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Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali.
Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali.
Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali.
E-book241 pagine3 ore

Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali.

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Info su questo ebook

Lo scopo che si prefigge questo diario è di informare i giovani su una realtà che non è ancora molto conosciuta: il mondo delle organizzazioni internazionali.

Potendomi avvalere dell'anonimato, ho potuto fornire uno spaccato vero della mia esperienza professionale, che è stata ricca di episodi ed incontri maturati in condizioni molto dissimili fra loro. Nel riepilogo di ciascuna esperienza, offro qualche riflessione su percorsi professionali ed accademici che possano favorire l’ingresso nelle varie organizzazioni internazionali. Non è vero che un solido background, accompagnato da esperienze qualificanti, non sia sufficiente ad aprire le porte ad illustri sconosciuti.

In un periodo storico che vede la migrazione dei cervelli cancellare i confini tracciati da un ordine mondiale che riposava su presupposti e ideologie differenti, acquisire maggior consapevolezza del mondo delle organizzazioni internazionali potrebbe risultare la carta vincente per assicurarsi un futuro professionale di alto livello.

Questo diario è suddiviso in due capitoli: il primo si prefigge di redicontare qualche esperienza vissuta, mentre il secondo ambisce a tracciare qualche insegnamento che possa essere utile per giovani laureati, “masterizzati” o “dottorati”. Il proposito è di cercare di mettere in luce i tratti professionali necessari per sopravvivere e fare carriera nei vari sinedri internazionali.

LinguaItaliano
Data di uscita9 giu 2016
ISBN9781311481108
Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali.

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    Anteprima del libro

    Diario di un funzionario internazionale. Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali. - Mario Di Michele

    Cover of the book which includes a typewriter and an ink splash over which the title and author name are written

    Diario di un funzionario internazionale

    Come sopravvivere dodici anni nelle Organizzazioni Internazionali

    Copyright 2016 Mario Di Michele

    Cover and book design by Luana Marca, www.londoneditorialdesign.co.uk

    Published by Mario Di Michele at Smashwords

    Smashwords Edition, License Notes

    This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return to your favorite ebook retailer and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author.

    A mia moglie e ai miei due figli, B. e M.

    In memoria di mio padre.

    PREFAZIONE

    I motivi che mi hanno indotto a pubblicare i miei primi dodici anni della mia variegata esperienza professionale sono molteplici. Fra questi, possiamo annoverare il desiderio di mettere in prosa un disordinato vissuto internazionale, la curiosità di mettere a confronto episodi, incontri ed avventure professionali maturati in condizioni molto dissimili e la speranza, o dovremmo chiamarla presunzione, di poter fornire ai giovani italiani, sempre più numerosi a varcare il confine italico per motivi di studio e di lavoro, uno spaccato che li possa orientare con maggior consapevolezza verso alcuni organismi internazionali o istituzioni europee. L’ipotesi più accredita rimane tuttavia quella secondo cui la lettura delle mie esperienze provocherà la reazione opposta: incoraggiare i giovani italiani verso il settore privato e le grandi multinazionali.

    Potendosi avvalere dell’anonimato, il mio racconto ha l’indubbio vantaggio di poter riportare fatti ed eventi realmente accaduti senza ricorrere a veli ed ipocrisie di maniera. I nomi delle istituzioni e dei personaggi principali saranno, invece, celati. L’obiettivo è quello di informare attenendoci, per quanto possibile, al grande insegnamento di Tucidide: raccontare ed esaminare le mie avventure professionali usando le mie lenti. Gli organismi internazionali sono, infatti, inesauribili miniere antropologiche che permettono l’incontro, o meglio lo scontro, di culture e mentalità obbligate a collaborare fra loro da un intricato insieme di regole e norme che governano la convivenza.

    La struttura di questo diario per il giovane italiano del XXI secolo (anche a me piace fare un uso sporadico della retorica) è semplice. È suddiviso in due capitoli: il primo si prefigge di rendicontare qualche esperienza vissuta, mentre il secondo ambisce a tracciare qualche insegnamento che possa essere utile per giovani laureati o masterizzati. Per il lettore, dovrebbe così risultare più agevole scegliere il percorso professionale che più stimola i suoi interessi. Il proposito è di cercare di mettere in luce i tratti professionali necessari per sopravvivere e fare carriera nei vari sinedri internazionali. In un mondo dove i successi professionali vengono esaltati e le sconfitte fortemente penalizzate, un solido bagaglio accademico rappresenta un’ancora di salvataggio. Il vorace progresso tecnologico continua a falcidiare lavori a basso contenuto intellettuale, e questa tendenza sarà ancora più pronunciata in Europa negli anni a venire.

    Nel riepilogo di ciascuna esperienza avrò l’ardire di proporre qualche percorso professionale ed accademico che possa favorire l’ingresso nelle varie organizzazioni internazionali. Non è vero che un solido background non sia sufficiente ad aprire le porte ad illustri sconosciuti. L’unico avvertimento che ci sentiamo di formulare è che le opportunità di lavoro tenderanno a diminuire nel tempo per chi avrà conseguito livelli di istruzione medio-bassi. La competizione con i pupilli provenienti da altri paesi, anche in virtù di una crescente mobilità dei lavoratori altamente qualificati, diventerà sempre più agguerrita. In altre parole, sacrificio, studio e duro lavoro saranno i tre principali ingredienti da amalgamare prima di poter aspirare ad entrare in un mondo che, nonostante tutti i suoi limiti, resta unico e, per molti aspetti, persino affascinante.

    Concludo esprimendo la mia più profonda gratitudine a mia moglie ed ai miei due figli che hanno stoicamente resistito ai miei repentini, e spesso ingiustificati, mutamenti umorali ed ai numerosi cambi di residenza. Il loro amore mi ha sempre sostenuto e permesso di essere sereno e sicuro anche oltre confine. Il mio ricordo più affettuoso è rivolto a mio padre che non è più.

    Image of an old typewriter (model L.C. Smith & Bros)

    CAPITOLO PRIMO

    1.0 Brevi cenni bibliografici

    Sono nato circa cinquant’anni fa nel Nord del nostro amato paese da famiglia benestante. Ho studiato al liceo classico, assolto con estremo rammarico gli obblighi di leva, conseguito la laurea in economia e commercio ed arricchito il mio bagaglio con una specializzazione biennale negli Stati Uniti.

    Esperienza professionale precedente al percorso internazionale: 2 anni nel settore privato

    Al fine di proteggere la privacy delle persone menzionate, tutti i nomi usati nel libro non corrispondono alla realtà.

    Sono ancora in servizio presso un’istituzione internazionale.

    1.1 Un’istituzione internazionale a Washington, DC

    Il mercato del lavoro dei primi anni ‘90

    Cinque giorni dopo aver completato la specializzazione ho ottenuto un contratto di tre mesi in un’importante istituzione multilaterale situata a DC. Come? È stato il frutto di un lungo lavoro iniziato mesi prima che sostenessi gli esami finali. Dopo aver iniziato il secondo anno di specializzazione andai al career office della mia università per conoscere in maniera più compiuta i meccanismi di accesso al mercato del lavoro americano ed agli organismi finanziari internazionali. Mi dissero che il modo più rapido e produttivo era quello di mettersi in contatto con il network degli studenti già laureati che lavoravano sia in società di consulenza internazionali sia in istituzioni sovrannazionali. Considerata la qualità delle risposte ottenute, decisi di chiedere il solo elenco dei ex studenti. Sulla base dei contatti ricevuti e dei miei obiettivi professionali, cominciai ad inviare numerose e-mails per testare la validità del consiglio ricevuto. Mi sforzai persino di personalizzare il messaggio in modo da dimostrare al mio interlocutore che il mio interesse era chiaro e ben definito.

    Le risposte furono decisamente inferiori alle mie attese (probabilmente ero troppo ottimista). Il dieci per cento che ebbe la cortesia di dare seguito al mio grido di aiuto fu, tuttavia, estremamente educativo sotto diversi profili. La metà delle risposte ricevute (cinque per cento) era di maniera e conteneva, sebbene in forma molto educata, un messaggio in codice: ti ho risposto questa volta ma non provare più a contattarmi. Il tre per cento degli alunni suggeriva improbabili alternative di lavoro, facendo al contempo trapelare un senso di impotenza che avrebbe scoraggiato anche il più impavido combattente. Il due per cento, invece, offriva un breve meeting al fine di fornire al volenteroso studente consigli pratici.

    I pochissimi incontri che ebbi con gli ex studenti furono tuttavia illuminanti. Tutti mi dissero che avevo fatto bene a muovermi per tempo dato che sarebbe stato molto limitato l’aiuto che l’università sarebbe stata in grado di fornirmi dopo il conseguimento della specializzazione. Il secondo consiglio, che si rivelò determinante per la mia carriera futura, fu quello di seguire, nell’ultimo trimestre, un corso con un professore che aveva contatti, diretti o indiretti, con gli organismi internazionali o con prestigiose società di consulenza. Il terzo fu quello di continuare a studiare per un dottorato o di fare domanda per un’altra specializzazione in finanza e dintorni. Il quarto, trascurabile, di rimanere in contatto per eventuali collaborazioni (mai accaduto in oltre vent’anni di carriera internazionale). Tutti gli incontri con gli ex studenti ebbero un comune denominatore: una lunga ed irritante anticamera. Non ho mai capito se l’obiettivo fosse quello di impressionarmi, di testare la mia pazienza o semplicemente quello di farmi pesare il tempo (poco) che mi avrebbero dedicato.

    In ogni caso, il mio stato d’animo era inquieto e mi sentivo spesso come un’inutile foglia al vento che rischia di essere calpestata o spazzata via nel totale disinteresse del mondo che la circonda. La condizione di dipendenza dall’altro ti rende più fragile ed, in parte, incapace di discernere se il consiglio somministrato inciderà positivamente sulla tua futura carriera professionale. A volte, facevo persino fatica a capire se il mio interlocutore fosse gentile ma disinteressato oppure un semplice affabulatore.

    Dopo tanti anni, posso asserire che il mio granitico convincimento fu la mia unica, vera arma che mi permise di perseguire, con metodo e determinazione, il mio obiettivo professionale: entrare in questo organismo multilaterale. Ebbi, di certo, brevi ed intensi attimi di ripensamento e qualche flessione nell’umore mattutino. Nulla, tuttavia, che potesse realmente inficiare la realizzazione del mio disegno. Ero andato in America per iniziare una carriera internazionale e ci dovevo riuscire. Per inciso, desidero chiarire che avevo scartato il Fondo Monetario Internazionale in partenza non avendo intenzione di conseguire un dottorato in macroeconomia presso una famosa università. Il fatto che avessi liquidato le azioni che mi ero ritrovato al diciottesimo anno di età e venduto la macchina, mi rese sempre più consapevole dell’investimento finanziario sul mio sapere.

    Un’eventuale sconfitta sarebbe stata anche economica e, pertanto, non potevo lasciare che qualche frustrazione o stato d’animo passeggero potesse scalfire i miei propositi. Dovevo dimostrare che il carattere era temprato e che le mie capacità potevano sorreggere il peso delle mie ambizioni.

    In parte rassicurato dai consigli ricevuti, continuai a studiare ed a seguire solamente corsi e seminari che mi interessavano o che ritenevo potessero accrescere il mio bagaglio accademico. Adottai, tuttavia, il consiglio ricevuto. Quando ebbi l’opzione di scegliere fra due professori che insegnavano corsi molto simili, optai per il corso offerto da un professore che era stato, a lungo, direttore presso un dipartimento di questa istituzione finanziaria (informazione contenuta nel suo curriculum vitae). Durante quel corso, incontrai uno studente che è in seguito diventato un caro amico (ancora in forza a questa istituzione) ed il professore che mi aprì, dopo numerose chiacchierate e sforzi, le porte di questo organismo.

    Una volta ottenuto l’impegno del professore a presentarmi ad un manager del dipartimento qualche settimana prima di conseguire la specializzazione, il problema del mio scarno curriculum vitae si presentò in tutta la sua drammatica e devastante durezza. Mi sentivo quasi in colpa con un professore che doveva spendere una parola per uno studente il cui percorso professionale non era di certo straordinario. Una laurea italiana, sebbene conseguita con il massino dei voti e nei tempi stabiliti, ed un’esperienza biennale nel settore privato. Tutti gli sforzi si riducevano in una misera, striminzita paginetta che, prima della specializzazione, avrei guardato con un malcelato senso di orgoglio. In Italia, mi sentivo forte e sicuro. Arrivato negli Stati Uniti, il raffronto con una realtà internazionale mi fece quasi vergognare per tutte le estati trascorse a fare il galletto con le ragazze suonando la chitarra, a leggere pochi libri e ad evitare ogni forma di impegno con la unica eccezione dei tornei di tennis e di ping pong. Gli altri studenti, sebbene peccassero in eccesso, potevano già sfoggiare esperienze internazionali nel settore del volontariato, brevi programmi di cooperazione in paesi in via di sviluppo e tirocini estivi in imprese; anche di piccole dimensioni. Capii immediatamente che dovevo combattere e, possibilmente, vincere contro ragazzi e ragazze determinati che avevano rinunciato a ferie e sollazzi per maturare esperienze di lavoro, unitamente ad un ottimo titolo universitario. All’estero, la gioventù inizia a costruire il proprio CV molto presto. Da noi, il CV è una realtà che generalmente si scopre verso la fine del proprio cursus studiorum.

    Mosso da una paura mista ad umiltà, chiesi al professore di dare una scorsa al mio curriculum vitae adducendo la debole scusa del formato americano. La reazione fu inaspettatamente positiva. L’unico appunto che fece fu quello di inserire i miei hobbies ed attività sportive svolte, incluse le lezioni di tennis che davo a vigili e vigilesse che, come ricompensa, mi facevano cancellare le multe prese in motorino quando caricavo ragazze o amici. Con questa furbizia, la presentazione del mio percorso professionale e non appariva più decorosa.

    Un cacciatore di teste una volta mi disse: Si ricordi che il suo curriculum vitae è come una cravatta. Se è di Ferragamo o Marinella ci saranno sempre acquirenti. Altrimenti, il numero decresce proporzionalmente. È una frase che, ancora dopo tanti anni, mi è rimasta impressa. Probabilmente perché è vera. Quindi è fondamentale che le esperienze di lavoro siano coerenti con il cursus studiorum ed, in linea di massima, con le proprie ambizioni professionali. La scelta dell’università è ugualmente cruciale. Sebbene in Italia esista la deprecabile ipocrisia del valore legale del titolo di studio – la cui abolizione è stata ventilata più volte – all’estero non si lasciano ingannare. Mirabolanti voti di laurea conseguiti presso università che non sono considerate sicure in termini di preparazione dello studente vengono semplicemente ignorati. Il nome dell’università ha un valore. Questo valore è invece determinante se lo/a studente/studentessa desidera proseguire la specializzazione fuori dai confini italici. Ovviamente, se aspira ad accedere alle migliori università straniere che faranno la differenza nel proseguo della sua carriera.

    Dopo questa breve digressione, riprendiamo il cammino verso la mia carriera internazionale, cammino che era appena iniziato. Quando riuscì a convincere il professore che sarei stato in grado di dare un contributo alle attività di questo istituto finanziario, si presentò il problema di come pagare il mio stipendio di consulente a breve termine (tipologia di contratto che oggi è scomparsa. È stata sostituita da un meccanismo piuttosto complicato che permette di lavorare un determinato numero di giorni come consulente). Era aprile ed i soldi erano pochi per offrire contratti temporanei. Ammetto che, prima di sapere che il bilancio dei dipartimenti di questa istituzione multilaterale iniziava il 1 luglio per terminare il 30 giugno dell’anno successivo, pensai subito ad una scusa ben congeniata per lasciarmi a casa.

    A fine colloquio (circa trenta minuti), il manager che aveva ricevuto, brevi manu, il mio curriculum vitae dal mio professore, mi disse: Come Lei saprà, il suo paese dispone di un generoso Trust Fund che viene spesso usato per far fare una breve esperienza a giovani italiani. Siamo verso la fine del bilancio annuale. Mi dispiace ma non ho risorse disponibili per poterla ingaggiare. Ovviamente, cascai dalla nuvole e chiesi ulteriori delucidazioni sulla procedura da seguire per poter sollecitare l’erogazione dei fondi. Il manager mi congedò dicendomi che il giorno seguente avrebbe inoltrato una richiesta formale presso l’ufficio del Direttore esecutivo italiano con la preghiera di rimborsare il suo dipartimento per il costo equivalente di quaranta giorni!! del mio stipendio. Mi pregò inoltre di seguire da vicino la pratica visto che l’Italia non era famosa per essere fulminea nel dare risposte. In altre parole, il manager aveva bisogno dell’accordo di massima del Direttore esecutivo italiano per poter anticipare i soldi del mio stipendio.

    Il Post-Colloquium e la Tuke

    Uscii dal colloquio molto confuso ed irritato. Confuso perché non sapevo come mettermi in contatto con l’ufficio del Direttore esecutivo italiano ed irritato perché non ero stato capace di convincere il manager sulla base delle mie qualità professionali. Molto semplicemente, ritenni che avevo fatto una figura piuttosto mediocre che non aveva di certo dissipato dubbi e perplessità. Mi aveva offerto quaranta giorni di lavoro (otto settimane), week-ends esclusi, a condizione che l’Italia si assumesse il cento per cento del rischio. Il manager desiderava fare una cortesia al mio professore a costo zero se si escludono l’occupazione di un ufficio e l’utilizzo di un PC. Se avessi svolto le mansioni assegnate con scarso successo, mi avrebbero ringraziato e rispedito a casa dopo solo quaranta giorni. Se fossi stato eliminato al primo giro di boa, mi ero ripromesso di non includere questa esperienza di lavoro nel mio curriculum vitae. Non ero disposto a commettere un suicidio professionale.

    La fortuna, però, venne nuovamente in mio soccorso. Sullo stesso pianerottolo del minuscolo appartamento che la mia ragazza (oggi amata consorte) aveva scovato girando per Washington si erano trasferiti da pochissimo un funzionario del Tesoro con coniuge. Persone squisite e molto alla mano. Presi il coraggio a due mani e andai a bussare alla loro porta con la ferma intenzione di chiedere aiuto. Giulio mi aprì la porta con un sorriso e mi chiese di unirmi a loro per bere qualcosa. Era una giornata particolarmente calda a Washington.

    Svelai immediatamente la ragione della mia visita e Giulio, per nulla turbato, mi rispose usando più o meno queste parole: Hai fatto bene a venire qui. Io non posso fare nulla perché lavoro con il Direttore esecutivo italiano presso un’altra istituzione, ma ho una cara amica, anche lei del Tesoro, che sicuramente ti potrà dare una mano. Più tardi la chiamo in modo che tu possa andare da lei appena ha un momento libero. Tu non mi conosci, ma ti posso assicurare che la chiamata la faccio davvero. La conversazione in seguito si articolò su altre considerazioni e tematiche. Poco prima delle sette di sera mi congedai e ritornai nel mio appartamento. Stavolta non avevo dubbi: Giulio mi avrebbe messo in contatto con Alessia.

    Mentre ero comodamente seduto a vedere la TV, Giulio chiamò alla porta per dirmi che Alessia mi avrebbe visto l’indomani nel tardo pomeriggio. Dovevo chiamarla dopo

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