Qualcosa da leggere per te, di te. Diretto, gancio, montante
Di Stella Serra
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Anteprima del libro
Qualcosa da leggere per te, di te. Diretto, gancio, montante - Stella Serra
CAPITOLO I
Pistaaaaaaaaa
...
Frida, rallenta non riesco a starti dietro! ...ops ...mi scusi!!!
Screanzata
Desolata!
Frida insomma rallenta! Ci faremo male!
"Dai Adeline! Non essere noiosa. Io comunque
rimango dell'idea, che non sai andare in bicicletta."
Ancora con questa storia? Sei tu, che tutte le volte corri come una matta!
Non bisogna perdere tempo amica mia. Il tempo è prezioso.
Finché non ti romperai l'osso del collo!
Sei la solita melodrammatica. Bisogna essere un po’ pazzi in questo triste mondo, non credi?
Hai ragione, come sempre.
Certo. Ci vediamo più tardi, puntuali!
Il puntuale è per te, vero Frida?!
Ovviamente! A dopo!
Fai attenzione! E non correre
.
Come non detto…
Io e Frida ci conosciamo da anni. La mia grande e pazza amica. Anticonvenzionale, ribelle, coraggiosa, una forza della natura. Una furia direi! Il suo motto: mai denigrarsi! Bisogna volare alto, sempre!
È sempre stata un'amica molto presente, mi fido ciecamente di lei. Farei di tutto per lei e lei farebbe altrettanto per me. Ci siamo conosciute in una vecchia bottega, è stato amore a prima vista. Da allora ci siamo sempre state l’una per l’altra: eravamo insieme nei momenti importanti (compleanni, natali, matrimoni) e nei nostri momenti.
Siamo molto diverse: lei non si vergogna di niente, al contrario di me. Io ho sempre paura di disturbare, un disagio perenne. Non riesce a stare mai ferma: se tutti nella vita abbiamo conosciuto momenti di dolce far niente, lei no, non potrebbe resistere.
A tratti può apparire insicura, ma non si ferma mai, sempre pronta a mettersi in gioco, in discussione. Se ne frega del giudizio altrui, agisce! Ho sempre ammirato questo lato del suo carattere, io ho bisogno di riflettere sulle cose, lei segue l'istinto!
Ho tanta stima di lei.
La cosa più bella di noi, che ci ricordiamo spesso qual è il nostro valore.
Mi conosce bene, credo meglio di chiunque altro. Le domande più importanti sono sempre arrivate da lei. Ha la capacità di vedere oltre, mi capisce,
semplicemente. Sempre indaffarata a non farsi annoiare dalla vita.
Avevamo appuntamento quella sera al night di
Charlie. Ci divertivamo a ballare, a farci belle per la serata. I vestiti morbidi e leggeri, lo chiffon, il tulle, l'organza, la seta, le gonne plissé sempre più corte, perline, paillette. Amavamo gli abiti di Coco Chanel, bere cocktail, la musica dal vivo. Amavamo semplicemente vivere. Non ci importava di sentirci dire non è da signorine
, non sta bene fare così
. Eravamo sicure di poter fare qualsiasi cosa, nonostante la nostra euforia per la società della prima metà del Novecento fosse troppa.
Rossetto rosso sulle labbra, viso bianco come porcellana, tacco e si era pronte.
Andava di moda il caschetto, ma io adoravo tenere i capelli lunghi.
Dovresti tagliarli; hai un così bel viso e poi è così alla moda.
Io seguivo la moda a modo mio, nessuno poteva toccarmi i capelli.
"Adeline! Finalmente sei arrivata. Mi stavo
annoiando da sola."
Jada, non sapevo saresti venuta prima, altrimenti ti avrei raggiunta.
Non preoccuparti, Frida non è ancora arrivata.
Sarà in ritardo come al solito.
E invece no!
Eccoci tutte insieme, finalmente. Stasera voglio ballare fino a sfinirmi!
Lo stesso vale per me
, dissero in coro Frida e Jada.
Eravamo molto legate, sempre insieme.
Conoscevo Jada da circa quindici anni; se con Frida fu amore a prima vista, con lei fu esattamente l'opposto.
È stata un'amicizia che è cresciuta nel tempo.
All'inizio non ci parlavamo neanche, poi da una chiacchierata non abbiamo più smesso di parlare.
È impossibile non ridere con lei. È molto sincera, al limite dello sfacciato e tremendamente bella.
Nessuna delle tre aveva peli sulla lingua, eravamo un trio impegnativo.
Belle, testarde, femminili, tenaci. Noi!
Le nostre magiche serate: andavamo spesso a ballare, si beveva, si rideva, si fumava una sigaretta. In quelle serate abbiamo vissuto momenti davvero felici.
Quel night aveva qualcosa di mistico, incantevole.
C'era sempre tanta musica, la gente era sempre felice, era impossibile vedere qualcuno triste. Le tovaglie sopra i tavoli erano color panna, le tende rosso fuoco, le donne erano bellissime ed elegantissime. Soprattutto erano donne che sapevano di poter essere altro, oltre a essere brave madri e casalinghe; ecco noi facevamo parte di quelle donne. Facevamo paura agli uomini e qualcuno ci considerava ‘donnacce’, non stava bene che una donna andasse da sola in un locale, bevesse, fumasse. Ma a noi non importava, a nessuno importava lì dentro, c'era tanta voglia di vivere e si faceva per davvero. Nascevano amori, amicizie. All'entrata c'era sempre Jack, col suo sigaro in bocca che profumava di vaniglia, che ti dava il benvenuto e portava il cappotto nel guardaroba; ai tavoli c'era Angy, con i capelli sempre raccolti in una bellissima spilla blu cobalto, che ti serviva sempre con il sorriso; nell'aria mix di profumi.
Si ballava, si rideva, si cantava.
Poi la magia finiva e si tornava a casa, alla vita di tutti i giorni.
Sveglia alle sette, colazione, il giornale con le ultime notizie. Poi ci si recava a lavoro.
Facevo sempre la stessa strada, passavo davanti al forno dove l'odore degli impasti freschi, del lievito inondava l'intera via. Mia madre mi raccontava sempre che da piccola mi imbucavo dentro per assaggiare gli impasti e la proprietaria usciva urlando rimproverandomi!
Ogni tanto ho quasi voglia di provare a rifarlo.
Sulla sinistra c'era la bottega di Pier, una persona davvero gentile, qualunque cosa acquistassi ti
regalava sempre qualcosa, era molto generoso. Più avanti Paul con i giornali, che urlava in mezzo ai passanti. Per arrivare al lavoro prendevo la corriera, attraversavamo il quartiere dove in lontananza intravedevi la scogliera, il pontile. Adoravo quel tratto: vedere l’oceano Atlantico che abbracciava la scogliera qui nel Maryland, in Virginia sulla costa orientale degli Stati Uniti d’America, ha sempre avuto un fascino particolare ai miei occhi. Lavoravo in un negozio di stoffe. amavo la moda e il profumo dei tessuti nuovi. Un po’ meno le donne snob e con la puzza sotto il naso che venivano ad acquistarle.
Non mi dispiaceva il mio lavoro, anche se la mia vera passione era la scrittura.
Adoravo leggere e sognavo di scrivere per le più grandi testate giornalistiche. Ma erano solo sogni.
Il massimo che avevo scritto era il necrologio per un vecchio zio, per il resto quello che scrivevo, lo leggevo solo io.
Adoravo il teatro, i grandi classici. Credo che questo sia merito di mio zio Alfred. Adesso sono parecchi anni che non lo vedo, ma un tempo andavo a rubare i libri dalla sua biblioteca e passavo ore e ore a leggere. Lui adorava le arti marziali, una volta mi raccontò che, alla tenera età di soli tre anni, gli chiesi di insegnarmi a tirare i pugni. Rise per settimane. Così, quando imparai a leggere, mi regalò un libro di tecnica pugilistica che conservo tutt'ora e che conosco a memoria.
Mi affascinava la boxe, ma da piccola il massimo che mi era concesso era vederla in teatro, ridicolizzata dagli spettacoli femminili. Così, di nascosto, nel tempo libero, con il mio libro, mi dirigevo sulla scogliera, in un posto sperduto, ad allenarmi da sola. E continuo a farlo tutt’ora. Nelle palestre della mia zona, che erano più dei circoli privati, non accettavano le donne. Era una cosa che le donne non facevano. Non capivo perché doveva essere visto ancora come una cosa poco femminile e non da signorine, io non volevo esserlo affatto. Sarebbe stato fantastico vedere ammettere la boxe femminile come disciplina olimpica, ma ci sarebbero voluti ancora molti anni, al momento le donne erano state incluse solo negli sport del golf e del tennis alle olimpiadi di Parigi nel 1900.
Forse dovrei anche cambiare posto, visto l'incontro dell'ultima volta. In genere non veniva mai nessuno in quella parte della scogliera. Devo ancora raccontarlo a Frida e Jada. Per fortuna domani le rivedo.
Adeline, la cliente sta aspettando.
Sì, arrivo subito, signora Dank.
Sarà meglio, che mi concentri sul lavoro e che smetta di pensare a quel tizio.
La mattina seguente non andai al lavoro.
Un guasto aveva rotto il tubo dello scarico e si erano bagnate molte stoffe. La signora Dank era furiosa.
Tornatene a casa prima di combinare qualche disastro anche tu.
È sicura che non posso esserle d'aiuto in qualche modo?
Sei sorda? Via, via!
Arrivederci signora Dank.
Eh già, era proprio di cattivo umore.
Almeno così avevo avuto la mattinata libera.
Ne approfittai per andare nel mio posto preferito, lì in cima alla scogliera. Con il mio libro in mano,
provavo colpi su colpi.
Mi ricordava quello zio, che non vedevo da anni. Chissà come sarebbe stato allenarsi con lui.
L'altro giorno l'ho aspettata per un’ora.
"Ancora lei. Nessuno le ha chiesto di farlo.
Mi sembrava di essere stata chiara l'altro giorno", risposi con tono scocciato.
E' suo questo libro?
Me lo ridia. Lei è proprio un gran maleducato.
Ecco da dove ha imparato a dimenarsi. Un libro non è sufficiente.
Ma si può sapere chi è? E cosa vuole da me?
"Tanto vale presentarci, non le pare. Mi chiamo
Daniel...e lei è?"
Mi chiamo Adeline.
E' un vero piacere
, mi guardava in attesa di qualcosa, di un mio segno, di solito si risponde, piacere mio.
Perché dovrei illuderla. Non la conosco, non so se lo sarà.
Cominciò a ridere di gusto e trascinò anche me nella risata.
Lei è davvero divertente e forse anche un po’ strana. Prima che mi dia di nuovo del maleducato, possiamo darci del tu?
Permesso accordato Daniel. Adesso posso riavere il mio libro?
Certamente. Posso chiederti dove lo hai preso?
Dalla biblioteca di un vecchio zio appassionato di arti marziali. Immagino di aver preso da lui.
Capisco. Ti va Adeline di imparare a tirare bene un pugno?
Immagino che a dovermelo insegnare sia tu Daniel. No, grazie.
Cosa? Perché no. Potrei farti imparare parecchio. Hai mai provato a tirare dei calci oltre ai pugni?
No, mai provato. E comunque non ti conosco, sei un estraneo.
Ti sei già dimenticata? Piacere, mi chiamo Daniel.
Ah ah, quello strano sei tu Daniel, non io.
"Andiamo. Facciamo una prova;