Chi da ogni angolo dell’Impero faceva rotta via mare verso la Capitale e si trovava ad entrare all’interno della maestosa struttura, doveva davvero pensare di esser arrivato nel posto più grande, potente e insuperabile che esistesse in tutto il mondo conosciuto.
«Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate». Con queste parole Dante Alighieri ammonì, nel versetto 9 del canto III dell’Inferno, coloro che stavano per accingersi a varcare la porta degli inferi. Un avvertimento chiaro che lasciava poco spazio all’interpretazione: chi fosse entrato all’interno, avrebbe incontrato pene e tormenti senza fine e non avrebbe avuto nessuna speranza di salvezza o perdono.
Un’analoga sensazione di soggezione e remissività era quella che, mille anni prima, dovevano aver vissuto coloro che entravano all’interno del leggendario , il porto navale più grande e imponente della storia di Roma e di tutta l’antichità. Chi da ogni angolo dell’Impero faceva rotta via mare verso la Capitale e si trovava a entrare all’interno della maestosa struttura, doveva davvero pensare di esser arrivato nel posto più grande, potente e insuperabile che esistesse in tutto il mondo conosciuto. Perché effettivamente Portus era un’opera mai vista prima nella storia architettonica e navale dell’uomo. Un’opera talmente