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La cooperazione nell'anno 2000: Rapporto di A. F. Laidlaw
La cooperazione nell'anno 2000: Rapporto di A. F. Laidlaw
La cooperazione nell'anno 2000: Rapporto di A. F. Laidlaw
E-book170 pagine1 ora

La cooperazione nell'anno 2000: Rapporto di A. F. Laidlaw

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Info su questo ebook

Lo scopo del rapporto Laidlaw è di analizzare lo sviluppo del movimento cooperativo e di esaminarne le prospettive future.
LinguaItaliano
Data di uscita25 ott 2011
ISBN9788896771105
La cooperazione nell'anno 2000: Rapporto di A. F. Laidlaw

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    Anteprima del libro

    La cooperazione nell'anno 2000 - A. F. Laidlaw

    futuro?

    Parte I

    Il congresso dell’A.C.I. nel 1980:

    panoramica della situazione e

    delle prospettive

    1.  Origini e scopo del rapporto

    Il presente rapporto è stato compilato su mandato del Comitato Centrale dell’A.C.I. nella sessione di settembre 1978 a Kopenhagen per raccogliere e coordinare opinioni e previsioni sui mutamenti che più verosimilmente si verificheranno nei prossimi venti anni, e, conseguentemente, individuare le condizioni nelle quali gli organismi cooperativi si troveranno probabilmente ad operare alla fine del presente secolo.

    Il mandato presupponeva, quindi, alcuni elementi, quali: la necessità di conoscere e comprendere le varie tendenze delle situazioni a livello mondiale che favoriscono o si oppongono al progresso della cooperazione; il pericolo che la cooperazione possa venire superata dai rapidi ritmi di mutamento del mondo moderno; la paura che i sistemi cooperativi possano non essere in grado di tenere testa all’impressionante potere delle gigantesche multinazionali; e la possibilità che siano necessari cambiamenti e ristrutturazioni fondamentali in vari tipi di cooperative per riuscire a conservare la forza e l’impeto costruiti in circa 200 anni di vita.

    E ci sono anche varie domande che vengono poste nell’ambito stesso del movimento cooperativo, sulla sua reale rispondenza e operatività già nel momento attuale, quali: le procedure democratiche che hanno funzionato così bene in passato nelle piccole cooperative sono altrettanto funzionali oggi nelle cooperative di grandi dimensioni? In che modo si può avere una partecipazione significativa dei singoli individui in cooperative di decine di migliaia di soci? Qual’è la struttura più democratica per una federazione o per una organizzazione di acquisti all’ingrosso che copra un’ampia area geografica? Qual è, oggi, nel movimento, il livello dell’educazione? Quale sarà lo status delle cooperative di fronte agli interventi e al crescente potere dei governi, in tutto il mondo? E infine: quali sono le finalità e lo scopo di tutto questo? Che cosa ci aspettiamo dalla cooperazione? In che modo è quantificabile il successo dell’impresa cooperativa? Con gli stessi criteri con cui si giudica il successo di altre imprese commerciali? E, se no, con quali criteri?

    Esaminando la storia della cooperazione, come si è sviluppata in varie parti del mondo, si può vedere che la cooperazione è passata attraverso tre stadi di crescita e di mutamenti, ciascuno dei quali ha implicato una crisi da affrontare e superare.

    La prima è stata una crisi di credibilità. Inizialmente, furono poche le persone che credettero nella cooperazione o ebbero molta fiducia in essa. Per moltissime persone l’idea stessa di cooperazione era una cosa impossibile; gli affari erano di pertinenza degli uomini di affari e non della gente comune. In alcuni paesi ci volle molto tempo prima che un’idonea legislazione in materia di cooperative venisse approvata. Dovunque esse mettessero radici, era indispensabile la fede di una ristretta cerchia di persone per dar modo alle società di mettere in moto le loro attività.

    Se ottennero qualche aiuto o incoraggiamento ai primordi della loro esistenza, questi furono graziosamente elargiti da personalità di grande influenza e posizione. Coloro, però, che guardavano con occhio paternalistico alle cooperative, sostenendole finanziariamente, non arrivarono mai a pensare che sarebbero giunte a tanto. Lentamente e gradatamente, però, l’idea cooperativa si conquistò un consenso e la crisi di credibilità fu superata. La cooperazione fu riconosciuta a livello popolare come una causa giusta e nobile.

    La seconda fu la crisi sulla gestione cooperativa. Le cooperative erano state riconosciute come istituzioni buone e desiderabili, ma come si doveva gestirle? Piuttosto, chi doveva gestirle e apportare l’esperienza tecnica e commerciale necessaria? Per una o due generazioni, in molti paesi, le cooperative divennero quasi sinonimi di fallimenti commerciali, e a centinaia crollarono e scomparvero. Se non fallavano, erano in uno stato di cronica difficoltà, con una gestione mediocre, con una operatività arretrata e di secondo ordine. Ma anche questa crisi, gradatamente, fu superata: molti giovani e capaci managers cominciarono ad essere attratti dall’impresa cooperativa e presto l’immagine del movimento cambiò. Le cooperative potevano essere altrettanto efficienti, moderne e aggiornate di altri sistemi commerciali ed economati. Un numero sempre crescente di dirigenti esperti entrarono, per restarci, nel movimento cooperativo. Nella maggior parte dei paesi, in particolare di quelli occidentali, non c’è più ora una crisi manageriale, come si aveva solo mezzo secolo fa.

    Ma oggi, quando differenti sistemi cooperativi si sono saldamente costituiti, si presenta una terza crisi, che possiamo definire crisi ideologica. Nasce da dubbi tormentosi sul vero scopo della cooperazione, e se la cooperativa svolge un suo ruolo distinto come tipo diverso di impresa. Se le cooperative non fanno niente di più che riuscire ad essere altrettanto efficienti di altre aziende nel senso commerciale, è, questo, di per sé sufficiente? E, se usano le stesse tecniche e gli stessi metodi imprenditoriali delle altre aziende, è, questa, una giustificazione sufficiente per chiedere ed ottenere il sostegno e la fedeltà dei soci? In più, se il mondo cambia in modo strano e talvolta tale da rendere perplessi, deve la cooperazione cambiare nello stesso modo o non piuttosto muoversi in una diversa direzione e cercare di creare un altro tipo di ordine sociale ed economico?

    Lo scopo del presente rapporto è di analizzare queste domande, e allo stesso tempo esaminare le prospettive del movimento cooperativo per la fine del presente secolo.

    2.  La cooperazione: un movimento globale

    Il seguente quadro di sintesi non intende essere una descrizione dettagliata del movimento cooperativo a livello mondiale, ma, invece, si propone di fornire alcune indicazioni per dimostrare la molteplicità degli aspetti della cooperazione nelle diverse parti del mondo.

    ▪   Le dimensioni e l’ampiezza del movimento sono rese chiare dalle statistiche dell’A.C.I., cui aderiscono in totale 175 organizzazioni nazionali o regionali, appartenenti a 65 paesi di tutti i continenti, con un totale di 355 milioni di soci (cifre del 1977). Tuttavia, vi sono numerose organizzazioni o settori del movimento, a livello mondiale, che non sono attualmente aderenti all’A.C.I., incluse quelle del paese più popolato, la Cina. II movimento cooperativo, globalmente, avrà probabilmente un totale di più di 500 milioni di soci cooperatori, ciò che lo rende il più grande movimento socio-economico del mondo.

    ▪   E’ importante osservare che le cooperative esistono in molteplici e variate forme. Eccetto che le reti ferroviarie, si può dire che non c’è un’attività economica che non venga esercitata da una qualche cooperativa in qualche parte del mondo. Produzione e distribuzione di merci, agricoltura, commercializzazione, credito, trasporti, industria manifatturiera, banche, assicurazioni, abitazione, industria forestale, pesca, ed ogni tipo di servizi: le cooperative sono attive in tutti questi settori, ed in molti altri.

    ▪   La cooperazione, inoltre, esiste in tutti i paesi, in tutti i tipi di economia e di cultura, e dovunque ci sia un insediamento umano, perfino in alcuni dei più remoti angoli del mondo. C’è qualcosa di universale nel concetto di cooperazione che risponde ai bisogni umani dovunque. Ogni governo, si può dire, ha ideologie o movimenti che condanna o a cui si oppone; ma è difficile trovare un governo che condanni apertamente e pubblicamente la cooperazione.

    ▪   Risulta quindi chiara, da quanto ora detto, la presenza universale delle cooperative: cooperative dovunque, nelle regioni più antiche e nelle nuove, nei paesi poveri e in quelli ricchi, nei tropici e nel più estremo Nord. Nelle parti più settentrionali del Canada ci sono cooperative di popolazioni Inuit che operano molto oltre il circolo polare artico. L’idea cooperativa è così forte che molti gruppi di persone, se hanno fallito un tentativo, continuano a riprovare finché riescono a far vivere una cooperativa.

    ▪   II concetto di cooperazione è così versatile ed universale che cooperatori di un certo settore cooperativo di una certa parte del mondo comprendono rapidamente un tipo completamente differente di cooperativa in un’altra cultura e in un altro paese quando la visitano.

    ▪   Per quanto riguarda la dimensione dell’azienda cooperativa, abbiamo tutta la gamma, dalle piccolissime alle assai ampie. Vi sono molte migliaia di piccole cooperative con meno di 100 o anche meno di 10 soci, ma ce ne sono molte di dimensioni medie ed alcune di dimensioni enormi, per numero di soci o per volume di affari. In parecchi paesi, i sistemi cooperativi sono le istituzioni economiche più rilevanti. Non c’è una dimensione ideale per le cooperative, sebbene sia ampiamente riconosciuto che le unità più piccole sono più facilmente gestite.

    ▪   In molti paesi, la cooperazione ha mostrato risultati esemplari. Ne ricordiamo solo alcuni: in Giappone, si deve in larga parte alle cooperative polivalenti il moderno sviluppo economico per quanto riguarda il settore rurale; le cooperative di distribuzione dell’energia elettrica hanno provveduto ad «illuminare» l’America rurale trent’anni fa; in Romania, il movimento cooperativo opera il migliore sistema di viaggi e vacanze del paese; circa metà della produzione di zucchero in India proviene dalle cooperative; le cooperative sono in Islanda così ben sviluppate in tutti i settori economici, che questo paese è spesso ricordato come «L’Isola cooperativa»; le cooperative agricole in Francia hanno il secondo sistema creditizio e bancario del mondo; le cooperative di Mondragon, nei Paesi Baschi, sono fra le più grandi produttrici di frigoriferi ed elettrodomestici della Spagna; oltre il 75 per cento di tutte le nuove abitazioni urbane in Polonia sono costruite da cooperative; il sistema cooperativo OK, in Svezia, ha la più grande raffineria di petrolio del paese e approvvigiona circa il 20 per cento del mercato totale; le cooperative di commercializzazione lattiero-casearie dello Stato del Gujarat, in India, gestiscono alcuni degli impianti più grandi e più moderni del mondo per la trasformazione del latte; in Malaysia il più grande sistema di assicurazioni è cooperativo; in Italia i vari sistemi di cooperative di produzione e lavoro sono riconosciuti come i più efficienti enti che conservano i posti di lavoro, mentre impianti industriali sono obbligati a chiudere (…). Ma questi sono soltanto alcuni esempi presi a caso.

    ▪   Una volta stabilite basi solide, le cooperative hanno una notevole capacità di sopravvivere anche nei momenti difficili. Alcune cooperative di consumo, in Inghilterra, sono sorte agli inizi di questo secolo o perfino nell’ultimo periodo del secolo scorso. La Rivista dell’A.C.I. è stampata da una tipografia cooperativa che celebrerà i cento anni di vita nel 1993. Walsall Locks, un’altra cooperativa di produzione e lavoro inglese, è ancora più antica: sorse nel 1873 ed ha un record particolare,

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