LA FIRST LADY DI WALL STREET
delle maggiori banche statunitensi (tutti uomini, tutti bianchi) si sono presentati davanti alla commissione Usa sui servizi finanziari nell’aprile 2019. Quando è stato chiesto loro, sotto giuramento, se c’era la possibilità che i loro successori potessero essere donne, o persone di colore, nessuno ha alzato la mano. Senza dire una parola, i Ceo hanno evidenziato un’amara verità: in quel momento, Wall Street non aveva mai avuto una Ceo donna, né sembrava possibile che ne arrivasse una a breve. Il messaggio era all’opposto di quanto si percepiva nel mondo delle grandi aziende americane, in quel momento. Il movimento del #MeToo aveva dato vita a un profondo esame delle dinamiche lavorative; gli investitori istituzionali chiedevano che i board accogliessero più donne; e le aziende, banche incluse, celebravano i vantaggi della diversità. La scena muta dei Ceo ci ha colpito talmente tanto che Fortune ha dedicato pagine e pagine del suo numero sulle Most Powerful Women del 2019 a chiedere le stesse tre domande: perché gli uffici dei Ceo erano così inaccessibili per le donne? Chi poteva essere la prima a rompere quella barriera? Quando sarebbe successo? Adesso abbiamo una risposta definitiva alle ultime due domande: a metà settembre Citigroup ha annunciato che Jane Fraser avrebbe sostituito Michael Corbat sulla poltrona di chief executive, il prossimo febbraio. A meno di eventi imprevedibili, il soffitto di cristallo delle banche di Wall Street è stato infranto. L’incarico di Fraser, però, non elimina del tutto la cultura che ha tenuto le donne fuori dagli uffici di Wall Street per così tanto tempo. In effetti, solleva anche nuove domande: chi è davvero la donna che diventerà il primo Ceo di una grande banca di Wall Street, e come ha fatto a compiere quello che, per così tanto tempo, sembrava impossibile? Da una
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