si stringe nelle spalle, conosce la sua ira.

    «La prossima volta che la fa entrare, la licenzio.»

    Igor chiude la porta del suo studio, sbattendola con nervosismo, dietro le spalle dell’ex paziente.

    «Perché mi tratta così?» sussurra; mentre si siede sulla poltrona accanto a Lucrezia piagnucola come una piccola bambina e tira su allo stesso modo con il naso.

    È una giovane donna intorno ai trent’anni, bionda, occhi castani, impeccabilmente vestita, con un completo pantaloni jeans e camicetta rosso fuoco.

    «È nervoso e mi butta fuori senza pietà.»

    Fruga nella sua borsa alla ricerca di un fazzoletto, si asciuga le lacrime mentre si rivolge a Lucrezia: «Volevo rivederlo, mi sono innamorata di…» Fa un profondo respiro.

    «Di chi?» Lucrezia l’ha ascoltata con poca attenzione e ha perso la continuità delle sue parole.

    È cretina? pensa tra sé la donna. «Del Dottor Brioschi, è ovvio» si soffia il naso.

    «È al suo primo colloquio?»

    «Sì!»

    «Buona fortuna, ne avrà bisogno.»

    Una piccola scintilla d’invidia attraversa i suoi occhi, vorrebbe essere al suo posto. Scuote la testa, per scacciare quel pensiero. «Arrivederci!» le sussurra, mentre esce dalla stanza a capo chino. Forse cerca la dignità che ha perso.

    Dopo le parole della donna, Lucrezia è ancora più curiosa di conoscerlo. "Tra poco sarò al cospetto dello sciupafemmine…" pensa tra sé con tono ironico. Si versa un po’ d’acqua nel bicchiere che è sopra un piccolo tavolino e ne beve un sorso.

    «Signora Servapicco? Prego, mi segua.»

    La segretaria si dirige verso la porta poco distante dal salottino. «Attenda un attimo, per favore.»

    Bussa tre colpi brevi.

    «Avanti!» le risponde la voce maschile dall’altra parte. Lei piega le labbra in un sorriso radioso e entra nella stanza.

    Lucrezia odia aspettare, dà un’occhiata al suo orologio, sono passati alcuni minuti, troppi per lei. Della segretaria nessuna traccia. Dall’interno dello studio non proviene alcun rumore.

    Forse ha le pareti insonorizzate. Perché è entrata, quella cretina?

    Finalmente la porta si riapre.

    «Il Dottore l’attende, prego!»

    La segretaria le lancia un’occhiataccia, sembra quasi di gelosia. Lucrezia sposta una ciocca di capelli dal viso, è pronta all’incontro e un attimo dopo entra nello studio.

    L’ambiente è particolare e ricercato, rispecchia la personalità del suo proprietario.

    Pareti color salmone, tranne una, bianca con dei piccoli cerchi neri e rossi; quadri di pittori famosi, due divani di pelle neri angolari; un piccolo tavolinetto antico con sopra una bottiglia di cristallo e vari ciottoli di fiume.

    Igor è dietro la scrivania dal piano di cristallo, indossa un completo grigio, camicia canna di fucile aperta sul collo. È alto, muscoloso, capelli neri scarmigliati, occhi neri, labbra mascoline e virili. Vedendola entrare le va incontro vicino alla poltrona rosso fuoco. Le tende la mano: «Dottor Brioschi.» Lo sguardo è sfrontato e si relaziona a lei in modo inusuale per la professione che esercita.

    «E lei… è Lucrezia.»

    Che stronzo, mi chiami per nome? Ma chi sei? Scaccia il pensiero, ma lo sguardo dell’uomo la colpisce immediatamente.

    «Lucrezia Servapicco» precisa lei con enfasi mentre gli stringe la mano.

    «Prego, Lucrezia, si accomodi» le dice Igor divertito.

    Una smorfia di disappunto compare sul viso della donna mentre si siede sulla poltrona rossa, davanti alla scrivania.

    Il Dottor Brioschi prende una penna e un blocchetto di carta, alza lo sguardo su di lei.

    «Come la posso aiutare?» Ha un’aria professionale che non coinvolge i suoi occhi.

    «Volevo conoscerla.»

    Ma cosa dici? la rimprovera la sua vocina interiore. Inizia così, con quelle poche battute, l’incontro-scontro tra due persone non comuni.

    Igor accavalla le gambe, per un breve attimo rimane silenzioso.

    «Sono famoso? Importante? O cosa?»

    Vuole metterla in difficoltà, sente su di sé una tensione particolare che ostacola il normale svolgimento del colloquio. Non aveva mai sentito prima di allora una sensazione del genere.

    Il tono presuntuoso della sua voce innervosisce Lucrezia. Sei semplicemente un pallone gonfiato pensa tra sé, ma ancora una volta non esprime il suo parere.

    Lo fissa negli occhi. «Una mia amica mi ha parlato di lei, elogiando la sua bravura e la sua professionalità.» Un sorriso divertito le compare tra le labbra: Chissà come scopi realmente? Anche questo pensiero non ha voce.

    «Ottima amica direi, ma ora mi esponga il suo problema, non ho tempo da perdere.»

    Frecce infuocate partono dagli occhi marroni con piccole pagliuzze dorate di Lucrezia e centrano il bersaglio.

    «Soffro da diversi mesi di uno stato ansioso. Credo sia la terminologia esatta.»

    Ancora una volta la voce del Dottore è pungente e scostante: «Lei è un medico? O uno psicologo?»

    Lucrezia lo guarda contrariata. «Certo che no!»

    «Allora se permette la diagnosi è di mia competenza.» Igor non riesce a staccare gli occhi dal suo corpo e questo lo innervosisce.

    Lei si alza dalla sedia. «È stato un piacere conoscerla» si avvia verso l’uscita, è furiosa.

    «La prego si sieda, non era mia intenzione offenderla. Sono stato brusco e le chiedo scusa.» Fa un breve respiro, ma la personalità forte e decisa della donna stimola il suo ruolo professionale e non solo.

    Lucrezia torna indietro e si assesta sulla sedia.

    Il Dottor Brioschi attraverso l’anamnesi raccoglie inizialmente qualche dato anagrafico:

    Lucrezia Servapicco, nata a Roma il 20/07/1984, figlia unica, lavora come impiegata presso il Consiglio dei Ministri; separata, senza figli…

    …e altri elementi utili per il suo lavoro.

    Alza lo sguardo dal taccuino per dirigerlo su di lei.

    «Ora mi descriva i sintomi.» La voce è professionale, ma non altrettanto i suoi pensieri che navigano altrove.

    Lucrezia fa un breve sospiro, raccoglie le sue idee per essere il più possibile realista. «All’improvviso e in situazioni normali di apparente tranquillità, incomincio a tremare, a sudare freddo, poi caldo, mi sento svenire, soffocare, il battito del mio cuore accelera velocemente e ho paura di morire da un momento all’altro…»

    Igor la guarda in viso, avverte su di sé il suo disagio e la rassicura. «Se non c’è un disturbo corporeo di altro genere…» si zittisce un attimo, aspetta la risposta.

    «No, Dottore di organico non ho nulla.»

    «Come pensavo!» La scruta fisso negli occhi. «Non morirà, sarebbe un peccato…» sembra divertirsi.

    «Mi fa piacere.» Stronzo!

    L’atmosfera nella stanza li avvolge in attesa della prossima mossa.

    Una manciata di secondi dopo Igor cambia espressione, è serio e professionale. «I disturbi psico-somatici che sente in genere sono originati da un conflitto inconscio ansiogeno.»

    Usa termini medici, con lei se lo può permettere.

    Lucrezia l’ascolta in silenzio, poi abbassa lo sguardo sulle proprie mani appoggiate sul ventre.

    «Che succede, la intimidisco?»

    «No, stavo riflettendo su quello che mi ha detto.»

    Anche Igor fa una pausa di riflessione, ma sul seno di lei che da sotto il golfino è sfacciatamente provocante. S'impone drasticamente di spostare lo sguardo sul suo viso.

    «Si ricorda dov’era o cosa stava facendo la prima volta che ha avvertito questi sintomi?»

    Lucrezia socchiude per un breve attimo gli occhi. Non è facile per lei districarsi tra i suoi molteplici ricordi ed emozioni, soprattutto se appartengono al passato.

    Dopo alcuni minuti, per la donna interminabili, riprende a parlare: «Non ne sono certa, forse ero nella mia camera da letto e ripensavo al mio matrimonio naufragato dopo pochi anni per incompatibilità di carattere.»

    Fa una smorfia. «Mio marito non era la mia metà, né io la sua.»

    Igor percepisce la sua ansia e l’ombra di un sorriso gli compare sulle labbra.

    Lucrezia muove nervosamente le mani «Non è facile parlare e prendere atto dei propri insuccessi personali o di vissuti altamente emotivi, ma ho deciso di guardarmi dentro per cercare di vivere meglio.»

    «È un buon inizio!» Lancia un’occhiata all’orologio, poi sposta lo sguardo su di lei «Nei colloqui psicoterapeutici verranno analizzati gli aspetti della sua storia personale passata e presente e altro ancora, ma ne riparleremo in seguito.»

    «In seguito?» gli fa eco.

    «Si, in seguito» sembra rifletterci su. «Il colloquio è terminato. Un’ultima cosa, mettiamo da parte il lei e passiamo al tu.»

    La richiesta non la sorprende più di tanto, è perfettamente in linea con il suo comportamento. «Va bene anche per me.»

    La sua aria mascolina, i suoi modi rudi, la sua voce arrogante e sensuale, entrano dentro di lei.

    È la prima volta che provo un’attrazione così forte e violenta verso un uomo. Lucrezia sente un brivido percorrere il suo corpo e fermarsi nella sua parte più nascosta. Il suo effetto è deliziosamente eccitante. Piega la testa di lato e lo scruta minuziosamente.

    L’uomo regge lo sguardo, impassibile, i suoi occhi sono più neri della pece. Il Dottor Brioschi conosce bene le regole del setting terapeutico: non dare mai del –tu– al paziente, né farsi coinvolgere emotivamente, e altri elementi ancora. Ma con Lucrezia Servapicco non le mette in pratica.

    È il risultato che conta, non i mezzi usati per raggiungerlo. Non ne è del tutto convinto, ma non gli interessa.

    Chiude il taccuino e si alza dalla sedia. Si rivolge a Lucrezia con distacco. «Se vuole ritornare, prenda appuntamento con la segretaria. Arrivederci!»

    Un lampo indecifrabile percorre gli occhi di lei. «Arrivederci.» Gli dà le spalle ed esce seguita dal rumore dei suoi tacchi sul pavimento di parquet.

    «Le va bene giovedì pomeriggio alle diciassette?» le chiede Sandra.

    «Perfetto!»

    «Vuole che glielo annoti?»

    Lucrezia la guarda con aria di superiorità e le risponde con un pizzico di cattiveria: «Non ho ancora l’alzheimer, grazie no.» Le sta semplicemente antipatica, la saluta ed esce dallo studio.

    Lucrezia si contorce dal desiderio.

    Il corpo trema, il suo viso è stravolto; un’ultima

    spinta e le contrazioni intermittenti, corrono nella

    sua vagina e in ogni sinapsi del corpo.

    II

    Lucrezia ha conosciuto Francesca quando due anni prima si è separata dal marito ed è andata ad abitare nel palazzo di fronte al suo appartamento.

    «Allora?» le chiede mentre sorseggia una tazzina di caffè, bevanda che predilige.

    «Allora che?» Lucrezia la tiene sulla corda mentre sparecchia la tavola: un piatto, un bicchiere, le posate e una padella dove ha strapazzato una bistecca di vitellina e della cicoria.

    «Com’è lo

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