In barba al vecchio modo di dire, oggi a Rovigo è molto piacevole andarci. Ci si sta molto bene e vi si possono ammirare monumenti di pregio, godere di mostre, concerti e manifestazioni di grande livello. Basti citare la programmazione di Palazzo Roverella, dove la recente monografica su Kandinskij ha richiamato 88815 visitatori, in una città che supera di poco i 50mila abitanti.
Quel detto popolare trova, verosimilmente origine in altre epoche, quando la “bassa” del Veneto, la terra tra Adige e Brenta, era tra le aree più povere d’Italia, landa di miseria e di pellagra. Martoriata dalle periodiche alluvioni dei suoi due fiumi, messa ko da quella del Po del 1951: metà Polesine andò sott’acqua, portando distruzione, morte, sfollamenti di massa. Un terzo della popolazione fu costretto ad allontanarsi per sempre dalla sua terra trovando nuova vita altrove.
Ma è proprio da quella biblica calamità che il Polesine ha tratto la forza per rimettersi in piedi: nel 2007, per la prima volta nella storia, il Pil (prodotto interno lordo) pro capite della provincia di Rovigo supera stabilmente la media italiana,