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La Portafortuna
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E-book377 pagine5 ore

La Portafortuna

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Info su questo ebook

Aurelia ha un potere speciale: porta fortuna a chi le sta vicino.
Ma non tutti sono contenti di questo dono, soprattutto quando si tratta di competizioni sportive. Tra auto da corsa, piscine olimpioniche e studi fotografici, Aurelia si ritrova coinvolta in una serie di avventure rocambolesche, tra spionaggio, segreti e tradimenti. E poi ci sono Achille e Federico, due atleti affascinanti che le fanno battere il cuore. Chi dei due sarà il suo vero amore? E chi invece la vuole solo sfruttare per la sua fortuna?
Segui le peripezie di Aurelia in questo divertente romanzo ricco di colpi di scena, dove l’unica cosa certa è che la fortuna non basta per essere felici.
LinguaItaliano
EditoreLara
Data di uscita13 set 2023
ISBN9791222447612
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    Anteprima del libro

    La Portafortuna - Lara Stival

    COME TUTTO É COMINCIATO

    Quel giorno si era svegliato di cattivo umore. Odiava fare servizi fotografici. Ore in posa, miliardi di scatti per poi scegliere al massimo 3 o 4 immagini e lui si chiedeva ogni volta se perdere tutto quel tempo per qualche foto ne valesse davvero la pena. La sua unica passione erano le auto e guidarle era la sua massima aspirazione. L’obiettivo della sua vita era quello di essere considerato il più bravo pilota al mondo, senza nulla togliere ai grandi campioni del passato. Era convinto che non si potessero fare dei seri paragoni tra le gare automobilistiche odierne e quelle del passato. Le macchine, la velocità, i sistemi di sicurezza, ect completamente diversi da quelli di un tempo rendono il confronto tra i piloti di oggi e quelli di ieri estremamente discutibili.

    Questi erano i pensieri che gli attraversavano la mente mentre si trovava nel taxi che lo stava portando allo studio fotografico.

    Guardava distrattamente gli alberi senza accorgersi che la sua mente trasformava la loro sagoma in figure umane. Ogni pianta gli pareva avesse una somiglianza con qualche grande pilota che lui fin da piccolo aveva ammirato e adorato e completamente perso in queste fantasie non si era accorto che il tassista gli stava parlando del tempo, ovvero di come le condizioni atmosferiche interferiscano in modo incredibile sulla quantità di traffico che si troverà su una strada e di come quel giorno, grazie a quel bel insolito sole mattutino, le strade fossero molto più libere e che al massimo tra cinque minuti sarebbero arrivati alla meta con un anticipo di quasi 15 minuti netti. Lui che non aveva nessuna fretta di arrivare, reagì con un sorriso che non arrivò fino ai suoi occhi, perchè ora per una cosa che non aveva nessuna voglia di fare, doveva pure aspettare. Il taxi entrò nel parcheggio di un complesso di palazzine, si fermò e l’autista annunciò con soddisfazione che erano arrivati alla meta con ben 17 minuti di anticipo rispetto a quello che sarebbe stato il tempo impiegato per percorrere lo stesso tragitto in una giornata di pioggia. Lui imprecò mentalmente ma educatamente sorrise e pagò il tassista, quindi scese guardandosi attorno e rendendosi conto solo in quel momento che la sera prima aveva trascritto solo l’indirizzo dello studio fotografico ma si era dimenticato di chiedere indicazioni precise su quale fosse l’edificio, il piano esatto e altri particolari che gli avrebbero reso più semplice capire dove doveva andare. Per qualche ragione si era convinto che fosse uno studio fuori Milano, magari in campagna e facilmente identificabile mentre ora si trovava davanti a delle costruzioni apparentemente tutte uguali e che per giunta non avevano un numero civico in evidenza. La giornata andava di male in peggio e il suo umore stava diventando sempre più nero. Il suo manager gli aveva proposto di accompagnarlo ma lui non aveva voluto. Aveva la necessità di passare una giornata da solo. Dopo quell’impegno, voleva fare qualcosa di rilassante che non richiedesse parlare, visto che a causa del suo lavoro era sempre al centro dell’attenzione; per carità l’attenzione gli piaceva e molto, ma a volte aveva il bisogno di stare da solo e nell’anonimato. Lo aiutava a stare con i piedi per terra. Mentre si guardava attorno con molta discrezione per non attirare sguardi indesiderati, una ragazza gli sfrecciò accanto, piuttosto trafelata, con uno zaino sulla spalla dal quale cadde una custodia per occhiali che si trovava in una tasca la cui cerniera era stata chiusa solo a metà.

    Lui si chinò, la raccolse e la aprì per controllare che il contenuto non si fosse rotto ma poi fu tentato di non chiamare la ragazza per ridargliela. Il suo umore era così nero ed era così poco propenso a buone azioni che il diavoletto dei cattivi consigli gli suggerì di far finta di niente e ributtarla per terra. Certo se qualcuno lo riconosceva mentre compiva un gesto del genere non l’avrebbe passata liscia. La notizia sarebbe apparsa sui social e poi ripresa da qualche giornale che ne avrebbe fatto un titolo ad effetto tipo L’indifferenza e la maleducazione del super pilota per l’ambiente o qualcosa così. Quindi era meglio chiamarla e restituirgliela. Ma se lei lo riconosceva? Se voleva foto e autografo? Quel giorno non era in grado di reggere nessuno e così rimase per un po’ di tempo fermo a fissare l’oggetto che teneva tra le mani. Non si accorse quindi che la ragazza era tornata indietro alla ricerca della cosa che aveva perduto e ora lo stava osservando in modo strano mentre si avvicinava con una certa circospezione. Lui alzò la testa proprio quando lei si trovava a circa un metro da lui e fissava la custodia.

    Lei lo approcciò così:

    Scusa ma credo che quella custodia sia mia e dentro ci sono i miei occhiali, me la potresti ridare per favore?

    Lui la guardò e in preda alla stupidità del suo cattivo umore le rispose:

    Posso ridartela solo se mi dimostri che dentro ci sono davvero i tuoi occhiali. Lei lo fissò interdetta come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena sentito, quindi respirò profondamente per tre volte e poi gli disse:

    Occhiali da vista gradazione meno 2 con lenti a forma tondeggiante e stanghette rosse.

    Ok confermò lui ma di che marca?

    Cosa??? ma che richiesta è??? Ridammi i miei occhiali per favore!

    La marca, please insistette lui. Rendere la vita difficile a quella ragazza lo divertiva perchè lei sembrava davvero disperata e lui aveva la necessità di vedere qualcuno con un umore peggiore del suo in quel momento.

    Senti la marca non me la ricordo, ma ti prego di ridarmeli. Ho un impegno di lavoro e non voglio arrivare in ritardo e senza gli occhiali avrei grosse difficoltà. Dai! Mi devono essere caduti mentre correvo. Per favore non fare lo stronzo.

    Lui, per nulla intenerito ci stava prendendo gusto a prenderla in giro, in più aveva ben 15 anzi 17 minuti di tempo da perdere e lei sembrava non riconoscerlo, cosa che rendeva tutto ancora più spassoso per cui decise di perseverare nella sua molestia:

    Che lavoro fai? Per capire se gli occhiali ti servono davvero.

    Non è un lavoro, cioè sì è lavoro, ma è uno stage in uno studio fotografico. E’ il mio primo giorno e tra una decina di minuti devo assistere ad uno shooting e devo arrivare in anticipo, per cui ti prego dammi i miei occhiali.

    Lui la osservò interessato perchè questa era un’informazione che gli poteva essere utile per cui decise di indagare:

    Ah uno shooting! E chi devi fotografare?

    Non lo so. Non me le dicono queste cose.

    Quindi non lo sai. E’ probabile che tu mi stia dicendo una bugia. Vediamo un po’. Come si chiama questo studio fotografico?

    Ma perchè ti interessa saperlo?? Per cortesia, ridammi i miei occhiali che non posso arrivare in ritardo oggi!

    Beh te lo chiedo perchè anche io sto andando in uno studio fotografico per un servizio, magari è lo stesso.

    Sì, come no! Guarda là un asino che vola!!! esclamò lei in modo sarcastico e poi aggiunse:

    Allora sentiamo come si chiama quello dove devi andare tu!

    Che donna malfidata! Commentò lui estraendo il telefono dalla tasca:

    Studio fotografico A4, ma non ho indicazioni precise e non so come arrivarci.

    Non ci credo! E’ davvero lo stesso dove devo andare io. Va bene se mi restituisci gli occhiali ti accompagno.

    CAPITOLO 1

    UN INIZIO DIFFICILE

    LEI

    E’ libero il bagno?? C’è qualcuno dentro? sento Sonia urlare con voce tra l’assonnato e il disperato.

    Sì è libero. Io sono in cucina e Matilda sta ancora dormendo le rispondo.

    Uh meno male perchè me la sto per fare addosso mi dice prima di scattare come un fulmine dentro al gabinetto.

    Ora mi sento molto meglio mormora poco dopo uscendo dal bagno Ma cosa ci fai in piedi a quest’ora del mattino? Non mi dire che sei già in ansia.

    Sono in ansia da ieri e lo sai. Stanotte non ho chiuso occhio. Ho guardato la sveglia ogni ora. Il tempo non passava mai. Mi sono venuti tutti i pensieri del mondo. E se oggi ci fosse davvero lo sciopero dei mezzi? Come ci arrivo lì? E se si fossero dimenticati di avvertirli che inizio oggi? Sono già a disagio solo a immaginare una simile ipotesi!

    Se c’è sciopero puoi prendere un taxi, un uber, o ….una bicicletta elettrica.

    La bici elettrica no, poi devo andare in piscina. La piscina! Mi sono dimenticata di mettere nello zaino la maglietta, i pantaloncini e le ciabatte!! Vedi, vedi OMG devo essere più calma, più concentrata. Devo mantenere il sangue freddo, niente panico, niente panico. Ce la posso fare. Ora mi bevo un altro caffè e poi vado.

    Scendo in strada e mi tranquillizzo vedendo che i tram sembrano essere tutti in attività. Forse lo sciopero è stato cancellato. Arrivo alla fermata e riesco a salire sul mezzo di trasporto in perfetto orario, spero accada lo stesso anche con l’altro che devo prendere. La città oggi appare tranquilla. Di solito nelle giornate di sole c’è meno traffico ma quando c’è la minima possibilità di una protesta degli autoferrotranvieri impazziscono tutti. Forse il resto della cittadinanza sa qualcosa che a me e’ sfuggito. Per tutta la notte ho controllato le notizie sulla percentuale di adesione che era prevista, ed era piuttosto alta, ma sembra che tutto sia in funzione. Forse mi sono concentrata troppo sui disagi e mi erano apparse solo le notizie più pessimiste. A quanto pare sono l’unica a non sapere che oggi non c’è lo sciopero. Poi d’improvviso ho un flash! L’articolo che ho letto diceva che sarebbe iniziato alle 13.30 non alle 8.30! O Santo Cielo e come ci arrivo alla piscina? Ok, ok calma. Un problema alla volta. Ora la missione è arrivare allo studio in orario, sperare che sappiano chi sono e magari finire per le 12.30, in questo modo riesco ad arrivare all’impianto sportivo puntuale. Positive thinking, positive thinking, positive thinking mi ripeto nella testa anche nel secondo tram, che ha un po’ di ritardo, ma nulla di cui preoccuparsi.

    Scendo alla fermata dopo aver controllato ripetutamente l’orologio. Sono in leggero anticipo sull’anticipo che avevo calcolato ma devo ancora trovare l’edificio e poi lo studio e quindi magari l’anticipo sull’anticipo non sarà sufficiente se non capisco immediatamente che direzione prendere. Ansia, ansia, ansia. Ok ora cammino super velocemente verso quel complesso di edifici e identifico il luogo dove devo andare. Un passo alla volta e completo la missione che ho elaborato nel mio cervello e cioè arrivare alla meta non solo in orario ma calma, rilassata con la situazione sotto controllo. Mentre sto elaborando dettagliatamente le mie prossime mosse e individuando il palazzo in cui devo entrare, cerco gli occhiali. Sono sicura di averli presi stamattina, ma ora la tasca dello zaino, dove sono sicura di averli messi, è spaventosamente vuota. E non ho portato le lenti a contatto, maledizione! Maledizione, maledizione, maledizione continuo a imprecare mentalmente o forse anche ad alta voce. Mi giro e mi accorgo che un ragazzo ha la mia custodia in mano o almeno mi pare la mia. Mi avvicino con circospezione per osservarla meglio, e non ci sono dubbi, è la mia! E’ super riconoscibile per gli scarabocchi osè che i miei compagni di corso mi hanno disegnato sopra.

    Il ragazzo però ha uno strano comportamento, la sta guardando con disprezzo, sembra che la voglia gettare via. Non mi pare una cosa molto normale per cui mi avvicino lentamente e gli chiedo nel modo più gentile possibile se me la può restituire. Il mio presentimento è corretto, non ci sta tanto con la testa questo qui, perchè mi sta dicendo che me la darà solo se sono in grado di provare che custodia e occhiali sono miei. Ma guarda te se proprio oggi dovevo incontrare l’ispettore Clouseau della pantera rosa. Sento che mi sta salendo la rabbia ma mi devo controllare, non posso fare scenate davanti allo studio fotografico. Quindi respiro, respiro conto fino a dieci e poi rispondo:

    Occhiali da vista gradazione meno 2 con lenti a forma tondeggiante e stanghette rosse.

    Ma sto stronzo vuole sapere la marca degli occhiali, ma chi se la ricorda la marca! Ce li ho da almeno tre anni e li devo anche cambiare. Ora lo convinco a ridarmeli, se non ci riesco gli tiro un calcio in mezzo alle gambe, mi prendo i miei occhiali e fuggo. Gli dico che mi servono per lavoro e lui vuole sapere che lavoro faccio, vuole capire se esiste una correlazione tra il mio bisogno di vederci e quello che devo fare. Ma cosa ho fatto di male per meritarmi uno così stamattina!! Se una non ci vede, non ci vede, punto. Devo usare gli occhiali qualsiasi cosa faccio. Santo cielo, ma chi è questo stordito? E’ lo Get Smart(1) dei nostri tempi? Ora glielo spiego con parole semplici come se lo dovessi spiegare ad un bambino di tre anni. Lui sembra capire ma vuole sapere in che studio fotografico sto andando perchè, guarda caso, anche lui ne sta cercando uno. Ma sì, come no! Perchè sono nata ieri? Non mi freghi e così con un colpo di genio gli rigiro la domanda e chiedo a lui il nome dello studio fotografico dove deve andare. La sua risposta mi colpisce come la mattonata in testa che si becca la cantante dei The Cardigans nell’ultima scena del video della loro canzone My favourite Game.

    Mi risponde:

    Studio fotografico A4.

    Lo stesso dove devo andare anche io.

    LUI

    Oggi la giornata era partita male ma sta migliorando di minuto in minuto. Questa pazza scatenata, che non ha idea di chi sono, fa parte dello staff che mi farà il servizio fotografico. Vediamo per quanto tempo ancora riuscirò a tenerle nascosta questa cosa. Più tempo ci impiega a scoprirlo e più gaffes riuscirà a fare.

    La seguo mentre stabilisce da che parte dobbiamo andare e dopo aver salito diverse rampe di scale e superato qualche ingresso ci ritroviamo davanti a un campanello con la scritta Studio A4.

    Purtroppo ora temo che il mio giochetto finirà perchè nel momento in cui varcheremo la soglia verrò immediatamente riconosciuto. La ragazza è molto agitata, respira in modo irregolare, non capisco se per le numerose scale che abbiamo percorso o per l’ansia che ha accumulato, comunque appena entriamo si precipita dalla segretaria e con un filo di voce si presenta. Anche se sottovoce scandisce bene il suo nome e la scuola dalla quale arriva. Spiega che è il suo primo giorno di stage. La sua trasformazione da leonessa a gattino è esilarante e ora sto attendendo con trepidazione il mio momento di gloria quando l’impiegata alla reception mi riconoscerà. Già mi pregusto la faccia di sorpresa e di imbarazzo che si dipingerà sulla faccia della mia accompagnatrice. Ma incredibilmente tutto ciò non avviene perchè la segretaria, che si chiama Veronica, chiaramente non sa chi sono. Non mi chiede nulla, dando per scontato che sia anche io uno stagista, e invita sia me che Miss Agitazione ad accomodarci sul divanetto. Ci informa che il fotografo e il resto dello staff arriveranno con un po’ di ritardo. Ci sediamo ma dopo qualche minuto la segretaria decide di darci un suggerimento che manda nel panico totale la mia ingenua compagna di avventura:

    Sapete cosa sarebbe meglio fare per risparmiare tempo e fare un’ottima impressione al titolare? Accendete già i vostri portatili e iniziate a preparare l’attrezzatura.

    Miss Agitazione scatta in piedi di colpo, balbetta qualcosa, poi guarda verso il suo zaino come fosse la borsa di Mary Poppins e inizia a tossire in modo nervoso. Riesco a distinguere dal suo blateramento qualche parola tipo:

    Attrezzatura? Non sono ancora stata informata sulle mie mansioni e non ho ricevuto nessuna comunicazione al riguardo. Ho solo il portatile, ma se mi spiega cosa devo fare mi metto subito all’opera.

    Ora Veronica sta guardando me e sta notando che non ho nessuno zaino. Io non dovevo portare niente di sicuro. Gli abiti che devo indossare nello shooting sono già stati consegnati ieri e al suo sguardo interrogativo rispondo che anche per me è la mia prima volta in quello studio e se manca qualcosa vedrò di procurarmelo.

    La segretaria allora cambia idea e ci suggerisce di andare a prendere qualcosa al bar al primo piano che ha dei cornetti buonissimi e un super cappuccino.

    A me pare un ottima idea. Stamattina, siccome mi sono svegliato di pessimo umore non ho fatto colazione, ma ora qualcosa lo mangerei. La ringrazio dell’informazione e mi dirigo verso l’uscita. Ma Miss Agitazione non si muove, non sembra convinta. Chiede a Veronica se è proprio sicura che nei prossimi minuti non sarebbe arrivato il fotografo. Teme di fare brutta impressione. Non vuole essere in ritardo il suo primo giorno di stage. Ma l’impiegata la rassicura dicendole di seguirmi e stare tranquilla.

    Non mi piace sedermi da solo in un bar. E’ difficile mimetizzarsi quando si è da soli. Serve almeno un’altra persona che ti copra il più possibile, a meno che tu non riesca a trovare un tavolo che ti permetta di dare le spalle alla porta d’ingresso con lo sguardo rivolto verso un muro.

    Decido quindi di convincere la nuova stagista a venire a fare colazione con me con una frase ad effetto che la farà arrabbiare di sicuro:

    Secondo me tu hai bisogno di un pò di zuccheri per far funzionare il cervello.

    Lei mi fulmina con lo sguardo ma inaspettatamente mi segue verso l’uscita dello studio senza aggiungere nessun commento.

    LEI

    Non ci posso credere! Mi dovrò sopportare questo imbecille per tutta la durata dello stage?? Speriamo di no, magari se sono fortunata, fa un periodo qui e poi si sposta da un’altra parte. Non importa, concentriamoci sulla cosa principale che ora è trovare lo studio fotografico ed essere in orario. La mia docente ha ribadito più volte le regole fondamentali: essere puntuali, essere educati, cortesi, collaborativi con il resto del team e far vedere che si è capaci di lavorare in squadra. Mi parevano delle regole così semplici da seguire prima di incontrare questo Mentecatto! Intanto ecco qua lo studio A4, ora suono il campanello. Spero vada tutto per il verso giusto. Mi manca un po’ l’aria per il nervosismo. Ora faccio tre respiri lunghi e profondi e visualizzo il mio ingresso: entro con sicurezza e mi presento con professionalità ed educazione. Sono un po’ in anticipo, OMG e se fossi troppo in anticipo? Dovevo aspettare un attimo, magari far suonare al Mentecatto e mandare avanti lui. Ma ormai è fatta. Entriamo!

    La segretaria che ci accoglie è simpatica. Non sembra notare la mia voce tremante mentre le dico chi sono. Ci invita ad accomodarci sul divano e aspettare perchè il fotografo è in ritardo, ma poi cambia idea e ci suggerisce di iniziare a preparare l’attrezzatura per lo shooting.

    Panico, panico, non ho idea di cosa dovrei fare, cioè tecnicamente lo so, ma questo studio non lo conosco, non so dove vadano posizionate le cose. Nella mail non c’era scritto nulla se non orario e indirizzo, non c’era nessun’altra indicazione. Dovrei provare a mettermi a cercare i faretti? E se combino un casino?

    Credo che l’impiegata si sia accorta di avermi gettato nello sconforto perchè ora ci consiglia di andare ad aspettare al bar al primo piano. Cosa faccio? Attendo qui o vado a mangiare qualcosa?

    Ho un po’ di fame, non ho fatto colazione per l’agitazione e ora mi rendo conto di avere la pancia che brontola. Tentenno ancora dubbiosa su quale sia l’opzione migliore mentre il Mentecatto si è già diretto con tranquillità verso l’uscita. Devo dire che ammiro il suo sangue freddo. Sembra molto a suo agio, per nulla intimorito.

    La segretaria, che si chiama Veronica, mi rassicura che farò in tempo a mangiare e per giunta aggiunge che i cornetti del bar che ci ha indicato sono molto buoni. Ho l’acquolina in bocca, va bene andrò a rifocillarmi. Mentre sto prendendo questa decisione il Mentecatto se ne esce con una delle sue divertentissime battute. Signore, trattienimi perchè questo qui non lo sopporto più. Decido di seguirlo ma di parlargli il meno possibile, solo l’essenziale.

    LUI

    Questa non parla più. Sta facendo il gioco del silenzio? Il primo che parla perde? Credo si sia offesa per la mia battuta. A me faceva ridere, ed è pure vera, il cervello ha bisogno di zuccheri, si nutre di quelli.

    Sempre in silenzio entriamo nel bar, piccolino ma carino e io individuo subito il posto ideale dove sedersi in modo che il minor numero possibile di persone mi veda, solo che lei tenta di prendere la stessa sedia e non la vuole mollare. Inizia una battaglia in cui io tiro da una parte e lei dall’altra ma alla fine vinco io perchè lei improvvisamente si arrende.

    Arriva la cameriera e ho l’impressione che mi riconosca perchè noto un guizzo nei suoi occhi. Forse pensa che assomiglio tanto a qualcuno di famoso ma non le viene in mente chi. Io ordino un cornetto al cioccolato e lei alla marmellata più due cappuccini. Sempre silenzio tra di noi e lei sembra pensierosa.

    Torna la cameriera che mi guarda come se avesse i raggi x poi posa sul tavolo il vassoio con la nostra colazione e mi accorgo che ha portato due cornetti al cioccolato. Allora le dico che ne avevo ordinato solo uno, ma lei mi risponde con un sorriso che arriva fino alle orecchie che uno è gratis, un regalino per me. La ringrazio mentre noto che nel tovagliolo al lato dei miei cornetti è annotato un numero di telefono con scritto -chiamami se sei chi penso tu sia-. Lo prendo e lo infilo in tasca prima che la mia compagna di colazione abbia il tempo di leggere la frase, ma sono troppo lento perchè lei emerge dal suo silenzio e mentre segue con lo sguardo il mio furtivo movimento esclama:

    Non ci posso credere. Questo non l’avevo mai visto succedere! Ti ha dato il suo numero così su due piedi senza sapere chi sei in realtà?

    Questa frase mi preoccupa e inizio a sospettare che Miss Agitazione mi abbia riconosciuto, ma è un falso allarme perchè lei continua imperterrita:

    Potresti essere un maniaco, uno stalker, un poco di buono, magari lo sei, io effettivamente non ti conosco. E poi ti ha dato un cornetto gratis???

    Ok non ha capito niente, che spasso sta ragazza. Poi però penso che due croissant siano troppi, il mio nutrizionista non ne sarebbe molto contento. Ma cosa sta facendo ora? Sta cercando freneticamente qualcosa nel suo zaino che evidentemente non riesce a trovare ed ha un espressione disperata mentre azzanna la sua colazione che sparisce alla velocità della luce. Poi fissa lo sguardo sul mio croissant al cioccolato di troppo come se potesse mangiarselo con la forza del pensiero e allora le dico che uno per me è più che sufficiente e se lo vuole glielo cedo e lei non se lo fa ripetere due volte, lo afferra e questa volta mastica un po’ più lentamente. Poi sposta lo sguardo sul mio cappuccino, che ho solo assaggiato e capisco che ne ha bisogno per mandare giù il boccone. Glielo avvicino e le dico:

    Prego, io non ne bevo più e lei afferra subito la tazza e ne beve il contenuto tirando un sospiro di sollievo. Mi viene in mente la mia ragazza. Chissà se a lei piacciono le brioches? Non mi ricordo di averla mai vista mangiarne una, figuriamoci due! e scoppio a ridere.

    LEI

    Accidenti che fame! Potrei prendere due cornetti e un cappuccino, o è meglio un caffè americano? No meglio un cappuccino. L’ultima volta che ho preso un caffè americano sembrava acqua zuccherata con leggero sapore di caffè e poi ho avuto la tachicardia per un ora.

    Carino questo bar. Perchè il Mentecatto è partito in accelerazione verso quel tavolino? Ok accelero anch’io perchè voglio sedermi con le spalle rivolte alla porta d’ingresso. Cerco di farlo sempre perchè altrimenti mi perdo a guardare tutta la gente che entra dalla porta, mi distraggo e non ascolto chi ho davanti e dopo un po’ vengo ripresa perchè non ho seguito la conversazione. Ma anche lui sembra volere la stessa sedia, ce la contendiamo per qualche secondo e poi ho un’epifania, ma chi se ne frega di quello che ha da dirmi questo, tra l’altro manco gli voglio parlare e demordo istantaneamente.

    Forse è meglio che io prenda due cornetti, potrei anche permettermeli dato che ho già il pranzo nello zaino. E se mi viene voglia del gelato nel pomeriggio?? Non voglio superare il mio limite di spesa giornaliero, già la colazione al bar non era prevista. Ok, allora ordino solo un cornetto, anche perchè sono a dieta perchè mangio troppe schifezze, sì deciso, solo uno. Anche lui ne ordina solo uno ma la cameriera gliene porta due. Ragazzi non ci credo, gliene ha portati due e ora gli sta dicendo che quello in più è gratis ed è un regalino per lui e sul tovagliolo c’è scritto qualcosa. Non ho gli occhiali e non vedo, mi sembrano solo scarabocchi, no, ora che vedo meglio sono dei numeri. Nooo, non ci credo la cameriera ha scritto sul tovagliolo il suo numero di telefono! E lui lo prende e velocissimamente se lo mette in tasca!! Madonna ma che scena è poi questa! Non vedo l’ora di tornare a casa e raccontarla alle ragazze. Mentre ci penso mi sovviene l’immagine della cucina del mio appartamento e precisamente l’immagine del tavolo con la mia schiscetta per il pranzo di oggi, ma non riesco a ricordarmi se l’ho effettivamente presa e messa nello zaino. Santo cielo, non mi dire che l’ho dimenticata a casa, no, per favore no, ho già sgarrato con la colazione non posso sgarrare ancora.

    Apro lo zaino e cerco disperatamente il contenitore ma non c’è. Sicuramente stamattina ero troppo agitata e l’ho dimenticato. Ma che giornata è oggi? Ed è appena iniziata!

    Il Mentecatto intanto mangia il suo cornetto ma non sembra interessato all’altro che io invece sto fissando con grandissima attenzione. Se io riuscissi ad accaparrarmi anche quello dovrei avrei energia sufficiente per arrivare tranquillamente fino a stasera. Potrei integrare il tutto con una barretta, anzi sarebbe anche meglio perchè poi ho il turno in piscina e devo comunque stare leggera.

    Il potere del mio pensiero funziona infatti lui mi dice che il suo non lo mangia, se lo voglio, lo posso avere. Non me lo faccio ripetere due volte, afferro il cornetto e me lo gusto più lentamente dell’altro e poi uso la stessa tattica per il cappuccino del Mentecatto. Ho notato che lo ha a malapena assaggiato. Punto i miei raggi laser verso la bevanda e il miracolo si avvera di nuovo perchè lui con un movimento della mano me lo avvicina e mi dice che è tutto mio. Bene per il momento ho sufficienti calorie per arrivare fino a cena. Budget giornaliero salvato, hippy ya-ye(2)!!

    LUI

    Siamo davanti alla porta dello studio fotografico. Chissà se il fotografo è finalmente arrivato. Immagino che lui mi riconosca. Inizio già a pregustarmi la soddisfazione della faccia di lei quando saprà chi sono e che il servizio fotografico lo deve fare a me.

    Entriamo e quello che credo essere il fotografo mi vede istantaneamente e mi viene incontro super sorridente e mi dice che è un mio grande fan ed è molto felice di avermi lì oggi, e bla, bla ,bla. Butto l’occhio per vedere l’attesissima reazione della mia compagna di colazione e mi accorgo che mi sta fissando immobile mentre una serie di espressioni e colori le attraversano il viso e quando il fotografo mi chiede se è la mia assistente vedo la sua faccia trasformarsi ancora una volta. Ha una capacità espressiva questa ragazza incredibile. Direi che è passata dallo stupore al puro terrore. Io rispondo che non è la mia assistente e allora il fotografo la guarda e le chiede chi è. Ma dalla bocca di lei non esce alcun suono, lo fissa e non proferisce alcuna parola. Incredibile a dirsi ma invece della sensazione di soddisfazione che pensavo che avrei provato, sento più un misto di imbarazzo e disagio a vederla in quello stato di shock e quindi decido di salvare la situazione. Spiego che ero arrivato in anticipo sull’orario e che lei era stata molto gentile a farmi compagnia mentre facevo colazione nel bar di sotto. Il fotografo però la osserva ancora più perplesso non capendo la ragione della sua presenza nello studio. Dopo qualche secondo lei sembra ritornare in sé e riacquistare il dono della parola e con un filo di voce spiegare perchè si trova là. Ok situazione risolta, ora mi dirigo gongolante verso la truccatrice.

    LEI

    Non ci posso credere. Stamattina devo essermi svegliata in un universo parallelo. Riuscirò ad arrivare alla fine di questa giornata?? Stanotte non ho dormito per l’agitazione per il mio primo giorno di lavoro, c’è sciopero dei mezzi e ora scopro che il Mentecatto è il soggetto dello shooting fotografico. Giuro mi stava per venire un infarto. Quando siamo entrati nello studio fotografico e ho visto il fotografo sorridere e venire verso di noi ho pensato: finalmente una cosa che va per il verso giusto. Ero terrorizzata dall’idea che non si ricordasse che oggi iniziavo

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