Un amore inatteso: Harmony Bianca
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Kate:
Avevo appena scoperto che la mia notte di sesso con il dottor Sam Ryder aveva avuto conseguenze inaspettate, quando me lo sono ritrovato davanti nel reparto dell'ospedale in cui lavoro. Non posso non rivelare all'uomo che mi ha rubato il cuore la verità.
Anche se questo vorrà dire rinunciare per sempre a lui.
Sam:
Diventerò padre!
Non riesco quasi a crederci... Certo, all'inizio l'idea di avere un figlio mi ha paralizzato, ma quando ho visto che Kate era ancora più terrorizzata di me all'idea di diventare madre, e dopo aver ascoltato il racconto della sua terribile infanzia, ho deciso di prendere il controllo della situazione.
Devo convincerla a offrire a questa famiglia una possibilità. È destino che il bambino nasca. E forse anche il nostro amore...
Caroline Anderson
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un amore inatteso - Caroline Anderson
1
«Qualcuno l'ha mollata?»
Quella voce profonda le fece provare un lungo brivido e tendere tutti i nervi. Sapeva di chi era. Lui era seduto all'altro capo del bancone e aveva cominciato a guardarla appena era entrata nel locale.
Lo aveva notato subito. Difficile non farlo con quel modo di vestire elegantemente trasandato e quel fisico da sogno, ma non era in cerca di guai e quindi lo aveva ignorato anche se avvertiva la sua presenza con tutto il corpo. Fece scivolare il suo smartphone nella tasca dei jeans e alzò la testa per incontrare gli occhi dell'uomo.
Erano di un blu ghiaccio, sorprendentemente penetranti e le zampe di gallina sugli angoli avrebbero potuto dipendere dall'abitudine di ridere spesso o di passare molto tempo fuori casa a fissare il sole.
Aveva una sana aria sportiva, una mascolinità naturale che le procurarono un altro brivido lungo la schiena e allora abbassò lo sguardo, ma solo con il risultato di mettere a fuoco una bocca tutta da baciare...
No! Non era assolutamente il caso, si disse bruscamente. Aveva già dato. Fissò di nuovo quegli occhi affascinanti. «È la sua battuta migliore? Avrei potuto sentire qualcosa di più intrigante da un bambino di dieci anni.»
Lo disse con voce più acuta e aggressiva di quanto avrebbe voluto, ma lui si limitò a una leggera risata divertita che gli incurvò le labbra e accentuò le rughe attorno agli occhi.
«Scusi. Non stavo cercando di provarci. Ho solo visto l'espressione del suo viso quando ha risposto al telefono. Mi sembrava che si stesse chiedendo cosa fare ed è quello che mi sto chiedendo anch'io.»
Difficile credere che un tipo così affascinante avesse difficoltà a decidere come passare il sabato sera. Non che lei fosse interessata a cosa faceva quello sconosciuto, ma lui le sorrise di nuovo e lei provò un attimo di sbandamento.
«Allora penso che sarà molto impegnato con se stesso, stasera» buttò lì dicendosi che la cosa le era del tutto indifferente.
Lui rispose a bassa voce e con un tono così triste che la spinse a credere a quello che diceva. «Il fatto è che gli amici con cui ero avevano altro da fare e io devo resistere fino a domani così sto perdendo tempo in questa strana città. E lei?»
Non poteva essere tanto scortese da non rispondere. «Dovevo incontrare un'amica, ma l'hanno chiamata al lavoro» rispose con riluttanza.
«Invece ai miei amici è andata meglio. Sono andati a una festa così io devo davvero inventarmi qualcosa.»
Sorrise di nuovo, spostò il suo corpo snello sullo sgabello accanto a lei e fissò il barista. «Allora, posso offrirle qualcosa da bere visto che siamo tutti e due liberi come l'aria?»
Lei avrebbe accettato volentieri, ma non aveva nessuna intenzione di passare il suo tempo con un uomo, specialmente con uno che poteva essere una gran fonte di guai. Lei riusciva sempre a prendere delle fregature per la sua incapacità di giudicare le persone e non voleva rischiare di farsi incastrare di nuovo.
Lui stava ancora aspettando una risposta e anche il barista la guardava in modo interrogativo. Lei fece spallucce. Che rischio c'era ad accettare un drink?
Lo guardò di nuovo in quegli intriganti occhi azzurro ghiaccio che catturarono i suoi e di colpo la fecero sentire vulnerabile. Il che significava che accettare di bere con lui era davvero una cattiva idea.
Cancellò dalla sua mente il cocktail letale che aveva bevuto con Petra e ripiegò su qualcosa di più ragionevole. Di più sicuro.
«Prendo un'acqua tonica, grazie.»
Lui corrugò la fronte, ma fece un cenno di assenso e disse al barman di prepararne due.
«Io sono Sam» si presentò porgendole la mano.
«Io sono Kate» rispose lei. Gli strinse la mano e di colpò provò un lungo brivido in tutto il corpo.
«Allora, Kate, come mai vive a Yoxburgh?»
«Cosa le fa pensare che non sia di passaggio come lei?»
Lui sogghignò. «E per andare dove? Sembra evidente e poi il barista l'ha salutata come una vecchia amica quando è entrata.»
Il sorriso dello sconosciuto era irresistibile e lei non riuscì a non contraccambiarlo. «Non proprio una vecchia amica, ma comunque lei è un ottimo osservatore. Vivo qui. Perché le sembra strano?»
Scrollò le spalle socchiudendo gli occhi. «Perché lei è giovane.» Lanciò uno sguardo al suo anulare. «Apparentemente single e questo è solo un piccolo posto sonnacchioso in mezzo al nulla.»
Non era proprio così, ma sicuramente era un posto che le dava sicurezza e quello era il motivo per cui lo aveva scelto. Voleva stare lontano dai guai sentimentali. Solo che non aveva funzionato.
Ignorò il commento sul suo stato civile e si concentrò su Yoxburgh. «In realtà è un bel posto, non così addormentato come lei pensa e comunque a me piace vivere al mare.»
«Anche a me! È stato bello passare qui un paio di giorni. Avevo scordato quanto amassi il mare.»
«Allora, quanto tempo conta di fermarsi?» chiese lei dimenticando il suo proposito di non mostrare nessun interesse per quel tizio.
«Solo fino a domani. Sono andato a vedere una barca in vendita appena arrivato e riuscirò a incontrare il proprietario solo domattina e quindi mi sono fermato per vedere se riesco a concludere.»
«Che tipo di barca?» chiese lei dicendosi che era solo educata e non gli importava nulla della barca o di qualunque altra cosa lo riguardasse, tipo dove alloggiava o come avrebbe passato quelle dodici ore...
«Una vecchia barca da diporto. Un ketch di legno a due alberi tipo Peter Duck...» si interruppe. «L'ho confusa, vero?»
«Sì» ammise lei ridacchiando. «Ma vada avanti.»
«Ma no! Non voglio annoiarla. Se lei non conosce i libri di avventure marinare di Arthur Ransome quello che ho appena detto non significa nulla. Comunque c'è da lavorarci per rimetterlo in forma, ma non importa. Aiuta a passare il tempo e io non sono spaventato quando c'è da lavorare duro fisicamente.»
«E cosa fa quando non rimette in sesto vecchie barche a vela?» chiese, anche se sapeva che era una domanda da evitare. D'altra parte tutta la sua vita era una testimonianza di come, nonostante stesse ancora male per l'ultima volta in cui si era lasciata andare e ne era rimasta scottata, la sua lingua non riuscisse a imparare la lezione.
Lui le lanciò un'occhiata pigra. «Niente di eccitante. Passo la maggior parte della vita intrappolato in posti dove si cerca di raggiungere mete inarrivabili, e vado per mare appena posso. Da qui la barca. E di lei cosa mi dice?»
«Di me?» Si lasciò sfuggire una risatina e si mosse sullo sgabello. Non sapeva perché, ma non voleva dirgli la verità. Forse era semplicemente stanca di uomini che si precipitavano a raccontare dei loro problemi fisici o si mettevano a fantasticare su come doveva essere in uniforme appena diceva di essere un'infermiera.
«Sono una modella per biancheria intima» mentì lei e lui spalancò per un attimo gli occhi sorpreso.
«Bene, questa sì che è una novità» sussurrò, ma almeno non si mise a scrutarla da capo a piedi come avrebbero fatto molti altri. «Le piace?»
No! Era un lavoro che aveva odiato per il tempo breve, ma pesantissimo da sopportare, in cui lo aveva fatto tanti anni prima di atterrare nella vita reale con un tonfo. Un altro errore, ma dovuto alla fame e alla disperazione.
«Mi permette di pagare le bollette» rispose.
«Ci sono un mucchio di modi per pagare le bollette» osservò piano lui.
«Lei disapprova?»
«Non sta a me disapprovare. Non mi riguarda. Solo che non riesco a immaginare che qualcuno con un minimo di cervello faccia una cosa del genere.»
«Forse io non ne ho.»
Lui sospirò e posò il bicchiere. «Non credo sia così.» Girò le spalle al bancone e si mise a guardare fisso davanti a sé. «Allora, quando non saltella in giro con niente addosso, cosa fa per divertirsi?»
Lei fece spallucce. «Vedo gli amici, leggo, vado a passeggio, preparo delle torte e le porto al lavoro...»
«Torte? Porta delle torte nello studio fotografico?»
Accidenti! Come bugiarda era proprio un disastro. «Perché no?» chiese. «A tutti piacciono le torte.»
«Pensavo che le modelle affamassero se stesse.»
«Vale per le modelle che lavorano per l'alta moda. Per le modelle di intimo è diverso. Loro dovrebbero...»
Tacque. Si sarebbe presa a calci per avere iniziato quella ridicola conversazione e lui finì la frase per lei.
«Avere delle curve?»
Questa volta lo sguardo dell'uomo si soffermò sul suo corpo e lei sentì un blocco allo stomaco.
Poi distolse lo sguardò, finì la sua acqua tonica e posò il bicchiere. «Ha mangiato? Tutto questo parlare di dolci mi ha ricordato che sono affamato.»
Stava per mentire di nuovo, ma moriva di fame e se non si sbrigava a mettere qualcosa sotto i denti rischiava di svenire.
«No. Perché?»
«Perché ero incerto fra accontentarmi di prendere qualcosa qui al bar o cercare un ristorante, anche se mi attira poco l'idea di andarci da solo. Potremmo mangiare qualcosa insieme. Fra l'altro questo potrebbe fare bene alle sue curve. Sarebbe un peccato farle deperire.»
Inutile discutere. Kate era affamata e il suo frigorifero era desolatamente vuoto. «Solo una cena, nessun sottinteso» lo avvertì.
«Ci mancherebbe. Non lavoro così in fretta» ridacchiò lui. «Allora mi suggerisce un posto carino dove andare?»
Un solo posto le venne subito in mente e, a giudicare dal maglione di cashmere e dalla giacca di pelle un po' malconcia, ma sicuramente costosa che indossava, lui poteva sicuramente permetterselo. Solo che da Zaccharelli c'erano Connie e James e l'ultima cosa che lei voleva era trovarsi a rispondere alle domande del suo capo il lunedì mattina. E comunque non avrebbero potuto sedersi, era raro trovare posto senza prenotazione.
Il telefono di Sam squillò. Lui si scusò e si allontanò un po' per rispondere dandole il tempo di osservarlo meglio. Notò subito le mani dalle lunghe dita e dalle unghie ben curate e i capelli corti, ma non troppo. Aveva un'ombra di barba e lei si sentì fremere all'idea di fare scivolare la mano lungo la mascella ispida, immergerla nei suoi capelli scuri e lucenti e fargli piegare la testa fino a riuscire a baciare la sua bocca affascinante...
Dopo una breve conversazione Sam spense il telefono e lo fece scivolare nella tasca dei jeans. «Scusi. Allora qualche suggerimento?» le chiese di nuovo.
Le vennero in mente un sacco di suggerimenti, ma non riguardo ai ristoranti e si affrettò a scacciarli. «Ci sono alcuni posticini dove si mangia bene lungo questa strada. Dobbiamo solo trovarne uno con un tavolo libero.»
«Bene. Andiamo a controllare.»
Lui si alzò e le porse una mano per aiutarla a scendere dallo sgabello del bar e lei l'accettò colpita da quella forma di cortesia vecchio stile. Bastò quel breve contatto per incendiare il suo corpo. Si affrettò ad allontanare la mano. Perché aveva accolto quell'invito? Era un terribile errore.
«Camminiamo o prendiamo l'auto? La mia è proprio dietro l'angolo dell'albergo.»
«Meglio camminare. Fa freddo, ma per essere gennaio è una bella serata e non credo dovremo stare fuori a lungo.» E poi, visto l'effetto che aveva su di lei quel tipo, era meglio evitare di chiudersi con lui in un'auto.
«Va bene. Sono nelle sue mani.»
Lo vorrei...
«Allora, com'è Yoxburgh per viverci?» chiese lui in tono casuale mentre camminavano attraverso il centro.
«Un buon posto. In genere tranquillo, ma piuttosto vivace e con un'atmosfera